Danno da infiltrazione: che responsabilità ha il nudo proprietario dell'appartamento dal quale proviene l'acqua?

Edoardo Valentino
12 Luglio 2022

Per la Cassazione, il nudo proprietario, fino a prova contraria, non risponde del danno cagionato dalla mancata manutenzione dell'immobile.

Il caso. Il proprietario al 50% della nuda proprietà di un appartamento e l'usufruttuaria agivano in giudizio avverso i proprietari dell'appartamento sottostante e il condominio al fine di ottenere il risarcimento dei danni cagionati al loro immobile a causa di un incendio che era provenuto dal piano sottostante.

Si costituivano in giudizio i proprietari dell'appartamento sottostante contestando la domanda attorea per svariati motivi, non ultimo il fatto che essi non avevano ancora acquistato l'immobile all'epoca dell'incendio e che quindi eventuali richieste risarcitorie avrebbero dovuto essere indirizzate ai precedenti proprietari.

I convenuti, da ultimo, proponevano domanda riconvenzionale chiedendo il risarcimento (agli attori e al condominio) di danni derivati al loro appartamento a causa di copiose infiltrazioni d'acqua provenienti dalla proprietà soprastante.

Il Tribunale, all'esito del processo, rigettava la domanda principale e accoglieva invece quella riconvenzionale, ossia condannava gli originari attori dell'appartamento soprastante a rimborsare i danni da allagamento patiti dai vicini del piano inferiore.

La citata sentenza veniva quindi impugnata in sede di appello.

La decisione della Corte territoriale, tuttavia, non si discostava dalla prima sentenza di merito e anzi la confermava per i seguenti motivi.

A detta della Corte d'Appello, infatti, una consulenza tecnica preventiva realizzata dalle parti in un giudizio cautelare ante causam aveva dimostrato come i danni da allagamento fossero dovuti a carenze manutentive nelle strutture e negli impianti dell'appartamento degli originari attori.

Sul punto la prova per testimoni non avrebbe potuto essere dirimente, in quanto la questione era considerata di grado tecnico tale da essere possibile solo una analisi peritale.

La responsabilità quindi, ai sensi dell'art. 2051 c.c., era da ricercarsi solamente nei custodi, ossia il proprietario della nuda proprietà al 50% e l'usufruttuaria, a causa della mancata manutenzione, mentre nulla era imputabile all'altra comproprietaria della nuda proprietà, dato che era stata dimostrata la sua assoluta estraneità e non conoscenza dello stato dell'immobile.

Quanto alla domanda principale (risarcimento dei danni da incendio), veniva confermato il rigetto della stessa in ragione della circostanza che essi non erano ancora proprietari al momento dell'incendio.

La decisione della Corte. La sentenza di appello sopra sintetizzata veniva quindi impugnata in sede di Cassazione a seguito del deposito di un articolato ricorso da parte degli originari attori (proprietari dell'appartamento sito al piano superiore).

Il ricorso, per quanto attiene al presente commento, era incentrato sull'assenza di pronuncia della Corte d'Appello avverso il condominio, trattandosi i danni del giudizio di pregiudizi patiti anche a causa della mancata manutenzione di parti comuni.

Un secondo motivo, poi, era fondato sulla presunta erronea decisione della Corte d'Appello di esimere la comproprietaria della nuda proprietà dalla responsabilità del risarcimento dei danni da allagamento cagionati ai proprietari dell'appartamento inferiore.

Da ultimo, poi, gli appellanti contestavano la mancata condanna dei proprietari dell'appartamento sottostante per i danni cagionati dall'incendio, anche perché – secondo i ricorrenti – i testimoni avrebbero dimostrato che i danni da allagamento cagionati erano in realtà derivanti dall'ammaloramento degli impianti conseguente all'incendio.

La Seconda Sezione della Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20429 del 24 giugno 2022, accoglieva il ricorso limitatamente al primo motivo citato e, rigettando gli altri, pronunciava alcuni importanti principi di diritto immobiliare.

In primo luogo, analizzando il motivo accolto, la Cassazione confermava come la Corte d'Appello avesse errato a pronunciare la propria sentenza, dato che questa sarebbe stata carente rispetto ad una analisi delle responsabilità del condominio.

Il danno da infiltrazione, infatti, sarebbe derivato anche da parti condominiali e la loro mancata manutenzione avrebbe quindi consentito - anche ai sensi dell'art. 2051 c.c. - di attribuire la responsabilità anche allo stabile.

Quanto agli altri due motivi, invece, questi venivano entrambi rigettati.

Secondo la Cassazione, infatti, la responsabilità per i danni da infiltrazione o allegamento sarebbe da ricercare solamente in capo al soggetto che, avendone la custodia, ha l'onere di manutenere il bene ed evitare che questo provochi danno.

Nel caso in questione la custodia spetta interamente all'usufruttuario, che è detentore della res e deve curarne il buono stato.

A rilevare, quindi, è l'esercizio concreto del potere sulla cosa, ossia nel caso che ci occupa la disponibilità materiale sull'appartamento che ha dato luogo all'evento lesivo che avrebbe dovuto essere evitato con l'intervento dei custodi (si veda anche Cass. civ., n. 38089/2021).

Confermata quindi l'esenzione da responsabilità di una delle due comproprietarie della nuda comproprietà, mentre veniva altresì dimostrata la responsabilità dell'altro comproprietario e dell'usufruttuario in quanto questi, pur essendo a conoscenza dell'infiltrazione e dei danni cagionati ai vicini, non si erano in alcun modo attivati per porvi rimedio.

Quanto alla domanda risarcitoria degli attori per i danni da incendio, la Cassazione confermava l'assenza di responsabilità di questi in quanto essi non avevano la qualità di proprietari al momento del rogo.

La Cassazione, poi, confermava altresì il giudizio della Corte d'Appello, che non aveva ritenuto di valutare le testimonianze, ritenendo come l'assenza di nesso causale tra l'incendio e i danni da infiltrazione provenienti dall'appartamento sito al piano superiore fossero stati ampiamente provati nella perizia realizzata in sede di giudizio.

All'esito del processo, quindi, la Corte cassava la decisione solamente limitatamente ad una delle censure e rinvia il giudizio in grado d'appello per nuova valutazione sulla responsabilità del condominio.

(Fonte: dirittoegiustizia.it)

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