Danno da perdita del rapporto parentale: ha natura contrattuale o extracontrattuale?

20 Ottobre 2022

La questione riguarda la natura della domanda risarcitoria azionata iure proprio dai congiunti della vittima di malpractice nei confronti della struttura sanitaria e, in particolare, se debba essere qualificata come responsabilità contrattuale o extracontrattuale, con tutte le conseguenze derivanti, in particolare, in merito all'individuazione del termine prescrizionale.
Massima

La richiesta di risarcimento danni iure proprio dei prossimi congiunti della vittima primaria nei confronti della struttura sanitaria prescinde da un rapporto contrattuale diretto ed è, pertanto, qualificabile come extracontrattuale: da un lato, infatti, il rapporto contrattuale intercorre unicamente col paziente e, dall'altro, i parenti non rientrano nella categoria dei «terzi protetti dal contratto».

La natura extracontrattuale della domanda assoggetta la medesima al termine di prescrizione quinquennale che decorre dal momento in cui può considerarsi «riconoscibile» in capo agli eredi/familiari il verificarsi della condotta negligente posta in essere dal sanitario.

Il caso

Gli attori, figli di una persona deceduta a seguito di lamentata malpractice, convenivano in giudizio la struttura sanitaria, ove la propria congiunta era inizialmente ricoverata, onde sentirla condannare al risarcimento per una serie di poste di danno tra le quali, per quanto qui di rilievo, la perdita del rapporto parentale. In particolare, gli attori deducevano l'errata valutazione clinica di remissione parziale all'esito della radioterapia alla quale la paziente, sino al dicembre 2007, era stata sottoposta a seguito della diagnosi di «idroureteronefrosi sinistra in carcinoma spinocellulare della cervice uterina».

I sanitari, inoltre, non avrebbero eseguito una biopsia pre o intra operatoria in occasione dell'intervento chirurgico di «laparotomia ombelico-pubica, exenteratio anteriore, linfadenoctomia pelvica bilaterale, leoureteroneostomia» del gennaio 2008. Infine, gli attori si dolevano della dimissione imprudente della congiunta quando ancora ella era dolorante a seguito dell'intervento altamente demolitivo subìto: i dolori addominali ingravescenti avrebbero fatto presagire un rapido deterioramento del quadro clinico, tanto che il decesso avvenne a soli 16 giorni dalle dimissioni.

Si costituiva in giudizio la struttura sanitaria negando la sussistenza di qualsivoglia responsabilità a proprio carico ed eccependo preliminarmente la prescrizione del diritto azionato iure proprio dagli attori per decorso del termine quinquennale, essendo i fatti occorsi nel gennaio 2008 e la prima lettera di contestazione pervenuta alla convenuta nell'aprile 2016.

Il Tribunale di Milano, con la decisione in commento, riteneva fondata l'eccezione di prescrizione sollevata dalla struttura sanitaria e, in consonanza con la giurisprudenza della Suprema Corte, qualificava come extracontrattuale l'azione esperita iure proprio dai figli della paziente con tutte le conseguenze da ciò derivanti, tra le quali la decorrenza del termine di cinque anni per il maturarsi della prescrizione. Siffatto termine inizia a decorrere dal momento in cui può considerarsi «riconoscibile» in capo agli eredi/familiari il verificarsi della condotta negligente posta in essere dal sanitario (nel caso di specie, sussistevano plurimi indizi perché fosse prospettabile anche ai congiunti, con l'uso della normale diligenza, una condotta potenzialmente colposa in capo alla struttura convenuta fin dai primi mesi successivi al decesso).

La questione

La domanda risarcitoria azionata iure proprio dai congiunti della vittima di malpractice nei confronti della struttura sanitaria va qualificata come contrattuale od extracontrattuale?

Qual è il relativo termine prescrizionale e quando si concretizza l'exordium praescriptionis?

Le soluzioni giuridiche

Con la pronuncia in esame, il Tribunale di Milano affronta, dunque, tre distinte questioni, ossia la qualificazione giuridica della domanda risarcitoria avanzata iure proprio dei prossimi congiunti della vittima di malpractice, il tema, ad essa correlato, afferente al termine di prescrizione dell'azione e, infine, la decorrenza iniziale dello stesso.

Sulla prime due problematiche evidenziate il Tribunale appare tranchant: con riguardo alla domanda fatta valere iure proprio – afferma la sentenza in commento – «la prescrizione è pacificamente quinquennale trattandosi di responsabilità che prescinde da un rapporto contrattuale diretto con la struttura sanitaria». La decisione richiama Cass. civ., sez. VI, 26 luglio 2021, n.21404, secondo la quale «la figura dei così detti “terzi protetti dal contratto” deve essere limitata, in ambito di responsabilità medica, ai casi di danni da nascita indesiderata. Al di fuori di queste ipotesi, l'azione per perdita o lesione del rapporto parentale è di natura solo aquiliana».

Un po' più articolata risulta, invece, la motivazione in ordine all'exordium praescriptionis. Qui il Tribunale meneghino parte da un principio, espresso da un indirizzo di legittimità alquanto consolidato, secondo il quale in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, – per responsabilità sia contrattuale che extracontrattuale, – il termine di prescrizione, ex art. 2935 c.c., inizia a decorrere non già dal momento in cui il fatto del terzo viene a ledere l'altrui diritto, bensì dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all'esterno divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile (ex plurimis, Cass. civ., sez. II, 07 aprile 2015, n.6921).

Va, pertanto, verificato attentamente – afferma il Tribunale – il «momento in cui può considerarsi riconoscibile in capo agli eredi/familiari il verificarsi della condotta negligente posta in essere dal sanitario».

Secondo la sentenza, la complessiva ricostruzione della vicenda offerta dagli attori nell'atto introduttivo e la richiesta di condanna al danno «catastrofale» danno contezza di come l'asserita malpractice fosse stata percepita con chiarezza non solo dalla paziente ma altresì dai figli in virtù dello stretto legame che (sempre sulla base delle allegazioni offerte nell'atto di citazione) avvinceva i congiunti.

Ciò – conclude coerentemente il Tribunale – permette di ritenere la sussistenza di un quadro indiziario piuttosto evidente in grado di far sospettare ai congiunti, «con l'uso della normale diligenza, una condotta potenzialmente colposa in capo alla struttura oggi convenuta fin dai primi mesi successivi al decesso». Nessun elemento oggettivo può, quindi, giustificare «l'attesa di tanti anni prima di procedere alla contestazione in ordine alla allegata responsabilità nei confronti della struttura convenuta».

Osservazioni

La pronuncia in esame, come sopra accennato, si colloca nel solco dell'interpretazione di legittimità, assolutamente costante, sia in tema di inquadramento giuridico del danno da perdita del rapporto parentale, sia quanto al conseguente profilo attinente al termine prescrizionale. Secondo l' insegnamento della Suprema Corte, infatti, il diritto che i congiunti vantano, autonomamente sebbene in via riflessa, ad essere risarciti dalla struttura sanitaria dei danni direttamente subiti a causa dell'esito infausto dell'operazione cui è stato sottoposto il danneggiato principale si inscrive nell'alveo della responsabilità extracontrattuale ed è, pertanto, soggetto alla prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2947 c.c. I medesimi congiunti, invero, non possono giovarsi del termine più lungo del quale gode la vittima primaria in virtù del diverso inquadramento (contrattuale) del rapporto tra la stessa ed il soggetto responsabile.

La sentenza in commento, ad abundantiam, nel richiamare Cass. civ., sez. VI, 26 luglio 2021, n.21404, ricorda, altresì, come nel nostro ordinamento l'emersione della linea interpretativa sugli effetti protettivi del contratto nei confronti dei terzi trovi limitazione ai c.d. wrongful birth damages, ove l'interesse di cui sono portatori i terzi – ossia il nascituro, il padre e i fratelli – risulta strettamente connesso a quello «regolato già sul piano della programmazione negoziale» (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. III, 08 luglio 2020, n.14258. Sull'argomento sia altresì consentito il richiamo a D. Modesti, Effetti protettivi del contratto di spedalità verso terzi: responsabilità da medmal estesa ai familiari oltre alle ipotesi di c.d. wrongful birth damages? in ridare.it, Giurisprudenza commentata del 15 marzo 2022, in cui si evidenzia come costituisca ormai ius receptum il principio secondo cui, nell'ambito della responsabilità medico-sanitaria, la figura del contratto con efficacia protettiva verso il terzo non abbia ragion d'essere al di fuori della summenzionata ipotesi, con la conseguenza che le pretese risarcitorie avanzate iure proprio dai prossimi congiunti del paziente rientrano nell'ambito di operatività dell'art. 2043 cod. civ., in ragione del mancato impatto diretto dell'obbligazione sanitaria sulla loro posizione).

Anche l'ultimo profilo, ossia quello relativo al dies a quo di decorrenza della prescrizione, viene risolto dal Tribunale sulla scia dei dicta della Suprema Corte in base ai quali la prescrizione comincia a decorrere da quando il diritto può essere fatto valere. Per poter esercitare il diritto al risarcimento del danno – sulla scorta dell'insegnamento di legittimità – è indispensabile che il titolare sia adeguatamente informato non solo dell'esistenza del danno, ma anche della sua ingiustizia, non potendo altrimenti riscontrarsi nel suo comportamento l'inerzia che è alla base della prescrizione. La norma va quindi interpretata nel senso che la prescrizione inizia a decorrere non dal momento in cui l'agente compie l'illecito o da quello in cui il fatto del terzo determina ontologicamente il danno all'altrui diritto, bensì dal momento in cui l'illecito ed il conseguente danno si manifestano all'esterno, divenendo oggettivamente percepibili e riconoscibili (così App. Napoli, sez. IX, 10 febbraio 2022, n.2384). E il Tribunale di Milano, nella decisione in commento, ha adeguatamente dato conto dei fatti dai quali i congiunti avrebbero potuto operare una tempestiva ricognizione, ancorché sommaria, degli elementi asseritamente concretizzanti l'illecito.

Per completezza espositiva, va ricordato che, a mente dell'art. 2947, terzo comma, c.c., «se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione civile». Le Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 02 ottobre 1998, n.9782) avevano spiegato che la ratio «dell'aggancio del termine prescrizionale dell'azione civile a quello eventualmente più lungo di prescrizione dell'azione penale (art. 2947, comma 3, c.c.) va individuata nell'esigenza di evitare che l'autore di un reato, dichiarato responsabile e condannato in sede penale, resti esente dall'obbligo di risarcimento verso la vittima - il cui diritto rimarrebbe vanificato - in conseguenza dell'avvenuta più breve prescrizione civile durante il tempo necessario per l'accertamento della responsabilità penale, o, comunque, di impedire che l'azione di risarcimento del danno si estingua quando è ancora possibile che l'autore del fatto sia perseguito penalmente».

Va, peraltro, evidenziato come la prescrizione prevista per il reato non si applichi tout court. Il giudice civile, infatti, deve previamente accertare, incidenter tantum e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto-reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, e la prescrizione stessa decorre dalla data del fatto (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2012, n.7543). Particolarmente esplicativa appare, al riguardo, una pronuncia di App. Trieste, 4 febbraio 2020, n.42,(inedita) secondo la quale l'accertamento incidentale di una fattispecie delittuosa deve avvenire nel rispetto del principio dispositivo delle parti, della regola di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato nonché del principio del contraddittorio: «l'accertamento incidentale di un fatto penalmente rilevante nell'ambito di un giudizio civile esige la formulazione di un'espressa domanda in tal senso dalla parte interessata e la specifica indicazione delle circostanze di fatto da cui evincere la condotta colposa della controparte, così da porla nella condizione di potersi difendere mediante l'allegazione di apposite controdeduzioni fattuali e giuridiche ovvero mediante l'introduzione di eventuali ulteriori e diverse circostanze tendenti, ad esempio, a escludere la sussistenza del reato in quanto integranti una causa di giustificazione, ovvero idonee a escludere l'elemento soggettivo del reato».

Nel caso di specie e per concludere, il lasso di tempo intercorso tra il momento in cui il diritto avrebbe potuto essere fatto valere e la prima richiesta risarcitoria era ben superiore a otto anni. A ben vedere, poiché il fatto si colloca successivamente alla legge Cirielli (l. n.251/2005), la prescrizione penale si sarebbe in ogni caso maturata, a tacere degli oneri correlati all'accertamentoincidenter tantum di cui supra.

Guida all'approfondimento
  • G. Sileci, Prescrizione del diritto al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale provocato da errore sanitario, in Ri.Da.Re., Quesiti Operativi, 11 luglio 2018.

  • D. Modesti, Effetti protettivi del contratto di spedalità verso terzi: responsabilità da medmal estesa ai familiari oltre alle ipotesi di c.d. wrongful birth damages? in Ri.Da.Re., Giurisprudenza commentata del 15 marzo 2022;

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