La competenza funzionale in merito all'impignorabilità dei beni sottoposti a sequestro conservativo

Enrico Campoli
06 Ottobre 2016

Ci si pone l'interrogativo se la competenza funzionale a decidere le questioni sull'impignorabilità dei beni sottoposti a sequestro conservativo (fondo patrimoniale) spetta al giudice penale, già in sede di incidente cautelare, ovvero al giudice dell'esecuzione civile, una volta che, divenuta definitiva la sentenza di condanna, il vincolo reale si converte in pignoramento.
1.

Ci si pone l'interrogativo se la competenza funzionale a decidere le questioni sull'impignorabilità dei beni sottoposti a sequestro conservativo (fondo patrimoniale) spetta al giudice penale, già in sede di incidente cautelare, ovvero al giudice dell'esecuzione civile, una volta che, divenuta definitiva la sentenza di condanna, il vincolo reale si converte in pignoramento.

Su richiesta del pubblico ministero, o della parte civile, il giudice che procede – una volta iniziata la fase di merito del processo – può disporre il sequestro conservativo secondo le modalità indicate dagli artt. 316 e ss. c.p.p.

Uno dei presupposti indefettibili per l'adozione del vincolo reale è che esso possa ricadere su beni, somme o cose appartenenti all'imputato (ovvero, al responsabile civile) nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento.

I beni costituiti in fondo patrimoniale – secondo il regime previsto dagli artt. 167 -170 c.c. – sono finalisticamente destinati a sostenere i bisogni della famiglia e, per tale ragione, sono impignorabili dal creditore consapevole che il debito è stato contratto per scopi estranei al loro vincolo di destinazione.

Anche l'art. 46 della legge fallimentare esclude, espressamente, che i beni conferiti nel fondo patrimoniale possano essere assoggettati all'esecuzione concorsuale.

A prescindere dal momento in cui il fondo patrimoniale sia stato costituito dall'imputato – e cioè prima della consumazione dei reati in contestazione ovvero dopo di essi – ci si pone l'interrogativo sul se il sequestro conservativo può essere comunque adottato su beni impignorabili – rimandando ogni approfondimento di merito alla successiva fase dell'esecuzione civile della sentenza di condanna – ovvero se tale questione vada affrontata sin dal momento genetico?

All'esame della V Sezione penale della suprema Corte (n. 21419/2016) veniva sottoposto, tra gli altri, quale specifico punto di gravame – riconducibile alla violazione di legge –l'assoggettabilità al vincolo cautelare reale dei beni costituiti, prima della consumazione dei reati, in fondo patrimoniale destinato a sostenere i bisogni della famiglia dell'imputato lamentando l'erroneità del principio richiamato dal tribunale del riesame – che rigettava l'appello – secondo cui l'impignorabilità sarebbe ininfluente ai fini della legittimità della misura cautelare, rilevando esclusivamente al momento dell'esecuzione, giacché l'art. 316 c.p.p. espressamente prevede che il pubblico ministero possa richiedere il sequestro conservativo soltanto di quei beni di cui la legge consente il pignoramento.

Gli orientamenti che si sono andati formando sulla questione – invero, facenti capo a non molti provvedimenti assunti in sede di legittimità, atteso il non frequente accesso all'istituto – si sono differenziati proprio sul momento processuale in cui le problematiche relative al sequestro conservativo su beni conferiti in fondo patrimoniale vanno affrontate.

Con la sentenza di legittimità n. 4435/2011 della VI Sezione il sequestro conservativo dei beni conferiti nel fondo patrimoniale è stato ritenuto legittimo in forza del fatto che l'art. 317, comma 3, c.p.p. che, nel suo far rinvio alle forme previste dal codice di procedura civile, indirettamente rimanda ogni questione relativi ai limiti di pignorabilità dei crediti alla fase dell'esecuzione civile, cioè allorquando successivamente alla condanna irrevocabile, così come disposto dall'art. 320 c.p.p., il sequestro conservativo si converte in pignoramento.

Si è affermato, eloquentemente, in quella sede che il conferimento dei beni in fondo patrimoniale […] non esclude il sequestro conservativo disposto dal giudice penale né lo condiziona al limite posto per l'esecuzione del pignoramento dall'art. 545, commi 3 e 4, c.p.c. proprio perché, all'uopo, l'art. 317 c.p.p., comma 3, rinvia alle forme previste dal codice di procedura civile. Pertanto, fermo il titolo di un sequestro conservativo disposto dal giudice penale, le questioni relative ai limiti di pignorabilità dei crediti sono proponibili solo in sede di esecuzione civile.

Tale orientamento trova i suoi prodromi più generali in precedenti pronunce assunte in sede di legittimità in cui si aveva modo di evidenziare che le problematiche sui limiti di pignorabilità dei beni sottoposti a sequestro conservativo non possono essere proposte, e tantomeno risolte, nella sede dell'incidente cautelare penale. Infatti, il sequestro conservativo è eseguito dall'ufficiale giudiziario con le forme prescritte dal codice di procedura civile […] ed è nella sede civile che la parte può utilmente sollevare le questioni […] volte all'individuazione di beni da sottoporre legittimamente a sequestro fino alla concorrenza della entità del debito da garantire giungendo, in tal modo, alla conclusione che la competenza a giudicare domande intese a contestare il vincolo imposto sul ben è funzionalmente devoluta al giudice civile, tanto da non potersi instaurare in sede penale alcun contraddittorio sul punto (Cass. pen, Sez. V, n. 42244/2010).

L'orientamento alternativo a quello sin qui illustrato mira, invece, ad anticipare l'esame del merito delle questioni attinenti la impignorabilità dei beni da sottoporre a sequestro conservativo al momento genetico dell'adozione del vincolo reale.

Tale diversa prospettazione, più risalente nel tempo, pone l'accento sul disposto dettato dal comma 1 dell'art. 316 c.p.p. il quale, riprendendo la formula adottata dall'art. 671 c.p.c., afferma che, fermo restando i presupposti propedeutici del vincolo – e cioè la necessità di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento o di altra somma dovuta all'erario dello Stato – lo stesso può andare a colpire beni mobili o immobili dell'imputato o […] somme o cose a lui dovute ma sempre nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento (Cass. pen., Sez. V, n. 598/2004).

Proprio la sussistenza di tale limite da ultimo individuato, – su cui in alcun modo incide la circostanza che i debiti siano stati contratti prima della costituzione del fondo patrimoniale in quanto la pignorabilità […] va considerata al momento in cui ha luogo l'esecuzione – determina la necessità che, sin dal momento dell'incidente cautelare, e dunque in tutta l'evoluzione dello stesso, il giudice penale affronti la questione della impignorabilità dei beni da sottoporre a sequestro conservativo: sarebbe, difatti, irragionevole non riconoscere al giudice che procede prima, ed al tribunale del riesame poi, il potere di verificare il rispetto del limite di sequestrabilità, nel momento in cui il citato art. 316 impone testualmente già al pubblico ministero di chiedere il sequestro dei beni nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento (Cass. pen., Sez. V, n. 31733/2015).

La ragionevolezza reclamata in quest'ultima pronuncia attiene al piano del merito e non a quello dell'intrinsecità del contenuto delle norme in esame in quanto la stessa garanzia potrebbe rivelarsi del tutto effimera laddove sin dal momento dell'incidente cautelare vi sarebbe la possibilità di approfondire la concretezza del vincolo reale, sebbene occorra riconoscere che tale disamina non determina alcuna ipoteca sul successivo esame in sede di esecuzione civile.

2.

All'udienza del 4 maggio 2016 (motivazione depositata in data 23 maggio 2016) la quinta Sezione penale della Corte di cassazione ha rimesso alle Sezioni unite (ordinanza n. 21419/2016) la decisione della seguente questione, oggetto di contrasto giurisprudenziale :

se le questioni attinenti all'impignorabilità dei beni sottoposti a sequestro conservativo possano essere proposte dal Tribunale del riesame nell'incidente cautelare ovvero se la competenza funzionale a deciderle sia devoluta al giudice dell'esecuzione civile una volta che, passata in giudicato la sentenza penale di condanna, il sequestro conservativo si converta in pignoramento.

3.

L'udienza per la trattazione della questione se le questioni attinenti all'impignorabilità dei beni sottoposti a sequestro conservativo possano essere proposte dal Tribunale del riesame nell'incidente cautelare ovvero se la competenza funzionale a deciderle sia devoluta al giudice dell'esecuzione civile una volta che, passata in giudicato la sentenza penale di condanna, il sequestro conservativo si converta in pignoramento è stata fissata, dal primo Presidente della Corte suprema, per il 25 maggio 2016 dinanzi alle Sezioni unite della Corte di cassazione.

4.

All'udienza 21 luglio 2016, le Sezioni unite penali della Corte di cassazione hanno deciso che:

le questioni attinenti alla pignorabilità dei beni (costituenti, nella specie, un fondo patrimoniale) sottoposti a sequestro conservativo sono deducibili con la richiesta di riesame e vanno decise dal Tribunale del riesame; esse non sono, quindi, devolute in via esclusiva al giudice dell'esecuzione civile dopo la conversione del sequestro conservativo in pignoramento, a seguito della irrevocabilità della sentenza penale di condanna.

5.

Come ampiamente prevedibile le Sezioni unite penali, nel risolvere il contrasto giurisprudenziale sopra illustrato, hanno optato per l'affermazione del principio di diritto secondo cui non occorre attendere la fase esecutiva della sentenza penale di condanna – e, quindi, le garanzie assicurate, in proposito, dal codice di procedura civile – per affrontare le questioni attinenti la pignorabilità dei beni sottoposti al vincolo del sequestro conservativo penale.

Dopo aver “chirurgicamente” inquadrato l'istituto sotto il profilo della sua evoluzione storica – evoluzione che ha segnato il passaggio dello strumento del sequestro conservativo penale da mera garanzia patrimoniale di esecuzione ad una più incisiva tutela di tipo cautelare reale che abbia ad oggetto non solo i crediti dello Stato dipendenti dalla celebrazione del processo concluso sfavorevolmente per l'imputato ma anche dei crediti della parte civile per le obbligazioni derivanti dal reato, con espansione [...]anche ai beni immobili – i giudici di legittimità hanno dato luogo ad una coerente interpretazione letterale e sistematica dello stesso che prevedesse, di pari passo, anche quella di un penetrante approfondimento, sin dalla sede cautelare, di ogni questione di merito.

Nel dar luogo a tale corretta costruzione sistemica ci si è spinti (ed, in modo, del tutto condivisibile) fino ad auspicare un contraddittorio cautelare anticipato (non previsto ma neppure vietato), – da cui, poi, prende, a sua volta, contenuto quello in sede di impugnazione cautelare – non solo sui presupposti di legittimità (fumus boni juris; periculum in mora) del vincolo, previsti dall'art. 316, comma 1,c.p.p. bensì anche, stante il richiamo in quest'ultimo operato, al parametro, ulteriore ed imprescindibile, che il bene di cui si chiede il sequestro sia suscettibile di pignoramento.

Del resto, si afferma, è la stessa catena dei rinvii operata in sede processuale (dall'art. 318 cod. proc. pen. all'art. 324, fino al comma 9 dell'art. 309) a legittimare un controllo “pieno” in sede di impugnazione cautelare, controllo che non soffra delimitazioni ma che tenda, invece, alla verifica di legittimità della misura ablativa per tutti i suoi profili, compresi quelli di sostanza e derivazione civilistica, fatta salva la riserva di devoluzione al giudice civile, ex art. 324, comma 8, c.p.p., in caso di contestazione della proprietà.

L'intervento del giudice civile attiene, in sostanza, ad un momento, necessariamente, successivo in quanto costituisce il precipitato della pronuncia di condanna, in cui il creditore aziona il procedimento della espropriazione forzata dovendo, invece, trovare piena anticipazione, in sede di incidente cautelare, ogni questione di merito attinente il vincolo reale tanto da potersi sancire che il rinvio alle forme del codice di procedura civile, operato dall'art. 317 c.p.p., sia stato adottato per disciplinare la sola modalità per la concreta imposizione del vincolo nella fase cautelare mentre quello dettato dall'art. 320 c.p.p. trova, invece, applicazione per affermare le modalità esecutive per la soddisfazione del credito mediante la esecuzione forzata, dopo la conversione in pignoramento, e contemporaneamente per far emergere la competenza funzionale del giudice civile.

La ricostruzione dello spazio di intervento dello strumento di impugnazione cautelare, ed ancor più l'ampio raggio di tutela previsto dallo stesso, ha consentito anche di delineare, nella sentenza in commento, un'ampia disamina, alla quale si rimanda, degli atti compiuti dall'imputato-debitore che si può ritenere rientrino nella tutela conservativa dettata dagli artt. 316 e ss. c.p.p.

Quel che, però, risulta centrale è che i temi dell'inefficacia degli atti dispositivi e dell'impignorabilità del bene vadano affrontati, nel contraddittorio, dinanzi al giudice (della cautela) penale non potendo gli stessi essere rimandati alla fase esecutiva, la quale ha tutt'altro oggetto finalistico, prodromico alla espropriazione forzata.

È per tali ragioni che il giudice della cautela penale deve necessariamente pronunciarsi, oltre che sui presupposti di legittimità del vincolo imposto, anche sulla pignorabilità o meno del bene sottoposto a sequestro conservativo non eludendo, a mezzo del rimando alla irrevocabilità della sentenza di condanna (non fosse altro perché la stessa ben potrebbe essere di assoluzione), tutte le implicazioni e le ricadute che tali questioni comportano in concreto.

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