Il coniuge può scegliere il luogo di sepoltura del consorte solo in assenza di una volontà espressa

22 Luglio 2022

Il principio per cui la scelta del luogo di sepoltura del coniuge spetta prima di tutto al consorte sopravvissuto è valido solo nel caso in cui da parte di questo non sia stata espressa alcuna volontà, dimostrabile in qualsiasi modo e anche per via testimoniale.

Questo è il principio indicato dalla Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 2218/2022, emessa nella camera di consiglio del 1° luglio 2022 e depositata il successivo 13 luglio. L'ordinanza chiarisce l'ambito di applicabilità del principio generale indicato dalla sentenza della Suprema Corte n. 12143/2006, che prevede, in linea generale, il diritto del coniuge di scegliere il luogo di sepoltura del consorte defunto.

Il caso. La questione sottoposta alla Suprema Corte riguardava una questione piuttosto peculiare, ed esattamente la domanda del coniuge, presentata presso il Tribunale competente, di spostamento del luogo di sepoltura della moglie, sorella della convenuta, dal luogo di origine della defunta al luogo di residenza della coppia. La domanda veniva rigettata in primo grado e analoga sorte subiva l'appello presentato presso la Corte d'Appello di Cagliari.

La Corte d'Appello rilevava che, in ordine alla volontà manifestata dalla defunta circa il suo luogo di sepoltura, fossero più attendibili le dichiarazioni dei testi di parte convenuta perché più specifiche e coerenti ma soprattutto perché rese da persone più vicine alla defunta nel suo ultimo periodo di vita e che non fosse accoglibile l'istanza dell'appellante di integrazione istruttoria, in particolare della richiesta di audizione di un teste non sentito in primo grado, poiché detta richiesta non era stata reiterata in sede di precisazione delle conclusioni.

Contro detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi, il coniuge della de cuius, nei confronti della sorella convenuta in primo grado e appellata in secondo, la quale non svolgeva difese. Il ricorrente provvedeva anche a depositare memoria.

La volontà in ordine al luogo di sepoltura, in assenza di disposizione testamentaria, può essere dimostrata in qualsiasi modo, anche con prova testimoniale, venendo meno quindi il diritto del coniuge in relazione alla sua scelta.

La Suprema Corte, chiamata ad esprimersi sulla questione, ha esaminato tutti i motivi di ricorso, rigettando o dichiarando inammissibili i vari motivi.

In particolare, per ciò che più qui interessa, la Suprema Corte ha ricordato che se è vero che esistono importanti precedenti giurisprudenziali, ai quali ha fatto riferimento il ricorso, che prevedono il diritto del coniuge, prima degli altri congiunti, di scegliere il luogo di sepoltura del consorte in mancanza di volontà testamentaria o espressa in altro modo, è anche vero che nel caso in esame questo principio non è applicabile.

Infatti, secondo l'ordinanza in commento, la Corte d'Appello ha ben statuito prendendo in considerazione la volontà espressa dal coniuge superstite in ordine al luogo di sepoltura, ma ritenendo non applicabile detta volontà in virtù del fatto che il desiderio della defunta fosse stato ben espresso.

Infatti, secondo la Suprema Corte, è stata corretta la valutazione effettuata dalla Corte d'Appello relativamente alle testimonianze delle persone che erano state più vicine alla defunta durante il suo ultimo anno di vita, vissuto presso l'abitazione della sorella e che avevano avuto modo di ascoltare la volontà della stessa. La Corte d'Appello, secondo la Corte di Cassazione, ha ritenuto dimostrata la volontà specifica espressa dalla defunta grazie alle testimonianze, ritenute più attendibili di quelle di parte attrice, e quindi ha ben operato, dato che solo nel caso in cui da parte del defunto non risulti essere stata espressa in qualunque modo, alcuna volontà la decisione spetta ai congiunti più prossimi e in particolare per primo al coniuge.

Dato che però le testimonianze sono state ritenute attendibili e dimostrative della volontà della defunta, si tratta di motivazione del tutto congrua e corretta, insindacabile, non sussistendo la violazione di legge per la corretta osservanza da parte della Corte d'Appello dei principi di diritto posti dalla Suprema Corte, che ha quindi rigettato il ricorso.

Fonte: dirittoegiustizia.it

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.