Può la parte civile ricorrere in Cassazione avverso l'annullamento del sequestro conservativo disposto in suo favore?

09 Ottobre 2017

Le Sezioni Unite penali della Suprema Corte sono nuovamente chiamate a decidere se la parte civile può ricorrere per cassazione avverso il provvedimento di annullamento dell'ordinanza di sequestro conservativo ottenuto su sua richiesta. Sulla legittimazione della parte civile a impugnare l'ordinanza di annullamento del provvedimento di sequestro conservativo adottato a sua domanda, la Suprema Corte era già intervenuta ...
1.

Il caso. Nell'ambito di un procedimento penale per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il tribunale di Lecce, su domanda della curatela fallimentare, aveva disposto il sequestro conservativo di alcuni beni immobili di proprietà di due imputate; il provvedimento è stato successivamente annullato dal tribunale del riesame. La parte civile, deducendo – tra l'altro – di non essere stata avvisata della fissazione della camera di consiglio per la discussione dell'istanza di riesame, ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di annullamento eccependone la nullità per violazione del diritto al contraddittorio, anche ad essa garantito dagli artt. 127 e 324, c. p.p. a pena di nullità assoluta ai sensi dell'art. 178, lett. c).

L'antefatto: la sentenza della Corte di cassazione, Sez. unite, Alizzi, n. 47999 del 2014. Sulla legittimazione della parte civile a impugnare l'ordinanza di annullamento del provvedimento di sequestro conservativo adottato a sua domanda, la Suprema Corte era già intervenuta nel suo massimo consesso stabilendo il principio che essa non è legittimata a ricorrere per cassazione contro il provvedimento che, in sede di riesame, abbia annullato o revocato l'ordinanza di sequestro conservativo disposto a suo favore (Cass. pen., Sez. unite, n. 47999 del 25 settembre 2014, Alizzi).

I capisaldi della decisione sono i seguenti:

a)la parte civile non può impugnare il provvedimento di diniego del sequestro conservativo (l'art. 318, c.p.p., prevede esclusivamente il riesame dell'ordinanza di sequestro conservativo; già in precedenza la Corte costituzionale, con ordinanza n. 424 del 1998, aveva dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 318, 322-bis e 325 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 24, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede alcun mezzo di impugnazione avverso il provvedimento di diniego del sequestro conservativo);

b) a maggior ragione non è legittimata a proporre richiesta di riesame contro l'ordinanza di sequestro conservativo, nemmeno nella residuale ipotesi in cui il provvedimento non accolga integralmente le sue richieste (c.d. diniego parziale, che costituisce pur sempre un'ipotesi di diniego); a ritenere il contrario sarebbe singolare che la sanzione della perdita di efficacia del provvedimento impugnato, prevista dall'art. 309, comma 5, c.p.p. in caso di tardiva trasmissione degli atti, si ritorca a danno della parte impugnante a cui favore della quale il provvedimento stesso è stato emesso; altrettanto singolare che la parte che ha chiesto ed ottenuto il provvedimento possa proporre richiesta di riesame, un mezzo di impugnazione totalmente devolutivo predisposto dal legislatore, sin dal suo inserimento nel regime delle misure cautelari, a favore di un soggetto diverso da quello che ha attivato la richiesta (d'altro canto, l'appello avverso l'ordinanza di sequestro conservativo non è previsto dall'art. 322-bis c.p.p., nemmeno a favore del pubblico ministero, come ribadito dalla Corte costituzionale che, con ordinanza n. 426 del 1998, aveva dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 322-bis del c.p.p., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede la facoltà per il pubblico ministero di proporre appello avverso l'ordinanza di diniego del sequestro conservativo);

c) l'art. 325, comma 1, c.p.p., d'altro canto, non contempla la parte civile nell'elenco dei legittimati a proporre ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse a norma dell'art. 324.

Ne consegue, secondo le S.U., che:

  • la parte civile non è legittimata a proporre richiesta di riesame ai sensi dell'art. 318, c.p.p.;
  • di conseguenza non sarebbe legittimata ad essere avvisata di tale procedimento (l'art. 324, comma 6, c.p.p. , che deroga all'art. 127, non la indica tra i destinatari dell'avviso);
  • tuttavia, quanto a quest'ultimo punto, non si può fare a meno di prendere atto dell'indirizzo giurisprudenziale consolidato (tanto da poter essere definito come diritto vivente) secondo il quale alla parte civile deve essere garantito il contraddittorio anche in sede di riesame.

L'ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite penali. La Quinta Sezione penale della S.C. ritiene necessaria una rimeditazione della questione partendo dalla critica al presupposto logico-giuridico che sostiene il ragionamento delle Sezioni unite quasi fosse un postulato indiscutibile: il c.d. favor separationis.

Tale critica muove, a sua volta, da due considerazioni: a) la rivalutazione dell'importanza del contributo fornito al processo penale dal danneggiato/parte civile la cui rivalsa risarcitoria si coniuga alla pretesa punitiva esercitata dallo Stato; b) l'eliminazione della proliferazione dei giudizi quale declinazione del giusto processo che riguarda tutti i soggetti processuali coinvolti nello stesso, anche la parte civile.

Di tale principioè espressione proprio l'art. 316, commi 2 e 3, c.p.p., nella parte in cui attribuisce alla parte civile lo stesso strumento previsto a tutela delle pretese civili dello Stato (comma 2) e estende ad essa gli effetti del sequestro disposto a richiesta del pubblico ministero (comma 3).

Ne consegue, secondo il Collegio rimettente, che «una tutela limitata alla fase iniziale dell'iniziativa della parte civile, poi interrotta nella sua evoluzione processuale, non può […] coincidere con la volontà legislativa, la cui interpretazione, pur inizialmente letterale, va operata, districandosi l'interprete fra varie tecniche di formulazione delle norme, in ipotesi pur prospettabili ed utilizzabili senza preclusioni di sorta».

Queste, dunque, le linee di pensiero sulle quali si fonda l'ordinanza:

a) l'art. 318, c.p.p., non diversamente da quanto prevede in ambito civilistico l'art. 404, c.p.c. (opposizione di terzo ordinaria), attribuisce la legittimazione a proporre la richiesta di riesame dell'ordinanza di sequestro conservativo a chiunque abbia un interesse sostanziale, non solo processuale, e, dunque, anche al terzo, estraneo al procedimento, titolare di situazioni giuridiche soggettive pregiudicate dal vincolo;

b) a maggior ragione non si vede perché debba essere aprioristicamente esclusa, dal novero dei soggetti aventi un interesse processuale qualificato al riesame nel merito dell'ordinanza, proprio la parte civile che è, appunto, parte del processo e che ha richiesto il sequestro conservativo;

c) questo non vuol dire, ovviamente, che la parte civile non debba avere anche un interesse sostanziale al riesame, sicché esclusa la ricorribilità dell'ordinanza di rigetto integrale della domanda di sequestro (il tenore letterale della norma è in tal senso insuperabile), residua l'ipotesi della impugnazione dell'ordinanza di rigetto parziale della istanza (diniego parziale);

d) la legittimazione della parte civile a chiedere il riesame dell'ordinanza di sequestro la rende naturalmente destinataria dell'avviso di fissazione della relativa udienza camerale e ciò non già in base a un dedotto “diritto vivente”, bensì ai sensi degli artt. 324, comma 2, e 127, comma 1, c.p.p.;

e) non osta a tale possibilità il fatto che l'art. 324, comma 7, c.p.p. , faccia riferimento, quale possibile epilogo del riesame, alla revoca, anche parziale, del decreto di sequestro piuttosto che all'ordinanza, poiché il dato letterale non tiene conto del fatto che l'art. 318, richiama l'art. 324 nella sua integralità;

f) costituisce dunque un'aporia (e una violazione del diritto di difesa di cui all'art. 24, Cost.) riconoscere alla parte civile la legittimazione a chiedere il riesame dell'ordinanza di sequestro preventivo da essa stessa richiesta e contestualmente escluderla dal novero dei soggetti legittimati a ricorrere per cassazione ai sensi dell'art. 325, comma 2, c.p.p.;

g) ne consegue che: 1. il comma secondo dell'art. 325, c.p.p., non costituisce una specificazione del primo comma ed ha invece una portata generale; 2. il riferimento letterale in esso contenuto al decreto di sequestro, piuttosto che all'ordinanza, non può precludere una interpretazione costituzionalmente orientata volta, da un lato, ad attenuare il penalizzante principio del favor separationis, dall'altro – correlativamente – a dare un senso alla collocazione dell'art. 325, c.p.p., nell'ambito delle impugnazioni che riguardano tutte le misure cautelari reali; 3. la possibilità della parte civile di ricorrere per cassazione deriva anche dall'art. 127, comma 7, c.p.p.

2.

Con ordinanza n. 33282 del 5 aprile 2017 (dep. 7 luglio 2017), la Cassazione penale, Sez. V ha sottoposto alle Sezioni unite il quesito relativo alla legittimazione della parte civile a ricorrere per cassazione contro il provvedimento che, in sede di riesame, abbia annullato o revocato il provvedimento di sequestro conservativo disposto, a suo tempo, a favore della stessa.

3.

Il Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione ha assegnato il ricorso alle Sezioni unite penali, fissando per la trattazione l'udienza del 28 settembre 2017.

4.

All'udienza del 28 settembre 2017, le Sezioni unite della Cassazione penale, chiamate a decidere se la parte civile è legittimata a ricorrere per cassazione contro il provvedimento che, in sede di riesame, abbia annullato o revocato il provvedimento di sequestro conservativo disposto, a suo tempo, a favore della stessa, hanno affermato che:

«La parte civile è legittimata a proporre ricorso per cassazione esclusivamente nel caso di violazione del contraddittorio determinata dal mancato avviso dell'udienza di riesame».

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