Le ampie maglie dell'omicidio preterintenzionale alla luce della Cassazione sulla finale Champions League 2017

Megi Trashaj
21 Luglio 2022

La pronuncia in commento ha ad oggetto i fatti, noti alla cronaca, che si sono verificati il tre giugno 2017 in piazza San Carlo a Torino dove era stato installato un maxi-schermo per la proiezione della partita di calcio, disputata nell'ambito della finale di Champions League, tra Juventus e Real Madrid.
Massima

L'elemento psicologico del reato di omicidio preterintenzionale è costituito dalla volontà, accertata anche a titolo di dolo eventuale, di infliggere percosse o provocare lesioni a persona che può essere anche diversa da quella deceduta non essendo necessario che la serie causale che ha provocato la morte sia sviluppo dell'evento lesivo posto in essere dall'agente.

Il caso

La pronuncia in commento ha ad oggetto i fatti, noti alla cronaca, che si sono verificati il tre giugno 2017 in piazza San Carlo a Torino dove era stato installato un maxi-schermo per la proiezione della partita di calcio, disputata nell'ambito della finale di Champions League, tra Juventus e Real Madrid.

Quella sera – in una piazza contornata da edifici, con blocchi ai varchi di uscita e “gremita all'inverosimile di persone” – la folla dava origine a reazioni scomposte durante le quali rimasero ferite diverse persone, non tutte identificate.

Agli imputati, ragazzi giovanissimi, vengono contestati, oltre a diversi reati contro il patrimonio (furti con strappo e rapina), i delitti di lesioni personali (art. 590 c.p.) e di omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.) considerata la morte di due donne in conseguenza delle ferite riportate nelle predette circostanze.

Nei giudizi di merito risulta accertato che per commettere i delitti contro il patrimonio – difficilmente realizzabili nello stato di quiete in cui versava la folla delusa dalla partita – gli imputati facevano uso dello spray urticante al peperoncino spruzzandolo verso il suolo così da provocarne un'ampia diffusione nell'area circostante, derivandone una “paura collettiva” che dava origine a “scomposte reazioni della folla” durante le quali venivano travolte le persone offese.

Nei precedenti gradi di giudizio gli imputati, ritenuti responsabili dei reati contestati, vengono condannati alla pena di giustizia nonché al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili. Gli stessi, formulando diversi motivi, propongono quindi ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte d'Assiste d'Appello di Torino.

Per quanto qui di interesse, i ricorrenti evidenziavano una non corretta applicazione, nella sentenza impugnata, delle regole in materia di omicidio preterintenzionale rilevato che:

  1. le ferite mortali riportate dalle donne travolte dalla fuga non sono state provocate dalla sostanza urticante e quindi dalla condotta dolosa degli imputati;
  2. l'azione offensiva degli agenti non era diretta verso le persone offese decedute ma verso terzi;
  3. gli imputati non avevano previsto la morte delle vittime “neanche a titolo di dolo eventuale”.
La questione

Diverse le questioni alle quali la Corte deve dare risposta. Può configurarsi una responsabilità per omicidio preterintenzionale qualora il reato meno grave (nel caso di specie quello di lesioni) sia commesso con dolo eventuale?

Il reato di cui all'art. 584 c.p. si configura anche quando la morte non sia causata dalla condotta lesiva (volontaria) del soggetto attivo ma da una situazione di rischio innescata dalla sua azione?

Inoltre, la vittima del reato doloso deve coincidere con quella dell'omicidio preterintenzionale?

È necessario,infine, accertare la prevedibilità dell'evento morte ai fini di configurazione del reato di cui all'art. 584 c.p.?

Le soluzioni giuridiche

La preterintenzione costituisce nel nostro ordinamento un “criterio autonomo di ascrizione di responsabilità” (G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2019, p. 692) diverso dal dolo, dalla colpa e, anche, dalla responsabilità oggettiva. In particolare, vi sarebbe delitto preterintenzionale, quando da un'azione volontaria del soggetto agente deriva un evento “più grave di quello voluto” (art. 43 c.p.) da quest'ultimo.

La ratio della previsione di una figura che per gravità della sanzione, si colloca a metà strada tra l'omicidio doloso e l'omicidio colposo è spiegata dalla Relazione ministeriale sul progetto definitivo del codice penale del 1930: “da un'attività obiettivamente e subiettivamene diretta a cagionare una lesione dell'integrità fisica della persona può […] derivare la morte, cioè un evento più grave di quello voluto” (Relazione ministeriale sul progetto definitivo, II, in Lav. Prep., vol V, parte II, 1930, p. 383) e di essa dovrebbe rispondere colui che ha posto in essere la condotta aggressiva dell'altrui incolumità.

Mentre la giurisprudenza maggioritaria esclude che i delitti preterintenzionali configurino ipotesi di responsabilità oggettiva (cfr., da ultimo, Cass. pen., sez. V, 27 aprile 2022, n. 16189) – incompatibili, secondo i noti insegnamenti della Corte Costituzionale, con il principio di colpevolezza (C. cost. 24 marzo 1988 n. 364) – diverse voci in dottrina hanno invece evidenziato l'inopportunità di mantenere un simile modello di disciplina considerato che esso rispetta solo formalmente la regola per cui il dolo, o quantomeno la colpa, devono coprire gli elementi “più significativi della fattispecie” incriminatrice.

L'art. 584 c.p. disciplina una delle poche fattispecie note al diritto penale di delitto “oltre l'intenzione” ovvero l'omicidio preterintenzionale che si verifica quando taluno, con atti diretti a commettere percosse (art. 581 c.p.) o lesioni (art. 582 c.p.), cagiona la morte di un uomo.

Nel caso di specie risultava accertato che gli imputati commettevano il reato di lesioni attraverso l'utilizzo di spray urticante al peperoncino che veniva disperso nell'ambiente ai danni degli spettatori. Sugli effetti lesivi dello spray si era già pronunciata la Corte di cassazione, in sede cautelare, evidenziando che i soggetti venuti a contatto con la sostanza utilizzata dagli imputati «hanno immediatamente avvertito bruciori in gola ed hanno cominciato a tossire, respirare con difficoltà e lacrimare», malesseri che portarono gli spettatori «a reagire in modo istintivo con la fuga per allontanarsi dal punto di diffusione della sostanza urticante» (Cass. pen., sez. V, 26 marzo 2019, n.13192). Per un caso in cui la Corte ha considerato lesivo, in quanto provocante “disagio” o “sofferenza fisica”, il gesto di ostruzione (attraverso guanti in lattice) delle vie respiratorie di una persona fragilissima si veda Cass. pen., sez. V, 21 luglio 2021 che ha richiamato l'interpretazione finalistica del concetto di malattia fatto proprio dalle Sezioni Unite cd. Giulini).

Dal punto di vista dell'elemento soggettivo, ai fini della configurabilità del delitto di omicidio preterintenzionale, l'azione del soggetto attivo non deve essere sorretta dal dolo di omicidio trovando in quel caso applicazione l'art. 575 c.p.

Dalla lettura dell'art. 584 c.p. risulta evidente, quindi, che per l'accertamento del reato sia quantomeno necessario verificare la previsione e volontà (cioè il dolo) dell'agente in riferimento al reato meno grave, nel caso di specie quello di lesioni.

In relazione ai fatti sottoposti a giudizio non è stato possibile ricostruire in capo agli imputati un dolo intenzionale o diretto per il reato di lesioni ma è stato accertato il cd. dolo eventuale (o indiretto) alla luce dei classici fattori elaborati dalla giurisprudenza per la difficile indagine volta a differenziare l'elemento soggettivo in analisi dalla colpa cosciente (o con previsione).

Su tale versante, la Corte, richiamando la celebre sentenza Thyssenkrupp (Cass. pen., sez. un. 18 settembre 2014, n. 38342, 426 ss.), ha fatto riferimento a elementi quali i. la personalità e le pregresse esperienze dell'agente (evidenziando che i giovani sottoposti a processo avevano già in precedenza sperimentato l'uso dello spray in luoghi chiusi); ii. il comportamento degli imputati successivo al fatto (che si sono allontanati dalla piazza “sghignazzando” per l'effetto ottenuto); iii. la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; iv. la durata dell'azione; v. la probabilità di verificazione dell'evento; vi. l'assenza di possibili conseguenze negative per l'autore della condotta nel caso di verificazione dell'evento; vii. il contesto in cui si è svolta l'azione; viii. il fatto che l'agente non si sarebbe trattenuto neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento (cd. formula di Frank).

Sulla configurabilità dell'omicidio preterintenzionale a fronte del reato di lesioni commesso con dolo eventuale, la giurisprudenza più risalente, partendo dall'inciso dell'art. 584 c.p. (che richiede la sussistenza di “atti diretti a” cagionare lesioni) evidenziava che l'evento meno grave dovesse essere commesso con una condotta sorretta da dolo diretto e non meramente eventuale (Cass. pen., sez. I, 5 luglio 1988, n. 4904).

Al contrario la giurisprudenza più recente, alla quale la sentenza in commento mostra di aderire, sottolinea che «il delitto di omicidio preterintenzionale ricorre anche quando gli atti diretti a commettere uno dei delitti previsti dagli articoli 581 e 582 del c.p., dai quali sia derivata, come conseguenza non voluta, la morte, siano stati posti in essere con dolo eventuale» (cfr. Cass. pen., sez. V, 23 aprile 2018, n.18048), inevitabile quindi un primo allargamento dell'ambito di applicazione dell'art. 584 c.p.

Ulteriore profilo di criticità della fattispecie oggetto del giudizio è quella relativa al fatto che la morte non è stata diretta conseguenza del reato di lesioni (commesso attraverso l'utilizzo dello spray urticante) ma della fuga di massa della folla presente nella piazza; nonostante ciò, le lesioni vengono poste dai giudici di merito alla base della condanna per omicidio preterintenzionale.

Sul punto Corte di cassazione evidenzia che ai fini dell'integrazione dell'omicidio preterintenzionale non è necessario «che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto dall'ente» essendo sufficiente «che l'autore dell'aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o ledere e che esista un rapporto di causa-effetto tra gli atti predetti e l'evento letale».

In definitiva, per l'accertamento della causalità in relazione all'evento non voluto, non è necessario che la morte (indesiderata) della vittima sia causata dalla condotta lesiva (volontaria) ma è sufficiente che il decesso derivi dalla “specifica situazione di pericolo” innescato dalla condotta intenzionale del reo diretta a percuotere o ledere altri.

Così, nel caso in esame, l'utilizzo dello spray ha mosso la folla, che a sua volta, durante la fuga, ha provocato ferite mortali alle vittime del reato di omicidio preterintenzionale.

Anche su questo fronte emerge un ulteriore allargamento dell'ambito di applicazione di una norma tanto discussa, ci si allontana infatti dal modello classico di omicidio preterintenzionale, dove la morte del soggetto passivo è diretta conseguenza delle lesioni, attribuendo rilievo penale anche a casi in cui la condotta di base generi una situazione di rischio dalla quale poi derivi la morte delle vittime.

Anche su questo fronte, però, si evidenzia che la Corte si pone perfettamente in linea con le ricostruzioni che impongono di accertare il nesso di causalità attraverso l'uso della formula della condicio sine qua non: eliminata mentalmente la condotta lesiva degli imputati non vi sarebbe stata la fuga, le vittime non sarebbero state travolte e, dunque, non sarebbero morte.

Altro profilo di interesse del caso sottoposto a giudizio è quello relativo al fatto che le vittime del reato addebitato agli imputati a titolo di dolo, coincidenti con coloro che subivano le lesioni provocate dallo spray urticante, sono diverse dalle vittime del reato di omicidio preterintenzionale.

Le ipotesi di offesa a persona differente da quella verso la quale l'azione era diretta sono disciplinate all'art. 82 c.p. (cd. aberratio ictus) che, «per i casi di errori nei mezzi di esecuzione del reato, o altra causa» prevede una responsabilità dell'agente il quale, nel caso dell'aberratio plurilesiva - ipotesi disciplinata dall'art. 82, comma 2, c.p. che si verifica quando c'è lesione della persona diversa, ma anche di quella verso la quale l'azione era diretta -, soggiace alla pena del reato più grave aumentata fino alla metà.

Nel caso si specie, però, il riferimento all'istituto dell'aberratio sarebbe, secondo la Corte, “inappropriato”: l'offesa recata alle vittime, infatti, «non discende da un errore nell'uso nei mezzi di esecuzione (errore del quale non c'è traccia nella condotta degli imputati) o da altra causa (individuata in sede cautelare nella reazione di panico, che, tuttavia, non è giuridicamente una causa, ma va inclusa nel novero degli effetti dell'azione dolosa degli imputati), ma dalla adesione volontaria all'evento da parte degli imputati come costo “accettato” dell'azione realizzata per conseguire il fine perseguito».

Nemmeno la dissociazione tra vittima che ha subito l'azione lesiva e quella che è deceduta rappresenta, quindi, un limite all'applicazione al delitto di omicidio preterintenzionale in quanto, secondo la Corte, l'aver diretto l'offesa verso i destinatari dell'azione predatoria (coloro che di fatto si trovavano vicino agli imputati quando facevano utilizzo dello spray) «non rendere indiretta l'aggressione sofferta dai soggetti estranei a quest'ultima».

Dal punto di vista psicologico, infine, nella sentenza in commento, si evidenzia che, ai fini del giudizio, non rileva la mancata previsione (o prevedibilità) della morte delle due donne travolte dalla folla in quanto «l'elemento psicologico del reato in questione (l'omicidio preterintenzionale) è costituito soltanto dalla volontà di infliggere percosse o provocare lesioni».

Osservazioni

La pronuncia in analisi si pone in linea con la giurisprudenza maggioritaria che, nel caso di condotte dirette a ledere o a percuotere, afferma vi sarebbe una prevedibilità (stabilita e presunta dal legislatore) dell'evento morte, secondo il modello del qui in re illicita versatur, tenetur etiam pro casu.

Seppure questa sia la ricostruzione assolutamente prevalente della giurisprudenza di legittimità, autorevoli voci in dottrina e qualche pronuncia (Cass. pen., sez. I, 8 giugno 2006, n. 19611) ritengono sia necessario rileggere l'art. 584 c.p. alla luce del principio di colpevolezza così come ricostruito dalla Corte costituzionale e dalle sezioni unite cd. Ronci (Cass. pen., sez. un., 29 maggio 2009, n. 22676) che si sono soffermate su una rilettura dell'art. 586 c.p.

Da ultimo in tal senso si è espressa la Corte d'Assise di Sassari (Corte d'assisie Sassari, 21 febbraio 2022): «possano essere riconosciuti gli estremi del reato di omicidio preterintenzionale solamente nel caso in cui, nel momento in cui sia stata posta in essere la condotta diretta a commettere i reati di cui all'art. 582 o 581 c.p., l'evento morte fosse in concreto prevedibile ed evitabile».

La giurisprudenza in materia di omicidio preterintenzionale, non solo applica la norma al di là del principio di colpevolezza ma, con le ricostruzioni analizzate – che ammettono il dolo eventuale in relazione al reato meno grave, ritengono che l'evento morte possa anche non derivare direttamente dalla condotta dell'agente, affermano non sia necessario che la vittima del reato di lesioni coincida con la persona offesa dell'omicidio preterintenzionale – amplia l'ambito di applicabilità della fattispecie di cui all'art. 584 c.p. accentuando ancor di più le tensioni tra questa fattispecie e i principi cardine della Carta costituzionale.

Riferimenti
  • Basile, L'omicidio preterintenzionale, in G. Marinucci - E. Dolcini (diretto da), Trattato di diritto penale. Parte speciale, Volume terzo, Tomo III, Giuffrè, 2015;
  • D'andria, Dei delitti contro la persona, in G. Lattanzi – E. Lupo (diretto da), Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, volume V, libro II, Giuffrè, 2005
  • Donini, Illecito e colpevolezza nell'imputazione del reato, Giuffrè, 1991.

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