Il ruolo dello psicologo nelle scienze forensi

Alessandra Bramante
28 Aprile 2016

Lo psicologo esperto in scienze forensi, quindi adeguatamente formato, può svolgere diverse attività nell'ambito forense. In particolare le attività di sua competenza sono: profilo psicologico, profilo geografico, analisi vittimologica e autopsia psicologica, intervista investigativa/interrogatorio, audizione protetta e perizia/consulenza pin ambito civile e penale.
Abstract

Lo psicologo esperto in scienze forensi, quindi adeguatamente formato, può svolgere diverse attività nell'ambito forense. In particolare le attività di sua competenza sono: profilo psicologico, profilo geografico, analisi vittimologica e autopsia psicologica, intervista investigativa/interrogatorio, audizione protetta e perizia/consulenza pin ambito civile e penale. Nel presente articolo verrà fornita una prospettiva ampia di queste modalità di intervento. Di seguito una prima presentazione di tutti gli ambiti elencati.

Profilo psicologico

Con l'espressione Criminal Profiling ci si riferisce al procedimento che ha come obiettivo fondamentale quello di identificare le principali caratteristiche di comportamento e di personalità di un individuo sconosciuto che ha commesso uno o più reati. La premessa base è che il comportamento riflette la personalità e quindi il comportamento di un criminale durante l'esecuzione di un reato riflette le sue caratteristiche personologiche, non diversamente da come l'osservazione di un'opera d'arte possa indurci a comprendere il profilo dell'artista.

Gli scopi principali: il profilo psicologico non dovrebbe essere mai utilizzato per focalizzare l'attenzione su un singolo sospetto o, viceversa, per scartarlo definitivamente durante le indagini ma dovrebbe fornire agli investigatori concrete informazioni su un presunto autore di reato. Si tratta di un processo dinamico che consente di limitare l'elenco dei sospetti a un numero definito, permettendo di impiegare al meglio le risorse investigative.
I principali campi di applicazione sono:

  • omicidio singolo (Single murder);
  • omicidio seriale (Serial murder);
  • omicidio di massa (Mass murder);
  • omicidio compulsivo (Spree killing);
  • stupro (Rape);
  • incendio doloso (Arson);
  • attentato dinamitardo (Bombing).
Profilo geografico

Il principio basilare su cui si fonda è che il luogo in cui avviene un delitto non è mai del tutto casuale: occorre che vi sia sempre un'intersezione tra autore e vittima, in termini sia di tempo che di spazio. Studiare il profilo geografico di un criminale significa capire come esso si muove e colpisce. I principali studi sono stati condotti da David Canter e Kim Rossmo. Canter, nel 1993, elabora il concetto di cerchio criminale, cioè lo spazio racchiuso da una circonferenza il cui diametro è dato dalla distanza fra i crimini più lontani.

In base a questo concetto identifica due tipi di criminale: i residenti, che utilizzano la propria abitazione come centro attorno al quale sviluppano l'attività predatoria, e i pendolari, che commettono i delitti lontano dal luogo di residenza.

Vittimologia

Si tratta di una branca della criminologia che ha per oggetto lo studio della vittima del reato, della sua personalità, delle sue caratteristiche biologiche, psicologiche, morali, sociali e culturali, delle sue relazioni con l'autore del reato, e del ruolo che essa ha assunto nella criminogenesi e nella criminodinamica (GULOTTA).

Per quanto riguarda le vittime di un crimine si possono presentare due situazioni molto diverse tra di loro: la prima nel caso in cui la vittima è sopravvissuta e può testimoniare direttamente, e la seconda, purtroppo molto più frequente, in cui invece la vittima è deceduta a causa dell'azione criminale.

Del primo caso si occuperà la psicologia della testimonianza che cercherà attraverso le sue metodologie di analizzare da un lato l'attendibilità della testimonianza stessa per coglierne eventuali distorsioni cognitive che potrebbero portare a falsi ricordi, dall'altra per aiutare il testimone a ricordare.

Quando la vittima è deceduta invece può essere utilizzata la tecnica dell'autopsia psicologica. Per molto tempo si è pensato che la vittima fosse di esclusiva competenza della medicina legale e della criminalistica. Invece tale approccio che va a considerare soltanto le tracce fisiologiche di sé importantissime tralascia tutta una serie di informazioni psicologiche e psicopatologiche sulla vittima prima del decesso che sono fondamentali, assieme a quelle fisiche e biologiche per:

  • stilare un profilo completo,
  • per arrivare a formulare delle ipotesi attendibili sulle dinamiche che hanno portato alla sua morte,
  • per completare il profilo del soggetto ignoto che ha commesso quel crimine particolare ai danni di quella vittima particolare che è stata prescelta tra tante.

In questo senso quindi si può fornire una autopsia psicologica, che risulta tecnica fondamentale anche nei casi di morte equivoca, cioè quei casi in cui non è chiaro se il decesso è avvenuto per omicidio, per suicidio o per un incidente.

L'autopsia psicologica, utilizzando la definizione di Shneidman, uno dei primi studiosi che se ne occupò, è la ricostruzione retrospettiva della vita di una persona scomparsa, ricostruzione necessaria per meglio comprendere la sua morte e le cause che l'hanno provocata. L'autopsia psicologica è la valutazione socio-psicologica di un individuo deceduto.

L'indagine è svolta attraverso le testimonianze di parenti e conoscenti sui comportamenti del soggetto, per valutare se il suo stato mentale può essere compatibile con la scelta di suicidarsi, una ricostruzione retrospettiva della vita di una persona capace di individuare aspetti che ne rivelino le intenzioni rispetto alla propria morte.

Interrogatorio

Il ruolo dello psicologo diventa fondamentale anche nell'ambito dell'interrogatorio. L'interrogatorio è, infatti, uno strumento indispensabile per l'investigatore al fine di raccogliere informazioni ma è anche uno strumento scientifico per scoprire le eventuali menzogne dell'interrogato e le aree da approfondire. In tale settore, il professionista interverrà affiancando l'investigatore durante l'interrogatorio e/o suggerendo eventuali strategie comunicative.

L'interrogatorio è un processo di valutazione di un sospetto, di una vittima o di un testimone, attraverso la proposta di opportune domande, al fine di trarre informazioni o correlare evidenze che possano essere utilizzate per la soluzione di un delitto.

Lo psicologo forense o il criminologo possono fornire validi suggerimenti ed indicazioni sulla modalità più opportuna di interrogare un sospetto o un testimone.

Intervista investigativa

Nasce e si sviluppa in Inghilterra, prevedendo una serie di fasi descritte con l'acronimo PEACE:

  • P - preparation
  • E - engage, explain
  • A - account
  • C - close
  • E - evaluate

Ci sono due importanti approcci: quello cognitivo che usa i principi e le teorie cognitive e riduce al minimo la soggettività e la conversation managment utile con i soggetti non collaborativi.

Lo scopo è quello di ricreare il contesto entro il quale è accaduto l'evento criminoso, riferire ogni cosa che riaffiori nella mente, riferire gli eventi in ordine diverso rispetto alla normale sequenza e mutare la prospettiva, come se lo osservasse un'altra persona.

Un esempio è quello dell'interrogatorio strutturato dell'FBI, composto da 6 fasi:

  1. avviare la comunicazione;
  2. analisi (esame cinesico);
  3. verifica;
  4. affronto;
  5. sviluppo del tema;
  6. confessione;
Audizione protetta

Con audizione protetta si intende un particolare tipo di udienza in cui viene ascoltato un minore di anni 16 anni, presunta vittima di reati sessuali. Si svolge in fase di incidente probatorio, fase durante la quale avviene l'assunzione della prova. Lo psicologo funge in questa sede da ausiliario del giudice, in quanto esperto in psicologia giuridica e dell'infanzia. Il compito dell'esperto è quello di raccogliere la testimonianza del minore e facilitarne le dichiarazioni.

L'audizione protetta si svolge in una sala con lo specchio unidirezionale (dietro il quale si trovano tutti gli attori principali: giudice, presunto abusante, avvocati e consulenti) e viene audio-video registrata, deve essere un luogo “neutro” in cui il minore si possa sentire a suo agio e protetto.

I compiti principali dell'esperto sono quello di valutare il livello di maturazione cognitiva e linguistica del minore, fargli raccontare la vicenda dalla fine all'inizio o dal mezzo alla fine, fare domande adeguate e non suggestive o induttive e focalizzate sul contesto spazio-tempo, utilizzare lo strumento dell'intervista secondo i criteri accreditati dalla comunità scientifica di riferimento e soprattutto adeguare le domande al livello di maturazione del minore.

Lo psicologo deve saper ascoltare, prestare attenzione non solo alle parole ma anche ai silenzi, agli sguardi, la mimica del corpo e l'espressione del volto del minore (comunicazione non verbale).

Nel contesto penale l'intervento viene specificato con la legge 66/1996 nell'art. 14 l'audizione protetta, che introduce le modalità particolari di assunzione della prova nel caso di incidente probatorio, nei casi in cui è presente un minore di anni 16, per esempio qualora si proceda per l'accertamento di un reato sessuale.

L'esperto deve fare molta attenzione ad uno degli aspetti più problematici delle deposizioni: il fatto che il ricordo che il minore ha degli eventi potrebbe essere falsato a causa delle suggestioni più o meno volontarie, fornite dalle persone a lui vicine oppure dalle persone che hanno ascoltato per primi il minore. Più il minore viene sentito più aumenta il rischio di rielaborare le informazioni in suo possesso. È basilare inoltre che venga valutata la qualità delle relazioni familiari del minore presunta vittima, cercando di capire quali siano le possibili influenze positive e negative che i genitori potrebbero trarre da tale deposizione.

La perizia nel processo penale

La perizia psichiatrica e la perizia psicologica si inseriscono nel processo penale al fine di contribuire con la verità clinica oggetto della valutazione, alla costruzione della verità processuale oggetto del procedimento.

In tal senso quindi il ruolo del perito/consulente è doverosamente regolato in modo specifico e dettagliato dal codice penale e dal codice di procedura penale.

In primis il perito o il consulente tecnico può essere coinvolto in diverse tipologie di accertamento nei confronti dell'autore di reato, della vittima e del testimone.

In particolare, nella fase di cognizione del procedimento (fase in cui il magistrato deve accertare la responsabilità penale, l'imputabilità, la punibilità e l'elemento psicologico del reato) le indagini peritali possono essere disposte come:

  • consulenza tecnica per il pubblico ministero, ex artt. 359 e 360 c.p.p. e art. 73 d.lgs. 271/1989;
  • perizia disposta dal Gip ex artt. 392 e 308 c.p.p. e artt. 67 ss., d.lgs. 271/1989;
  • perizia dibattimentale ex art. 508 c.p.p. e artt. 67 ss., d.lgs. 271/1989.

Per quanto riguarda invece la seconda fase, quella di esecuzione (artt. 656-679 c.p.p. e art. 69, l. 354/1975) il perito può ancora essere nominato dal magistrato di sorveglianza al fine di valutare:

  • la presenza e persistenza di pericolosità sociale psichiatrica;
  • le condizioni di mente del condannato o internato ai fini della compatibilità con l'esecuzione o prosecuzione della pena o della misura di sicurezza;
  • le condizioni di mente dell'internato per la concessione di misure alternative.

Come già anticipato nella prima fase (quella di cognizione) il perito può essere incaricato di svolgere indagine sia sull'autore di reato, sia sulla vittima di reato o sia nei confronti di un testimone.

Nel caso di indagine sull'autore di reato i quesiti sono costruiti e finalizzati a stabilire:

  • l'eventuale esistenza di un vizio totale o parziale di mente nell'indagato o imputato al momento del fatto (ex artt. 88 e 89 c.p.);
  • le condizioni di mente dell'autore del reato durante la fase delle indagini preliminari, sino al rinvio a giudizio e durante il dibattimento (ex artt. 70 e ss. c.p.p.) per valutare la capacità di stare in giudizio;
  • la presenza e la persistenza di pericolosità sociale psichiatrica;
  • nel caso di autore di reato minorenne, infine, la maturità o l'eventuale presenza di vizio di mente totale o parziale.

Nel caso di indagine sulla vittima di reato invece l'accertamento ha come oggetto di valutazione:

  • la presenza di condizioni di inferiorità psichica dei soggetti che hanno subìto violenza sessuale (vittime di reati sessuali ex l. 66/1996);
  • la presenza eventuale di danno psichico conseguenti il reato subìto (vittime di maltrattamenti, violenza sessuale, ecc.) ex artt. 571 e 572 c.p. e l. 66/1996;
  • la presenza di infermità o deficienza psichica delle vittime di circonvenzione di incapace (ex art. 643 c.p.).

Nel caso in ultimo, l'indagine sia richiesta nei confronti di un testimone, l'accertamento è finalizzato a stabilire l'idoneità a testimoniare (ex artt. 196 e 490 c.p.p.).

Per quanto riguarda l'incarico lo psichiatra e lo psicologo forense inoltre possono essere coinvolti in qualità di consulenti negli accertamenti svolti autonomamente sia dal pubblico ministero che dalla difesa e dalle parti private o dalla polizia giudiziaria, nella fase delle indagini preliminari, sempre naturalmente secondo quanto previsto dagli articoli che regolano la figura del consulente tecnico (artt. 359, 360, 233 e 348, comma 4, c.p.p.).

Il primo concetto tecnico basilare da rilevare è che l'oggetto della perizia nei confronti dell'autore di reato non si può riferire ad aspetti della sua personalità (correlandoli al fatto reato),ma solo a quanto rileva effettivamente come patologia psichica.

Nello specifico l'art. 220 c.p.p. relativo all'Oggetto della perizia, identifica per l'indagine peritale nei confronti dell'autore di reato una precisa delimitazione dell'oggetto e in tal senso recita:

1. La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche.

2. Salvo quanto previsto ai fini dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, non sono ammesse perizie per stabilire l'abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere o la personalità dell'imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.

Si evidenzia quindi nel codice la conferma del divieto di perizia psicologica sull'autore di reato nella fase della cognizione (che non sussiste però nel processo a carico di imputato minorenne e successivamente per il condannato nella fase esecutiva della pena), perizia psicologica che va intesa correttamente in relazione all'oggetto di disamina (carattere e personalità del periziando) e non ovviamente correlandola tout court alla figura professionale del consulente che la redige (psichiatra/psicologo).

Nella consulenza tecnica (delle parti) o della perizia d'ufficio quindi si accerta l'eventuale esistenza di una infermità mentale che, opportunamente graduata nella sua incidenza nel funzionamento del soggetto, può costituire quel vizio di mente che esclude o scema grandemente l'imputabilità dell'autore di reato al momento del fatto oggetto del procedimento come previsto dal codice penale.

Tale infermità di mente, per rilevare, deve necessariamente discendere da uno stato cosiddetto morboso, dipendente da una alterazione psicopatologica clinicamente accertabile tale da incidere nelle funzioni cognitive e/o volitive in quel determinato momento stabilendo un “grado” conseguente di compromissione delle stesse.

Quando si ritiene necessario disporre una perizia psichiatrica?

Generalmente viene disposta quando vi è notizia (diretta o indiretta) della presenza di disturbi mentali nell'autore o nella vittima, la cui possibile incidenza deve essere accertata (per valutare l'imputabilità), quando si rileva la presenza di uno scompenso psichico rilevante nella attualità del fatto (a prescindere da eventuale presenza di una storia psichiatrica pregressa del soggetto) o durante il periodo di custodia cautelare (indicativa della presenza di problematiche di tipo psicopatologico), o quando infine emergono nell'attuazione del reato incongruenze nelle azioni e un comportamento bizzarro del soggetto.

Ovviamente anche fattori sociali e culturali possono incidere nella decisione di disporre una perizia, fattori quali la gravità e l'efferratezza delle azioni delittuose, il contesto sociale in cui avviene, il contesto relazionale e affettivo (delitti in famiglia) che cultura vorrebbe esente da azioni violente.

Ulteriore passaggio "diagnostico" importante e basilare è inoltre quello di evidenziare la correlazione tra patologia psichica e l'attuazione del fatto oggetto del procedimento, valutazione che si fonda su un'attenta disamina della criminogenesi e della criminodinamica del reato e che rileva il suo significato in quanto "sintomo" della patologia.

Per quanto riguarda invece l'accertamento in perizia della capacità di stare in giudizio si valuta l'interazione delle caratteristiche dell'individuo con il proprio contesto legale e con la sua capacità di collaborare attivamente e consapevolmente alla sua difesa.

La legge non specifica un livello particolare al di sotto del quale si può stabilire l'incompetenza ed è pertanto necessario decidere di volta in volta a seconda del caso.

Relativamente infine l'accertamento in perizia della pericolosità sociale psichiatrica è chiaro che il perito si pronuncia sulla pericolosità sociale derivata e correlata all' infermità mentale evidenziata.

Deve quindi rispondere al quesito solo se ha ravvisato un quadro di patologia mentale tale da costituire vizio totale o parziale.

Per quanto riguarda infine l'accertamento della capacità di intendere e/o di volere di autore di reato in età compresa tra i 14 e i 18 anni si rende necessaria una ulteriore specificazione.

Riferendosi infatti all'art. 98 c.p. la valutazione di una compromissione della capacità di intendere e/o di volere si amplia dal concetto di infermità a quello di "maturità", non necessariamente correlato a patologia, ma al suo quadro di sviluppo.

In tal senso quindi si evidenzia che nell'accertamento peritale riferito ad autore di reato minorenne (tra i 14 e 18 anni in considerazione della presunzione di incapacità ex art. 97 c.p. dell'infraquattordicenne) l'imputabilità è subordinata all'accertamento della sua maturità psico-sociale con conseguente unica deroga al divieto di perizia psicologica sull'autore di reato.

La valutazione quindi comprende di conseguenza un'attenta disamina degli elementi di personalità, del contesto famigliare, culturale, ambientale e sociale del minore, del suo sviluppo psichico e affettivo-relazionale e ovviamente della sua incidenza nell'attuazione del reato oggetto del procedimento.

Guida all'approfondimento

CANTER, YOUNGS, Applications of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008;

FORNARI, Trattato di psichiatria forense, Torino, 2015;

GULOTTA, MERZAGORA e coll., L'omicidio e la sua investigazione, Giuffrè, Milano, 2005.

LEMBO, DE PASQUALI, CASALE, La perizia psichiatrica nel processo penale. Aspetti giuridici e psicopatologico-forensi, Rimini, 2015;

MERZAGORA BETSOS, TRAVAINI, Il mestiere del criminologo. Il colloquio e la perizia criminologica, Milano, 2015;

NIVOLI G. Il perito e il consulente di parte in psichiatria forense, Torino 2006;

PICOZZI, ZAPPALÀ, Criminal Profiling. Dall'analisi della scena del delitto al profilo psicologico del criminale, Milano, 2002;

VOLTERRA, Psichiatria Forense, Criminologia ed Etica Psichiatrica, Milano, 2010.

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