Mancanza di un atto nel TIAP: quali le conseguenze?

11 Luglio 2022

La Cassazione ha chiarito che la mancanza di un atto tra quelli contenuti nel TIAP non consente di affermarne l'inesistenza e l'inutilizzabilità per la decisione, sempre che la difesa non abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione di tale atto...
Massima

L'accertamento della mancanza di un atto tra quelli contenuti nel sistema ministeriale TIAP (nella specie, il decreto di proroga di un'intercettazione) non consente di affermarne l'inesistenza e, quindi, l'inutilizzabilità per la decisione, sempre che la difesa non abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione di tale atto e la stessa o il giudice non siano stati in condizione di effettuare un efficace controllo sulla sua legittimità.

Il caso

Il Tribunale rigettava l'istanza di riesame proposta nell'interesse dell'indagata avverso l'ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere anche il reato di cui all'art. 416-bis c.p.

Avverso questo provvedimento, l'indagata proponeva ricorso per Cassazione, deducendo, tra l'altro, l'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, che erano state disposte con uno specifico decreto, perché la proroga di tale decreto per il periodo compreso tra il 29 luglio ed il 18 agosto 2019 non sarebbe intervenuta, con conseguente vizio di tutte le proroghe successive emesse dal Gip.

In particolare, la ricorrente osservava che il decreto di proroga non era presente nell'applicativo TIAP e che la richiesta di proroga relativa al periodo immediatamente seguente a quello oggetto della eccezione, datata 12 agosto 2019, presenta una correzione nella data di scadenza (inizialmente indicata nelle ore 24:00 del 29 luglio 2019 e poi corretta a penna nelle ore 24:00 del 18 agosto 2019). Secondo la prospettazione difensiva, tali fatti conforterebbero l'ipotesi della mancata emissione della proroga per il periodo dapprima indicato.

La questione

L'accertamento della mancanza di un atto tra quelli contenuti nel sistema ministeriale Tiap permette di affermarne l'inesistenza e, quindi, l'inutilizzabilità per la decisione?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione ha rigettato il motivo di ricorso illustrato.

Al riguardo, è stato rilevato che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto utilizzabili gli atti contenuti nell'applicativo TIAP (Trattamento informatico atti processuali) (Cass. sez. III, 25 giugno 2018, n. 53986; Cass. sez. III, 27 marzo 2019, n. 27910).

Tali atti, tuttavia, nascono in formato analogico. Essi vengono resi in forma digitale a cura del personale amministrativo per mezzo di una attività di scansione e sono inseriti sull'applicativo Tiap. Da tale considerazione, secondo la decisione in esame, consegue che “il fatto che un atto non sia "caricato" nel sistema … non consente di affermare che quell'atto non sia esistente, né tale inesistenza può essere desunta … da elementi indiziari quale è la correzione a penna della data di scadenza della richiesta di proroga successiva”.

La difesa, pertanto, avrebbe dovuto richiedere al pubblico ministero di esibire il decreto di proroga, non limitandosi a prendere atto che quel decreto non era presente nell'applicativo Tiap.
La mancata richiesta rende pertinente il rinvio all'indirizzo giurisprudenziale secondo la quale la mancata trasmissione al tribunale del riesame dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche non inviati in precedenza al g.i.p. non determina la perdita di efficacia della misura, ma, eventualmente, solo l'inutilizzabilità degli esiti delle operazioni di captazione, qualora i decreti siano stati adottati fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni previste dagli artt. 267 e 268, commi 1 e 3, c.p.p., “sempre che la difesa dell'indagato abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione, e la stessa o il giudice non siano stati in condizione di effettuare un efficace controllo di legittimità” (Cass. sez. IV, 21 marzo 2017, n. 18802; Cass. sez. I, 6 febbraio 2018, n. 29036).

Osservazioni

1. Il TIAP (Trattamento Informatico Atti Processuali), come è noto, è un applicativo sviluppato dal Ministero della Giustizia per la gestione informatica del fascicolo che consente di integrare i contenuti nelle varie fasi del procedimento penale con atti, documenti e supporti multimediali.
L'obiettivo è quello di pervenire alla digitalizzazione del fascicolo per mezzo della “scannerizzazione” di documenti cartacei o dell'acquisizione di file digitali. Successivamente si procede alla classificazione, alla codifica e all'indicizzazione degli atti in modo da formare i fascicoli, con possibilità di ricerca, consultazione, esportazione e stampa dell'intero fascicolo oppure di singoli atti.

Il sistema TIAP non costituisce un modello integralmente sostitutivo della struttura cartacea che contraddistingue gli atti processuali, né di un sistema che ne modifica la genesi, permettendone, cioè, la nascita in forma originariamente digitale. Il software applicativo stesso rende solo “disponibili” in forma digitale gli atti processuali, formati, comunque, in originale, su supporto cartaceo (cfr., per una ricostruzione del sistema in esame, Cass. n. 44424/2016). La data in cui è compiuto l'atto, ad esempio, non corrisponde a quella in cui è inserito nel sistema TIAP, ma resta quella in cui è realizzato il documento cartaceo.

Ciò avviene, in concreto, per mezzo di una impegnativa attività di “scannerizzazione” che duplica, nella forma digitale, gli atti che sono realizzati su supporto cartaceo, inglobando i relativi file in un raccoglitore virtuale che il sistema genera, creando un fascicolo informatico corrispondente, per completezza, a quello originale di formato cartaceo.

Il fascicolo informatico così realizzato risulta composto dai soli atti e documenti che, di volta in volta, attraverso interventi di sistema, gli operatori abilitati hanno inserito.

2. Anche nella sentenza in esame, la Corte di cassazione ha ribadito la piena utilizzabilità per la decisione degli atti contenuti nell'applicativo TIAP.

In particolare, è stato affermato che gli atti processuali contenuti nel sistema ministeriale Tiap, comunicati ai sensi dell'art. 64, commi 3 e 4, disp. att. c.p.p. e visualizzabili con modalità regolamentate da protocolli d'intesa stipulati tra uffici giudiziari e organismi rappresentativi dell'avvocatura, sono pienamente utilizzabili dal giudice per la decisione, posto che al ricorrere di dette condizioni essi fanno parte del corredo processuale e s'intendono conosciuti dalle parti (Cass. sez. III, 27 marzo 2019, n. 27910). Ai sensi dell'art. 22 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale, le copie digitali di atti, rilasciate dai depositari pubblici autorizzati o dai pubblici ufficiali e prodotte mediante processi e strumenti che assicurano che il documento informatico abbia contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui sono tratte, tra le quali possono essere ricomprese quelle inserite nel sistema ministeriale indicato, assumono la stessa efficacia dell'atto cartaceo (Cass. sez. III, 27 marzo 2019, n. 27910, cit.).

3. La Corte di Cassazione, poi, ha affermato che la facoltà concessa alla difesa di consultare telematicamente gli atti presso l'Ufficio TIAP, competente al rilascio copie, mediante visione nella postazione dei computer a disposizione dei difensori, esclude senz'altro la violazione del diritto di difesa, non essendo impedita alcuna attività da espletarsi in relazione alla consultazione e al rilascio di copie degli atti (Cass. n. 55081/2016).

4. La decisione in esame si segnala perché la Corte ha precisato che la mancanza di un atto tra quelli contenuti nel sistema ministeriale TIAP non consente di affermarne l'inesistenza e, quindi, l'inutilizzabilità per la decisione. L'inserimento degli atti nel sistema deriva da una complessa opera di scansione di atti che nascono in formato analogico. È dunque ben possibile che il personale della segreteria del pubblico ministero o della cancelleria del giudice possa non aver caricato un atto.

La mancanza di un atto non può essere ricavata neppure da elementi indiziari desumibili dagli altri atti “caricati” nell'applicativo, come, nella specie, la presenza di una correzione “a penna” sul decreto di proroga per il periodo immediatamente successivo a quello oggetto della contestazione.

Per eccepire validamente la mancanza di un atto e, quindi, la sua inutilizzabilità per la decisione, invece, la difesa deve aver presentato una specifica e tempestiva richiesta di acquisizione di tale atto (ricevendo risposta negativa dagli Uffici).
Può trovare applicazione, infatti, l'indirizzo giurisprudenziale consolidato secondo cui la mancata trasmissione al Tribunale del riesame dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche non inviati in precedenza al g.i.p. non determina la perdita di efficacia della misura, ma, eventualmente, solo l'inutilizzabilità degli esiti delle operazioni di captazione, qualora i decreti siano stati adottati fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni previste dagli artt. 267 e 268, commi 1 e 3, c.p.p.., e sempre che la difesa dell'indagato abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione, e la stessa o il giudice non siano stati in condizione di effettuare un efficace controllo di legittimità (Cass. sez. IV, 21 marzo 2017, n. 18802).

*Fonte: ilprocessotelematico.it

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