Compensatio lucri cum damno nell'assicurazione privata contro gli infortuni

11 Luglio 2022

Lo scritto esamina l'operatività della compensatio lucri cum damno nei rapporti tra risarcimento del danno derivante da infortunio e indennizzo corrisposto dall'assicuratore privato. Attraverso un excursus degli arresti della giurisprudenza di legittimità sulla valenza del principio indennitario in materia assicurativa e sui rapporti con il diritto di surroga dell'assicuratore, si cerca inoltre di verificare se e in che modo l'autonomia negoziale possa introdurre delle deroghe alla compensazione e più in generale al principio indennitario che governa l'assicurazione contro gli eventi dannosi.
La funzione indennitaria dell'assicurazione contro gli infortuni non mortali

Il contratto di assicurazione privata contro gli infortuni, con cui l'assicuratore si obbliga al pagamento di una certa somma all'assicurato nel caso di lesione dovuta a infortunio, ovvero a un terzo beneficiario, nel caso di morte dell'assicurato, viene considerato come socialmente tipico, perché, nonostante non riceva una disciplina specifica nel codice civile, è una figura negoziale ormai cristallizzata nella prassi.

Lo sforzo dell'interprete si è spesso concentrato, per determinare la disciplina applicabile nelle parti non regolate convenzionalmente, sulla riconducibilità del tipo contrattuale nell'ambito dell'assicurazione contro i danni (artt. 1904 -1918 c.c.) o dell'assicurazione sulla vita (artt. 1919-1927 c.c.).


Dopo un'iniziale prevalente assimilazione all'assicurazione sulla vita, influenzata da una concezione dell'integrità psicofisica contrapposta ai beni materiali e non monetizzabile, la funzione indennitaria è progressivamente emersa, parallelamente al riconoscimento della risarcibilità del danno alla persona, a prescindere dall'incidenza sulla capacità di produrre reddito.

Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 5119/2002, hanno affermato, a favore della tesi più recente, che l'assicurazione contro gli infortuni non mortali è “partecipe della funzione indennitaria propria dell'assicurazione contro i danni”.

La soluzione trae fondamento dalla previsione dell'art. 1916, comma 4, c.c. che estende le disposizioni sul diritto di surrogazione dell'assicuratore alle assicurazioni contro le disgrazie accidentali.
Il meccanismo della surrogazione, in quanto mira ad impedire il cumulo nello stesso soggetto del diritto al risarcimento verso il terzo responsabile e del diritto all'indennizzo verso l'assicuratore, è indice rivelatore del principio indennitario che ha la funzione di ripristinare la sfera giuridica del danneggiato, riportandolo nella c.d. curva di indifferenza, ossia eliminando il pregiudizio senza determinare però un indebito arricchimento.

Secondo la sentenza citata l'assimilazione dell'assicurazione contro i danni alla persona a quella contro i danni alle cose non trova ostacolo nella circostanza che la misura dell'indennizzo è liberamente predeterminata nella polizza, dato che la valutazione del rischio è possibile anche in relazione al pregiudizio che un infortunio può determinare e la stessa legge consente alle parti la stima del valore del bene assicurato (ex art. 1908 c.c.).

Diversa natura viene invece attribuita all'assicurazione per il caso di infortunio mortale in cui il rischio derivante dall'infortunio è la morte, evento attinente alla vita umana, e non alla persona, come invece nell'infortunio invalidante.

Ne deriva in questo caso l'inapplicabilità dell'art. 1916, comma 4, c.c., poiché, essendo beneficiario dell'indennizzo un terzo, viene meno il presupposto del diritto di surrogazione, costituito dal cumulo in un unico soggetto di diritti derivanti da titoli diversi, e cioè del diritto al risarcimento verso i terzi responsabili e del diritto all'indennizzo verso l'assicuratore.

Funzione indennitaria e compensatio lucri cum damno

Sulla scorta dell'inquadramento dell'assicurazione contro gli infortuni non mortali nell'assicurazione contro i danni, e considerando il principio indennitario in materia assicurativa come principio di ordine pubblico e quindi inderogabile, anni dopo la Corte di Cassazione, con sentenza n. 13233/2014, ha affermato che la compensatio lucri cum damno non è altro che un'applicazione del divieto di cumulare risarcimento del danno e indennizzo assicurativo perché l'indennizzo non può mai eccedere il danno effettivamente patito.

L'estinzione, totale o parziale, del diritto al risarcimento in capo all'assicurato avviene quindi per effetto del solo pagamento dell'indennizzo, non per effetto della surrogazione, la quale semmai è un effetto dell'estinzione e non la causa di essa.

Il diritto di surroga dell'assicuratore viene considerato come elemento non essenziale del contratto di assicurazione, e può dunque mancare, o anche essere oggetto di preventiva rinuncia, senza che il contratto di assicurazione perda la sua funzione indennitaria, perché la rinuncia al diritto di surroga giova solo al responsabile civile, non al danneggiato che comunque non può cumulare risarcimento e indennizzo.

Ne consegue che il risarcimento del danno dovuto alla vittima di lesioni personali deve essere diminuito dell'importo da questa percepito a titolo di indennizzo da parte del proprio assicuratore privato contro gli infortuni, così come, nel caso in cui sia stato preventivamente percepito l'indennizzo, questo deve essere detratto al momento della liquidazione del risarcimento.

Le Sezioni Unite sulla compensatio lucri cum damno

Nel 2018 le Sezioni Unite hanno affrontato con separate pronunce alcune fattispecie riconducibili al tema comune dell'effettiva portata del principio della compensatio lucri cum damno e delle condizioni in presenza delle quali, nella determinazione del risarcimento del danno, dalle poste negative si debbano detrarre le poste positive che per effetto del fatto illecito si producono nel patrimonio del danneggiato quando esiste un rapporto tra lo stesso danneggiato e un soggetto diverso dal danneggiante, tenuto per legge o per contratto a erogare al primo un beneficio collaterale.

Con riferimento specifico al cumulo tra risarcimento dei danni e indennizzo assicurativo privato, si era manifestato un diverso orientamento rispetto alla sentenza n. 13233/2014, secondo cui la compensatio lucri cum damno era preclusa poiché la prestazione indennitaria traeva fonte da un titolo diverso e indipendente dall'illecito stesso; soltanto se l'assicuratore si avvaleva della facoltà di surrogarsi nei diritti del danneggiato, quest'ultimo perdeva la legittimazione, ormai trasferita all'assicuratore a pretendere dal terzo il risarcimento del danno.

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 12565/2018, in una fattispecie riguardante indennizzo assicurativo privato erogato per danni alle cose, hanno invece confermato che indennità assicurativa e risarcimento del danno assolvono a un'identica funzione risarcitoria e non possono cumulativamente convivere, dato che è la legge (artt. 1904 e ss. c.c.) a tipizzare il contratto assicurativo in funzione di rimozione dell'effetto dannoso dell'illecito.

Poiché in virtù dell'art. 1916 c.c. è con il pagamento dell'indennità assicurativa che i diritti contro il terzo si trasferiscono, ope legis, all'assicuratore, deve escludersi un ritrasferimento di tali diritti all'assicurato per il solo fatto che l'assicuratore si astenga dall'esercitarli.

Diversamente, nel caso di assicurazione sulla vita, l'indennità si cumula con il risarcimento, perché si è di fronte ad una forma di risparmio, posta in essere dall'assicurato sopportando l'onere dei premi, e l'indennità, vera e propria contropartita di quei premi, svolge una funzione diversa da quella risarcitoria.

A differenza però della pronuncia del 2014, che aveva relegato la surroga a un elemento accidentale del contratto, viene ritenuto dirimente ai fini dell'applicabilità della compensatio lucri cum damno, oltre alla verifica della funzione attribuita dalla legge al vantaggio collaterale, accertare se l'ordinamento abbia previsto un meccanismo di surroga o di rivalsa, capace di valorizzare l'indifferenza del risarcimento, ma nello stesso tempo di evitare che quanto erogato dall'assicuratore al danneggiato si traduca in un vantaggio inaspettato per l'autore dell'illecito.

Non è difatti considerato conforme al principio di razionalità-equità e alla stessa funzione della responsabilità civile che la sottrazione del vantaggio sia consentita anche nei casi in cui finisca per avvantaggiare esclusivamente il danneggiante, apparendo preferibile in tali evenienze favorire chi senza colpa ha subito l'illecito rispetto a chi colpevolmente lo ha causato.

La surrogazione è indice della selezione che il legislatore effettua dei casi in cui intende trasformare un rapporto bilaterale in una relazione trilaterale, così apprestando le condizioni di operatività dello scomputo, a tutela del principio indennitario, ma salvaguardando al contempo la conservazione del principio di responsabilità (artt. 1218 e 2043 c.c.).

Omogeneità delle poste oggetto di scomputo

Da una lettura congiunta dei principi espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 5119/2002 e con la successiva n. 12565/2018, dovrebbe risultare pacifica l'applicabilità della compensatio lucri cum damno all'assicurazione contro gli infortuni non mortali, essendo compresenti i requisiti della funzione indennitaria e della previsione ex lege della surroga dell'assicuratore.

Già nella sentenza n. 13233/2014 veniva però introdotta una riflessione fondamentale: per far sì che la detrazione del lucro dal danno poggi effettivamente sul principio indennitario, occorre che il danno patito e il rischio assicurato coincidano: se l'assicurazione copre ad esempio il danno da perdita della capacità di lavoro (danno patrimoniale), e la vittima del fatto illecito abbia subito soltanto un danno biologico (danno non patrimoniale), nessuna detrazione sarà possibile.

Il requisito della omogeneità delle poste risarcitorie e indennitarie non viene considerato sempre con il medesimo rigore in giurisprudenza.

Così, ad esempio, nella sentenza n. 14361/2019 la Cassazione ha negato il cumulo sulla base dei principi generali, anche a fronte del rilievo di parte secondo cui l'indennizzo della assicurazione privata aveva coperto solo il danno alla capacità lavorativa generica, mentre la condanna al risarcimento riguardava sia i danni patrimoniali che non patrimoniali.

Un esame più analitico della fattispecie concreta è stato operato in una pronuncia della Corte d'Appello di Venezia, constatando che l'invalidità nella polizza era calcolata sulla base della tabella di cui all'allegato 1 del D.P.R. n. 1124/1965 (T.U. INAIL) e che l'invalidità permanente veniva definita espressamente nella polizza come "la perdita permanente, definitiva ed irrimediabile, in misura parziale o totale, della capacità generica dell'Assicurato ad un qualsiasi lavoro proficuo, indipendentemente dalla sua professione"; di conseguenza il risarcimento riconosciuto per il danno non patrimoniale non poteva essere escluso (App. Venezia Sez. IV, 11 ottobre 2019).

Un rigoroso metodo di comparazione appare necessario, in quanto rispettoso del parametro utilizzato dalle Sezioni Unite del 2018 per cui indennità assicurativa e risarcimento del danno, solo quando assolvono ad un'identica funzione risarcitoria, ossia quando il tipo di danno è il medesimo, non possono cumulativamente convivere.

Conseguentemente il giudice dovrebbe, anche d'ufficio, e con meccanismo simile alla determinazione del differenziale risarcitorio previsto dall'art. 10 T.U. INAIL nei rapporti tra assicuratore sociale e terzo danneggiante, confrontare la natura delle poste indennitarie e quella delle poste risarcitorie (v. in argomento Cass. n. 4972/2018).

Il confronto può però risultare problematico per determinate voci di indennizzo assicurativo, spesso previste come opzionali, quali per esempio le diarie per “Indennità Ricovero e Convalescenza” o “Indennità per Immobilizzazione” per le quali non è chiaro se la funzione indennitaria sia finalizzata alla copertura di un danno patrimoniale o non patrimoniale.

O anche più in generale nelle polizze in cui le finalità indennitarie non sono specificate, ma il contratto si limita a riconoscere una somma parametrata al premio pagato e alla percentuale di invalidità normalmente ricavata dalle tabelle INAIL.

In quest'ultimo caso si assiste a una sorta di “scoloritura” della funzione indennitaria della polizza il cui indennizzo viene sganciato dalla concreta entità del danno che potrebbe di fatto risultare sovrassicurato.

Si tratta infatti di una pattuizione che non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 1908 c.c. che invece consente, in alternativa alla determinazione del valore della cosa al tempo dell'indennizzo, una stima concordata del valore del bene al momento della stipula della polizza, così attribuendo certezza all'indennizzo che comunque rimane però ancorato al valore oggettivo del bene e non all'entità del premio concordato.

Rilevanza della surroga dell'assicuratore ai fini della compensatio lucri cum damno

All'indomani delle pronunce delle Sezioni Unite del 2018 la giurisprudenza ha confermato il valore dirimente, ai fini della applicabilità della compensatio lucri cum damno, della previsione legale del diritto di surroga da parte dell'assicuratore, a prescindere dall'effettivo esercizio del diritto, poiché sufficiente a impedire il cumulo di identici benefici in capo al danneggiato.

Ad esempio, con riguardo al diffalco dal risarcimento dell'indennità di malattia e della pensione di invalidità corrisposte dall'INPS al lavoratore infortunato, ritenuto ammissibile, i giudici di legittimità hanno fatto leva non solo sul fatto che, rispetto alla pensione di reversibilità, tali indennità sono direttamente compensative del danno patrimoniale per lucro cessante, ma anche sulla previsione normativa di un meccanismo di rivalsa che consente all'ente previdenziale di recuperare presso il danneggiante quanto corrisposto al danneggiato, ai sensi dell'art. 148 d.lgs. n. 149/2005 (Cass. n. 18050/2019).

È stato anche confermato che non ha alcun rilievo la circostanza che l'assicuratore eserciti, o meno, in concreto il suo diritto di surroga, dato che l'art. 1916 c.c. collega il prodursi della vicenda successoria, automaticamente, al pagamento dell'indennità assicurativa (App. Brescia Sez. Lav. 30 agosto 2021, App. Milano 21 aprile 2021).

La Cassazione ha anche ribadito l'irrilevanza della eventuale rinuncia alla surrogazione, richiamando sul punto quanto già affermato con la precedente sentenza n. 13233/2014 (Cass. n. 14358/2019).

Quando però nella polizza viene inserita una clausola con cui l'assicuratore rinuncia preventivamente al diritto di surroga, occorre allora interrogarsi sulla compatibilità della stessa con il principio indennitario.

La sentenza n. 13233/2014, pur definendo il principio indennitario come un principio di ordine pubblico, non ha però considerato necessaria una dichiarazione di nullità della clausola di rinuncia al diritto di surroga, proprio perché ha ritenuto che la salvaguardia del principio indennitario presuppone comunque lo scomputo dell'indennizzo dal danno risarcibile sulla base della mera previsione legislativa del diritto di surroga.

In questo modo, però, della rinuncia si avvantaggerebbe solo il danneggiante, nonostante la posizione di terzietà che questi assume solitamente rispetto al contratto di assicurazione.

Senza contare che in questo modo non si eviterebbe, così come invece ritenuto fondamentale per le Sezioni unite nella sentenza n. 12565/2018, che quanto erogato dall'assicuratore al danneggiato si traduca in un vantaggio inaspettato per l'autore dell'illecito.

Invece nella prassi la pattuizione della clausola spesso si accompagna al pagamento di un premio più elevato che suggerisce un interesse specifico dell'assicurato ad avvantaggiarsi sia dell'indennizzo che del risarcimento, neutralizzando così l'operatività del principio indennitario.

Funzione previdenziale dell'assicurazione contro gli infortuni non mortali nell'autonomia privata

Se ormai appare certo che in difetto di una previsione legale espressa del meccanismo della surroga non può esservi luogo ad operazioni di diffalco sull'ammontare del valore del danno risarcibile” (Cass. n. 9380/2021), il fatto che l'art. 1916 c.c. non è riportato nell'elenco di norme inderogabili dell'art. 1932 c.c. può essere interpretato nel senso che, escludendo pattiziamente il diritto di surroga, le stesse parti possono orientare la causa del contratto di assicurazione, anziché verso la funzione indennitaria, verso la funzione previdenziale, a prescindere dalla natura dell'evento assicurato.

Allo stesso modo, nel caso in cui la predeterminazione dell'indennizzo in via convenzionale sia evidentemente superiore al risarcimento riconoscibile, per effetto del pagamento di un premio particolarmente elevato, per la parte dell'indennizzo che supera il danno risarcibile secondo i parametri civili, la polizza soddisferebbe a una funzione previdenziale a fronte di un evento che incide sull'integrità fisica o sulla capacità di produrre reddito.

L'assicurazione sull'infortunio può quindi trovare la propria ragione, non solo in relazione alla rimozione del danno, ma anche nella precauzione - a fronte di un evento negativo che può colpire la persona nella sua integrità psicofisica o nella sua capacità di produrre reddito - di introdurre una forma di previdenza che non si sostituisce ma si affianca a quella indennitaria. Si tratterebbe di prestazione funzionale a garantire, proprio a fronte dell'evento negativo incidente sull'integrità fisica, non solo l'elisione del danno attraverso il processo indennitario, ma anche una maggiore tranquillità economica, introducendo così anche una forma di risparmio di pieno valore sociale.

In questo senso si è espressa la Corte d'Appello di Milano, ritenendo, nel caso concreto sottoposto al proprio esame, incontestata la natura della polizza quale strumento previdenziale volto a tutelare la lesione della integrità psicofisica, a fronte anche della dichiarata finalità del contratto riportante la intestazione “programma previdenziale (…)” e oggetto di successiva integrazione con una polizza dedicata agli aderenti al programma previdenziale (App. Milano, sez. IV, 8 febbraio 2022).

In conclusione

La funzione indennitaria dell'assicurazione contro gli infortuni non mortali è ormai riconosciuta nella giurisprudenza e nettamente differenziata rispetto a quella previdenziale degli infortuni mortali.

La previsione legale del diritto di surroga, per effetto dell'applicazione dell'art. 1916 c.c., consente di risolvere positivamente la questione dell'operatività della compensatio lucri cum damno.

Non è precluso però all'autonomia delle parti di utilizzare la polizza contro gli infortuni non mortali come strumento previdenziale.

Anzi, un contratto di assicurazione caratterizzato da un indennizzo sganciato dai parametri risarcitori civilistici o dalla rinuncia al diritto di surroga è indicativo del virare consapevole della causa verso una finalità previdenziale, con la conseguenza che la disciplina applicabile si discosta naturalmente dalle regole del principio indennitario che si rendono incompatibili, ivi compresa la compensatio lucri cum damno.

Né può ritenersi che una polizza contro gli infortuni non mortali con finalità previdenziale sia in contrasto insanabile con la disciplina codicistica, perché tale fine in sé è espressamente contemplato nella causa assicurativa. Si può quindi ammettere che l'infortunio, nell'intenzione delle parti, rappresenti un evento a fronte del quale il potenziale danneggiato che stipula una polizza, decide di porsi in un'ottica non necessariamente indennitaria, ma previdenziale in tutto o in parte.

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