Stalking: è necessario avvisare la persona offesa della richiesta di archiviazione?

Sergio Beltrani
12 Gennaio 2016

La V Sezione ha rimesso alle Sezioni unite un ricorso avente ad oggetto la questione se l'espressione normativa "violenza alla persona" comprenda le sole condotte di violenza fisica o anche quelle di minaccia e se il reato di cui all'art. 612-bis c.p. sia incluso fra quelli per i quali l'art. 408, comma 3-bis, prevede la necessaria notifica alla persona offesa dell'avviso della richiesta di archiviazione.
1.

Si discute in giurisprudenza in merito alla necessità o meno di notificare alla persona offesa del reato di cui all'art. 612-bis c.p. (atti persecutori o stalking) la richiesta di archiviazione.

La V Sezione ha rimesso alle Sezioni unite penali della Corte di cassazione un ricorso avente ad oggetto la seguente questione, ritenuta di speciale importanza, nonché oggetto di potenziale contrasto giurisprudenziale:

se l'espressione normativa violenza alla persona, di cui agli artt. 408, comma 3-bis, c.p.p. (introdotto con l'art. 2, comma 1, lett. g), d.l. n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013), artt. 393 e 649, comma 3, c.p. comprenda le sole condotte di violenza fisica, o includa anche quelle di minaccia, e se di conseguenza il reato di cui all'art. 612-bis c.p. sia incluso fra quelli per i quali il citato art. 408, comma 3-bis, prevede la necessaria notifica alla persona offesa dell'avviso della richiesta di archiviazione.

La questione involge in primis l'interpretazione sistematica delle modifiche introdotte dal citato d.l., come convertito: solo in sede di conversione è stata, infatti, prevista la necessità della notificazione alla persona offesa dell'avviso della richiesta di archiviazione – pur non richiesto dalla persona offesa – per tutti i delitti commessi con violenza alla persona; è stata, inoltre, prevista la necessità della notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis c.p.p.) alla persona offesa dei reati di maltrattamenti (art. 572 c.p.) e di atti persecutori (art. 612-bis c.p.).

Quest'ultima previsione è da taluni interpretata come conferma, per identità di ratio, della necessità di notificare alla persona offesa del reato di cui all'art. 612-bis c.p. anche la richiesta di archiviazione, ma ben potrebbe essere valorizzata in senso contrario, potendosi argomentare che, quando il novello legislatore ha inteso fare riferimento al predetto reato (che presenta una materialità particolarmente complessa, non riconducibile alla mera violenza alla persona), lo ha fatto espressamente.

Essa impone, inoltre, di stabilire se, tra i delitti commessi con violenza alla persona rientrino soltanto quelli commessi con violenza fisica od anche quelli commessi con violenza morale.

In proposito, pur in difetto di pronunzie direttamente attinenti al tema, la V Sezione ha rilevato che, in riferimento all'interpretazione della disposizione di cui all'art. 649, comma 3, c.p., cui si rinvia, e che evoca a sua volta il concetto di violenza alle persone, un orientamento giurisprudenziale (Cass. pen., Sez. II, 20110/2002; Cass. pen., Sez. II, sentenza 13694/2005) sostiene che l'art. 649, comma 3, c.p. nella parte in cui esclude l'operatività delle disposizioni di favore contenute nei commi precedenti in materia di reati contro il patrimonio commessi in danno di prossimi congiunti quando trattisi di delitti caratterizzati da violenza alle persone, intenda riferirsi, con detta ultima espressione, alla sola violenza fisica, e non anche a quella psichica, estrinsecantesi nella minaccia; altro orientamento (Cass. pen., Sez. VI, 19299/2008) sostiene che, nella nozione di violenza alle persone di cui all'ultima parte dell'art. 649, comma 3, c.p., rientri anche la violenza morale, e ciò perché tutte le fattispecie criminose a cui si riferisce la causa di non punibilità si connotano per l'equiparazione della violenza alla minaccia.

Deve, peraltro, rilevarsi che l'assunto dell'esistenza di un contrasto attuale su tale ultime specifica questione, pure valorizzato dalla V Sezione, appare quanto mai opinabile: invero, l'ordinanza di rimessione (Cass. pen. n. 42220 del 2015), nel dar conto del primo orientamento, conclude la sua illustrazione citando una decisione del 2005 ma omettendo di rilevare che la questione è stata in seguito più volte esaminata dalla Corte di cassazione e sempre risolta nel medesimo senso, tanto da potersi ritenere ormai consolidato l'orientamento per il quale la minaccia o la mera violenza psichica non esclude la configurabilità della causa di non punibilità e della perseguibilità a querela per i reati contro il patrimonio commessi in danno dei prossimi congiunti, in quanto la clausola negativa prevista dall'art. 649, comma 3, c.p. opera solo quando il fatto sia commesso con violenza fisica (Cass. pen., Sez. II, 28686/2010; Cass. pen. 18273/2011, Cass. pen. 24643/2012, Cass. pen. 32354/2013).

La V Sezione ha, infine, evidenziato, a conferma della discutibilità degli elementi sistematici disponibili per la risoluzione della questione, che la rubrica dell'art. 393 c.p. qualifica testualmente come “esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone” una condotta descritta nel corpo della norma come realizzabile sia con violenza che con minaccia; dove, se per un verso sono noti i limiti del valore interpretativo di una rubrica, per altro quella dell'articolo in esame sembra indubbiamente ricomprendere la minaccia nel più ampio concetto di violenza alla persona.

2.

La V Sezione penale ha rimesso al Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione un ricorso in relazione alla seguente questione ritenuta di speciale rilevanza, nonché oggetto di potenziale contrasto giurisprudenziale:

Se il reato di cui all'art. 612-bis c.p. sia da ritenere incluso tra quelli per i quali l'art. 408, comma 3-bis, c.p.p. prevede la necessaria notifica alla persona offesa dell'avviso della richiesta di archiviazione.

3.

Il primo Presidente della Corte Suprema di cassazione ha assegnato alle Sezioni unite, fissando per la trattazione l'udienza del 28 gennaio 2016, un ricorso che propone la seguente questione, ritenuta dalla V Sezione penale di speciale rilevanza, nonché oggetto di potenziale contrasto giurisprudenziale:

Se il reato di cui all'art. 612-bis c.p. sia da ritenere incluso tra quelli per i quali l'art. 408, comma 3-bis, c.p.p. prevede la necessaria notifica alla persona offesa dell'avviso della richiesta di archiviazione.

4.

All'udienza 29 gennaio 2016 le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno deciso che:

il reato di cui all'art. 612-bis c.p. e quello di cui all'art. 572 c.p. rientrano fra quelli per i quali l'art. 408, comma 3-bis, c.p.p. prevede la necessaria notifica alla persona offesa dell'avviso della richiesta di archiviazione.

5.

È stata depositata la sentenza n. 10959 del 16 marzo 2016 (notizia di decisione 29 gennaio 2016), con la quale le Sezioni unite, chiamate a decidere se la disposizione dell'art. 408, comma 3-bis, c.p.p., che stabilisce l'obbligo di dare avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione con riferimento ai delitti commessi con “violenza alla persona”, sia riferibile anche alla fattispecie di atti persecutori prevista dall'art. 612-bis c.p. (c.d. stalking), hanno affermato il seguente principio di diritto:

La disposizione di cui all'art. 408, comma 3-bis, c.p.p., che stabilisce l'obbligo di dare avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione con riferimento ai delitti commessi con violenza alla persona, è riferibile anche ai reati di atti persecutori e di maltrattamenti, previsti rispettivamente dagli artt. 612-bis e 572 c.p., perché l'espressione violenza alla persona deve essere intesa alla luce del concetto di violenza di genere, quale risulta dalla pertinenti disposizioni di diritto internazionale recepite e di diritto comunitario.

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