Il ricorso personale in Cassazione in materia cautelare personale dopo la riforma Orlando

Andrea Pellegrino
07 Marzo 2018

Con ordinanza resa all'esito dell'udienza camerale del 2 novembre 2017, la quinta Sezione penale della Corte di cassazione, preso atto dell'esistenza di un contrasto interpretativo nella giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto di dover rimettere alle Sezioni unite la seguente questione di diritto: «se la modifica dell'art. 613 c.p.p. ...
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Con ordinanza resa all'esito dell'udienza camerale del 2 novembre 2017, la quinta Sezione penale della Corte di cassazione, preso atto dell'esistenza di un contrasto interpretativo nella giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto di dover rimettere alle Sezioni unite la seguente questione di diritto:

«se la modifica dell'art. 613 c.p.p., in combinato disposto con quella dell'art. 571 c.p.p., che ha escluso la possibilità di ricorso personale dell'imputato avverso le decisioni di merito, debba essere interpretato estensivamente – e così riguardare anche la preclusione all'impugnativa personale avverso le decisioni cautelari – ovvero se tale soluzione sia da escludere, tenuto conto che l'art. 311 c.p.p., che tale possibilità prevede espressamente, non è stato toccato dalla riforma Orlando».

La Corte remittente ha evidenziato come l'unica pronuncia in contrasto (resa dalla sesta Sezione, sent. n. 42062 del 13 settembre 2017, dep. il 15 settembre 2017, ric. Lissandrello) abbia riconosciuto come il principio della rappresentanza tecnica avesse “valenza universale”, avendo il “nuovo” art. 613 c.p.p. – in ragione del novativo inciso inserito nella disposizione dell'art. 571, comma 1, c.p.p. – mutato natura, passando da una funzione meramente ricognitiva a una costitutiva e finendo così per assurgere a norma di esclusione generale, da ritenersi operante con riferimento a tutte le ipotesi codicistiche ed extracodicistiche, della sottoscrizione personale del ricorso per cassazione.

Nel mettere in dubbio questa conclusione, sollecitando un'interpretazione che lasci residuare la validità del ricorso per cassazione in materia cautelare personale sottoscritto dalla parte personalmente sulla base di un'attenta lettura della stratificazione normativa intervenuta, la Corte remittente ha sottolineato il particolare regime – per tempi e modalità – delle impugnazioni in materia di libertà.

Su questa premessa, il primo argomento a favore di una simile lettura, sarebbe ricavabile dal dato testuale.

Invero, rispetto all'art. 571, comma 1, c.p.p., che detta come regola generale quella della facoltà per l'imputato di impugnare personalmente i provvedimenti, l'art. 613, comma 1, c.p.p. costituisce una deroga specifica e in qualche modo limitata, disciplinando, nella struttura codicistica, in ragione della sua collocazione, il ricorso per cassazione avverso tutti i provvedimenti con efficacia definitoria di procedimenti principali e autonomi. Proprio le caratteristiche – e, prima ancora, la rilevanza – di questi ultimi provvedimenti, imporrebbero l'obbligo della rappresentanza tecnica. Del resto, il silenzio del Legislatore nell'art. 311 c.p.p., rimasto del tutto immutato, sarebbe in tal senso oltremodo significativo a dimostrazione della salvezza di un ricorso che, non riguardando un provvedimento definitorio, non necessariamente deve essere sempre “assistito” da una difesa tecnica.

Ma vi è anche un secondo argomento di carattere logico-sistematico, non certo di minore rilevanza. Invero, appare indiscutibile riconoscere come la novella legislativa non abbia certamente realizzato un intervento circoscritto a poche norme del codice di rito, avendo, al contrario, permeato in maniera estesa il tessuto normativo del processo penale. Tra le norme interessate vi è anche l'art. 325, comma 3, c.p.p. che, nella modifica apportata dal comma 60 dell'art. 1, oggi recita: «All'articolo 325, comma 3, del codice di procedura penale, le parole: “dell'articolo 311, commi 3 e 4” sono sostituite dalle seguenti: “dell'articolo 311, commi 3, 4 e 5”». Escludendo un macroscopico difetto di coordinamento, sulla base di un semplice ragionamento logico, è giocoforza riconoscere che, se il Legislatore avesse avuto realmente intenzione di estendere l'obbligo della rappresentanza tecnica anche alla materia cautelare, lo avrebbe espressamente previsto, tenuto conto che si è preoccupato di ritoccare l'art. 325 c.p.p. per coordinarlo con l'art. 311 c.p.p., sicchè non è illogico opinare che, a contrario, non avrebbe esitato ad intervenire anche su tale ultima norma per coordinarla con il nuovo art. 613 c.p.p. Da ultimo, si pone la ratio della sopravvivenza della ricorribilità personale in materia cautelare, da ricercarsi nella peculiarità del procedimento che involge il diritto fondamentale della libertà personale e che, per sua natura, richiede tempi di svolgimento molto rapidi, in taluni casi difficilmente conciliabili con le “formalità” della difesa tecnica che impone, comunque, la scelta di un difensore cassazionista, l'accettazione della difesa, l'esame degli atti e la predisposizione del ricorso – che potrebbe anche essere particolarmente articolato e complesso – da parte del difensore nominato. Impossibile non vedere come in un simile – non immaginario – contesto fattuale, il divieto all'autodifesa porrebbe un ostacolo non di poco momento all'esercizio del diritto di difesa: difficoltà solo in parte mitigata dalla facoltà, riconosciuta dall'art. 311, comma 4, c.p.p., di enunciare nuovi motivi avanti la Corte di cassazione, atteso l'innegabile vulnus di partenza non altrimenti colmabile.

2.

La Corte di cassazione, Sez. V, con ord. n. 51068 del 2 novembre 2017 (depositata l'8 novembre 2017) ha rimesso alle Sezioni unite la questione controversa in giurisprudenza:

«Se la modifica dell'art. 613 c.p.p., in combinato disposto con quella dell'art. 571 c.p.p., che ha escluso la possibilità di ricorso personale dell'imputato avverso le decisioni di merito, debba essere interpretato estensivamente – e così riguardare anche la preclusione all'impugnativa personale avverso le decisioni cautelari – ovvero se tale soluzione sia da escludere, tenuto conto che l'art. 311 c.p.p., che tale possibilità prevede espressamente, non è stato toccato dalla riforma Orlando»

3.

Con provvedimento in data 13 novembre 2017, il Primo Presidente della Suprema Corte, preso atto dell'effettiva esistenza del segnalato contrasto giurisprudenziale, ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali fissando per la trattazione l'udienza camerale del 21 dicembre 2017.

4.

Le Sezioni unite della Cassazione, chiamate a pronunciarsi sulla questione controversa «se la modifica dell'art. 613 c.p.p., in combinato disposto con quella dell'art. 571 c.p.p., che ha escluso la possibilità di ricorso personale dell'imputato avverso le decisioni di merito, debba essere interpretato estensivamente – e così riguardare anche la preclusione all'impugnativa personale avverso le decisioni cautelari – ovvero se tale soluzione sia da escludere, tenuto conto che l'art. 311 c.p.p., che tale possibilità prevede espressamente, non è stato toccato dalla riforma Orlando», hanno espresso il seguente motivo di diritto:

«Il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento non può essere personalmente proposto dalla parte, ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione».

5.

Con sentenza n. 8914/2018 (c.c. 21 dicembre 2017, dep. 23 febbraio 2018), le Sezioni unite della Suprema Corte hanno enunciato il seguente principio di diritto:

«Il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento non può essere personalmente proposto dalla parte, ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione».

La questione sottoposta alle Sezioni unite riguardava la permanenza o meno, dopo le modifiche introdotte dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 agli artt. 571 e 613 c.p.p., della legittimazione dell'imputato a proporre personalmente ricorso per cassazione in materia di misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 311 c.p.p.

Come è noto, l'originaria formulazione dell'art. 613, comma 1, c.p.p. prevedeva che il ricorso per cassazione potesse essere presentato dalla parte personalmente ovvero da un difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione. La novella legislativa 103 del 2017 ha invece eliminato la possibilità per la parte di presentare il ricorso personalmente ed ha quindi stabilito che «l'atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione»; invariato, rimane il secondo inciso del primo comma dell'art. 613, secondo cui sono tali difensori a rappresentare le parti davanti alla Corte e permane invece immutata la legittimazione personale dell'imputato a proporre le impugnazioni diverse dal ricorso per cassazione, non essendo stata modificata l'originaria previsione dell'art. 571 c.p.p.

Nelle premesse, la Suprema Corte si premura di trovare una giustificazione al nuovo quadro normativo rinvenendolo nella necessità di assicurare un alto livello di professionalità nella redazione del ricorso per cassazione, atto introduttivo di un procedimento connotato da una particolare importanza e da un elevato tecnicismo che ben può giustificare l'intervento esclusivo di un avvocato cassazionista, anche per evitare la proposizione di ricorsi destinati alla declaratoria di inammissibilità per carenza dei necessari requisiti di forma e di contenuto e, d'altro canto, per garantire maggiore efficacia ed efficienza al controllo di legittimità ed alla funzione nomofilattica della Suprema Corte.

Imprescindibile, a tal fine, è l'assorbente rilievo preliminare della identità di disciplina nella materia cautelare rispetto al merito dei casi di ricorso ex art. 606 c.p.p. così come dei relativi epiloghi decisori e, prima ancora, delle cause di inammissibilità, giustificandosi le diversità relative ai termini per la proposizione del ricorso e per la presentazione di motivi nuovi con le specifiche esigenze di pronta definizione dei procedimenti aventi ad oggetto lo status libertatis. E così, la clausola di esclusione dell'art. 613, comma 1, c.p.p. con la quale il Legislatore ha inteso differenziare le peculiarità di regolamentazione del ricorso per cassazione rispetto a tutti gli altri gravami che l'imputato ha facoltà di proporre, si eleva a norma generale, come tale applicabile a qualsivoglia ipotesi di ricorso per cassazione: si finisce così con l'accentrare all'interno di un'unica previsione la disciplina delle varie ipotesi di ricorso per cassazione disseminate nell'ordinamento senza necessità di individuare (o differenziare nel regime impugnatorio) alcuno specifico provvedimento o modello procedimentale (cautelare, esecutivo, estradizionale, di prevenzione) che ne possa costituire l'oggetto o l'ambito di derivazione e senza operare alcuna distinzione fra le parti private titolari del relativo diritto di impugnazione (imputato, indagato, persona interessata, ecc.). Tale esigenza di uniformità si pone come consequenziale derivazione dell'attribuzione della potestà di cognizione a un unico organo giurisdizionale, dinanzi al quale il processo segue regole costanti e uniformi e la cui peculiarità dipende dalla natura stessa del giudizio.

Rimane il problema della compatibilità delle numerose disposizioni normative (esemplificativamente: art. 127, commi 7 e 8 c.p.p.; artt. 311 e 325 c.p.p.; art. 391, comma 4 c.p.p.; art. 428 anteriormente alla modifica apportata dall'art. 1, comma 40, dalla legge 103 del 2017; art. 437 c.p.p.; art. 448, comma 2-bisc.p.p.; art. 464-quater, comma 7, c.p.p.; art. 666, comma 6, c.p.p.; art. 696-novies, c.p.p.; artt. 706 e 719, c.p.p.; art. 734, comma 3, c.p.p.; art. 743, comma 2, c.p.p.; art. 22, legge 69 del 2005; art. 12, comma 10, d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161; art. 13, comma 7, d.lgs. 21 giugno 2017, n. 108; art. 10, comma 3 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, come modificato dall'art. 3, comma 1, lett. d) della legge 17 ottobre 2017, n. 161; art. 37 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274; artt. 35-bis, comma 4 bis,e 69 della legge 26 giugno 1975 n. 354) che continuano a prevedere, nonostante l'intervenuta modifica dell'art. 613, comma 1, c.p.p. la possibilità per l'imputato o i soggetti ad esso legislativamente equiparati di proporre personalmente il ricorso per cassazione: escludendo, per l'oggettiva non condivisibilità, un preteso effetto di tacita abrogazione determinato dalla incompatibilità di quelle norme in conseguenza della generalizzata applicabilità del divieto di proposizione personale del ricorso, deve necessariamente valorizzarsi – in una prospettiva di auspicata salvezza della previsione normativa – la tradizionale distinzione, individuata sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, fra la legittimazione a proporre ricorso e le sue effettive modalità di proposizione. Il primo concetto attiene alla titolarità sostanziale del diritto all'impugnazione, il secondo al profilo dinamico del suo concreto esercizio. Deve ritenersi che le modifiche apportate dalla legge 103 del 2017 non abbiano investito in senso restrittivo la legittimazione ad impugnare dell'imputato, con la conseguenza che quest'ultimo continua a mantenere la titolarità (teorica) del diritto personale di ricorrere in cassazione in via del tutto autonoma rispetto al proprio difensore, pur essendo solo quest'ultimo, ai sensi dell'art. 613, comma 1, c.p.p. il soggetto legittimato alla proposizione dell'atto di impugnazione; diversa è invece la funzione attribuita dal Legislatore all'art. 613 c.p.p., che non disciplina la legittimazione all'impugnazione ma solo le forme e le modalità di proposizione del ricorso, imponendo al difensore iscritto nell'apposito albo dei cassazionisti (e legittimando solo il medesimo a farlo) di sottoscrivere l'atto introduttivo, le memorie ed i motivi nuovi, in forza del principio della rappresentanza tecnica. Del resto, già in passato le Sezioni unite (sent. n. 40517 del 28 aprile 2016, Taysir) avevano distinto i profili della legittimazione ad impugnare e delle modalità di esercizio della stessa, ritenendo ammissibile il ricorso in cassazione proposto da avvocato iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione, nominato quale sostituto dal difensore dell'imputato non abilitato.

L'ambito di applicazione del nuovo requisito soggettivo di legittimazione imposto in via generale dall'art. 613, comma 1,c.p.p. involge anche la proposizione del ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, tanto più perché, in questa ipotesi, ci si trova al cospetto di un mezzo di impugnazione eccezionale che giustifica l'intervento di un soggetto munito di specifiche cognizioni tecniche; estranei all'ambito di applicazione della nuova disciplina risultante dal combinato disposto degli artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, c.p.p. devono ritenersi, di contro, quei casi (ad esempio, il procedimento incidentale originato da una richiesta di rimessione avanzata dall'imputato ai sensi dell'art. 45 c.p.p.) in cui la Corte di cassazione sia investita di una particolare competenza non demandatale per effetto di un ricorso.

Infine, le Sezioni unite escludono che l'abolizione del ricorso personale dell'imputato ponga problemi di compatibilità con i principi stabiliti dagli artt. 13, 24 e 111, comma 7, Cost. ovvero con le previsioni dell'art. 6, par. 3, lett. b) e c) della Convezione europea dei diritti dell'uomo, nella parte in cui si stabilisce che ogni accusato ha il diritto di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa, nonché di difendersi personalmente o avere l'assistenza di un difensore di sua scelta. Invero, si riconosce come la Corte Edu non ritenga indefettibile il diritto alla autodifesa nella proposizione del ricorso innanzi alle giurisdizioni superiori, dal momento che tale garanzia ben può essere soddisfatta mediante la previsione della sola difesa tecnica. E, di contro, il divieto dell'autodifesa non è stato ritenuto in contrasto con la previsione dell'art. 6 Cedu, non potendosi ritenere tale diritto come assoluto, bensì limitato dal diritto dello Stato ad emanare disposizioni concernenti la presenza del difensore allo scopo di assicurare una buona amministrazione della giustizia. Al Legislatore nazionale, pertanto, è riconosciuta ampia discrezionalità nella graduazione delle forme e delle modalità attraverso le quali viene garantita all'imputato la difesa tecnica e personale.

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