La violazione dell'art. 6 Convenzione Edu è rilevabile di ufficio in Cassazione?

Sergio Beltrani
11 Febbraio 2016

Vi è contrasto in giurisprudenza in merito alla possibilità di rilevare di ufficio in Cassazione la violazione dell'art. 6 Convenzione Edu nel caso in cui la Corte di appello abbia riformato la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di una diversa valutazione in ordine all'attendibilità di testimoni escussi in primo grado ma non anche, nuovamente, in appello.
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Vi è contrasto in giurisprudenza in merito alla possibilità di rilevare di ufficio in Cassazione la violazione dell'art. 6 Convenzione Edu nel caso in cui la Corte di appello abbia riformato la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di una diversa valutazione in ordine all'attendibilità di testimoni escussi in primo grado, ma non anche, nuovamente, in appello.

Con riguardo alla possibilità ed ai limiti della riformabilità in peius di una sentenza assolutoria di primo grado in appello, la Corte europea dei Diritti dell'Uomo, a partire dalla sentenza 5 luglio 2011, Dan vs. Moldavia, ha affermato che la condanna emessa in grado di appello, in riforma di una pronuncia assolutoria emessa in primo grado, non si pone, in linea astratta, in contrasto della Convenzione Edu (e in particolare con il disposto dell'art. 6, 1, a norma del quale, tra l'altro, Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti), purché l'affermazione di responsabilità, qualora determinata da una diversa valutazione di attendibilità di prove orali ritenute decisive, consegua all'esame diretto dei testimoni da parte del giudice del gravame. Ciò in quanto La valutazione dell'attendibilità di un testimone è un compito complesso che generalmente non può essere eseguito mediante una semplice lettura delle sue parole verbalizzate. Naturalmente, vi sono casi in cui è impossibile udire un testimone personalmente durante il processo perché, per esempio, egli o ella è deceduto/a, o per proteggere il diritto del testimone di non auto-accusarsi (...).

Un orientamento (Cass.pen., Sez. V, 20 novembre 2013, n. 51396; Cass. pen., Sez. IV, 5 maggio 2014, n. 18432; Cass. pen., Sez. I, 25 giugno 2015, n. 26860) nega la rilevabilità di ufficio della questione, che sarebbe riconducibile, pur se con adattamenti, alla nozione di violazione di legge (art.606, comma 1, lett. c), c.p.p.), ed andrebbe, quindi fatta valere, ai sensi e nei limiti di cui all'art. 581 c.p.p., mediante l'illustrazione delle ragioni di fatto e di diritto poste a suo sostegno.

Altro orientamento (espresso per la prima volta da Cass.pen., Sez. II, 12 gennaio 2015, n. 677), in verità senz'altro dominante (cfr., dopo la contraria decisione innanzi segnalata, Cass. pen., Sez. V, 17 giugno 2015, n. 25475; Cfr., inoltre, Cass. pen., Sez. I, 8 giugno 2015, n. 24384, nonché, con ricchezza di argomentazioni, Cass. pen., Sez. III, 20 marzo 2015 n. 11648 e Cass. pen., Sez. III, 11 maggio 2015, n. 19322),e che appare senz'altro condivisibile, ha ritenuto, in senso contrario, che la relativa questione, pur in difetto di doglianze difensive, sarebbe rilevabile di ufficio, secondo quanto affermato dalla stessa Corte Edu (Sez. III, sentenza 4 giugno 2013, Hanu c. Romania, § 39, per la quale il giudice di appello ha l'obbligo di procedere alla nuova escussione dei testimoni d'ufficio, anche in assenza di richiesta della parte, perché le Corti nazionali hanno l'obbligo di adottare misure positive a tal fine, anche se il ricorrente non ha fatto richiesta e la mancata escussione da parte della Corte d'appello dei testimoni in prima persona e il fatto che la suprema Corte non cerchi di porvi rimedio rinviando il caso alla Corte d'Appello per un nuovo esame degli elementi di prova, riduce sostanzialmente ridotto il diritto di difesa del ricorrente; ciò in quanto uno dei requisiti di un processo equo è la possibilità per l'imputato di affrontare i testimoni in presenza di un giudice che deve decidere la causa, perché le osservazioni del giudice sul comportamento e la credibilità di una certa testimone possono avere conseguenze per l'imputato). Invero, le decisioni della Corte di Strasburgo, quando evidenziano una situazione di oggettivo contrasto della normativa interna sostanziale con la Convenzione Edu, assumono rilevanza (ex art. 117 della Costituzione) anche nei processi diversi da quello nell'ambito del quale sono state pronunciate.

La rilevabilità di ufficio della questione è stata, peraltro, condivisibilmente condizionata:

  • all'ammissibilità del ricorso (Cass. pen. n. 677/2015 cit.);
  • alla non necessità di un giudizio di fatto sulla rilevanza della prova dichiarativa che richieda attestazioni od allegazioni di merito, che sarebbe incompatibile con le attribuzioni del giudice di legittimità (Cass. pen., n. 19322/2015 cit.).
2.

La II Sezione penale ha rimesso al Primo Presidente della Corte suprema di cassazione un ricorso avente ad oggetto la seguente questione ritenuta oggetto di contrasto giurisprudenziale:

se sia rilevabile di ufficio la questione relativa alla violazione dell'art. 6 Conv. E.D.U. per avere il giudice d'appello riformato la sentenza di primo grado sulla base di una diversa valutazione di attendibilità di testimoni che non siano stati nuovamente escussi in appello.

3.

Il Primo Presidente della Corte suprema di cassazione ha assegnato alle Sezioni unite, fissando per la trattazione l'udienza del 28 aprile 2016, un ricorso avente ad oggetto la seguente questione, ritenuta dalla IV Sezione penale oggetto di contrasto giurisprudenziale:

se sia rilevabile di ufficio la questione relativa alla violazione dell'art. 6 Conv. E.D.U. per avere il giudice d'appello riformato la sentenza di primo grado sulla base di una diversa valutazione di attendibilità di testimoni che non siano stati nuovamente escussi in appello.

4.

All'udienza del 28 aprile 2016, le Sezioni unite hanno deciso che:

Il giudice di appello, qualora ritenga di riformare nel senso dell'affermazione di responsabilità dell'imputato la sentenza di proscioglimento di primo grado, sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva dal primo giudice, deve disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso le relative dichiarazioni; e ciò in ragione di una interpretazione convenzionalmente orientata (ex art. 6, par. 3, lett. d), Cedu) dell'art. 603 c.p.p. La sentenza del giudice di appello che, in riforma di quella di proscioglimento di primo grado, affermi la responsabilità dell'imputato sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa, ritenuta decisiva, senza avere proceduto alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, è affetta da vizio di motivazione deducibile dal ricorrente a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., in quanto la condanna contrasta, in tal caso, con la regola di giudizio al di là di ogni ragionevole dubbio di cui all'art. 533, comma 1, c.p.p. Gli stessi principi trovano applicazione nel caso di riforma della sentenza di proscioglimento di primo grado sull'appello promosso dalla parte civile.

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