Trasferimento lecito di un minore in uno Stato terzo: Reg. Bruxelles II-bis e Convenzione dell'Aia del 1996 a confronto

Paolo Bruno
26 Luglio 2022

La questione di diritto affrontata dalla Corte attiene alla competenza di uno stato membro a decidere in tema di responsabilità genitoriale quando la residenza del minore, durante il procedimento, sia stata trasferita in uno Stato Terzo.
Massima

L'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2201/2003 in combinato disposto con l'articolo 61, lettera a), di tale regolamento, deve essere interpretato nel senso che un giudice di uno Stato membro, investito di una controversia in materia di responsabilità genitoriale, non conserva la competenza a statuire su tale controversia ai sensi di detto articolo 8, paragrafo 1, quando la residenza abituale del minore di cui trattasi è stata lecitamente trasferita, nel corso del procedimento, nel territorio di uno Stato terzo che è parte della convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, conclusa all'Aia il 19 ottobre 1996.

Il caso

Nell'ottobre 2019 il minore M – che è nato nel 2011 in Svezia ed ivi ha sempre risieduto – viene trasferito dalla madre nella Federazione Russa, dove inizia a frequentare un collegio.

A seguito della richiesta, presentata dal padre al giudice svedese, di affidamento esclusivo e collocamento nello Stato di precedente residenza abituale, e nonostante la madre avesse eccepito la loro incomptenza, in primo e secondo grado i giudici confermano la loro giurisdizione sulla base dell'art.8 del Reg. (CE) n.2201/2003 (Bruxelles II-bis). Tuttavia, su ricorso della madre che sostiene l'inapplicabilità di tale norma nel caso di lecito trasferimento del minore in uno Stato terzo che sia anche parte della Convenzione dell'Aia del 1996, la Corte Suprema svedese si interroga sui rapporti tra il regolamento europeo e la Convenzione di cui la Federazione Russa è parte contraente.

La questione

La questione di diritto affrontata dalla Corte attiene all'ambito di applicazione dell'art.8 del Reg. Bruxelles II-bis, tenuto conto dell'art.61, lett. a), del medesimo regolamento. In particolare: se l'art.8 si applichi in caso di trasferimento della residenza abituale del minore in uno Stato terzo che è parte della convenzione dell'Aia del 1996; quale sia il momento da prendere in considerazione per stabilire il luogo della residenza abituale del minore, e se la portata dell'art. 61 sia limitata ai rapporti tra gli Stati membri o se esso abbia un ambito di applicazione più ampio.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Giustizia rileva, innanzitutto, che l'articolo 8, paragrafo 1, del Reg. Bruxelles II-bis costituisce espressione del principio della perpetuatio iurisdictionis, secondo il quale tale autorità giurisdizionale non perde la propria competenza anche qualora nel corso del procedimento intervenga un trasferimento del luogo della residenza abituale del minore in questione; inoltre, in difetto di dati testuali o sistematici, non può affermarsi che l'ambito di applicazione di tale norma sia limitato ai rapporti tra Stati membri. Per tali ragioni, essa opera anche laddove nel corso di un procedimento sulla responsabilità genitoriale il minore abbia trasferito la propria residenza abituale in uno Stato terzo.

Tuttavia i giudici si pongono il problema del rapporto tra tale principio e quello espresso dall'art.61 del medesimo regolamento, ove si afferma la prevalenza di quest'ultimo rispetto alla Convenzione dell'Aia del 1996 se il minore ha la residenza abituale in uno Stato membro; per fare ciò, tuttavia, devono prima chiarire quale sia il momento in cui detta residenza debba essere accertata.

Ciò posto, ed osservato che per determinare la residenza abituale del minore il citato art.8 ha espresso riguardo al momento in cui le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono adite, mentre manca un analogo riferimento nell'art.61, essi concludono nel senso che il tenore letterale di tale disposizione consente di ritenere che la residenza abituale del minore sia – in tali casi – la sua residenza alla data in cui l'autorità giurisdizionale competente statuisce.

Ad avviso della Corte, pertanto, dal combinato disposto delle lettere a) e b) dell'articolo 61 del regolamento Bruxelles II-bis risulta che l'articolo 8, paragrafo 1, di quest'ultimo cessa di essere applicabile se la residenza abituale del minore è stata trasferita nel territorio di uno Stato terzo parte della Convenzione dell'Aia del 1996 prima che l'autorità giurisdizionale competente di uno Stato membro, investita della controversia in materia di responsabilità genitoriale, abbia statuito nel merito.

Tale conclusione, osservano i giudici di Lussemburgo, è peraltro coerente con le intenzioni del legislatore europeo di preservare l'applicabilità della Convenzione: se, infatti, l'autorità giurisdizionale di uno Stato membro dovesse conservare, in forza della regola della permanenza della giurisdizione prevista all'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, la sua competenza, nonostante il trasferimento lecito, nel corso del procedimento, della residenza abituale del minore nel territorio di uno Stato terzo parte della Convenzione dell'Aia del 1996, una siffatta proroga della competenza sarebbe contraria sia all'articolo 5, paragrafo 2, di tale Convenzione sia all'articolo 52, paragrafo 3, della stessa.

Osservazioni

La pronuncia in commento contribuisce a chiarire il rapporto tra il regolamento Bruxelles II-bis e la Convenzione dell'Aia del 1996, e i rispettivi ambiti temporali di applicazione, ogniqualvolta vi sia un trasferimento della residenza abituale del minore.

Ed invero, l'ipotesi più semplice è quella in cui detto trasferimento avvenga in corso di causa tra Stati membri: in tal caso, dal combinato disposto degli artt.8 e 9 del regolamento discende il principio per cui la competenza si determina in via generale con riguardo alla data in cui il giudice è adito, ed essa resta incardinata presso quest'ultimo (sebbene ai soli fini della modifica di una decisione sul diritto di visita) fino a tre mesi dopo il trasferimento se il titolare della responsabilità genitoriale ancora risieda nello Stato da cui il minore si è allontanato.

Detto criterio generale di competenza, come la Corte ha già avuto modo di chiarire nella sentenza UD contro XB, nella sua formulazione testuale non implica che l'applicazione della regola generale di competenza in materia di responsabilità genitoriale da essa enunciata sia subordinata al fatto che la vicenda oggetto di causa si sia dipanata tra Stati membri. Al contrario – e diversamente da altre disposizioni del Reg. n. 2201/2003 relative alla competenza, come gli articoli 9, 10 e 15, la cui formulazione implica necessariamente che la loro applicazione dipende da un potenziale conflitto di competenza tra giudici di più Stati membri – dal tenore letterale dell'articolo 8, paragrafo 1, di detto regolamento non discende che tale disposizione sia applicabile unicamente a liti relative a siffatti conflitti di competenza tra Stati membri.

Appurato, dunque, che l'art.8 si applica anche al trasferimento del minore da uno Stato membro ad uno Stato terzo, la Corte si è interrogata sulla prevalenza o meno della Convenzione dell'Aia del 1996 laddove lo Stato terzo in questione sia anche parte di tale accordo internazionale.

Il punto è, invero, che il criterio di competenza dettato dalla Convenzione opera diversamente dal regolamento: ai sensi dell'art.5 della Convenzione sono competenti i giudici dello Stato in cui il minore ha la residenza abituale al momento della decisione, ed in caso di trasferimento della stessa in corso di causa divengono competenti le autorità dello Stato di nuova residenza.

Da un lato, dunque, l'accertamento della competenza giurisdizionale va fatto con riguardo alla data della domanda (Reg. Bruxelles II-bis) dall'altro va fatto al momento della decisione (Convenzione dell'Aia del 1886); nel primo caso, inoltre, vi è una finestra temporale entro cui la competenza rimane ferma anche in caso di trasferimento, nel secondo essa cambia automaticamente al cambiare della residenza abituale.

Orbene, la Corte di Giustizia viene interpellata per chiarire se il trasferimento in corso di causa influisca sulla competenza del giudice di uno Stato membro, atteso che il Reg. Bruxelles II-bis contiene una norma (l'art.61) pensata appositamente per regolare i conflitti tra lo strumento di cooperazione regionale e la Convenzione internazionale. Detto articolo, alla lett.a), fa prevalere il regolamento “se il minore in questione ha la sua residenza abituale nel territorio di uno Stato membro” senza tuttavia affermare espressamente in quale momento debba essere accertata tale residenza.

Per dirimere definitivamente il contrasto di cui da atto il giudice rimettente, la Corte si rifà anche alla relazione esplicativa di P. Lagarde, dalla quale si evince che durante i negoziati che portarono alla conclusione della Convenzione dell'Aia del 1996 si era trovato un giusto compromesso tra gli Stati membri dell'UE (i quali avrebbero voluto conservare la possibilità di stipulare accordi tra di loro, come poi effettivamente avvenne con il Reg. Bruxelles II-bis) e gli Stati non membri dell'UE, i quali invece temevano che tale facoltà avrebbe indebolito la Convenzione nei rapporti tra i primi ed i secondi.

La soluzione fu poi effettivamente trovata nell'art.61 che – correttamente interpretato nel senso di cui sopra – consente agli Stati parte della Convenzione (ma non membri dell'UE) di esercitare la competenza giurisdizionale ed impedisce che si verifichi sempre la perpetuatio iurisdictionis a favore degli Stati membri, così salvaguardando il contenuto dell'art.52, par.3, della Convenzione a mente del quale gli accordi conclusi da uno o più Stati contraenti su materie regolamentate dalla stessa “non interferiscono con l'applicazione delle disposizioni della [stessa] nell'ambito dei rapporti di tali Stati con gli altri Stati contraenti”.

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