Illegittima la dimidiazione dei compensi del CTU nell'ipotesi di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato

14 Luglio 2022

La Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittima la previsione, versata nell'art. 130 del T.U. in materia di spese di giustizia, che stabilisce la dimidiazione di detti compensi nei processi diversi da quello penale nell'ipotesi in cui gli stessi siano posti a carico della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
Massima

E' costituzionalmente illegittimo l'art. 130 del d.P.R. 115/2002, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», nella parte in cui non esclude che la riduzione della metà degli importi spettanti all'ausiliario del magistrato sia operata in caso di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate a norma dell'art. 54 dello stesso d.P.R. 115/2002.

Il caso

Il Tribunale di Paola dubitava della legittimità costituzionale dell'art. 130 del d.P.R. 115/2002, c.d. T.U. spese di giustizia, in virtù del quale nel processo non penale, ove una parte sia ammessa al patrocinio a spese dello Stato, gli importi spettanti anche agli ausiliari sono ridotti della metà, nella parte in cui tale significativo abbattimento del compenso non era escluso nelle ipotesi in cui l'importo base dello stesso non fosse stato adeguato alle variazioni del costo della vita ai sensi dell'art. 54 del medesimo Testo Unico.

Nella fattispecie concreta sottesa all'ordinanza di rimessione, il giudice a quo aveva ricevuto, in un processo di responsabilità civile nel quale la parte attrice era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, un'istanza di liquidazione del compenso da parte del consulente tecnico medico-legale. Considerato l'importo base previsto per il relativo compenso dall'art. 21 della tabella allegata al D.M. 30 maggio 2002 – importo mai aggiornato, in violazione dell'art. 54 T.U. spese di giustizia da un ventennio - non potendo operare gli aumenti previsti dall'art. 52 dello stesso T.U. e dovendo anzi ridurre il dovuto nella misura di un terzo per il ritardo nel deposito dell'elaborato, avrebbe potuto liquidare al consulente per la complessiva attività prestata, stante la dimidiazione di cui alla norma censurata, soltanto una somma pari ad euro 145,38.

Secondo la prospettiva del Tribunale di Paola, tuttavia, tale importo sarebbe inadeguato rispetto al valore economico dell'attività prestata, alla durata dell'incarico e alla stessa dignità della professione esercitata dal consulente, pur tenendo conto dell'interesse pubblico che permea la disciplina degli ausiliari del magistrato e del patrocinio a spese dello Stato, così da determinare il dubbio di compatibilità della disciplina dettata dalla norma censurata con una serie di parametri costituzionali quali gli artt. 3, 24 e 36 Cost.

Nell'atto di promovimento, ricordava lo stesso giudice rimettente, in punto di delibazione sulla non manifesta infondatezza della questione, i principi espressi dalla medesima Corte Costituzionale nelle sentenze n. 192 del 2015 e 178 del 2017, che avevano dichiarato illegittima (rispettivamente per il CTU e per il consulente tecnico di parte) l'analoga disposizione dettata dall'art. 106-bis del Testo unico sulle spese di giustizia, che aveva previsto l'abbattimento di un terzo dei compensi per gli ausiliari nel processo penale. Invero secondo il giudice a quo la medesima ratio decidendi sarebbe trasponibile nella fattispecie in esame in quanto entrambe le disposizioni in raffronto si inseriscono in contesto normativo comune, ossia nella parte T.U. che riguarda la determinazione del compenso ausiliari magistrato e rispetto al quale vi è stata una mancata attuazione, nel corso di questo ventennio di vigenza, dell'art. 54 T.U. spese di giustizia che pure contemplava come doveroso l'adeguamento triennale, da parte del Ministero della Giustizia, degli importi base dei compensi degli ausiliari.

La questione

La problematica riguarda la legittimità della dimidiazione del compenso per gli ausiliari dei giudici, nei processi diversi da quello penale, secondo quanto previsto dall'art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, nelle ipotesi in cui il Ministero della Giustizia, in violazione dell'art. 54 dello stesso decreto, non abbia adeguato ogni triennio gli importi base dei compensi degli stessi al costo della vita.

Le soluzioni giuridiche

La Corte Costituzionale accoglie le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Paola, seguendo tuttavia un percorso argomentativo in parte diverso e più ampio rispetto a quello dell'ordinanza di rimessione.

Più in particolare, la motivazione di tale fondamentale decisione trae le mosse dal rilievo per il quale, sebbene il diritto al compenso del consulente tecnico d'ufficio non sorga nell'ambito di un rapporto privatistico bensì nell'esercizio di un munus pubblico, che può giustificare una riduzione di detto compenso a fronte delle esigenze di risparmio di spesa (sussistenti nell'ipotesi di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato).

Rileva la Corte che, tuttavia, l'art. 50, secondo comma, d.P.R. n. 115 del 2002, laddove stabilisce che le tabelle sono redatte in base alle tariffe vigenti, ha previsto un rapporto di proporzionalità tra l'entità dei compensi degli ausiliari del giudice e i valori di mercato. In sostanza, dal T.U. spese giustizia si evince la volontà di “agganciare” questi compensi a quelli conseguibili dai professionisti nel “libero mercato”.

La soluzione avallata dalla Corte Costituzionale si fonda dunque sull'assunto per il quale la ragionevolezza dei decrementi delle tariffe dei consulenti tecnici ha quale presupposto il non venir meno del predetto rapporto di proporzionalità con le tariffe del libero mercato che può ritenersi non più sussistente in forza degli effetti pratici sproporzionati determinati dall'operare, in combinato disposto, degli artt. 54 e 130 T.U. spese di giustizia, stante il mancato aggiornamento, in violazione del primo, delle tariffe da parte del Ministero per un ventennio.

Osservazioni

Le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte Costituzionale nella pronuncia in esame meritano adesione.

Come ricordato nella stessa motivazione, invero, il patrocinio a spese dello Stato è strumentale all'effettività del diritto di azione e giudizio dei soggetti con redditi più bassi (i c.d. non abbienti) secondo quanto previsto dall'art. 24, terzo comma, Cost.

Pertanto, sebbene la natura processuale della relativa disciplina comporti, in omaggio ai consolidati principi invalsi nella giurisprudenza costituzionale, che il legislatore goda in materia di un'ampia discrezionalità, la stessa non può spingersi al punto da impedire l'effettività della tutela giurisdizionale della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

Ciò che ben potrebbe avvenire, a nostro sommesso parere, anche in una situazione nella quale gli ausiliari del magistrato debbano subire la dimidiazione del compenso posta a tutela delle esigenze di contenimento della spesa pubblica dall'art. 130 del d.P.R. 115/2002 a fronte, peraltro, di tabelle di determinazione dello stesso mai aggiornate all'aumento del costo della vita ormai da un ventennio, in palese violazione dell'onere di aggiornamento triennale posto a carico del Ministero della Giustizia dall'art. 54 del medesimo decreto.

In pratica, la riduzione della metà del compenso del consulente se può essere legittima in quanto espressione del bilanciamento tra il diritto dello stesso a essere remunerato e le esigenze erariali che si pongono a fronte dell'ammissione di una parte al patrocinio a spese dello Stato, diviene intollerabile – recidendo il nesso di proporzionalità che deve comunque sussistere con le tariffe del libero mercato, secondo quanto desumibile dall'art. 50 del T.U. in materia di spese di giustizia – a fronte di tabelle determinative del compenso ormai disancorate all'aumento del costo della vita per un ventennio.

Ciò che, oltre a incidere sulla stessa dignità professionale degli ausiliari del magistrato, avrebbe potuto indurre i medesimi a non accettare gli incarichi nei giudizi con una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, così incidendo sul diritto, costituzionalmente rilevante ex art. 24 Cost., di detta parte a provare in giudizio le proprie deduzioni.

Riferimenti
  • Bellucci, Il patrocinio a spese dello Stato, Torino 2019;
  • Luiso, Orientamenti giurisprudenziali sul patrocinio a spese dello Stato in materia civile, in www.judicium.it;
  • Pepe, Il patrocinio a spese dello Stato, Padova 2017;
  • Scarselli, Il nuovo patrocinio a spese dello Stato nei processi civili e amministrativi, Padova 2003;
  • Vaccari, Il patrocinio a spese dello Stato nei processi civili, Milano 2020.

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