Sui presupposti della circostanza aggravante del furto con destrezza, la parola alle Sezioni unite

Alessandra Bassi
09 Agosto 2017

Le Sezioni unite della cassazione sono chiamate a dirimere il contrasto interpretativo sui presupposti della circostanza aggravante speciale del furto commesso con destrezza.
1.

Le Sezioni unite della cassazione sono chiamate a dirimere il contrasto interpretativo sui presupposti della circostanza aggravante speciale del furto commesso con destrezza. Nella giurisprudenza di legittimità si sono affermati due opposti orientamenti, che non hanno trovato spontanea risoluzione. L'uno, nel senso di ritenere applicabile la circostanza nel caso in cui il soggetto agente abbia commesso il fatto approfittando di una situazione favorevole, quale la distrazione della vittima; l'altro, nel senso di richiedere un quid pluris, rappresentato dalla eccezionale abilità dell'agente atta ad eludere la normale vigilanza dell'uomo medio.

L'art. 625, comma 1, n. 4, c.p. prevede una circostanza aggravante speciale per il delitto di furto applicabile nel caso in cui il fatto è commesso con destrezza. Si tratta di una circostanza ad effetto speciale – là dove prevede una pena compresa in un compasso edittale predeterminato superiore ad un terzo rispetto alla pena comminata per l'ipotesi base – e di natura oggettiva, in quanto dipendente dalla maggiore pericolosità della condotta e, pertanto, estendibile ad ogni compartecipe nel reato (ANTOLISEI, PS I, 262; PECORELLA, Furto, Enc. Dir., XVIII, 313). Mette conto di rilevare come il riconoscimento della circostanza assuma rilievo non soltanto sul piano sostanziale, comportando un significativo aumento di pena, ma anche sul piano processuale, dal momento che fa scattare la procedibilità d'ufficio del reato. A ciò si aggiunga che, nell'ipotesi di furto aggravato dalla destrezza, è preclusa l'applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, giusta la pena edittale massima superiore al limite di cinque anni di reclusione previsto dall'art. 131-bis c.p.

La prevalente dottrina è da sempre orientata nel senso di ritenere che l'applicazione dell'elemento circostanziale si correli all'adozione da parte del soggetto agente di un particolare mezzo fraudolento teso ad incidere sulla persona offesa o sulla sua più diretta sfera di controllo (MANZINI, T IX, 270). È dunque, richiesta un'abilità superiore a quella normalmente usata dal comune ladro, che sia idonea ad eludere la normale vigilanza dell'uomo comune (PECORELLA, cit., 314; MANTOVANI, PS II, 77).

La giurisprudenza ha invece assunto posizioni più frastagliate. Secondo un primo orientamento, sostanzialmente allineato alla dottrina dominante, la configurabilità della circostanza in parola richiede un'attività che, per abilità, astuzia e rapidità, sia funzionale a superare l'attenzione della vittima, con la conseguenza che l'aggravante va esclusa qualora l'agente si sia limitato a sfruttare un momento di disattenzione della persona offesa, che egli non abbia determinato (ex plurimis, Cass. pen., Sez. V, 22 dicembre 2009, n. 11079). Orientamento di recente ripreso in taluni arresti della suprema Corte, nei quali si è ribadito che l'aggravante è configurabile soltanto in presenza di condotte caratterizzate da una speciale abilità nel distogliere l'attenzione della parte lesa dal controllo e dal possesso della cosa, sicché non è ravvisabile allorquando l'agente abbia sottratto la res approfittando dell'agevole accessibilità al luogo ove essa sia stata lasciata incustodita, ad esempio in un'auto con le portiere aperte parcheggiata in un garage (Cass. pen., Sez. II, 18 febbraio 2015, n. 9374; conf. Cass. pen., Sez. IV, 10 novembre 2015, n. 46977).

A tale posizione ermeneutica si contrappone una lettura più estensiva – e maggiormente rappresentata nella giurisprudenza di legittimità – alla stregua della quale, ai fini della configurabilità della destrezza, non è richiesto l'uso di un'abilità eccezionale, essendo sufficiente che l'agente approfitti di una qualunque situazione soggettiva ed oggettiva, favorevole ad eludere la normale vigilanza dell'uomo medio (Cass. pen., Sez. IV, 8 luglio 2008, n. 45488). La circostanza è stata pertanto ritenuta applicabile nel caso in cui l'agente aveva approfittato del momento in cui la parte offesa aveva temporaneamente sospeso la vigilanza sul bene perché impegnata, nello stesso luogo di detenzione della cosa o in luogo immediatamente prossimo, a curare attività di vita o di lavoro (Cass. pen., Sez. VI, 7 giugno 2012, n. 23108; Cass. pen., Sez. V, 18 febbraio 2015, n. 20954).

Mentre la prima soluzione esegetica fonda la ritenuta maggiore pericolosità della condotta dell'agente e, dunque, l'aggravamento della pena sulla più marcata efficienza offensiva derivante dalla eccezionale abilità dimostrata dal soggetto nel sorprendere ed eludere la normale vigilanza del proprietario della res, la seconda linea interpretativa valorizza l'approfittamento di una particolare condizione di minorata difesa della vittima, dovuta al momentaneo distacco del proprietario della cosa o di fuoriuscita della res dalla sfera di controllo del medesimo.

Preso atto della persistenza di tale contrasto interpretativo – non compostosi nonostante la segnalazione del Massimario della cassazione –, la quarta Sezione penale ha stimato necessario demandare al più ampio consesso della Corte la risoluzione del nodo ermeneutico. Certamente rilevante nel caso sub iudice, nel quale l'imputato era stato condannato in appello per furto aggravato ex art. 625 n. 4 c.p., per essersi impossessato, occultandolo in una borsa, di un computer portatile che la proprietaria deteneva sul bancone del bar da ella gestito, limitandosi ad approfittare di un momento di distrazione della donna e dei clienti del locale.

2.

Con ordinanza pronunciata all'udienza del 21 dicembre 2016, n. 7696 la quarta Sezione della Corte di cassazione ha rimesso alle Sezioni unite la soluzione della questione Se, in tema di furto, la circostanza aggravante della destrezza, prevista dall'art. 625, comma primo, n. 4, cod. pen., sia configurabile quando l'agente si limiti ad approfittare di una situazione di temporanea distrazione della persona offesa.

3.

Il primo Presidente della Corte di cassazione ha fissato per il 27 aprile 2017 l'udienza per la trattazione della questione Se, in tema di furto, la circostanza aggravante della destrezza, prevista dall'art. 625, comma primo, n. 4, cod. pen., sia configurabile quando l'agente si limiti ad approfittare di una situazione di temporanea distrazione della persona offesa.

4.

All'udienza del 27 aprile 2017, le Sezioni unite della Cassazione, chiamate a pronunciarsi sulla questione controversa «Se, in tema di furto, la circostanza aggravante della destrezza, prevista dall'art. 625, comma primo, n. 4, cod. pen., sia configurabile quando l'agente si limiti ad approfittare di una situazione di temporanea distrazione della persona offesa», hanno espresso il principio di diritto secondo cui:

«La circostanza aggravante della destrezza di cui all'art. 625, comma 1, n. 4, c.p., richiede un comportamento dell'agente, posto in essere prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, caratterizzato da particolare abilità, astuzia o avvedutezza, idoneo a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza sul bene stesso; sicché non sussiste detta aggravante nell'ipotesi di furto commesso da chi si limiti ad approfittare di situazioni, dallo stesso non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento da detentore della cosa»

5.

Nel risolvere il contrasto rimesso al proprio vaglio, le Sezioni unite della Cassazione – aderendo all'orientamento esegetico sino a questo momento minoritario nella giurisprudenza di legittimità – sanciscono che il furto può ritenersi commesso con destrezza soltanto qualora la condotta dell'agente – precedente o coeva alla sottrazione – sia connotata da una particolare capacità operativa, rilevata dalle specifiche modalità esecutive, atte a neutralizzare o ad affievolire la sorveglianza sul bene da parte della vittima. È stata dunque disattesa la tesi secondo la quale l'aggravante potrebbe ravvisarsi anche qualora il colpevole si sia limitato a cogliere l'occasione propizia – indipendente dal suo agire – derivante dalla momentanea sospensione del controllo sul bene da parte della persona offesa (per disattenzione o temporaneo allontanamento).

Dopo avere premesso che la destrezza costituisce un elemento normativo di per sé elastico e che la previsione normativa dell'aggravante è priva di contenuti definitori e presenta margini di ambiguità, la Corte è pervenuta al condivisibile approdo ermeneutico sulla scorta di plurimi e convergenti argomenti, fondati: a) sul dato semantico; b) sul criterio logico sistematico; c) sulla ratio della circostanza aggravante; d) sul bene giuridico protetto dalla norma e sul principio di offensività.

Muovendo dal significato della parola, le Sezioni unite hanno evidenziato come, nel linguaggio comune, la destrezza si riferisca tanto all'abilità motoria, alla rapidità ed all'agilità intese in senso fisico, quanto all'avvedutezza ed alla scaltrezza quali doti intellettive, applicate nel compiere l'impossessamento del bene altrui. A tale considerazione le Sezioni unite hanno aggiunto che la circostanza aggravante trae giustificazione dal più marcato disvalore derivante dal fatto che l'aggressione patrimoniale è compiuta con modalità più efficaci, in quanto rapide, agili, oppure scaltre ed avvedute, dunque maggiormente pericolose.

A soluzione dello specifico nodo interpretativo sottoposto al proprio vaglio circa la ravvisabilità dell'elemento circostanziale anche in caso di mero approfittamento di una situazione favorevole non creata dal soggetto attivo, la Corte ha rilevato come – rispetto all'ordinaria materialità del reato di cui all'art. 624 c.p. – l'ipotesi aggravata richieda un quid pluris, un tratto specializzante ed aggiuntivo rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie basilare, costituito dall'abilità esecutiva dell'autore nell'appropriarsi della cosa altrui, suscettibile di sorprendere o neutralizzare la sorveglianza sulla stessa della vittima, così rivelando la più efficace attitudine a ledere il bene giuridico protetto dalla fattispecie e la maggiore capacità criminale dell'agente. Quid pluris che, con logica consequenzialità, il Supremo Collegio ha escluso potersi ravvisare nel mero avvantaggiarsi di un'occasione propizia venutasi a realizzare per la disattenzione del soggetto passivo, in mancanza di un particolare impegno esecutivo dell'autore. A conferma di tale conclusione, si è rilevato come il legislatore abbia già considerato, nell'ipotesi di furto aggravato ai sensi del n. 6 del primo comma dell'art. 625 c.p., lo stato di temporanea sospensione o allentamento della vigilanza sul bene da parte della persona offesa, autonomamente insorto, e l'approfittamento dello stesso da parte dell'agente.

Ad ulteriore conforto del ragionamento, la Corte ha osservato come – in linea con il principio di diritto affermato dalle stesse Sezioni unite in tema di aggravante dell'uso del mezzo fraudolento ex art. 625, comma 1, n. 2, c.p. (nella sentenza n. 40354 del 18 luglio 2013, Sciuscio) – l'aggravamento del trattamento sanzionatorio presupponga una modalità attuativa della condotta caratterizzata da un'incrementata capacità di ledere il bene protetto, un grado più intenso di capacità appropriativa rivelata dalle specifiche modalità dell'azione di aggressione dell'altrui patrimonio. Il preclude la possibilità di ravvisare l'aggravante nel caso in cui l'agente si limiti a sottrarre la res, sia pure agevolato dalla disattenzione o dalla momentanea assenza della persona offesa.

La pronuncia delle Sezioni unite in commento deve essere salutata con favore, là dove privilegia una lettura attenta al fondamento giuridico della circostanza aggravante e si allinea rigorosamente al principio di offensività, pacificamente applicabile anche in caso di circostanze del reato, come riconosciuto dai giudici della Consulta (Corte cost., n. 249 del 2010).

Importanti sono i riverberi pratici della soluzione prescelta, dal momento che – nel restringere il raggio di operatività dell'elemento circostanziale – la Corte viene altresì ad incidere sulla procedibilità del reato (giusta la previsione dell'art. 624, comma 3, c.p. della procedibilità a querela, salvo non ricorra una o più circostanze previste dall'art. 625 c.p.) nonché sull'applicabilità della causa di non punibilità della speciale tenuità del fatto exart. 131-bis c.p. (preclusa dal comma primo di tale disposizione in caso di reato per il quale sia comminata la pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni, come appunto nelle ipotesi di cui all'art. 625 c.p.).

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