Quando sussiste il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione?

Redazione Scientifica
25 Luglio 2022

«Il diritto alla riparazione ai sensi dell'art. 314 c.p.p. sussiste anche ove l'ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna [...]».

In seguito al rigetto della domanda di riparazione per ingiusta detenzione, un imputato ricorre in Cassazione sostenendo l'errore da parte della Corte territoriale, la quale avrebbe evidenziato come non spetti il diritto alla riparazione richiesta, nei casi di mancata corrispondenza tra pena inflitta e pena eseguita, «qualora tale differenza sia giustificata da vicende successive alla condanna, connesse all'esecuzione della pena».

La doglianza è fondata. Il Collegio, con la sentenza n. 18542/2014, ha dato rilievo al periodo di detenzione eccedente quello risultante dall'applicazione della liberazione anticipata in un caso in cui l'ordine di esecuzione non era stato aggiornato al nuovo fine pena. Quindi, il criterio interpretativo prevalente impone di riconoscere il diritto alla riparazione ai sensi dell'art. 314 c.p.p. «anche ove l'ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all'esecuzione della pena, purché non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo dell'interessato che sia stato concausa di errori o ritardi nell'emissione del nuovo ordine di esecuzione recante la corretta data del termine di espiazione della pena» (Cass. pen., n. 17118/2021, Cass. pen., n. 57203/2017). La Corte di legittimità ha però precisato che la detenzione sine titulo legittimante il diritto alla riparazione sussiste «solo qualora si verifichi violazione di legge da parte dell'autorità procedente» (Cass. pen., n. 25092/2021).

Per tutti questi motivi ne consegue l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Roma che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: «il diritto alla riparazione ai sensi dell'art. 314 c.p.p. sussiste anche ove l'ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all'esecuzione della pena, purché non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo dell'interessato che sia stato concausa dell'errore o del ritardo nell'emissione del nuovo ordine di esecuzione recante la corretta data del termine di espiazione della pena».

*Fonte: DirittoeGiustizia

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