Lo stato di abbandono e l'adozione mite di un minore fanno parte di due procedimenti autonomi

Redazione Scientifica
08 Luglio 2022

Il giudizio di accertamento dello stato di adottabilità di un minore in ragione della sua condizione di abbandono, e quello volto a disporre un'adozione mite costituiscono due procedimenti autonomi, di natura differente e non sovrapponibili fra loro.

Il Tribunale per i minorenni dichiarava lo stato di adottabilità di un minore, disponendo allo stesso tempo, la sospensione dell'esercizio della responsabilità genitoriale di entrambi i genitori e l'inserimento del minore in una famiglia potenzialmente predisposta per una futura adozione.

La Corte d'Appello, aveva ritenuto opportuno che la figlia minore mantenesse un rapporto con il padre biologico nonostante la decisione presa.

Avverso la sentenza di secondo grado, il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Torino, proponeva ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi di doglianza, analizzati congiuntamente e dichiarati fondati.

Il ricorso verteva in modo particolare sul fatto che l'abbandono del minore precludesse la configurabilità di un'adozione mite.

Ricorda il Collegio che l'elemento più importante ai fini dell'adottabilità risieda nell'indagine posta alla base della dichiarazione stessa di adottabilità di un minore che non deve trascurare nessun particolare che potrebbe essere utile nel definire i reali interessi del bambino. In particolare, di deve accertare se l'opzione della recisione del legame con i genitori naturali debba prevalere o meno rispetto al quadro generale sulle loro capacità genitoriali.

Proprio per fare luca sulla questione, la Corte di Cassazione ha affermato che «il giudizio di accertamento dello stato di adottabilità di un minore in ragione della sua condizione di abbandono, ai sensi degli artt. 8 e ss. l. n. 184/1983, e il giudizio volto a disporre un'adozione mite, ex art. 44, lett. d), l. n. 184/1983, costituiscono due procedimenti autonomi, di natura differente e non sovrapponibili fra loro, dato che il primo è funzionale alla successiva dichiarazione di un'adozione cd. piena o legittimante, ai sensi dell'art. 25 l. n. 184/1983, costitutiva di un rapporto sostitutivo di quello con i genitori biologici, con definitivo ed esclusivo inserimento in una nuova famiglia del minore, mentre il secondo crea un vincolo di filiazione giuridica coesistente con quello con i genitori biologici, non estinguendo il rapporto del minore con la famiglia di origine pur se l'esercizio della responsabilità spetta all'adottante. La diversità dei procedimenti e delle statuizioni adottate all'esito degli stessi impedisce che nell'ambito del giudizio di accertamento dello stato di adottabilità sia assunta alcuna statuizione che faccia applicazione dell'art. 44 l. n. 184/1983. Ciò nondimeno, nel procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità necessario – in funzione di un eventuale diniego di tale dichiarazione – che l'indagine sulla condizione di abbandono morale e materia del minore, e sulla correlata capacità dei genitori biologici, sia completa e non trascuri alcun rilevante profilo inerente i diritti del minore, verificando se l'interesse di quest'ultimo a non recidere il legame con i genitori naturali, che potrebbe essere integrato, almeno in via temporanea, da un regime di affidamento extrafamiliare potenzialmente reversibile o sostituibile da un'adozione ex art. 44 l. 184/1983».

Dunque, per questi motivi, il Collegio ha accolto il ricorso.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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