Prime riflessioni sulla riforma dell'espropriazione presso terzi

03 Agosto 2022

Il focus approfondisce le novità introdotte dalla l. 206/2021 in materia di espropriazione presso terzi. Trattasi dei nuovi artt. 26-bis c.p.c. e 543 c.p.c., disposizioni di immediata applicazione entrate in vigore il 22 giugno 2022.
Premessa

Il processo esecutivo, oggetto di plurime riforme nel corso degli ultimi anni, è stato nuovamente modificato di recente in virtù della l. 206/2021. Con la richiamata legge, il legislatore, da un lato, ha delegato il Governo per l'adozione di uno o più decreti legislativi che avranno ad oggetto sia alcune disposizioni generali (si pensi al venir meno della formula esecutiva) che, soprattutto, l'espropriazione forzata immobiliare; dall'altro ha introdotto alcune disposizioni di immediata applicazione (art. 1, comma 29 e 32) e che sono entrate in vigore il 22 giugno 2022, stante quanto previsto al comma 37 dell'art. 1 della l. 206/2021, secondo cui le stesse “si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge”. Trattasi, per quanto qui di interesse, dei nuovi artt. 26-bis c.p.c. e 543 c.p.c., relativi entrambi all'espropriazione presso terzi. Nonostante la dubbia formulazione della disposizione, quanto ai procedimenti cui si applica la nuova normativa, è da ritenere preferibile, ad avviso di chi scrive, l'opzione interpretativa secondo cui le nuove norme debbano applicarsi alle procedure esecutive avviate con pignoramenti notificati a partire dal 22 giugno 2022 (essendo irrilevante, invece, la successiva data di iscrizione a ruolo del procedimento).

Competenza territoriale ed espropriazione nei confronti della Pubblica Amministrazione: il nuovo art. 26-bis c.p.c.

Il legislatore della riforma, come anticipato, ha apportato una significativa modifica all'art. 26-bis c.p.c., introdotto con il d.l. 132/2014, convertito nella l. 162/2014, modificando il solo primo comma relativo alle espropriazioni nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni. Recita, infatti, il nuovo testo: “Quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 413, quinto comma, per l'espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”. Risulta, pertanto, soppresso il riferimento alla residenza, domicilio, dimora e sede del terzo pignorato (che già non pochi problemi interpretativi aveva suscitato all'epoca della sua introduzione, poi parzialmente risolti dalla giurisprudenza della Suprema Corte), apparendo evidente l'intento del legislatore di concentrare le procedure esecutive nei confronti della Pubblica Amministrazione innanzi agli uffici capoluogo di ciascun distretto. Sinteticamente va ricordato che già nel 2014 aveva destato non poche perplessità il riferimento, inserito nell'art. 26 bis, alle “pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 413, quinto comma, norma che, a ben vedere, non contiene alcun utile elemento per l'individuazione dell'ambito soggettivo della disposizione. La giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Cass. civ., n. 8172/2018) è intervenuta a fare chiarezza, affermando che la norma a cui fare riferimento, per l'individuazione delle “pubbliche amministrazioni” cui si applica l'art. 26-bis c.p.c., non può che essere l'art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001. Non vi è ragione di ritenere che, a seguito della riforma, ci si debba discostare da quanto affermato dalla giurisprudenza precedente, se sol si consideri che l'incipit del comma 1 non è stato in alcun modo modificato dalla L. 206/2021. Tuttavia, avendo il legislatore introdotto il riferimento al “giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato” si potrebbe legittimamente dubitare in ordine alla portata del nuovo criterio di competenza territoriale, giustificato dalla esigenza di “accentramento” del servizio di tesoreria dello Stato per ragioni di controllo della spesa pubblica. Il nuovo criterio di competenza territoriale riguarda tutte le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del d. lgs. 165/2001 o solo le amministrazioni statali, patrocinate dall'Avvocatura dello Stato, come si potrebbe pensare ad una prima lettura della norma? Va da subito osservato che i primi commentatori della riforma hanno tentato una interpretazione restrittiva della nuova disposizione, tenuto conto sia delle ragioni che hanno portato alla sua introduzione sia di una serie di problematiche concrete che discenderebbero dalla sua interpretazione letterale. Sotto il primo profilo, si evidenzia infatti che proprio la richiamata esigenza di concentrazione delle funzioni di “tesoreria statale” non sarebbe invocabile ove il terzo non coincida il soggetto addetto al servizio di tesoreria di Stato (essenzialmente la Banca d'Italia). Quanto al secondo profilo, risulta evidente che alcun vantaggio o alcuna tutela sembra emergere per le Pubbliche Amministrazioni non patrocinate dall'Avvocatura dello Stato a seguito dell'introduzione del nuovo criterio di competenza incentrato, da un lato, sulla residenza del creditore e dell'altro sull'individuazione del tribunale distrettuale; si pensi, in particolare, ai Comuni (nei cui confronti il numero delle esecuzione è di certo rilevante), la cui difesa è svolta dall'Avvocatura Comunale. Di fatto l'espropriazione nei confronti di un Comune potrebbe essere astrattamente incoata presso qualsiasi tribunale capoluogo di distretto di corte d'appello, in virtù del criterio incentrato sulla residenza/domicilio/sede/dimora del creditore con conseguente necessità di spostamento dei legali dei Comuni in qualsiasi parte d'Italia, con tutto ciò che ne consegue in termini di effettività della difesa e di costi della stessa.

L'interpretazione restrittiva proposta, che certamente risponde alla logica di limitare la portata della norma ai soli casi in cui il nuovo criterio di competenza abbia una reale ragione d'essere, si scontra tuttavia con il chiaro dettato normativo e avvalora, di fatto, non solo una sorta di interpretazione “abrogativa” ma anche la creazione di un vero e proprio vuoto normativo.

Volendo, infatti, immaginare di accogliere l'interpretazione restrittiva che limita la portata del nuovo criterio di competenza territoriale alle sole ipotesi in cui la Pubblica Amministrazione debitrice sia patrocinata dall'Avvocatura dello Stato, non ci si può non domandare quale sia il criterio di competenza territoriale per le espropriazioni presso terzi che vedano quali debitrici tutte le altre Pubbliche Amministrazioni. E ciò considerata la struttura della norma in commento che al primo comma delinea il criterio di competenza allorché il debitore sia una Pubblica Amministrazione mentre nel secondo comma individua il criterio di competenza per tutti i casi in cui il debitore non sia “una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 413, quinto comma”. Non sembra, insomma, come peraltro già evidenziato da alcuni autorevoli Autori, che residui lo spazio per l'individuazione di un ulteriore e diverso criterio di radicamento della competenza laddove le amministrazioni in questione non siano difese ex lege dall'Avvocatura erariale. Ad avviso di chi scrive, a fronte di un chiaro tenore normativo, non può che prendersi atto della volontà del legislatore che – di certo - creerà un aumento considerevole dei carichi di ruolo presso i Tribunali distrettuali, senza alcun evidente vantaggio per la Pubblica Amministrazione debitrice. Non resta, dunque, che attendere le prime pronunce della Suprema Corte in materia di regolamento di competenza al fine di fare chiarezza su un tema, già complesso, quale quello della espropriazione presso terzi nei confronti della Pubblica Amministrazione.

La riforma dell'art. 543 c.p.c.: i nuovi adempimenti a carico del creditore procedente

Com'è noto la l. 206/2021 ha introdotto due nuovi commi nell'art. 543 c.p.c. prevedendo, in sostanza, che il creditore debba provvedere, entro la data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento, alla notifica al debitore e al terzo dell'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura. La prova dell'avvenuto adempimento dell'onere dovrà essere fornita, entro la medesima data, tramite il deposito dell'avviso notificato nel fascicolo dell'esecuzione. Le conseguenze per il mancato adempimento delle prescritte formalità sono di non poco conto: la mancata notifica dell'avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell'esecuzione determinano, infatti, l'inefficacia del pignoramento. Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi, l'inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificato o depositato l'avviso. In ogni caso, ove la notifica dell'avviso di non sia effettuata, gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento.

Il legislatore ha, dunque, introdotte due diverse nuove ipotesi di inefficacia del pignoramento, una legata alla mancata notifica dell'avviso e l'altra alla mancata prova dell'adempimento (pur effettuato). Le due ipotesi in questione vanno ad aggiungersi a quella già esistente, delineata dallo stesso art. 543 c.p.c. e introdotta con la riforma del 2014. La citata norma prevede, infatti, che il creditore depositi la nota di iscrizione a ruolo e le copie del pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto nel termine di trenta giorni dalla consegna da parte dell'ufficiale giudiziario, a pena, come detto, di inefficacia del pignoramento medesimo.

Va subito evidenziato che la ratio della norma è quella di svincolare, in tempi rapidi, eventuali somme trattenute dai terzi pignorati ove il creditore non intenda coltivare l'esecuzione, iscrivendo a ruolo la procedura. Detta esigenza emerge chiaramente nella Relazione illustrativa della modifica normativa che ha evidenziato la necessità di “prevedere che anche dell'avvenuta iscrizione a ruolo – e, dunque, della permanenza del vincolo di pignoramento – sia reso edotto il terzo pignorato, stabilendo altresì che l'inottemperanza all'obbligo di avviso del terzo comporti il venir meno degli obblighi ex art. 546 c.p.c. in capo a quest'ultimo a far data dall'udienza indicata nell'atto di pignoramento”. Già nel 2014, invero, il legislatore aveva previsto un onere in capo al creditore proprio per la medesima finalità; l'art. 164-ter disp. att. c.p.c. impone, infatti, al creditore di dichiarare al debitore ed al terzo l'eventuale omessa iscrizione con un atto da notificarsi nel termine di cinque giorni. Tuttavia, in mancanza di una sanzione per la mancata comunicazione l'art. 164 ter disp. att. c.p.c. non ha raggiunto lo scopo per il quale era stato introdotto. Ed ecco, dunque, che il legislatore interviene, di fatto a completamento di quanto previsto dalla disposizione richiamata, introducendo questa volta la sanzione dell'inefficacia. Proprio la natura della sanzione porta a ritenere che il termine individuato nell'art. 543 c.p.c. come novellato, sia di natura perentoria, per cui il creditore dovrà essere particolarmente accorto nell'indicazione della data di citazione in seno al pignoramento presso terzi, che dovrà essere individuata tenendo conto del tempo necessario ad effettuare le nuove notifiche richieste. Quanto a queste ultime, non contenendo l'art. 543 c.p.c. alcuna deroga all'art. 492 c.p.c. (“Il pignoramento deve altresì contenere l'invito rivolto al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione con l'avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice") deve ritenersi che la notifica al debitore esecutato che non abbia eletto domicilio possa essere effettuata presso la Cancelleria del Giudice dell'esecuzione. Non possono esservi dubbi circa la possibilità di effettuare le notifiche sia al debitore che ai terzi anche ai sensi della l. 53/1994 ove gli indirizzi PEC siano presenti nei pubblici elenchi così come disposto dall'art. 3 bis della citata normativa. In questo caso la prova dell'avvenuto adempimento dovrà essere fornita tramite deposito delle ricevute di accettazione e consegna in formato .eml o .msg. (e non invece con la mera scansione in PDF delle stesse, che non consente alcuna verifica al Giudice in particolare sul contenuto degli atti notificati). Ad avviso di chi scrive la notifica al debitore e al terzo deve essersi perfezionata alla data dell'udienza di citazione, per cui occorrerà tenere in debita considerazione la scissione temporale che si può verificare tra il momento in cui la notifica viene richiesta tramite consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario e la sua effettuazione da parte di questo soggetto nonché del fatto che, in alcune ipotesi (ad esempio, art. 140 c.p.c./143 c.p.c.) il perfezionamento della notifica avviene in un momento successivo all'effettuazione degli adempimenti. Si dà atto dell'esistenza di opinione difforme che valorizza, invece, il principio generale in materia di notificazione, incentrato sul diverso momento di perfezionamento per il richiedente e il destinatario. Secondo detta ultima tesi, dunque, entro la data di citazione, per il creditore potrebbe essere sufficiente aver richiesto la notifica, senza alcun rilievo del momento di perfezionamento per il destinatario. Quanto alla necessità del deposito dell'avviso notificato (chiaramente prevista dal nuovo testo dell'art. 543 c.p.c.) si osserva che i primi commentatori hanno cercato di “mitigare” la portata della norma, ritenendo che un eventuale ritardo nel deposito non possa essere sanzionato al pari della mancata notifica dell'avviso. Sebbene non pienamente conforme alla lettera della legge, detta interpretazione appare ispirata sia ad esigenze di congruità della sanzione che a ragioni di economia processuale (del resto, il creditore ben potrà immediatamente notificare altro pignoramento, dopo la dichiarazione di inefficacia). La sanzione appare, infatti, sproporzionata ove l'avviso sia ritualmente notificato ma il deposito avvenga in ritardo (purché, ad avviso di chi scrive, comunque in tempo utile per la prima udienza di comparizione anche se non coincidente con quella di citazione).

Altra questione che sembra porsi è quella della possibilità, da parte del Giudice dell'esecuzione, della concessione di un rinvio dell'udienza ove il creditore, senza sua colpa, non sia riuscito a dare prova del perfezionamento della notifica pur perfezionatasi, ad esempio in quanto non in possesso dell'avviso di ricevimento (notifica effettuata a mezzo del servizio postale). Ad avviso di chi scrive, purché il perfezionamento sia avvenuto entro la data di citazione, potrà essere concesso un differimento al creditore per fornire la prova dell'adempimento, per esempio al fine di consentire l'acquisizione e la produzione di un duplicato dell'avviso che dia atto delle data in cui l'atto è stato consegnato.

Il provvedimento di inefficacia

Il provvedimento con il quale verrà dichiarata l'inefficacia del provvedimento ha, ad avviso di scrive, natura di ordinanza reclamabile ex art. 630 c.p.c., trattandosi di un provvedimento con il quale il Giudice constata l'inerzia del creditore rispetto ad un adempimento da effettuarsi in un termine perentorio ed integrando, dunque, una ipotesi di estinzione tipica. L'estinzione può essere rilevata d'ufficio e il debitore può eccepirla anche senza necessità di una formale opposizione, potendo ben limitarsi a sollecitare, tramite il deposito di un'istanza, i poteri officiosi del Giudice. La prospettazione fornita non è tuttavia pacifica, avendo alcuni Autori suggerito l'inquadramento della fattispecie come “estinzione atipica” o chiusura anticipata con conseguente opponibilità dell'ordinanza ai sensi dell'art. 617 c.p.c. poiché gli adempimenti di cui all'art. 543 c.p.c. non potrebbero configurarsi come atti di impulso, necessari per la prosecuzione del processo esecutivo. Detta opinione non appare convincente, ove si consideri che la sanzione dell'inefficacia risulta espressamente disciplinata dall'art. 543 c.p.c. per cui appare arduo inquadrarla fra le ipotesi di “estinzione atipica”. A ciò si aggiunga che, con riferimento alla fattispecie di inefficacia già esistente (derivante dalla mancata tempestiva iscrizione a ruolo) la scarna giurisprudenza di merito edita (cfr. App. Milano, 13 gennaio 2017) sul punto è nel senso della reclamabilità ex art. 630 c.p.c. del provvedimento emesso dal Giudice dell'esecuzione.

In conclusione

Stante la recentissima introduzione delle norme in commento non si dispone di una casistica che possa dare atto di come le due disposizioni vengano interpretate nei vari Tribunali, potendosi solo – allo stato- fornire degli spunti di riflessione sulle questioni più critiche. Ad avviso di chi scrive, stante la prospettata possibilità della notificazione dell'avviso in Cancelleria per ciò che concerne il debitore, l'impatto concreto dell'entrata in vigore dell'art. 543 c.p.c., come novellato, potrebbe essere meno problematico del previsto, e ciò ove si consideri anche che lo strumento della notifica via pec, estremamente celere, potrà essere utilizzato nella maggior parte dei casi, essendo molto spesso i terzi pignorati istituti di credito, società (si pensi al pignoramento della retribuzione), enti previdenziali (si pensi al pignoramento dell'emolumento pensionistico), enti pubblici. Più perplessità desta il nuovo art. 26-bis c.p.c. il quale, come accennato, avrà un impatto pratico che potrebbe comportare un congestionamento dei Tribunali distrettuali, considerata anche la complessità oggettiva delle esecuzioni contro le Pubbliche Amministrazioni.

Riferimenti

In dottrina sul tema:

  • V. Colandrea - E. Mercurio “Le novità della legge n. 206 del 2021 in tema di espropriazione forzata presso terzi” in www.judicium.it.;
  • A. Auletta, Note a prima lettura sulle nuove regole di competenza nell'espropriazione presso terzi”, in www.giustiziacivile.com;
  • A. Saletti “Novità nella fase introduttiva del pignoramento presso terzi”, in www.judicium.it.

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