Atti persecutori: tipologie e caratteristiche dello stalker

Alessandra Bramante
01 Giugno 2017

Il termine stalking deriva da to stalk, un verbo inglese che si riferisce originariamente ad una particolare modalità di caccia, traducibile con “fare la posta”: significa quindi appostarsi, seguire, tampinare e si riferisce ad una forma di aggressione messa in atto da un cosiddetto persecutore che si introduce in maniera reiterata e distruttiva nella vita privata di un altro individuo, causando spesso gravi conseguenze fisiche e/o psicologiche.
Abstract

Con il d.l.11 del 23 febbraio 2009 convertito con l. 38 del 24 aprile 2009, il fenomeno dello stalking ha ottenuto un riconoscimento normativo (Titolo XII del Libro II, art. 612-bis c.p.) introducendo quindi il reato di atti persecutori.

Va comunque considerato che il riconoscimento della fattispecie non avviene in automatico essendo un delitto il cui accertamento è rimesso alla discrezionalità del giudice (Corte d'appello di Milano, Sez. V, 14 dicembre 2011, depositata in data 13 gennaio 2012, a definizione di delitto di atti persecutori).

La norma, fortemente sollecitata, ha permesso di tutelare il singolo individuo da comportamenti che ne condizionino pesantemente la vita (Cass. pen., Sez. III, 20 marzo 2013, n. 25889).

Nella stessa legge inoltre viene riportata come parte importante della sua “definizione” giuridica anche l'elemento psicologico e relazionale, evidenziando quindi non solo la tipologia dei comportamenti devianti, intrusivi e violenti di chi agisce ma anche le conseguenze psicologiche che queste azioni cagionano alla vittima (grave stato d'ansia o di paura, timore per incolumità) e le reazioni di auto-tutela che sono ingenerate (alterazioni delle abitudini di vita).

L'introduzione del delitto di atti persecutori nel nostro ordinamento giuridico risulta quindi il risultato di un'integrazione della letteratura scientifica psicologica e criminologica con la dottrina giuridica.

La differenza rispetto al reato relativo alle minacce e alle molestie è costituita proprio dalla reiterazione delle condotte, la volontà e la coscienza di attuare ogni singolo atto.

Definizione e tipologie

Il termine stalking infatti deriva da to stalk, un verbo inglese che si riferisce originariamente ad una particolare modalità di caccia, traducibile con “fare la posta”: significa quindi appostarsi, seguire, tampinare e si riferisce ad una forma di aggressione messa in atto da un cosiddetto persecutore che si introduce in maniera reiterata e distruttiva nella vita privata di un altro individuo, causando spesso gravi conseguenze fisiche e/o psicologiche (MARAN 2012).

Si definisce anche come sindrome del molestatore assillante ed è caratterizzato da tre aspetti fondamentali:

  • la presenza di un persecutore (o molestatore),
  • una vittima (e la sua famiglia o persone a lei più vicine),
  • una relazione caratterizzata dall'esercizio del controllo intrusivo o apertamente minaccioso da parte dello stalker che determina uno stato emotivo di intensa ansia e paura nella vittima.

La tipologia delle azioni può essere varia e ricomprendere moltissime condotte cosiddette persecutorie che, nella letteratura scientifica, si identificano e riconoscono come tipiche.

La figura dello stalker si riferisce nello specifico al suo agire dei comportamenti aggressivi, intrusivi e minacciosi tali da diventare persecutori in quanto consapevoli, intenzionali, reiterati, insistenti e duraturi nel tempo.

Alcuni di queste azioni per esempio si identificano con gli appostamenti in luoghi frequentati dalla vittima, gli inseguimenti e i pedinamenti, il raccogliere informazioni sulle abitudini della vittima, il sorvegliarla nonché tutte le azioni di controllo in generale.

A queste si aggiungono tutte quelle azioni correlate all'invio di lettere, sms, email o messaggi, telefonate che diventano inopportune per frequenza e modalità, regali non richiesti e non idonei alla tipologia di rapporto esistente nella realtà, “sorprese” con intento di controllo manipolazione, incontri preordinati in luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, appropriazione di corrispondenza e oggetti della vittima.

In parallelo alle azioni di controllo e manipolazione degli aspetti relazionali si affiancano anche azioni atte a disturbare o creare danno alla vittima, come ordinare merci e servizi a nome della stessa per crearle disturbo e onere economico, diffondere informazioni diffamatorie sulla stessa, minacciare la vittima o le persone a lei care o i suoi animali domestici (minacce dirette o allusive), fino ad introdursi nella abitazione o danneggiare beni di proprietà della stessa.

Quanto sopra descritto però risulta solo parzialmente idoneo a chiarire le complesse dinamiche e le motivazioni del comportamento “stalkizzante”.

CARETTI (2011) ha definito lo stalking come « una condotta interpersonale di minaccia o molestia rivolta a un soggetto specifico, che presenta finalità relazionali, che è ripetuta più volte nel tempo o è caratterizzata da una particolare intensità e che viene percepita come disturbante dalla vittima »

Questa definizione, in termini generali e flessibili, in effetti riesce ad evidenziare le condizioni che determinano e connotano lo stalking in modo più ampio, e cioè la presenza:

  • della scelta di una vittima specifica;
  • della finalità relazionale, ancorché deviante;
  • della possibilità che tale azione sia di durata breve ma particolarmente intensa;
  • della connotazione “disturbante” amplia le tipologie di reazione diverse da parte della vittima che qualitativamente possono differenziarsi dagli aspetti di ansia e paura riportati nell'articolo di legge.

Tra gli elementi distintivi inoltre, la reiterazione dei comportamenti e la ripetizione delle azioni risultano anch'essi un elemento condiviso dalla comunità scientifica.

Relativamente la connotazione delle reazioni emotive della vittima invece (che verranno approfondite in altro articolo), ci sono, prevedibilmente, delle differenze da tenere in considerazione.

Innanzitutto va considerato che, essendo reazioni emotive personali, ovviamente, possono rilevare delle differenze nei vissuti, se pur negativi, dovuti non solo alla tipologia delle azioni subite (intrusive o aggressive e violente) ma anche alle caratteristiche di personalità della vittima, alle sue risorse personali e sociali, alla propria esperienza di vita.

È intuibile infatti che azioni simili non possano generare in persone diverse vissuti standardizzati e uguali per tutti.

Ed in particolare tale differenza può emergere nei casi di stalking meno tipici come nei casi in cui un ex partner inizialmente vuole riallacciare il rapporto (intendendo che i primi approcci, se pur insistenti, non allertano di fatto la vittima) o in quello in cui una stalker donna agisce nei confronti di una vittima di sesso maschile (per la differenza di forza fisica e tipologia di minaccia); situazioni queste che non necessariamente inducono a vissuti di vera e propria paura o timore per la propria incolumità, essendo facilmente sottovalutata la pericolosità da parte della vittima.

La focalizzazione sulla finalità relazionale, la cui connotazione va intesa nel senso più ampio del termine, è importante per identificare le motivazioni alla base dei comportamenti che si identificano sempre una relazione tra i due soggetti (sia essa sentimentale o di vendetta per esempio).

In tal senso CUPACH e SPITZBERG (2004) hanno identificato alcune tipologie di comportamenti dello stalker che indicano vari gradi di intrusività e pericolosità.

Nelle categorie sotto riportate tali comportamenti sono raggruppati in crescendo. Si identificano infatti situazioni quali:

  1. iper-intimità, in cui i comportamenti sono finalizzati a stabilire una maggiore vicinanza con la vittima o nella convinzione deviante ed irrealistica che tale intimità già esista. Sono quindi manifestazioni esagerate e, per questo, disturbanti (regali non richiesti, favori o comunicazioni a sfondo sessuale, ecc.);
  2. contatti mediati, categoria in cui si raggruppano tutte le comunicazioni mediate intercorse tra stalker e vittima, tra cui sms, email, lettere o spedizioni di oggetti, generalmente “disturbanti” per frequenza e continuità tali spesso da far insorgere la sensazione di essere “assediati”;
  3. contatti interattivi impropri, che si riferiscono ai comportamenti attuati per stabilire un contatto/relazione con la vittima, direttamente o indirettamente cercando possibilità e contesti per avvicinarsi, anche coinvolgendo conoscenti e amici della vittima per ottenere informazioni;
  4. sorveglianza, modalità in cui vengono compresi tutti i comportamenti atti a controllare la vittima e le sue attività, non necessariamente al fine di mettersi concretamente e direttamente in contatto con essa;
  5. invasioni, che si riferiscono a vere e proprie intrusioni fisiche nelle proprietà della vittima (casa, auto, ecc.) o furti di documentazione (anche online);
  6. intimidazioni e molestie che identificano per esempio le molestie verbali e non, le minacce alla vittima o alle persone a lei care per ritorsione in ambito lavorativo, economico o giuridico;
  7. coercizioni e minacce, si riferiscono ad azioni di minacce generiche, di vita alla vittima ma anche di forte manipolazione (minaccia di suicidio dello stalker);
  8. aggressioni e violenze: comprende dal danneggiamento e dalla distruzione di beni e oggetti della vittima all'aggressione fisica, alla violenza sessuale sino all'omicidio/suicidio.

Oltre a questa suddivisione per modalità ed intrusività delle azioni, la disamina delle diverse tipologie di stalking può riferirsi anche alla suddivisione secondo altri parametri quali, per esempio, la prossimità o la vicinanza dello stalker con la vittima.

Un elemento importante che emerge infatti secondo alcuni studi, è che quasi il 77% dei casi di stalking riguarda individui che si conoscevano precedentemente e il 50% si riferisce nello specifico ad un ex partner della vittima. Solo in una minoranza di casi lo stalker è uno sconosciuto.

Tale fattore di vicinanza è correlato ad una maggiore possibilità di azioni violente, costituendo un fattore di rischio.

Infatti sembrerebbe che una preesistente relazione sia legata a una maggiore frequenza di possibilità di minacce e comportamenti violenti.

Generalmente, secondo gli studi, lo stalker è di sesso maschile (77%) ma sempre più spesso negli ultimi anni, si riscontra la presenza anche di casi in cui lo stalker è una donna.

Le vittime sono generalmente di sesso femminile nel caso di stalker di sesso maschile, mentre per quanto riguarda le donne possono essere di sesso maschile ma anche femminile. Possono esserci infatti dei casi in cui stalker e vittima sono dello stesso sesso, ma ciò si riscontra in prevalenza quando entrambi sono di sesso femminile.

Infine, un ulteriore categorizzazione non può prescindere dalla motivazione sottostante al comportamento di stalking, legata ad un conflitto di potere o alla ricerca di un contatto relazionale

MULLEN, PATHE' e PURCELL (2009) identificano una categorizzazione degli stalker sulla base delle motivazioni latenti.

In primo luogo essi identificano la figura dello stalker rifiutato che si riferisce a situazioni conseguenti ad una rottura della relazione. Si tratta quindi di ex partner ma anche di famigliari o amici che agiscono con l'intento di ristabilire il rapporto prescindendo dalla volontà dell'altro, volendo, nel caso forzarla secondo i loro desideri. In questa tipologia si riscontra in modo piuttosto rilevante comportamenti minacciosi, intimidatori fino a vere e proprie aggressioni, correlate ad una maggiore frequenza dei contatti e ad una maggiore possibilità di agiti violenti nei confronti dei beni di proprietà o della persona stessa.

Un'altra tipologia di stalker è quella cosiddetta del risentito, situazione in cui il soggetto ritiene di aver subito un torto o un'ingiustizia e di avere il diritto di vendicarsi. In questo caso ovviamente il fine non è quello di ristabilire una relazione, se pur in modo distorto, ma di attuare una vera e propria ritorsione nei confronti della vittima. Non sempre lo stalker conosce personalmente la vittima in questi casi ma la sceglie anche solo perché fa parte dell'organizzazione o istituzione da cui lo stalker sente di essere stato danneggiato. In questi casi è raro che si arrivi effettivamente ad una aggressione fisica.

Un'altra tipologia è quella dello stalker ricercatore di intimità che sceglie vittime sconosciute o che conosce solo superficialmente ma con cui desidera stabilire un rapporto intimo, sentimentale o amicale. Vivono questa situazione nella convinzione che prima o poi la vittima, nonostante i dinieghi, ricambierà le attenzioni e i sentimenti; ovviamente in questi casi il senso di realtà può essere deficitario e lo stalker può presentare una vera e propria patologia di tipo psichiatrico (in alcuni casi è la erotomania o stati di alterazione dell'esame di realtà come stati psicotici).

Infine le ultime due tipologie sono rispettivamente quelle del corteggiatore incompetente (un soggetto che non riesce ad avere normali competenze sociali e relazionali e che tenta di approcciarsi con persone conosciute casualmente per stabilire una relazione) e lo stalker predatore, che programma, progetta e agisce l'aggressione, spesso a sfondo sessuale.

Lo stalking quindi in questo caso è solo una delle fasi di preparazione, in un crescendo di gratificazione per la sensazione di controllo provata sulla vita della vittima che prende di mira.

In questi casi le vittime possono essere sia persone conosciute sia sconosciute e l'azione stalkizzante è prodromica all'aggressione, atta a raccogliere informazioni per organizzarla (pedinamenti, abitudini di vita, intrusione nell'abitazione). In questi casi lo stalker spesso presenta problematiche di tipo psichiatrico, disturbi della personalità e disturbi legati all'utilizzo di sostanza stupefacenti.

Riguardo alla potenziale pericolosità dello stalker, soprattutto in relazione a possibili passaggi ad un agito violento quale il femminicidio, BALDRY e WINKEL (2008) e ancora BALDRY e FERRARO (2010) hanno identificato tipologie di stalking secondo il criterio del rischio potenziale.

Essi si riferiscono a:

molestie/stalking da parte dell'ex partner (50% dei casi), le cui caratteristiche sono

  • odio e risentimento nei confronti dell'ex partner;
  • temperamento focoso e ostile anche in presenza di terzi (a differenza dello stalker sadico);
  • maltrattamenti nella relazione, per lo più commessi in privato e accompagnati da violenza verbale;
  • minacce esplicite e recriminazioni riferite al contenzioso;
  • diffamazione della vittima con amici e parenti;
  • contenziosi giudiziari per affidamento dei figli;
  • gelosia e condotta aggressiva;
  • abuso verbale o fisico nei confronti di terzi a sostegno della vittima;
  • comportamenti vessatori e danno ai beni materiali della vittima;
  • atti persecutori (pedinamenti e appostamenti);
  • comportamenti a matrice sessuale per umiliare la vittima.

Tale tipologia viene considerata ad alto rischio di violenze gravi o letali.

Atti persecutori dovuti ad infatuazione (amore giovanile o amore adulto), le cui caratteristiche sono:

  • l'oggetto delle attenzioni è considerata persona amata e non vittima;
  • pervasività del pensiero;
  • fantasie romantiche e di connotazione positiva;
  • forte desiderio manifestato anche con rabbia;
  • orientamento verso il futuro riguardo la relazione;
  • avvicinamento non malevolo

Tale tipologia viene considerata a basso rischio di violenza.

Stalking delusionale e di fissazione che comporta a sua volta due diverse tipologie ad alto e basso rischio.

Ad alto rischio:

  • Incoerenza;
  • Vittima ad alto rischio di violenza sessuale o fisica;
  • Presenza di disturbo borderline di personalità con episodi acuti psicotici;
  • Precedenti casi di violenza sessuale e fisica;
  • Bombardamento di telefonate e lettere, mail, incontri, ecc.;
  • Tempi e luoghi delle sue azioni sono imprevedibili;
  • Contenuti osceni e di natura sessuale delle sue verbalizzazioni;
  • Obiettivo è ristabilire una relazione intima;
  • Appartenenza ella vittima a classe sociale medio-alta.

A basso rischio:

  • Convinzione delirante che esiste una relazione con la vittima;
  • Conoscenza superficiale della vittima;
  • Condotte non pericolose o violente;
  • Non riconoscimento dei dati di realtà riguardo l'effettiva assenza di relazione (nel caso sono altri che ostacolano);
  • Le vittime sono generalmente professioniste;

Tipologia dello stalking sadico, le cui caratteristiche sono:

  • la vittima è un'ossessione ed è considerata una preda;
  • criterio di selezione è basato sulle caratteristiche della vittima, non sulla sua conoscenza;
  • il tipo di approccio iniziale è benevolo per diventare poi persecutorio;
  • danneggiamenti dei beni di proprietà di nascosto per creare disagio e magari proporsi di aiutare la vittima a risolvere il problema;
  • controllo della vittima in ogni suo aspetto (sociale, personale, professionale, ecc.);
  • presenta freddezza emotiva e spesso disturbo antisociale di personalità o psicopatia;
  • precedenti comportamentali simili;
  • comportamento persecutorio anche nei confronti delle persone vicine alla vittima;
  • comunicazione destabilizzante ed incoerente (frasi d'amore e minatorie);
  • presenza di minacce esplicite o subdole;
  • alto rischio per violenza psicologica e fisica conseguente anche alla modalità di danneggiare la vittima o metterla in condizioni di pericolo (manomissione freni dell'automobile ecc.)

In questo caso il rischio è piuttosto elevato ma non così esplicito, in quanto lo stalker tende ad attuare le sue condotte vessatorie subdola e non sempre così chiara e visibile.

Caratteristiche dello stalker e comorbilità con patologie psichiche

Ma per quanto sopra descritto quali sono le caratteristiche generali comportamentali, psicologiche, situazionali prodromiche che si ritrovano nello stalker?

Alcuni studiosi tra cui MULLEN e MORRISON rilevano che lo stalker presenta spesso nella storia della sua vita molteplici rotture relazionali con successive riappacificazioni, in un altalenarsi di rotture sentite come “mai definitive” che, si potrebbe ipotizzare, delineano nella sua mente l'impossibilità di un distacco vero e proprio, ricercando come sua esperienza, un continuo riavvicinamento.

Inoltre spesso nella casistica si ritrova una concomitanza tra l'inizio di comportamenti di stalking e avvenimenti stressogeni (perdita di un lavoro, un lutto, ecc.) entro un anno da questi.

Ma le sue difficoltà relazionali hanno spesso una base di insicurezza vissuta sin dall'infanzia che portano al riemergere di un'ansia abbandonica pregressa.

Altri aspetti quali la tendenza alla rimuginazione (aspetto psicologico) e precedenti penali e di condotta violenta (aspetto comportamentale) possono essere indicatori della possibilità in generale di acting out dei soggetti nei quali peraltro spesso emergono anche problemi legati all'abuso di sostanze, alla presenza di disturbi della personalità, alla gelosia patologica o alla presenza di una storia di abusi subiti nell'infanzia.

Riguardo alla possibilità di una comorbilità tra il comportamento dello stalking, nella complessa dinamica relazionale aggressore-vittima sopra descritta, ed eventuali problematiche psicopatologiche preesistenti nel soggetto, alcuni studi evidenziano che, in particolare, in riferimento al rapporto amore-vendetta e al disturbo psicologico del persecutore, si individuano specifici elementi correlati ad un disturbo borderline di personalità o ad un disturbo psicotico o dell'umore.

Nello studio di MULLEN e PURCELL (2000) è stato considerato un campione di 145 valutazioni cliniche di casi di stalking, evidenziando le correlazioni con i tre assi:

  • motivazione e contesto;
  • natura del rapporto preesistente con la vittima;
  • diagnosi psichiatrica (riferita a patologie non psicotiche quali disturbi di personalità, d'ansia e dell'umore, e psicotiche quali schizofrenia, psicosi affettive, organiche e disturbi deliranti).

Altri studiosi per esempio (PATTON, NOBLES, FOX 2010) hanno rilevato una correlazione tra stalking e teoria dell'attaccamento. Nello specifico infatti era stata riscontrata una conseguente relazione tra i comportamenti dello stalker e disturbi di personalità del cluster B del DSM IV TR.

Essi cercarono di determinare quale attaccamento disfunzionale potesse essere associato a questi comportamenti e le risultanze si focalizzarono sull'attaccamento insicuro-ambivalente-ansioso, in quanto significativamente associato a molti comportamenti e vissuti ritrovati nello stalker quali ansia nelle relazioni, comportamenti associati a gelosia patologica e rabbia incontrollata verso il partner, comportamenti intrusivi, molesti e persecutori.

Per quanto riguarda la presenza di psicopatologia, si evidenzia che una patologia psicotica si evidenzia spesso come erotomania che descrive una condizione del soggetto caratterizzata dalla convinzione delirante di essere oggetto di corteggiamenti e proposte sentimentali continue o di effettuare conquiste amorose di ogni genere.

Il delirio può presentarsi in un contesto di disturbo psicotico o bipolare o di vera e propria schizofrenia e può essere associato a tematiche di grandiosità. Generalmente si ritrova in correlazione ad azioni perpetrate da pazienti psichiatrici nei confronti di conoscenti, estranei o professionisti con cui sono entrati in contatto. In ogni caso va sottolineato che il ruolo delle convinzioni e delle percezioni deliranti correlato a vere e proprie azioni di moleste assillanti è un fenomeno alquanto circoscritto.

MULLEN riferisce che tale tipologia ricade più frequentemente nella tipologia di stalker cosiddetto intimacy-seeking (ricercatore di intimità), per la scarsità di base delle competenze sociali, un conseguente stato di isolamento sociale e affettivo e un vissuto di solitudine.

Meno indagata è la comorbilità tra stalking e ritardo mentale e disturbi autistici. In particolare riguardo a questi ultimi va rilevata una correlazione tra gli elementi patologici del disturbo (difficoltà di interazione con i pari, comportamenti inappropriati) che possono inconsapevolmente mettere in atto comportamenti di approccio e corteggiamento inappropriati e intrusivi.

Per quanto riguarda invece i disturbi di personalità, essi rappresentano la diagnosi psichiatrica più rilevante e frequente nella rilevazione di patologia negli studi sugli stalker.

I disturbi di personalità descrivono una condizione psicologica e comportamentale caratterizzata da disfunzionalità nel percepire e rapportarsi con la realtà, che compromette spesso significativamente le competenze relazionali e affettive del soggetto.

Lo stalking, è emerso, mostra specifica associazione ai disturbi di tipo borderline, antisociale, narcisistico e istrionico.

In particolare il disturbo borderline di personalità è caratterizzato da relazioni instabili, intense, a volte connotate da aggressività e violenza ove il soggetto sperimenta vissuti di abbandono che portano ad azioni finalizzate ad evitare la separazione dall'altro, con minacce auto o etero lesive. Per mantenere il legame infatti tali individui sono disposti a mettere in atto comportamenti di controllo e di manipolazione che prevengano o intervengano comunque il rischio o l'azione di abbandono. Ed in tal senso che tali bisogni e modalità relazionali possono innescare, in situazioni di rottura e abbandono, i comportamenti riferibili proprio allo stalking.

Tali caratteristiche si ritrovano anche nel disturbo di personalità narcisistico, caratterizzato da un bisogno costante di approvazione e riconoscimento che può diventare assillante. Nel caso questo non sia corrisposto dall'altro ciò viene interpretato come fonte di grave minaccia per l'autostima attivando rabbia e aggressività nell'individuo. Tali disturbi, si è evidenziato, possono essere compatibili con la tipologia del rejected stalker (rifiutato) e con il suo desiderio di vendetta e con quello di ristabilire una relazione. La possibilità di agiti violenti e aggressivi è piuttosto rilevante.

Pare invece piuttosto irrilevante la comorbilità con il disturbo antisociale di personalità: ciò può essere correlato al fatto che lo stalker, pur non avendo competenze relazionali adeguate, mantenga comunque delle aspettative (da qui la motivazione sottostante le azioni) di una relazione significativa, elemento non importante invece per il disturbo antisociale caratterizzato dall'evitamento dell'intimità e dalla mancanza di empatia.

Tra gli psicopatici emerge comunque una prevalenza di caratteristiche correlate alla freddezza e all'aggressività che fanno da supporto spesso ad escalation di violenza, uso di armi, mancanza totale di empatia con la vittima. Il focus centrale è il controllo e il dominio della vittima. Essi si inscrivono in particolare tra i resentful stalker (risentito) e i predator stalker (predatore). Entrambi, in modo diverso, agiscono sotto la spinta della rivendicazione con l'intento di danneggiare, umiliare e colpire la vittima, non certamente di ristabilire un legame ancorché in modo distorto.

Infine alcuni studi hanno evidenziato una comorbilità con i disturbi dello spettro ossessivo-compulsivo sia per la pervasività dei pensieri e delle fantasie relative alla vittima sia per le molestie assillanti paragonabili alle condotte compulsive agite allo scopo di prevenire l'ansia

Alcuni autori (BOCCARDI 2015) hanno individuato nello stalking una deficitaria capacità di controllo degli impulsi che innesca gli acting out finalizzati a soddisfare o quantomeno a neutralizzare gli impulsi, trascurando le conseguenze.

Compulsività e impulsività rappresentano infatti manifestazioni di un continuum psicopatologico che vede compresenti patologie ove la compulsività emerge in modo rilevante come la sindrome di Tourette, i disturbi del comportamento alimentare, il disturbo ossessivo-compulsivo, le dipendenze comportamentali. In tal senso alcuni hanno proposto di inserire la sindrome delle molestie assillanti tra i disturbi ossessivo-compulsivi insieme alla gelosia ossessiva e alla compulsione sessuale.

Stalking al femminile

Infine va considerato che lo stalking negli ultimi anni interessa una percentuale significativa di donne in quanto autrici e non vittime.

Due studi epidemiologici negli Stati Uniti e in Australia hanno descritto il profilo psicologico della stalker quale donna mediamente di 35 anni, lavoratrice e con un livello medio-alto sociale e scolastico, nubile e senza figli.

I disturbi ad essa correlati si distinguono in disturbi deliranti (dal 20 al 50% dei casi), borderline (dal 12 al 45%) con un alto tasso di abuso fisico e sessuale, replicato con modalità simili nei confronti proprio degli abusanti.

Nella maggior parte dei casi esse conoscono bene le loro vittime siano essi famigliari, ex amanti, colleghi o professionisti con cui sono spinte a ricercare un'intimità. Le azioni perpetrate generalmente si riferiscono a telefonate e messaggi reiterati, regali inopportuni, pedinamenti e violazione della proprietà.

Anche gli aspetti erotomanici possono risultare piuttosto rilevanti, soprattutto nei confronti di colleghi o professionisti con cui queste donne vengono in contatto anche superficialmente; nei confronti di altre donne è particolarmente rilevante l'interesse nei confronti di donne considerate vere o presunte “rivali” o compagne e fidanzate attuali dell'ex.

Criticità dell'indagine

Il riconoscimento normativo dello stalking come reato ha sicuramente aperto nuove prospettive nel riconoscere la pericolosità delle azioni ad esso connesse e il danno (psicologico, fisico e materiale) conseguente per la vittima.

Purtroppo ad una classificazione scientifica ampia e puntuale del fenomeno dello stalking pare non corrispondere un altrettanto puntuale e ampia possibilità di arginare il fenomeno, se non spesso, solo dopo che gli agiti più violenti si sono espressi (femminicidi).

Una delle difficoltà principali è quella relativa al fatto che spesso risulta difficile non solo intervenire (gli strumenti normativi sono comunque limitati in quanto non previsti in un'ottica preventiva ma sanzionatoria) ma anche di “lettura” del fenomeno nella casistica specifica.

Se può essere relativamente semplice valutare in termini teorici i comportamenti e le caratteristiche dello stalker in base a classificazioni e categorizzazioni che sopra abbiamo riportato, non lo è altrettanto “calando” tali comportamenti in una situazione dinamica relazionale, ove stalker e vittima sono per esempio in fase di separazione o hanno avuto in passato una relazione significativa, troncata da uno dei due e subìta dall'altro.

In effetti cogliere per tempo la differenza di intrusività tra un'insistenza benevola se pur inappropriata, finalizzata ad una riappacificazione ed una più pericolosa, devastante e “patologica” relativa ad un iniziale percorso stalkizzante, non è sempre di facile comprensione da parte della stessa vittima, della sua rete famigliare e sociale o dagli operatori (forze di polizia, magistrati, operatori sanitari) eventualmente coinvolti in primis.

Molti casi della cronaca odierna evidenziano la difficoltà di intervenire in modo efficace e funzionale sin dai primi eventi, e, purtroppo spesso, l'inefficacia degli strumenti utilizzati successivamente l'evidenziarsi in modo chiaro della azione di stalking.

L'importanza che tale fenomeno riveste attualmente anche nella cronaca, sta portando gli stessi operatori a confrontarsi e formulare nuovi interventi di tipo preventivo, siano essi rivolti agli aspetti culturali o psicologici di prevenzione, sia di intervento e presa in carico in termini terapeutici dei soggetti, siano essi vittime o persecutori.

In tal senso, oltre agli osservatori scientifici del fenomeno finalizzati a rilevarne i dati, si stanno sviluppando iniziative di supporto sia alle vittime (nel tentativo di “rompere” l'isolamento in cui spesso si trovano o si richiudono) che ai persecutori siano essi portatori di psicopatologia e in grave disagio a seguito della rottura del rapporto con l'ex partner, considerando troppo limitato e tardivo l'intervento giudiziario e sanzionatorio successivo al reato.

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