Morte del soggetto socialmente pericoloso. Quali beni sono confiscabili?

Andrea Pellegrino
11 Aprile 2017

Se, a seguito dell'azione di prevenzione patrimoniale esercitata dopo la morte del soggetto socialmente pericoloso nei confronti dei successori a titolo universale o particolare, la confisca possa avere ad oggetto solo i beni a questi pervenuti per successione ereditaria ovvero ...
1.

Con ordinanza n. 47215 resa all'esito dell'udienza camerale del 28 maggio 2016, la prima Sezione penale della Corte di cassazione, preso atto dell'esistenza di un contrasto interpretativo nella giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto di dover rimettere alle Sezioni unite la seguente questione di diritto: Se, a seguito dell'azione di prevenzione patrimoniale esercitata dopo la morte del soggetto socialmente pericoloso nei confronti dei successori a titolo universale o particolare, la confisca possa avere ad oggetto solo i beni a questi pervenuti per successione ereditaria ovvero riguardi anche i beni che, al momento del decesso, erano nella disponibilità di fatto del de cuius, ma fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, e, in tale ultimo caso, se sia o meno necessaria, rispetto alla confisca, la declaratoria di nullità dei relativi atti di disposizione, prevista dall'art. 26, comma primo, d.lgs. 159 del 2011.

La Corte remittente, dopo aver ritenuto di doversi discostare dall'interpretazione della norma di riferimento (art. 18, comma 3,d.lgs. n. 159/2011) resa dall'unico precedente oggetto di massimazione (Cass. pen., Sez. VI, 16 dicembre 2015, n. 579, Rappa), riconosce la necessità di chiarire preliminarmente – al fine di individuare il fondamento giuridico di tale particolare ipotesi di confisca – se la categoria soggettiva dei successori a titolo universale o particolare(così descritta dal Legislatore al comma 3 dell'art. 18 d.lgs. 15/2011, lì dove al comma 2, in casodi morte del soggetto già proposto si evocano gli eredi o aventi causa) sia individuabile, in via principale, quale semplice “polo necessario” del contraddittorio in relazione al pregiudiziale accertamento della pericolosità sociale del soggetto defunto e della tendenza al generale squilibrio patrimoniale di costui (consequestrabilità e confiscabilità, una volta compiuto con esito positivo tale accertamento di tutti i beni che, al momento del decesso erano a costui riferibili, anche in via di fatto) ovvero se, con tale espressione (… nei riguardi dei successori),il Legislatore abbia inteso individuare i soggetti che, in forza dell'evento morte,risultino aver ottenuto le attribuzioni patrimoniali in tal caso confiscabili, con tendenziale coincidenza (tranne l'ipotesi in cui il bene possa giuridicamenterientrare a mezzo di azione incidentale di simulazione nel compendio ereditario)dei destinatari dell'azione e della perimetrazione della confiscabilità dei beni,nella misura in cui dette entità patrimoniali siano state ricevute per successione.

In buona sostanza, il contrasto interpretativo sorge in rapporto alla lettura della disposizione in esame fornita da Cass. pen., Sez. VI, n. 579/2015. In tale decisione, si è – in sintesi – affermato che:

  • le nozioni di erede (art. 18, comma 2, d.lgs. 159/2011) o successore a titolo universale o particolare (art. 18, comma 3, d.lgs. 159/2011) utilizzate dal legislatore sono da ritenersi quelle proprie del codice civile e ciò non consente di dilatare l'interpretazione a nozioni – improprie – di successore “di fatto”;
  • la procedura di cui all'art. 18, comma 3, d.lgs. 159/2011 di per sé caratterizzata da eccezionalità, può svolgersi esclusivamente nei confronti di tali soggetti (i successori) ed essere destinata al recupero di beni loro pervenuti, salva la possibilità di trattare incidentalmente posizioni relative a beni fittiziamente intestati o trasferiti a terzi nella misura in cui ai sensi dell'art. 26 comma 1 del d.lgs. 159 del 2011 risulti posta in essere una dichiarazione di nullità di tale atto di disposizione, con rientro prioritario di detti beni nel patrimonio degli eredi ed eventuale, successiva, confisca.

Fermo quanto precede, tre sarebbero – a parere del giudice remittente – le opzioni interpretative che la disposizione normativa consentirebbe:

a) la possibilità di indirizzare la (sola) azione patrimoniale nei confronti dei successori del soggetto portatore di pericolosità, con la conseguenza che costoro, oltre a rivestire la qualità di contraddittori necessari sul giudizio incidentale di pericolosità (riferito al de cuius), debbano considerarsi anche i portatori esclusivi dell'interesse antagonista all'ablazione – sul piano patrimoniale – e pertanto i beni passibili di aggressione finirebbero per essere esclusivamente quelli propriamente caduti in successione;

b) la possibilità della semplice instaurazione del contraddittorio, sì da consentire la contestazione sui profili di pericolosità soggettiva del de cuius, senza alcun riflesso sui contenuti dell'azione patrimoniale: di tal che, i beni “aggredibili” saranno tutti quelli riferibili al de cuius (ovviamente al momento del decesso) e derivanti dall'attività pericolosa di costui (in tal caso, i titolari dei beni in questione, se trattasi di beni non caduti in successione, andranno ordinariamente citati ai sensi dell'art. 23, comma 2,d.lgs. 159 del 2011);

c) la possibilità di “aggressione” non solo dei soli beni caduti in successione, potendosi applicare in via incidentale la particolare disposizione dell'art. 26, comma 1, del medesimo corpus normativo (nullità degli atti di disposizione fittizi), sicché taluni beni frutto di negozi simulati potrebbero essere recuperati tramite la declaratoria di nullità di tali atti (da ritenersi quale condizione preliminare ineludibile) ed il conseguente ingresso delle entità patrimoniali nel compendio ereditario (in tal senso la decisione emessa da Cass. pen., Sez. VI, n. 579/2015).

Nella fattispecie dedotta in giudizio, da un lato, risultano confiscati in sede di merito beni non caduti in successione ma formalmente acquistati – prima del decesso del soggetto pericoloso – da soggetti diversi, senza che la statuizione di confisca sia stata preceduta da una espressa dichiarazione di nullità degli atti negoziali, e dall'altro risulta confiscato un bene caduto in successione ma – in epoca posteriore – ceduto dagli eredi a terzi con avvenuta applicazione, solo in tal caso, dell'art. 26 del d.lgs. 159 del 2011.

Secondo i giudici remittenti, se l'approdo interpretativo di Cass. pen., Sez. VI, n. 579/2015 in parte risulta incontestabile – atteso che l'utilizzo della nomenclatura civilistica (successori a titolo universale o particolare) non può che riferirsi alla comune nozione elaborata in tale settore dell'ordinamento – dall'altro non appare comunque condivisibile, là dove ne fa derivare un limite alla confiscabilità di beni intestati dal de cuius in vita a terzi, imponendo un presupposto in via interpretativa, consistente nella previa declaratoria di nullità di atti negoziali, e ciò in rapporto alla complessiva ratio della disposizione ed alla necessità di un inquadramento complessivo del testo di legge nel contesto di riferimento.

Del resto, la necessità dell'elaborazione della categoria dogmatica della confisca di prevenzione c.d. disgiunta – in un sistema normativo che imponeva la correlazione delle due statuizioni, quella di pericolosità soggettiva e quella di derivazione illecita del patrimonio confiscabile – è emersa proprio in riferimento al tema del decesso del soggetto «portatore di pericolosità» verificatosi, in particolare, durante la trattazione del procedimento di secondo grado. Le Sezioni unite della suprema Corte (sent. n. 18 del 2 luglio 1996, P.G. in proc. Simonelli ed altri, con principio ribadito in Sez. unite, n. 4880 del 26 giugno 2014, Spinelli ed altro), prendendo le mosse dalla valorizzazione della componente finalistica delle previsioni di legge in tema di confisca, hanno da tempo posto le basi logiche e giuridiche del successivo intervento normativo, stabilendo che, lì dove risulti accertato il presupposto della pericolosità qualificata del soggetto successivamente deceduto e quello della derivazione illecita dei beni in questione, risulta possibile il mantenimento, in sede di giudizio di appello, della sola statuizione di confisca in via autonoma rispetto alla misura personale non più eseguibile.

Appare evidente come l'esame della dimensione finalistica delle disposizioni coinvolte nella operazione interpretativa ha determinato il “nucleo essenziale” del successivo intervento normativo in tema di formalizzazione della confisca disgiunta, imperniato sulla inderogabilità del previo accertamento dei connotati di pericolosità soggettiva, da un lato, e sulla ricostruzione dei nessi tra detta pericolosità – pur non più esistente - e le accumulazioni patrimoniali realizzate, in vita, dal soggetto “pericoloso” che, ove individuate, restano confiscabili, con le modalità ordinarie.

Su queste premesse, il Collegio remittente, dopo aver riconosciuto come la finalità normativa sia chiaramente individuabile nella necessità di assicurare la confisca di tutti i beni che siano ricollegabili all'agire del soggetto pericoloso, posto che una diversa conclusione tradirebbe la stessa ratio legis, ha ritenuto che il successivo intervento normativo abbia cercato di “elevare a sistema” i principi emersi da tale riflessione giurisprudenziale, da un lato consentendo la “prosecuzione” del giudizio di prevenzione lì dove il decesso del soggetto indiziato di pericolosità sia sopravvenuto durante il procedimento (attuale art. 18, comma 2, d.lgs. 159/2011) e, dall'altro (e con previsione dal maggior tasso innovativo), consentendo la proposizione di un'azione ad esclusivo contenuto patrimoniale, lì dove la morte del soggetto 'pericoloso' sia avvenuta prima della instaurazione del procedimento (l'attuale disposizione dell' art. 18, comma 3, d.lgs. 159/2011).

Peraltro, la individuazione degli eredi ovvero dei successori mortis causa a titolo universale o particolare quali soggetti passivi del rapporto processuale prevenzionale, pur non essendo costoro i portatori di pericolosità, avviene – aparere del Collegio – non in ragione (e nei limiti) della attribuzione patrimonialericevuta (o ricevibile), quanto nella primaria necessità di tutela dellapersonalità del soggetto deceduto ed a fini di contrasto dell'allegata pericolosità di costui, posto che, attesa l'assenza delportatore di pericolosità, non sarebbe altrimenti realizzabile il contraddittorio sutale pregiudiziale aspetto e, in ogni caso, non sarebbe 'trattabile' il procedimento in quantotale: il contraddittorio, quindi, non solo non esaurirebbe ma nemmeno condizionerebbe il tema del recupero dei beni accumulati.

Simile conclusione trova il suo fondamento nella considerazione della strettaprossimità degli eredi o successori alla figura del de cuius e nella correlata possibilità di contrastare gli aspetti del giudizio di pericolositàsoggettiva di costui, come evidenziato dalla stessa Corte costituzionale con la pronuncia n. 21 del 2012.

Se, pertanto, i successori «tengono luogo» del de cuius e proteggono, inevitabilmente, una quota del patrimonio ricevuto (quello caduto in successione), ne deriva necessariamente che l'azione strettamente patrimoniale vada rapportata ai beni individuabili come « in disponibilità, anche di fatto» del de cuius al momento del suo decesso, a chiunque formalmente intestati, con l'ovvianecessità, lì dove si tratti di soggetti «terzi» rispetto ai successori, di integrazione del contraddittorio nei confronti dei medesimi.

In rapporto a tale azione patrimoniale, pur ritenendo "formale" la indicazione della qualità di successori operata dal Legislatore, non appare necessario – ad avviso del Collegio, che su tale punto dissente apertamente da Cass. pen., Sez. VI n. 579/2015 – realizzare incidentalmente e preliminarmente l'applicazione delle norme dettate dal codice civile in tema di simulazione allo scopo di far rientrare i beni in questione (temporaneamente e fittiziamente) nel patrimonio dei successori, come condizione necessaria per la confisca: tale azione incidentale potrebbe, peraltro, ben essere inibita, per esempio, dalla decorrenza del termine di prescrizione della relativa azione in caso di simulazione relativa, da limiti di prova della simulazione, dall'assenza di un atto formale di disposizione, dalla stessa condizione soggettiva degli eredi che dovrebbero far valere - a loro beneficio - una causa di illiceità del contratto a suo tempo realizzato dal de cuius, il che potrebbe portare al diniego di confiscabilità (di beni comunque 'riferibili' al soggetto pericoloso) ed alla vanificazione degli obiettivi complessivi perseguiti dal Legislatore.

In altre parole, ciò che non condividono i giudici remittenti nella costruzione del sistema della confiscabilità post mortem, è l'applicazione «necessaria» della disposizione di cui all'art. 26, comma 1, d.lgs. 159 del 2011 e la conseguente realizzazione di un sotto-sistema teso a promuovere come «obbligatoria» la previa declaratoria di nullità (rispetto alla confisca) dell'atto di disposizione patrimoniale realizzato, in vita, dal de cuius (lì dove si tratti di beni non caduti in successione): ragionare in termini di 'necessarietà' della sua applicazione (come proposto da Sez. VI 579/2015) finirebbe, infatti, con il determinare – in modo del tutto ingiustificato – la individuazione di un presupposto di legge 'aggiuntivo' rispetto alla avvenuta previsione generale di confiscabilità di beni che si trovavano nella mera 'disponibilità' del soggetto pericoloso al momento del decesso.

2.

All'udienza del 28 maggio 2016, la primaSezione penale della Corte di cassazione, con ordinanza n. 47215 ha rimesso alle Sezioni unite la decisione della seguente questione oggetto di contrasto giurisprudenziale:

Se, a seguito dell'azione di prevenzione patrimoniale esercitata dopo la morte del soggetto socialmente pericoloso nei confronti dei successori a titolo universale o particolare, la confisca possa avere ad oggetto solo i beni a questi pervenuti per successione ereditaria ovvero riguardi anche i beni che, al momento del decesso, erano nella disponibilità di fatto del de cuius, ma fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, e, in tale ultimo caso, se sia o meno necessaria, rispetto alla confisca, la declaratoria di nullità dei relativi atti di disposizione, prevista dall'art. 26, comma primo, d.lgs. 159 del 2011

3.

Con provvedimento in data 16 novembre 2016, il primo Presidente della suprema Corte, preso atto dell'effettiva esistenza del segnalato contrasto giurisprudenziale, ha assegnato il ricorso alle Sezioni unite penali fissando per la trattazione l'udienza camerale del 22 dicembre 2016.

4.

All'udienza del 22 dicembre 2016, le Sezioni unite penali della Cassazione hanno affermato che:

  • In tema di misure di prevenzione patrimoniale, le nozioni di erede e di successore a titolo universale o particolare di cui all'art. 18, commi 2 e 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, sono quelle del codice civile.
  • Nell'ipotesi in cui l'azione di prevenzione patrimoniale prosegua ovvero sia esercitata dopo la morte del soggetto socialmente pericoloso, la confisca può avere ad oggetto non solo i beni pervenuti a titolo di successione ereditaria, ma anche i beni che, al momento del decesso, erano comunque nella disponibilità del de cuius, per essere stati fittiziamente trasferiti a terzi.
  • Nell'ipotesi in cui il giudice accerti la fittizietà dell'intestazione o del trasferimento di beni a terzi, la declaratoria di nullità prevista dall'art. 26, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011 non è pregiudiziale ai fini della validità della confisca, ma costituisce un obbligo conseguenziale all'accertamento della fittizietà, la cui inosservanza da parte del giudice non integra vizi rilevanti ai sensi dell'art. 177 ss. c.p.p., bensì un'omissione rimediabile, anche d'ufficio , con la procedura ex art. 130 c.p.p.
  • Le presunzioni di fittizietà previste dall'art. 26, comma 2, d.lgs. cit. si riferiscono esclusivamente agli atti realizzati dal soggetto portatore di pericolosità e non riguardano anche gli atti dei suoi successori.
5.

Con sentenza n. 12621 del 22 dicembre 2016, depositata il 16 marzo 2017, le Sezioni unite della suprema Corte hanno enunciato i seguenti princìpi di diritto:

  • In tema di misure di prevenzione patrimoniale, le nozioni di erede e di successore a titolo universale o particolare di cui all'art. 18, commi 2 e 3, d.lgs.6 settembre 2011, n. 159, sono quelle proprie del codice civile.
  • Nell'ipotesi in cui l'azione di prevenzione patrimoniale prosegua ovvero sia esercitata dopo la morte del soggetto socialmente pericoloso, la confisca può avere ad oggetto non solo i beni pervenuti a titolo di successione ereditaria, ma anche i beni che, al momento del decesso, erano comunque nella disponibilità del de cuius, per essere stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi.
  • Nell'ipotesi in cui il giudice accerti la fittizietà dell'intestazione o del trasferimento di beni a terzi, la declaratoria di nullità prevista dall'art. 26,comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011 non è pregiudiziale ai fini della validità della confisca, ma costituisce un obbligo conseguenziale all'accertamento della fittizietà, la cui inosservanza da parte del giudice non integra vizi rilevanti ai sensi degli artt. 177 ss. cod. proc. pen., bensì un'omissione rimediabile, anche d'ufficio, con la procedura ex art. 130 cod. proc. pen..
  • Le presunzioni di fittizietà previste dall'art. 26, comma 2, d.lgs. cit. si riferiscono esclusivamente agli atti realizzati dal soggetto portatore di pericolosità e non riguardano anche gli atti dei suoi successori.

Il primo principio. Le Sezioni unite, dopo aver evidenziato come lo scopo perseguito dal Legislatore vada individuato nell'intento di eliminare dal circuito economico, collegato ad attività e soggetti criminosi, beni dei quali non venga fornita una dimostrazione di lecita acquisizione (Cass. pen., Sez. unite, 26 giugno 2014, n. 4880, Spinelli), scopo che la Corte costituzionale ha ritenuto in linea con il quadro dei princìpi delineato dalla Costituzione (cfr., Corte cost. sentt. n. 21 e n. 216 del 2012) ha riconosciuto come la qualità di successore non precluda la possibilità di far valere il proprio autonomo diritto sul bene oggetto della proposta di confisca.

Ciò premesso, le nozioni di erede e di successore a titolo universale o particolare, cui fa riferimento l'art. 18, commi 2 e 3, d.lgs. 159 del 2011, sono quelle proprie del codice civile, senza alcuna possibilità di dare rilievo all'anomala figura di erede o successore di fatto.

Invero, pur se le norme lasciano affiorare talune divergenze lessicali nella formulazione delle previsioni (vedi, comma 2 dell'art. 18 in cui si parla di eredi o aventi causa del soggetto proposto per l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniale e comma 3 dell'art. 18 inerente i successori a titolo universale o particolare), il riferimento alla disciplina del codice civile consente di individuare con certezza tali figure, poiché se la nozione di successore a titolo universale integra quella dell'erede che subentra nella totalità del patrimonio de cuius, ovvero in una sua quota, la connessa definizione di successore a titolo particolare sta ad indicare la posizione di colui che subentra in uno o più diritti specificamente individuati dal de cuius (il legatario), in parziale sovrapposizione con la più ampia area semantica della nozione di aventi causa, che fa riferimento al coinvolgimento anche di terzi intestatari di beni loro trasferiti in vita dal proposto.

V'è quindi consapevole richiamo a termini ed istituti che trovano la loro disciplina in ambito civilistico, con conseguente esclusione di interpretazioni di tipo analogico.

Il secondo principio. Ricordano le Sezioni unite come le finalità e l'ampia estensione dei contenuti dell'azione di prevenzione patrimoniale – finalizzata al recupero di beni la cui illecita disponibilità da parte del de cuius prosegua a qualsiasi titolo, dunque anche nei termini di una "signoria di fatto" nei successori a titolo universale o particolare, ovvero nei terzi interessati ex art. 23 cit.non presuppongono, ai fini della materiale apprensione, il preventivo transito temporaneo dei beni all'interno del patrimonio ereditario, né possono subire limitazioni di ordine soggettivo sul piano della instaurazione del contraddittorio, non essendovi alcun rapporto di necessaria identificazione tra i destinatari formali dell'azione (i successori del soggetto indiziato di pericolosità) e i titolari dei diritti sui beni aggredibili nel procedimento di prevenzione (da coinvolgere nel contraddittorio come parti eventuali).

Questa conclusione non può che prendere le mosse dall'ampia nozione di disponibilità a qualsiasi titolo del bene impiegata negli artt. 24, comma 1, e 20, comma 1, cit., e dal presupposto che i beni nella disponibilità del soggetto pericoloso al momento del soggetto al momento del decesso, in quanto tali, presentano uno stigma tendenzialmente indissolubile e indipendente dalla persistenza in vita del soggetto potenziale destinatario della misura patrimoniale.

Il terzo principio. Analoghe limitazioni alla proponibilità dell'azione devono escludersi anche con riferimento all'esigenza di un preventivo obbligo giudiziale – dalla legge non contemplato – di declaratoria della nullità dell'atto dispositivo ai fini della validità della misura ablativa.

L'art. 26, comma 1 cit., nel recepire il tenore letterale dell'abrogata disposizione di cui all'art. 2-ter della legge 575 del 1965, per effetto delle modifiche apportate dal d.l. 23 maggio 2008 n. 92, convertito dalla legge 24 luglio 2008, n.125, stabilisce, con una formulazione "aperta", comprensiva di ogni atto che realizzi il concreto risultato di una volontaria attribuzione del bene al fine di eluderne l'apprensione statale, che quando accerta che taluni beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, con il decreto che dispone la confisca il giudice dichiara la nullità dei relativi atti di disposizione. In realtà – ritengono le Sezioni unite – alla disposizione dell'art. 26 cit. è attribuibile una valenza meramente esplicativa, ossia di formale ricognizione "esterna", dell'effetto di acquisizione al patrimonio dello Stato che la confisca, ove disposta nel rispetto del contraddittorio con i terzi interessati, è per sé stessa in grado di produrre. Ciò comporta, in definitiva, che, lì dove ai terzi sia garantito il contraddittorio, la nullità degli atti di disposizione, anche se non espressamente dichiarata dal giudice, deve comunque intendersi come un effetto tipico del provvedimento ablativo; in assenza del contraddittorio, invece, la relativa declaratoria, quand'anche sia stata formalmente pronunziata ai sensi dell'art. 26 d.lgs. 159/2011 cit., risulterebbe inutiliter data. L'omessa declaratoria di nullità è priva di sanzioni processuali e non produce vizi rilevanti ai sensi degli artt. 177 ss. c.p.p. (Cass. pen., Sez. VI, 18 ottobre 2012, n. 10153, Colì, in motivazione); e ciò non toglie che la previsione di tale incombente processuale configuri un obbligo conseguenziale all'accertamento della fittizietà, la cui osservanza è dalla legge imposta al giudice, tenuto a dichiararla, al di fuori di qualsiasi valutazione discrezionale, al ricorrere dei presupposti normativamente stabiliti. All'eventuale omissione dell'adempimento dichiarativo, peraltro, ben può rimediarsi facendo ricorso, anche d'ufficio, alla procedura prevista dall'art. 130 c.p.p., non ostandovi la mancata impugnazione del pubblico ministero (Cass. pen., Sez. V, 19 dicembre 2012, n. 18532, Vitale).

Il quarto principio. Sul presupposto che l'istituto della confisca post mortem nei confronti dei successori consente di assoggettare alla misura di prevenzione beni illegittimamente acquisiti dal de cuius e successivamente transitati nel patrimonio del successore, non anche i beni del successore che, come tale, è terzo incolpevole rispetto al procedimento di prevenzione e alla conseguente adozione della misura ablativa, le Sezioni unite sostengono che, in mancanza di inequivoche indicazioni letterali, l'estensione delle presunzioni di fittizietà nei confronti del successore della persona indiziata di pericolosità non possa desumersi dalla ratio della previsione, che ha per scopo quello di impedire i trasferimenti elusivi del bene dalla persona pericolosa ad altri soggetti, sulla base di un ragionevole sospetto che ne colpisce i comportamenti proprio in virtù di questa sua peculiare condizione: invero, il successore, potenzialmente destinatario della misura preventiva ai sensi dell'art. 18, non può essere a sua volta sospettato di una generale intenzione elusiva, salvo che non si provi la presenza di uno specifico intento fraudolento (nel qual caso potrà trovare applicazione l'altro istituto della confisca per equivalente di cui all'art. 25 cit.), giacché la possibilità che egli sia sottoposto alla misura ablativa dipende da una condizione oggettiva, riconducibile al fatto di essere succeduto al de cuius nella titolarità del bene di originaria provenienza illecita. La non operatività delle regole sulle presunzioni di fittizietà delle intestazioni e dei trasferimenti operati in favore di terzi comporta l'applicazione della disciplina generale sulla prova della disponibilità indiretta dei beni in capo al soggetto proposto, ovvero proponibile in quanto portatore di pericolosità, secondo quanto prevedono le disposizioni normative di cui agli artt. 20 e 24 d.lgs. 159/2011 cit.

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