Il gaslighting. La manipolazione mentale come forma di violenza psicologica nelle relazioni significative

Alessandra Bramante
19 Dicembre 2018

a violenza psicologica non necessariamente deve essere correlata a violenza verbale o comunque esplicita, ma vi possono essere altre modalità finalizzate e funzionali a far male ad una persona, ponendola in una condizione di inferiorità e isolamento. Tra le violenze psicologiche, difficili da capire, dimostrare, curare, risulta essere una tra le più subdole, il cosidetto gaslighting. Il termine deriva da...
Abstract

La violenza è un fenomeno sommerso, trasversale e complesso che si estrinseca in particolare nelle relazioni affettive più significative per l'individuo.

Tra le diverse tipologie gli esperti hanno individuato:

  • la violenza fisica (che identifica qualsiasi azione e comportamento che può provocare segni o lesioni fino alla morte);
  • la violenza sessuale (che identifica qualsiasi forma di attività sessuale imposta contro la propria volontà);
  • la violenza economica (che si riferisce a tutto ciò che direttamente o indirettamente concorre a rendere la vittima dipendente);
  • i comportamenti persecutori (cioè forme di persecuzione protratte nel tempo, caratterizzate da una serie di comportamenti tesi a fare sentire la vittima sotto costante controllo, in tensione e in stato di pericolo);
  • la violenza spirituale (che comporta la distruzione dei valori e della fede religiosa dell'individuo mediante una campagna di ridicolizzazione sistematica);
  • la violenza assistita (riferita ai minori che assistono alle situazioni di violenza in famiglia).

La violenza psicologica, non ultima, è sicuramente la più subdola tra quelle sopra descritte; è la più difficile da comprovare in sede processuale proprio per le sue caratteristiche pur essendo paradossalmente la forma di violenza più “distruttiva” per quanto riguarda il benessere psichico dell'individuo in quanto agente sulla sua capacità di autodeterminarsi, con esiti assolutamente nefasti sulla vita e sulla progettualità dello stesso.

(si vedano anche: La violenza di genere: dal maltrattamento al femminicidio e Maltrattamento e violenza psicologica: disfunzionalità delle relazioni in ambito famigliare).

Essa identifica qualsiasi atteggiamento, verbale e non verbale, volto a ledere la libertà e l'identità personale.

Questi comportamenti inizialmente sono sporadici e riferibili a episodi “puntiformi”, tali da non innescare nella vittima una corretta “lettura” delle dinamiche relazionali soggiacenti né, ovviamente, degli eventuali esiti successivi.

La violenza psicologica si insinua gradualmente nella relazione desensibilizzando la persona-vittima sino a non farle considerare quegli atteggiamenti lesivi come negativi “normalizzandone” la presenza nella sua vita e minimizzandone gli effetti invece dirompenti.

La violenza psicologica secondo HIRIGOYEN è caratterizzata «da ricatti, insulti verbali, colpevolizzazione pubblica e privata, ridicolizzazione e svalutazione continua, denigrazione e umiliazione anche in pubblico, rifìuto, isolamento, deprivazione e limitazione dell'espressione personale. Nei casi più gravi il violento scatena un vero e proprio processo di distruzione morale che può condurre la donna alla malattia mentale, alla dipendenza da sostanze alcoliche o stupefacenti, alla depressione e/o suicidio» (HIRIGOYEN 2001).

E ancora come riporta FORNARI «Il comportamento violento non è solo circoscritto alle manifestazioni estreme dell'uccidere o dell'uccidersi, ma con una frequenza infinitamente superiore si manifesta e si disperde in una miriade di espressioni che non toccano il corpo come tale, bensì il cuore e la mente. Violenza è anche il tramonto della tenerezza e del dialogo, il silenzio scontroso, la rassegnazione, l'indifferenza, la rinuncia, l'abbandono, il dire e il fare intrisi di non rispetto, di rassegnata sfiducia o di sprezzante disistima». (FORNARI U., 2013)

Pur essendo frequentemente in correlazione con altre forme di violenza, più o meno esplicite, la violenza psicologica può esprimersi in varie forme anche in autonomia.

In generale frequentemente è presente in primis la cosiddetta violenza verbale che si realizza in minacce, insulti, urla da parte del partner violento che hanno l'obiettivo di trasmettere insicurezza nella vittima per sottometterla creando un continuo e perdurante "clima" di tensione e di allerta/preoccupazione, a sua volta “funzionale” per ridurre man mano la capacità di reagire della stessa, completamente focalizzata solo ad evitarne gli scoppi di ira o di violenza.

Nella violenza verbale il linguaggio ha inoltre lo scopo di minare la dignità e l'autostima dell'altra persona.

Le vittime di violenza verbale spesso non rispondono anche quando la loro dignità è sotto attacco. Questa non risposta è anche uno degli effetti a lungo termine di questo tipo di abusi. Abusare verbalmente infatti è la stessa cosa di abusarne emotivamente.

L'obiettivo è quello di colpire le emozioni. Nel corso del tempo infatti può causare danni profondi alla fiducia e alla autostima della persona e avere conseguenze di rilevanza psicopatologica a breve e lungo termine tra le quali ansia, disturbi della alimentazione e del sonno, depressione.

Gli elementi che si ritrovano nei casi di violenza psicologica sono:

  • il controllo che si esplica nel prendere il sopravvento sull'altro nel quotidiano, dominando su tutto o quasi. Dallo stabilire a che ora e cosa si deve mangiare, all'impedire all'altro di intraprendere un lavoro o coltivare un hobby o passione, dal decidere la località delle vacanze o le amicizie da frequentare;
  • l'isolamento: la vittima si allontana a poco a poco dalla sua famiglia, dai suoi amici sino a diventare il violento il fulcro della vita del/la partner, con una limitazione o un vero e proprio azzeramento dalla vita sociale in autonomia;
  • l'indifferenza: si ignorano i bisogni e i desideri dell'altro, si alimenta la frustrazione per tenere la vittima in uno stato di insicurezza, evitando di parlarle, di ascoltarla, di uscire insieme, creando quindi tensione, timore al fine di assoggettarla;
  • la gelosia patologica, di possesso totalizzante e di controllo.

La vittima generalmente, non si accorge di subire una violenza e non riesce ad attribuire il giusto significato fino a quando questa non diventa pervasiva e totalizzante o sfocia in violenza fisica.

L'aggressore punta alla fragilità emotiva della vittima, alle sue emozioni, alla sua evidente vulnerabilità.

Spesso si ritrova nelle vittime un "annebbiamento" della capacità critica e si riscontrano alcune strategie di coping “funzionali” alla sopravvivenza messe in atto dalle vittime. Tra queste:

  • minimizzazione;
  • negazione della gravità;
  • autocolpevolizzazione;
  • vergogna e disistima.
Quali possono essere quindi le differenze tra un litigio e la violenza psicologica?

In un litigio esiste sempre una relazione di parità, una simmetria fra i due partner e riferibile ad un episodio circoscritto.

La violenza psicologica, invece. non è una trasgressione momentanea ma pervasiva, continuativa ed ingravescente in un rapporto in cui l'altro diventa un oggetto.

Le parole e i gesti hanno lo scopo di rendere insicuro l'altro e di fargli del male.

Relativamente le modalità con le quali la violenza psicologica si estrinseca però, non sempre queste si riferiscono ad una modalità esplicita e facilmente comprensibile come le manifestazioni di violenza verbale o il dominio assoluto mediante comandi o isolamento attivo.

E gli aspetti verbali possono a loro volta essere utilizzate in modo da manipolare implicitamente la persona, minandone le capacità e le risorse senza che questa se ne possa rendere conto.

In qualche caso infatti sono la manipolazione e una campagna di implicita di denigrazione messa in atto con modalità più subdole e “sottili” a configurare una violenza psicologica distruttiva l'autostima e le capacità /risorse dell'individuo, in un ciclo continuo e autoperpetuo che produce gravi conseguenze sulla personalità della vittima; dalla bassa autostima ad una sensazione di incapacità e di impotenza, di depressione e senso di colpa, di inadeguatezza, ansia e apatia che ne riducono la resilienza.

Il gaslighting, una forma di violenza subdola fondata sulla manipolazione mentale

Come già evidenziato la violenza psicologica non necessariamente deve essere correlata a violenza verbale o comunque esplicita, ma vi possono essere altre modalità finalizzate e funzionali a far male ad una persona, ponendola in una condizione di inferiorità e isolamento.

Tra le violenze psicologiche, difficili da capire, dimostrare, curare, risulta essere una tra le più subdole, il cosidetto gaslighting.

Il termine deriva da un'opera teatrale del 1938 “Gas light” (Luci a gas): nel film il protagonista, modificando alcuni elementi dell'ambiente, induceva la moglie a credere che fosse lei a non ricordarsi bene le situazioni insistendo che ella si sbagliasse su tali fenomeni. Il titolo si riferisce al fatto che il marito affievolisse le luci a gas insistendo però con la moglie che ciò non avvenisse sino a farle dubitare di se stessa e dei suoi giudizi relativi alla realtà.

Il gaslightier quindi è colui che mette in atto manipolazioni mentali, minando le certezze del partner, con un vero e proprio lavaggio del cervello.

È quindi un tipo di violenza psicologica insidiosa e subdola, spesso giustificata dalla stessa vittima, che ha la capacità di “annullare” la capacità di giudizio e autonomia della vittima-bersaglio.

Utilizzando vere e proprie manipolazioni mentali ed emotive, rende la vittima un oggetto a disposizione dell'abusante, completamente dipendente dall'altro, insicura delle sue stesse percezioni e pensieri, inconsapevole del suo stato di vittima.

Generalmente si estrinseca nei rapporti di coppia ma può svilupparsi in un ambito famigliare anche più allargato, nell'ambito lavorativo o amicale o comunque in tutte quelle situazioni relazionali che possono essere significative affettivamente per la persona; non vi sono distinzioni di classe sociale e livello culturale essendo un fenomeno che si basa su aspetti relazionali e affettivi per lo meno relativamente la vittima.

Il gaslighting è infatti un insieme di comportamenti subdoli agiti dal manipolatore (gaslightier) nei confronti della vittima per farle perdere la fiducia in sè stessa, farla sentire costantemente inadeguata e confusa, renderla dipendente e fortemente legata a lui, fino a farla dubitare della sua stessa sanità mentale. (Lattanzi, 2007)

Si basa su relazioni affettive patologiche caratterizzate da una forte dipendenza affettiva, cui il gaslightier, in modo distorto e disfunzionale, risponde con particolare sollecitudine.

La manipolazione mentale ed emotiva è frutto di un incastro “funzionale” di caratteristiche disfunzionali complementari tra i due individui in relazione, di cui uno, il manipolatore necessita di acquisire e mantenere una percezione di sé positiva al fine di mantenere la sua autostima e sicurezza, mentre la vittima, al contrario, ha necessità di essere costantemente supportata e presenta un bisogno essenziale di approvazione, riconoscimento.

Il gaslightier quindi ha gioco facile nel proporre una sistematica distorsione della realtà così da innescare nella vittima dubbi su sè stessa e sulle proprie percezioni di eventi e situazioni sino a convincersi di essere malata o disturbata, comunque inadeguata e bisognosa di aiuto che solo il manipolatore può darle.

Il gaslighting può quindi assurgere a modalità pervasiva della relazione o essere inserito in contesti di violenza psicologica e/o fisica più ampia.

Tale fenomeno può essere correlato ad una vera e propria sintomatologia riferibile a scarsa fiducia nel proprio senso di realtà e nella capacità di attribuzione di significato ad eventi e situazioni di vita, confusione mentale, disturbi della memoria, ansia, disturbi psicosomatici, disforia, depressione.

Ma quali sono le caratteristiche delle potenziali vittime che le rendono più a rischio?

Le caratteristiche di personalità più predisponenti sono una spiccata ipersensibilità, un disturbo dipendente di personalità correlati al timore dell'abbandono e al bisogno di essere accettata dall'altro.

Tutte le donne possono essere vittime del gaslighting. Si tratta di persone fortemente empatiche e che vogliono apparire sempre perfette, vittime paradossalmente perfette in quanto distruggere persone intelligenti e brillanti è un fine particolarmente suggestivo per il manipolatore.

Importante infine è valutare che nel caso di gaslighting l'inganno è proprio relativo ad una scorretta lettura della realtà che fa emergere nella vittima un timore ipotetico e per lo più immotivato nei confronti del mondo esterno che, di fatto, la mette nelle condizioni di instaurare con il manipolatore una relazione disturbata e disfunzionale non ravvisandone il pericolo.

Il senso di colpa fa sì ulteriormente che l'approvazione del manipolatore possa essere l'unico rimedio al costante senso di inadeguatezza e di ansia della vittima.

Ma, come poi nel continuum degli eventi emerge chiaramente agli occhi di esterni, la dinamica relazionale alla base della manipolazione, dietro un'apparente modalità “altruistica”, risulta essere il bisogno fondamentale del manipolatore di umiliare la vittima e averne il controllo.

LATTANZI definisce: «È una subdola azione di manipolazione mentale con la quale il gaslightier, mette in dubbio le reali percezioni dell'altra persona facendola sentire "sbagliata".

È difficile riconoscere questo tipo di violenza: è insidiosa, sottile, non se ne percepisce l'inizio, a volte è scusata dalla stessa vittima; non si tratta di ira, che almeno è subito identificabile e magari oggetto d'immediata risposta, anche legale. È una sottile lama che s 'insinua, molte volte, tra la tranquillità delle mura domestiche. È una violenza gratuita e persistente, presente quotidianamente che ha la capacità di "annullare " la persona che ne è bersaglio. Si tratta di un vero e proprio lavaggio del cervello, che pone la vittima nella condizione di pensiero di "meritarsi” quella punizione.

Il persecutore instaura con il suo obiettivo una relazione narcisistico-perversa, "deumanizza" la vittima, la manipola, ottenendone il controllo totale, impedendone separatezza ed autonomia. La vittima generalmente attraversa tre fasi:

a) La prima fase è caratterizzata da una distorsione della comunicazione. La vittima non riesce a comprendere il manipolatore che utilizzerà modalità diverse e contradditorie (silenzi ostili, alternati ad espressività positiva) che porta disorientamento e confusione;

b) La seconda fase è caratterizzata da un tentativo di difesa da parte della vittima che può tentare di chiarire la sua percezione della realtà al manipolatore che ovviamente disconoscerà tale tentativo;

c) La terza fase è l'emergere della depressione. La vittima si arrende e si convince che ciò che il manipolatore le presenta corrisponde a verità e le sue percezioni sono ingannevoli e frutto di malattia».

Il gaslighting inoltre può emergere anche in una relazione già collaudata e precedentemente funzionale ed equilibrata.

È ipotizzabile che fattori scatenanti (stress e eventi di perdita o frustrazione) possano mettere in crisi il rapporto portando il partner con maggiore capacità manipolative ad utilizzarle per riacquistare fiducia e sicurezza a scapito dell'altro.

La comunità scientifica ha stilato tre tipologie di profili del manipolatore:

a) Il manipolatore affascinante che agisce in maniera strategica lusingando la vittima, alternando silenzi ostili a momenti di grande espressione d'amore, disorientandola;

b) Il manipolatore “bravo ragazzo” che sembra avere a cuore solo il bene della vittima ma in realtà la utilizza per i propri bisogni i propri bisogni;

c) L'intimidatore, il più diretto che utilizza il rimprovero continuo, il sarcasmo e l'aggressività diretta per intimorire la vittima e minare la sua autostima e il suo senso di realtà.

Lo scopo del comportamento di gaslighting, comune alle tre categorie di manipolatori, è ridurre la vittima a un totale livello di dipendenza fisica e psicologica, annullare la sua capacità di scelta e di autodeterminazione.

Far credere alla vittima di stare vivendo in una realtà che non corrisponde alla realtà oggettiva la fa sentire continuamente insicura ed inadeguata e, avendo necessità di approvazione da parte del partner, può reagire in due modi: abbandonando la propria percezione della realtà oppure cercando di portare il gaslightier verso il proprio punto di vista.

Paradossalmente l'approvazione del manipolatore risulta essere l'unico modo per far sentire il manipolato capace e valido annullando la percezione divergente.

Proprio per quanto sopra descritto la vittima del gaslightier non si rende conto della sua situazione e della perversa distorsione di cui è vittima e difficilmente può chiedere aiuto all'esterno.

Diventa così dipendente da isolarsi anche a livello sociale per la paura di essere inadeguata o giudicata pazza dagli altri, vissuti come “pericolosi” o comunque non supportivi.

La richiesta di aiuto ad operatori o la capacità di far "aprire gli occhi" alla vittima arriva generalmente da chi le sta intorno, altri familiari, amici o colleghi che si rendono conto della perversa dinamica della relazione.

È imprescindibile per quanto descritto, considerare il gaslighting una vera e propria forma di abuso psicologico in quanto il tipo di comportamento messo in atto è una sistematica attività finalizzata a mistificare la realtà della vittima, consapevole in quanto le mistificazioni e le menzogne sono ben riconosciute dal manipolatore che le attua; negando fatti ed eventi ben riconoscibili al fine di minare il benessere emotivo e psicologico della vittima.

Il manipolatore, infatti, configurabile come "narcisista perverso" è una persona attivamente malvagia che impone una relazione tossica e anaffettiva per i suoi scopi. È anaffettivo e senza empatia. Tale modalità di relazione è utilizzata spesso dai sociopatici (STOUT 2005).

Come si colloca il gaslighiting tra le lesione dei diritti inviolabili dell'uomo?

Nell'ottica dei danni alla persona l'abuso psicologico del gaslighting rientra nel novero dei danni non patrimoniali (art. 2059 c.c.) ed in particolar modo nell'ottica della tutela risarcitoria fondata sul gravissimo oltraggio alla sfera personale, relazionale ed emotiva.

In questo ambito infatti vi può essere riscontro per la valutazione del pregiudizio esistenziale che riguarda tutti quei comportamenti che generano sofferenze per il peggioramento della qualità della vita, alterazioni delle abitudini quotidiane e delle attività realizzatrici della persona. In questo senso quindi il danno esistenziale è inteso come cambiamento in pejus dell'esistenza del danneggiato e come compromissione dell'attuazione e dello sviluppo della propria personalità.

Già nel 2009 il Consiglio dell'Ordine degli Psicologi del Lazio riconosceva nelle Linee guida per

l'accertamento del danno psichico e da pregiudizio esistenziale il «danno da gaslighting» precisando che «è importante considerare il funzionamento psicologico nell'ambito di un ipotetico continuum che va da un funzionamento psicologico non alterato e funzionale, ad un funzionamento sconvolto e modificato rispetto al periodo precedente all'evento traumatico. Esso interessa le modificazione della personalità e dell'assetto psicologico nel suo adattamento, nei suoi stati emotivi, nella sua efficienza, nella sua autonomia, nella sua autostima e nella percezione della propria immagine psichica e corporea. Si tratta di valutare l'alterazione "dell'equipaggiamento" mentale successivamente all'evento traumatico e alla sofferenza psichica».

Inoltre, come evidenziato dalla letteratura giuridica «le condotte del gaslightier realizzate nel contesto del rapporto coniugale potrebbero costituire anche il presupposto per il riconoscimento dell'addebito della separazione laddove si dimostri che gli atteggiamenti ostili del coniuge abusante abbiano di fatto reso impossibile la convivenza e irreparabile la rottura dell'unione matrimoniale».

Sul piano della tutela penale il Legislatore, ad oggi, non ha inquadrato il fenomeno del gaslighting in un'autonoma e tipica fattispecie di reato ma tale fenomeno può essere ricompreso negli atti persecutori di cui all'art. 612-bis c.p. o nei maltrattamenti in famiglia di cui all'art. 572 c.p.

Criticità dell'indagine

La violenza psicologica sopra descritta è un fenomeno estremamente subdolo per sua natura.

Risulta quindi difficile da “vedere”, persino dalle stesse vittime e da chi sta loro intorno, ma le conseguenze emotive, affettive, relazionali possono essere “dirompenti” nelle conseguenze sulla personalità, sulle competenze sociali, affettive-relazionali dell'individuo ed in termini di vera e propria psicopatologia a medio e lungo termine.

Gli aspetti traumatici e lesivi gli elementi strutturali della propria persona, oltre alle tempistiche spesso protratte per anni, portano infatti a conseguenze psicopatologiche importanti per le vittime in diversi ambiti; in particolare nell'area cognitiva (sintomatologia inerente pensieri ricorrenti, invasivi, ossessivi, incubi, deficit dell'attenzione e concentrazione, stati dissociativi, amnesie) e in quella relazionale e progettuale oltre che con l'emergere di comportamenti disadattivi (abuso di alcol, di fumo, di psicofarmaci, disturbi alimentari, comportamenti autolesivi)

Bassa autostima, depressione, senso di inadeguatezza, ansia, apatia, incapacità di reagire e di autodeterminarsi sono le conseguenze spesso a lungo termine che le vittime presentano nei loro vissuti.

Da quanto sopra risulta quindi evidente ed indiscutibile che la violenza psicologica ha una modalità pervasiva ed estremamente pericolosa nell'insinuarsi nelle dinamiche relazionali della coppia/famiglia, basilare ai fini di supportare tutte le altre forme di violenza fiaccandone le risorse e la resilienza nonchè la volontà. Inoltre “le ferite dell'anima” incidono in modo pesante nella psiche con conseguenze di rilevanza psicopatologica spesso cronica.

Il gaslighting in particolare, tra le tipologie di violenza psicologica, è sicuramente la più subdola in quanto supportata da una idealizzazione del manipolatore e da una impossibilità da parte della vittima di riconoscerne la pericolosità e il danno conseguente che la rende particolarmente insidiosa.

La fiducia nell'altro prende il posto di quella in se stessa modificando persino la realtà distorcendo tutto intorno a sé. Essere al centro di un mondo che non si riconosce se non per tramite di un altro e valutare se stessi attraverso questa lente è sicuramente una delle più gravi distorsioni che una persona può subìre.

Importante è il fatto che la giurisprudenza e la psicologia in questo particolare caso abbia considerato l'importanza e l'incidenza negativa di tale fenomeno, tanto da prevederne una valutazione specifica relativamente la risarcibilità del danno.

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