Decadenza del conduttore dal diritto di riscatto e pretese risarcitorie nei confronti del locatore e del terzo acquirente

14 Luglio 2022

In una fattispecie analizzata, di recente, dal Supremo Collegio, si è rigettato il ricorso di un conduttore volto ad ottenere dalle controparti il risarcimento del danno, statuendo che i fatti accertati - segnatamente, l'inadempimento del locatore all'obbligo legale della denuntiatio e, poi, l'inerzia, il silenzio o, in genere, la mancata cooperazione ai fini del succedaneo esercizio del diritto di riscatto nei confronti dell'acquirente - non possano, di regola, considerarsi fonte di alcun obbligo risarcitorio nei confronti del medesimo conduttore, il cui eventuale interesse all'acquisto, con diritto di prelazione, dell'immobile locato rimanga inattuato.
Massima

Il conduttore di un immobile ad uso non abitativo, se decaduto dal diritto di esercitare il riscatto di cui all'art. 39 della l. n. 392/1978, può domandare sia al venditore che al compratore il risarcimento del danno patito, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per effetto della decadenza, a condizione, però, che ne dimostri la rispettiva malafede, consistita nell'intento di tenerlo all'oscuro dell'avvenuto trasferimento (l'accertamento del detto intento fraudolento spetta al giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità).

Il caso

Il caso affrontato dal Supremo Collegio traeva le mosse da un ricorso ex art. 447-bis c.p.c., proposto da un conduttore nei confronti del locatore e del terzo acquirente, con cui si chiedeva, in via principale, di accertare l'efficacia del riscatto esercitato, ai sensi dell'art. 39 della l. n. 392/1978, con riferimento ad un immobile dallo stesso condotto in locazione ad uso commerciale (con tutte le consequenziali statuizioni), e, in via subordinata, di condannare i suddetti resistenti al risarcimento del danno subìto.

A fondamento di tali pretese, il ricorrente aveva dedotto: a) che aveva manifestato al locatore, con nota ad esso tempestivamente recapitata, la volontà di acquistare l'immobile nel caso di una sua eventuale vendita; b) che aveva appreso, solo successivamente, che il medesimo locatore - senza alcuna preventiva comunicazione ad esso conduttore e, dunque, in violazione dell'art. 38 della legge citata - aveva alienato l'immobile ad un terzo; c) che si dichiarava disponibile a corrispondere il prezzo indicato nel rogito di compravendita.

Il Tribunale aveva rigettato entrambe le domande, avendo ritenuto, quanto alla prima, che le comunicazioni inviate dal conduttore alle controparti non potessero avere significato assimilabile all'esercizio del diritto di riscatto e, quanto alla seconda, che non sussistessero sufficienti elementi per ritenere che il mancato rispetto dell'obbligo di comunicazione da parte del locatore fosse dipeso da una condotta volta ad impedire volontariamente l'acquisto del bene da parte del conduttore.

La Corte d'Appello aveva confermato tale decisione, rigettando il gravame interposto da quest'ultimo, evidenziando, con riferimento alla subordinata domanda risarcitoria, che mancasse la prova che il venditore ed il terzo acquirente avessero volontariamente posto in essere comportamenti tali da indurlo in inganno circa l'avvenuta vendita del bene e ad omettere i controlli presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, essendo in particolare, a tal fine, insufficiente la mancata risposta da parte del locatore alla lettera inviatagli dal conduttore; il giudice distrettuale aveva soggiunto, peraltro, che proprio l'avvenuta conoscenza, da parte del conduttore, dell'intenzione del locatore di alienare l'immobile e la mancata risposta a detta lettera avrebbero dovuto indurlo ad essere maggiormente vigile e ad effettuare una verifica presso la suddetta Conservatoria per accertare la titolarità del bene.

La questione

Si trattava di verificare la g, avendo il ricorrente lamentato che, erroneamente, la Corte territoriale aveva ritenuto che il locatore o il terzo non avessero posto in essere condotte tali da indurlo in errore circa l'avvenuta vendita del bene.

In particolare, si sosteneva che proprio la lettera inviata al locatore, per comunicare la propria intenzione di esercitare il diritto di prelazione a fronte della ventilata vendita dell'immobile, avrebbe dovuto considerarsi prova univoca della condotta fraudolenta tenuta ai suoi danni, poichè, mentre egli non poteva essere certo del fatto che il locatore avrebbe effettivamente alienato il bene, il locatore, viceversa, alla luce di tale lettera, doveva essere certo del fatto che il diritto di riscatto del conduttore sarebbe stato esercitato.

Prova ulteriore dell'intento doloso avrebbe, poi, dovuto trarsi dal fatto che la comunicazione dell'avvenuta vendita al terzo gli era stata data ad un anno di distanza da questa, nella lettera con la quale il locatore gli restituiva il canone annuale a lui versato, atteso che solo un intento fraudolento poteva spiegare che lo stesso locatore aveva atteso un anno dalla vendita ed il pagamento del canone annuale di locazione, prima di comunicare l'avvenuta vendita.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto tali doglianze infondate.

Innanzitutto, si è richiamato il pacifico orientamento, secondo cui il conduttore di un immobile ad uso non abitativo, ove sia decaduto dal diritto di esercitare il riscatto di cui all'art. 38 della l. n. 392/1978, può domandare sia al venditore che al compratore il risarcimento del danno patito, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per effetto della decadenza, a condizione, tuttavia, che ne dimostri la rispettiva malafede, consistita nell'intento di tenerlo all'oscuro dell'avvenuto trasferimento; ciò in quanto, altrimenti, la possibilità del riscatto concessa al conduttore non consente, in mancanza della dimostrazione di un intento fraudolento diretto a impedirne l'esercizio, di riconoscere un nesso di causalità tra l'inadempimento dell'obbligo di denuntiatio ed il pregiudizio dell'interesse del conduttore all'acquisto dell'immobile (v., ex multis, Cass. civ., sez. III, 30 agosto 2013, n. 19968; Cass. civ., sez. III, 21 maggio 2001, n. 6891; Cass. civ., sez. III, 2 aprile 1997, n. 2872; Cass. civ., sez. III, 26 maggio 1992, n. 6293; Cass. civ., sez. III, 16 maggio 1991, n. 5519), aggiungendo che la relativa valutazione costituisce un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito (v., soprattutto, Cass. civ., sez. III, 3 luglio 2008, n. 18233).

In quest'ordine di concetti, la Corte territoriale aveva congruamente giustificato, nel caso di specie, il convincimento espresso circa l'impossibilità di correlare il mancato esercizio di tempestivo riscatto ad una condotta del locatore volta a tenere il conduttore all'oscuro dell'avvenuta alienazione, con il rilievo dell'insufficienza dei dati fattuali accertati a dimostrare, oltre all'indubbia inosservanza dell'onere di denuntiatio incombente sul locatore - ma di per sé, come detto, pacificamente insufficiente a fondare anche un obbligo risarcitorio nei confronti del conduttore - anche un intento fraudolento diretto ad impedire l'esercizio del diritto di riscatto.

Osservazioni

Per quel che qui rileva, si osserva che il mero silenzio serbato dal locatore, successivamente alla già operata vendita, a fronte della manifestazione espressa dell'interesse del conduttore ad acquisire l'immobile, non viola alcun obbligo giuridico, atteso che l'unico obbligo imposto al locatore, il quale intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato è, a termini dell'art. 38 della l. n. 392/1978, soltanto quello di “darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario” (c.d. denuntiatio).

Si tratta - secondo consolidata interpretazione - di un “obbligo legale di interpello”, vincolato nella forma e nel contenuto, diretto a mettere il conduttore nella condizione di esercitare il diritto di prelazione, ove ne sussistano i presupposti (v., ex multis, Cass. civ., sez. un., 4 dicembre 1989, n. 5359).

Esso si colloca, però, anteriormente alla vendita, la quale, se effettuata in favore di terzi senza essere preceduta dal detto interpello, segna, di quell'obbligo, il definitivo inadempimento: la sanzione di tale inadempimento è, nel sistema della legge, (soltanto) il diritto di riscatto, da esercitare nelle forme e nei termini previsti dall'art. 39 della legge citata (sei mesi dalla trascrizione del contratto).

Reazione, questa, tipica ed altresì unica, nel senso che non è sostituibile con una sanzione diversa: in caso di vendita a terzi, al conduttore pretermesso è data la possibilità di riscattare l'immobile, mentre non esiste, invece, un “rimedio attuativo” dell'obbligo di preferire che, in difetto dell'osservanza delle prescrizioni dell'art. 38 l. n. 392/1978, consenta al conduttore un trasferimento diretto, senza dover attendere il momento “sanzionatorio” dell'esercizio del riscatto (così Cass. civ., sez. III, 26 ottobre 2017, n. 25415).

Una volta, dunque, che si verifichi il mancato interpello e la vendita a terzi, la fattispecie trasmigra nell'orbita del possibile riscatto e, dunque, della disciplina dettata dal successivo art. 39, la quale non prevede, né tanto meno sanziona, un nuovo ulteriore obbligo in capo al venditore (ex locatore) di comunicare al conduttore (non più ovviamente l'intenzione di vendere ma) la già avvenuta vendita.

Del che, del resto, ben si comprende la ratio: il favor conductoris si risolve, per chiara scelta legislativa, solo nella previsione a vantaggio del conduttore di un diritto di prelazione e del succedaneo diritto di riscatto; la disciplina di quest'ultimo configura un meccanismo di tutela che, nell'affidare allo stesso conduttore l'iniziativa e nel sottoporla anche a ristretti limiti temporali, tiene conto evidentemente dell'esistenza del contrastante interesse del terzo acquirente e del venditore, ex locatore, alla stabilità degli effetti del negozio concluso (di per sé pienamente valido ed efficace): interesse, questo, che, in tal modo e per ciò stesso, è bensì considerato in posizione recessiva - e perciò destinato a soccombere al riscatto, alla stregua di una sanzione del comportamento inadempiente prima tenuto dal locatore - ma pur sempre meritevole di tutela, realizzata, per l'appunto, attraverso la previsione di limiti temporali entro i quali quella sanzione può determinarsi; ciò in una prospettiva, dunque, non di assoluta prevalenza di un interesse sull'altro, ma di “equo bilanciamento”.

Si rammenta, in proposito, che i giudici della Consulta (v. Corte Cost. 8 maggio 1990, n. 228) hanno dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, comma 1, della l. n. 392/1978, sollevata, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui fa decorrere il termine di decadenza di sei mesi per l'esercizio del diritto di riscatto dalla data di trascrizione del contratto di compravendita, per l'asserita riduzione delle possibilità del conduttore di tutelare il proprio diritto e per irrazionalità della scelta dell'indicato dies a quo. Tale decisione è fondata sul rilievo che “far decorrere il termine semestrale di decadenza del diritto di riscatto dall'effettiva conoscenza del conduttore dell'avvenuta compravendita a lui non denunciata o, se denunciata, con indicazione di prezzo maggiorato che lo ha distolto dall'esercitare il diritto di prelazione, significherebbe spingere il favor conductoris fino a creare incertezza ed intralcio al traffico commerciale degli immobili, restando il terzo acquirente permanentemente esposto per un tempo indeterminato all'esercizio del diritto di riscatto del conduttore”.

D'altra parte - prosegue il giudice delle leggi - “imporre al terzo acquirente un onere di comunicazione verso il conduttore a supplenza della mancata denuntiatio del locatore-venditore postulerebbe un vizio del trasferimento qualora esso non fosse adempiuto”, concludendo nel senso che “si tratta di operazioni di ricostruzione della norma che richiedono ponderazione di interessi sociali riservata al legislatore”.

Dunque - ad avviso degli ermellini - se ne ricava che l'esercizio del diritto di riscatto è affidato esclusivamente ad un'iniziativa del conduttore, senza la previsione di alcun onere fattivo di cooperazione del venditore (ex locatore) o dell'acquirente, e ciò anche nel momento dell'acquisizione della conoscenza dell'avvenuta vendita, presumendosi che, ad ottenere la stessa, sia sufficiente (oltre che necessaria) la sola trascrizione del contratto e, dunque, la loro libera consultazione da parte dello stesso conduttore, per tal motivo essendo ritenuta legittima anche la sua designazione quale dies a quo del termine semestrale di decadenza del diritto medesimo.

Tornando al caso in esame, la ricezione, successivamente alla vendita, della lettera del conduttore nulla aggiunge o toglie al quadro giuridico delineato, così come, se fosse stata ricevuta prima, essa nulla aggiungeva all'obbligo, già ex lege gravante sul locatore, della denuntiatio - tanto meno essa, di per sé, valendo a costituire l'effetto di un positivo esercizio del diritto di prelazione - allo stesso modo la sua ricezione successivamente alla vendita non valeva a costituire, in mancanza di alcuna previsione di legge, un obbligo giuridico in capo all'ex locatore-venditore (né tanto meno in capo all'acquirente) di informare il mittente della già avvenuta vendita.

Rispetto alla descritta ratio ispiratrice della disciplina speciale, non v'è ragione di ritenere che l'interesse del venditore e del terzo alla stabilità degli effetti del negozio, a tale disciplina sotteso nei suddetti termini, e il meccanismo prescelto per il loro bilanciamento, abbiano a subire una diversa considerazione e modulazione solo perché, con detta lettera, è divenuto espresso quel che quella disciplina già comunque considerava implicito: ossia l'interesse del conduttore a far valere il diritto di prelazione e, dunque, anche presumibilmente ad esercitare il succedaneo diritto di riscatto.

Tali premesse non possono non riverberarsi anche sul vaglio che si richiede di compiere circa la valenza che, nella “diversa prospettiva extracontrattuale”, a tale comportamento (ossia alla mancata risposta alla lettera del conduttore) si ipotizza debba attribuirsi come diretto ed idoneo a impedire l'esercizio del diritto di riscatto.

Il descritto meccanismo implica, infatti, che l'inadempimento del locatore all'obbligo legale della denuntiatio e poi l'inerzia, il silenzio o, in genere, la mancata cooperazione ai fini del succedaneo esercizio del diritto di riscatto non possano, di regola, considerarsi fonte di alcun obbligo risarcitorio nei confronti del conduttore, il cui (eventuale) interesse all'acquisto, con diritto di prelazione, dell'immobile locato rimanga inattuato.

Ciò in ragione del fatto che il meccanismo di attuazione di tale interesse, rimesso e affidato - come sopra rilevato - esclusivamente all'iniziativa ed alla diligenza dello stesso conduttore, è ritenuto, di per sé, pienamente idoneo e sufficiente a tal fine, discendendone, per converso, che l'inattuazione di quell'interesse deve, di regola, ritenersi causalmente imputabile allo stesso conduttore, inerte o negligente nell'attivare quelle iniziative che gli consentirebbero - nonostante il silenzio, l'inerzia o la mancata cooperazione dell'ex locatore - di realizzare ugualmente e pienamente il suo interesse.

È per tal motivo che la magistratura di vertice è ferma nel ritenere che una responsabilità risarcitoria del venditore (ex locatore) può configurarsi, a titolo extracontrattuale, solo a condizione che, a quel nesso di causa, se ne sovrapponga un altro - da dimostrarsi ovviamente dal conduttore - tale per cui l'inattuazione dell'interesse del conduttore possa considerarsi evento ricollegabile alla condotta preordinata a provocare l'evento medesimo, che, comportando un danno ingiusto, ha impedito l'esercizio di un diritto.

Il principio richiamato richiede, pertanto, un quid pluris, ossia un comportamento diverso e più articolato del semplice silenzio; un contegno, cioè, che magari ricomprenda il silenzio o l'inerzia del locatore, ma che sia anche in grado di attribuire ad essi, in ragione di altre circostanze, artificiosamente create, un significato diverso e univoco da quello meramente neutro che di per sé quelli hanno: un significato in grado di infondere “oggettivamente ed univocamente” nel conduttore il convincimento che quella vendita non sia stata operata e, comunque, ad indurlo a non attivarsi per effettuare le opportune visure.

Riferimenti

Grasselli - Masoni, Le locazioni, I, Padova, 2013,860;

Astone, Prelazione e riscatto. Destinazione d'uso degli immobili: a rilevare non è il dato formale, in Giust. civ., 2013, I, 2394;

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Bellante, Prelazione urbana di immobili ad uso non abitativo: alienazione di porzione in proprietà esclusiva dell'immobile locato, in Giur. it., 2011, 2528;

Izzo, La natura negoziale della comunicazione di riscatto e il perfezionamento della decadenza, in Giust. civ., 2008, 657;

De Tilla, Prelazione e cessione del contratto, in Arch. loc. e cond., 2006, 533;

Cosentino - Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Torino, 1986, 475.

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