Le particelle caratteristiche dello sparo (GSR)

Oscar Ghizzoni
08 Settembre 2015

La ricerca, lo studio e la caratterizzazione dei residui di colpi d'arma da fuoco (Gun Shot Residue) trova fondamento nei materiali costituenti le capsule d'innesco delle moderne cartucce delle armi da sparo e nei processi chimico-fisici che si sviluppano all'atto della detonazione.
Abstract

La ricerca, lo studio e la caratterizzazione dei residui di colpi d'arma da fuoco (Gun Shot Residue) trova fondamento nei materiali costituenti le capsule d'innesco delle moderne cartucce delle armi da sparo e nei processi chimico-fisici che si sviluppano all'atto della detonazione.

I meccanismi di produzione

Gli inneschi sono composti da miscele di sali sensibili alla percussione, quali ad esempio Nitrato di Bario, Solfuro di Antimonio, Stifnato di Piombo, Siliciuro di Calcio, Clorato di Potassio, che passano dallo stato solido a quello gassoso (sublimazione) in funzione della forte energia termica e della elevata pressione prodotte al momento dello sparo. La percussione sul fondello della cartuccia ha come effetto il raggiungimento, per un brevissimo tempo (poco più di un millisecondo), di valori elevatissimi di temperatura e pressione (3600°C e 40.000 psi corrispondenti a circa 2720 atm di pressione). Tale situazione provoca la sublimazione dell'innesco, dato che le temperature di ebollizione del piombo, dell'antimonio e del bario sono rispettivamente 1749, 1587 e 1897 °C.

L'espulsione del proiettile comporta un rapido abbassamento di temperatura e pressione sino al raggiungimento dei valori ambientali. Considerato che le temperature di solidificazione dei tre elementi sono rispettivamente 327°C per il piombo, 631°C per l'antimonio e 727°C per il bario, ne consegue che i primi a solidificarsi sono il bario e l'antimonio, i quali andranno a costituire il nucleo del granulo di GSR, con il rivestimento esterno di piombo (generalmente sotto forma di noduli o sottile patina). Tali granuli risultano costituiti da bario, antimonio e piombo, singolarmente presenti nelle particelle o associati tra loro, eventualmente insieme a quantità variabili di altri elementi, quali silicio, zolfo, calcio, cloro, potassio ed altri.

Aspetto e composizione chimica elementare dei GSR

Tali meccanismi di produzione tendono a conferire ai GSR un aspetto tipicamente sferoidale anche se in realtà tale aspetto è solo puramente indicativo e non discriminante, in quanto normalmente si ritrovano particelle originatesi dall'esplosione di colpi d'arma da fuoco di morfologia irregolare.

La Comunità Scientifica Internazionale è sostanzialmente concorde nel suddividere le particelle riferibili all'esplosione di colpi d'arma da fuoco in due gruppi fondamentali in base alla loro composizione chimica elementare. Tale classificazione, caratterizzata da criteri estremamente restrittivi, consente di suddividere:

  • particelle con composizioni chimiche riconducibili a residui da sparo, denominate "esclusive", costituite da piombo-bario-antimonio (Pb-Ba-Sb) (eventualmente associati ad altri elementi);
  • particelle con composizioni chimiche non esclusive dello sparo, denominate "compatibili", costituite da bario-antimonio (Ba-Sb), piombo-bario (Pb-Ba) oppure piombo-antimonio (Pb-Sb) ed altri elementi metallici, che possono derivare sia dall'esplosione di colpi d'arma da fuoco che provenire da fonti ambientali e/o occupazionali.

Spiegheremo meglio più avanti il motivo per cui, con il passare degli anni, sulla scorta di sempre nuove esperienze e sperimentazioni, ci si rese conto che le particelle contenenti bario e antimonio e pure alcuni tipi di particelle “ternarie”, dovevano essere considerate non più come certamente attribuibili a residui dello sparo ma solo compatibili con essi.

Dottrina e protocolli

Quando si valuta, impiegando solo questa tecnica di analisi inorganica (il complesso SEM/EDX, n.d.a.), quali sono le particelle univoche GSR, sono stati stabiliti i seguenti criteri di combinazioni di elementi.
(1) Pb, Ba, Sb.
(2) Ba, Ca, Si.
(3) Ba, Al, assente S.
(4) Pb, Ba, Ca, Si, Sn.
(5) Pb, Ba, Ca, Si.
(6) Ba, Sb, assente S.
(7) Sb, Sn.
Solo la composizione N° 1 deve essere considerata come univoca per i GSR. Le composizioni N° 2, 4 e 6 devono anche essere considerate come univoche se la morfologia delle particelle è compatibile con i GSR.

T. A. Warlow, Firearms, the Law and Forensic Ballistics (London, 1996), pag. 199.

Se si prende in considerazione un innesco standard a base di stifnato di piombo, nitrato di bario e solfuro di antimonio, allora solo le particelle che contengono piombo (Pb), bario (Ba) e antimonio (Sb) possono essere sicuramente identificate come particelle residuo dello sparo (GSR).

Brian J. Heard, Handbook of Firearms and Ballistics (Chichester, 1997), pag 193.

Uno standard positivo di controllo, sulla base del quale il sistema venne originariamente ottimizzato, è stato oggetto di rianalisi routinaria dopo l'esame di ogni 3 o 4 kits (da 12 a 16 stubs). Questo standard è stato ottenuto dal prelievo effettuato sulla mano destra di uno degli autori (MJM) dopo tre spari di prova effettuati sparando cartucce marca Winchester-Western con una pistola Beretta calibro .380 (9mm corto, N.d.A). Questo standard conteneva particelle univoche a tre componenti e particelle binarie e monomere di supporto dalle dimensioni comprese fra <1 µm e > 20 µm.”
Mary-Jacque Mann e Edgard O'Neil Espinoza,The Incidence of Transient Particulate Gunshot Primer Residue in Oregon and Washington Bow Hunters (in: Journal of Forensic Sciences, Vol. 38, No. 1, Gennaio 1993), “System Optimization”, pag. 25.

Case report

Nell'ambito delle indagini relative all'omicidio di Marta Russo avvenuto a Roma nel maggio 1997 grande importanza ha rivestito la ricerca di residui di sparo. Detta ricerca, effettuata in un primo tempo da personale della Polizia Scientifica e del Centro Carabinieri Investigazioni Scientifiche, diede risultati asseritamente positivi che fortunatamente vennero totalmente demoliti dalla successiva perizia disposta dalla Corte di Assise.

I consulenti della Difesa, che avevano immediatamente contestato i risultati dell'Accusa, anche con l'aiuto degli scienziati inglesi del Forensic Science Service si resero conto che la quasi totalità dei residui "individuati" dall'Accusa erano in realtà particelle provenienti dai freni a disco di alcuni tipi di vetture. I periti della Corte, che fortunatamente erano fra i migliori specialisti italiani, con una approfondita sperimentazione raggiunsero le medesime conclusioni. Non solo. Si accertò, e questo in sintonia con analoga sperimentazione della Difesa, che i sistemi frenanti di alcune vetture producevano particelle perfettamente identiche a quelle fino a quel momento ritenute esclusivamente provenienti da fenomeni di sparo. Particelle cioè sferiche o comunque tridimensionali contenenti prevalentemente piombo, antimonio e bario. Di questa importantissima notizia, per ragioni di opportunità processuale, venne data cauta notizia solo agli specialisti riuniti nella "lista postale" forens-1 di Internet in data 7 settembre 1998. Un anno più tardi si era in grado di confermare che effettivamente particelle morfologicamente e analiticamente sovrapponibili a quelle considerate “univoche” per i residui di sparo si formavano nel sistema frenante a disco di numerose autovetture.

Questa scoperta, riportata in seguito da C. Gentile negli Atti del Sedicesimo convegno nazionale di studio sulla disciplina delle armi (Brescia, 2000; pag. 217-226) e ripresa da C. Torre e colleghi (Brake Linings: A Source of non-GSR Particles Containing Lead, Barium, and Antimony in: J. Forensic Sci 2002;47(3); 494-504), permette di affermare che non è più possibile ritenere come univocamente proveniente da fenomeni di sparo le particelle contenenti piombo, bario e antimonio.

In realtà esiste un raffinatissimo criterio morfologico-analitico che può fornire attendibili indicazioni, ma non certezze assolute, sull'origine di simili particelle ma si tratta di un metodo che solo pochi veri specialisti al mondo sono in grado di utilizzare. (Prof. Marco Morin su www.earmi.it di E. Mori).

L'analisi contestuale

La metodologia fin qui descritta rimane in ogni caso un punto di riferimento imprescindibile e la cui validità risulta ampiamente riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale, anche se la sintesi storica appena citata impone una accurata attenzione nell'esame delle risultanza analitiche, che non possono e non devono essere considerate a se stanti da una attenta analisi contestuale.

Più in generale è necessario approfondire i dati emersi dagli accertamenti, tenendo conto dei dettagli della vicenda, il luogo degli avvenimenti, il comportamento dei soggetti esaminati immediatamente dopo il fatto, le abitudini personali, sportive e lavorative (es.: soggetto fumatore, frequentatore di poligono sportivo, lavoratore presso officine meccaniche, ecc.). È dunque di fondamentale importanza poter stabilire se la presenza di determinate particelle possa derivare da uno o più colpi d'arma da fuoco esplosi nelle circostanze delittuose oggetto di indagini, piuttosto che dal contesto lavorativo o abitudinario relativo ai soggetti esaminati, tenendo conto che può esservi commistione.

L'interpretazione deve pertanto tenere conto delle diverse circostanze menzionate, oltre che dalla composizione, dalla morfologia e dalla varietà delle particelle esaminate, anche e soprattutto a confronto con quelle eventualmente rilevate sull'abbigliamento e la cute della vittima, in caso di spari ravvicinati.

Esaminiamo ora gli altri elementi determinanti per una approfondita valutazione.

La distanza dal punto di fuoco

Al momento dell'esplosione di un colpo d'arma da fuoco, la detonazione della capsula d'innesco e la conseguente deflagrazione della carica di lancio di una cartuccia, oltre ad espellere il proiettile, sprigionano una nube di gas, che ha come epicentro il punto di fuoco. Essa si diffonde casualmente nello spazio circostante (1,5-2m per un ama corta), investendo e depositandosi su tutte le superfici che incontra, diminuendo all'aumentare della distanza dal punto di fuoco.

Dottrina e protocollo

Si cita a tal proposito il lavoro pubblicato dal Prof. A.Brandone - Pavia 2004, La rivelazione dei residui dello sparo e problematiche connesse. « All'atto della esplosione della cartuccia, i gas generati dalla deflagrazione della carica di lancio, fuoriescono dal vivo di volata dell'arma trascinando con se le particelle combuste ed incombuste derivanti dalla decomposizione dell'innesco e della polvere di lancio medesima. Per distanze di sparo comprese tra lo sparo a contatto ed i cm 150/200, i residui dello sparo si depositano sul bersaglio in corrispondenza del punto di impatto del proiettile ».

La modalità del prelievo

La qualità di un soddisfacente accertamento tecnico di laboratorio dipende soprattutto dalle modalità del repertamento da parte del personale operante. È facilmente comprensibile che lo stub deve, infatti, essere effettuato in tutte quelle zone elettive dove è più probabile che i residui di colpi d'arma da fuoco possano essersi depositati al momento dell'esplosione ed esteso, se possibile, agli abiti indossati al momento dei fatti.

Importantissimo è il lasso di tempo intercorso tra l'epoca dello sparo e i prelievi, nonché eventuali lavaggi delle zone interessate e loro sollecitazioni fisiche.

I numerosi studi effettuati e l'ampia casistica di laboratorio dimostrano che di solito entro tre ore dallo sparo si perdono dalla mano tutte le particelle medio-grandi, mentre quelle più piccole possono persistere molto più a lungo. Se, inoltre, il soggetto, procede al lavaggio delle zone interessate; i residui dello sparo verranno dispersi ulteriormente fino alla loro totale eliminazione. Se, invece, il residuo non viene rimosso, può teoricamente permanere un tempo indeterminato sulle superfici su cui si è depositato. Per tale motivo le mani di un suicida, a meno di fattori esterni, presentano costantemente nel tempo la stessa quantità di residui. Si evince dunque l'importanza di effettuare il prelievo nella immediatezza dello sparo, giacché con il passare del tempo aumenta la possibilità che i residui vadano dispersi.

DOTTRINA E PROTOCOLLI

Nei casi reali, quando una persona è sospettata di aver sparato con un'arma da fuoco è di grande importanza poter individuare i residui sulle mani anche qualche tempo dopo la deflagrazione. È noto che la quantità di residui di sparo sulle mani nel caso di attività normale diminuisce rapidamente col passare del tempo. Questo problema naturalmente non interessa i casi di suicidio.
Per determinare l'effetto del fattore tempo sull'individuazione di residui con il SEM, sono stati eseguiti cinque test sparando un colpo in ogni caso. Dopo lo sparo i soggetti hanno proseguito nelle loro normali attività quotidiane (quali scrivere a macchina, leggere, lavoro meccanico o attività di laboratorio ). L'unica restrizione imposta è stato il divieto di lavarsi le mani. Il tempo intercorso tra lo sparo e il prelievo è stato di 1, 2, 2½, 3 e 5 ore. Nel corso delle successive ricerche residui di sparo vennero individuati in tutti test, eccettuato l'ultimo (5 ore)."

J. Andrasko e A.C. Maehly, Detection of Gunshot Residues on Hands by Scanning Electron Microscopy, in: JFSCA, Vol. 22, April 1977, pp. 279-287.

I residui di sparo possono essere individuati sui prelievi effettuati sulle mani di chi ha sparato. È improbabile che vengano individuati quando i prelievi vengono effettuati dopo due ore dallo sparo, eccettuato nei casi di suicidio.

Residui di sparo possono anche essere trovati sulle aree frontali del viso e della testa e il numero dei tamponi necessari per saggiare le aree importanti è contenuto nel FDR kit. La quantità di residui depositati varierà in funzione del tipo di arma sparata.

SEM/MPA firearms discharges residues - vol.I , edita nel 1980 dal Metropolitan Police Forensic Science Laboratory di Londra (Scotland Yard).

Statistiche ottenute dalle indagini svolte mostrano che il 98% di tutti gli indiziati sulle cui mani sono stati trovati residui di sparo erano stati fermati (e sottoposti a prelievo) entro due ore dall'episodio delittuoso. Come conseguenza non sottoponiamo più a ricerca i prelievi che sono stati eseguiti ad oltre due ore dallo sparo.

J.S. Wallace e J. McQuillan, Discharge Residues from Cartridge-operated Industrial Tools, in Journal of Forensic Science Society 1984, 24, pag. 508.

I prelievi sull'indiziato di reato (mani, guance, indumenti) devono essere fatti nel più breve tempo possibile essendo noto che le particelle metalliche tipiche dello sparo tendono a disperdersi entro poche ore (4-5 ore, in genere) o addirittura subito se lo sparatore ha avuto l'accortezza di lavarsi le mani o di detergerle vigorosamente con strofinacci.

F. Aragona, Compendio di Medicina Legale e delle Assicurazioni, pag. 287.

Le particelle residuo di sparo (GSR) variano in dimensioni tra un diametro di 1 e 10μm. La loro persistenza sulle mani di un individuo durante attività anche normali è molto limitata; la maggior parte verrà persa nel corso di due ore e, in via generale, un limite di tempo massimo per il loro ritrovamento può essere di quattro ore.

T. A. Warlow, Firearms, the Law and Forensic Ballistics (London, 1996), pag. 198.

Le particelle GSR depositate sulle mani quale conseguenza di uno sparo non rimangono fissate grazie a una “magica” proprietà adesiva. E neppure rimangono infisse nella cute. Esse risultano semplicemente posate sulla superficie della pelle. Vengono pertanto prontamente rimosse da una qualsiasi normale attività.
... omissis ... Nondimeno, tutte le particelle residuo di sparo verranno rimosse dalle mani dalla normale attività quotidiana entro tre ore da quando è stata sparata l'arma.

Brian J. Heard, Handbook of Firearms and Ballistics (Chichester - New York, 1997), pag. 190.

La tipologia di arma e cartuccia utilizzata

Anche il tipo di arma usata influenza il deposito dei residui. È noto, infatti, come le armi lunghe lascino generalmente un deposito inferiore rispetto alle corte, sia per minori quantità di miscela innescante presente in ogni singola cartuccia, sia perché la dispersione dei residui avviene principalmente dalla bocca del fucile e quindi risulta talvolta scarsa o assente dalle altre parti in movimento dell'arma.

Il numero delle particelle residue di colpi d'arma da fuoco è ovviamente direttamente proporzionale al numero dei colpi esplosi.

Le criticità dell'indagine
  • Il ritrovamento di sole particelle “binarie” di bario e antimonio o “ternarie” dalla dubbia morfologia complessiva, non è più considerato come indicazione certa di sparo.
  • Lo stub deve essere effettuato nelle zone elettive dove è più probabile sia avvenuto il deposito dei residui e deve possibilmente essere esteso agli abiti.
  • Le particelle residue di sparo tendono a disperdersi entro le 3/4 ore dallo sparo.
  • Il lavaggio delle zone interessate può determinare la totale eliminazione dei residui.
  • I risultati analitici non possono e non devono essere considerati in ogni caso a se stanti da una attenta analisi contestuale.
Guida all'approfondimento

R.S. Nesbitt, J.E. Wessel, P.F. Jones, Detection of Gunshot Residue by use of the Scanning Electron

Microscope, - Journal ofForensic Sciences, 1976, vol. 21, n. 3: pp. 595-610.

J. Andrasko, A. Maehly - "Detectio/1 of GSR 0/1 Hands by SEM, Journal of Forensic Sciences, 1977, vol. 22, n. 1: pp. 279-287.

G.M. Wolten, R.S. Nesbitt, A.R. Calloway, G.L. Loper, P.F. Jones, Particle analysis for the detection of

Gunshot Residue. 1: Scanning Electron Microscope/Energy Dispersive X-ray. Characterisation of Hand Depositfrom Firing, Journal of Forensic Sciences, 1979, vol. 24, n. 2: pp. 409-422.

G.M. Wolten, RS. Nesbitt, A.R. Calloway, G.L. Loper, P.F. Jones, Particle analysis for the Detection of

Gunshot Residue. Il: Occupational and Environmental Particles, Journal of Forensic Sciences, 1979, vol. 24, n. 2: pp. 423-430.

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