Personalizzazione del danno non patrimoniale da lesione alla salute: le indicazioni del Tribunale di Milano

02 Novembre 2022

La questione trattata dal Tribunale concerne la determinazione del quantum del danno non patrimoniale derivante da lesione alla salute e, più specificamente, le modalità della relativa personalizzazione.
Massima

Qualora la menomazione della salute incida su specifici aspetti dinamico-relazionali personali tempestivamente allegati, il giudice procederà all'aumento dell'importo tabellare, risultante dalla somma della componente biologica e di quella morale, tramite una personalizzazione che – all'interno delle aliquote previste (dall'art. 139 cod. ass., ove applicabile, ovvero) dalla Tabella milanese – deve avvenire in maniera unitaria, tenendo conto sia dell'aspetto dinamico-relazionale, sia della correlata maggior sofferenza soggettiva interiore.

Il caso

La vicenda riguarda un caso di sinistro stradale, ove la vittima – avendo subito il tamponamento da parte di un furgone rimasto sconosciuto, tale da provocare la collisione della sua auto con il mezzo che la precedeva - agisce per ottenere dal Fondo di Garanzia il risarcimento del danno riportato a seguito dell'incidente.

Per quanto concerne la lesione alla salute, la consulenza tecnica accerta che – a causa delle fratture multiple, compresa quella alla testa del femore – il danneggiato ha riportato: a) un'invalidità temporanea – di grado inizialmente assoluto e poi parziale - per una durata complessiva di 105 giorni, contraddistinta per la gran parte del periodo da una sofferenza soggettiva di grado medio-elevato; b) postumi permanenti quantificati in una percentuale del 22%, contraddistinti da un grado di sofferenza soggettiva stimato di livello 2 su 5, e tali da comportare un'usura nello svolgimento (da eseguirsi in posizione eretta) dell'attività lavorativa.

La questione

La questione centrale affrontata dal tribunale (oltre a quella relativa all'individuazione di un concorso di colpa in capo alla vittima, per aver essa violato le regole del codice della strada in materia di sorpasso e distanza di sicurezza dal veicolo che la precedeva) riguarda la determinazione del quantum del danno non patrimoniale discendente dalla lesione alla salute, con particolare riguardo alle modalità attraverso le quali procedere alla relativa personalizzazione.

Le soluzioni giuridiche

Ai fini della determinazione del risarcimento del danno conseguente alla lesione dell'integrità psico-fisica della vittima, il tribunale mette in evidenza alcuni punti essenziali.

Anzitutto, in accordo con quanto statuito dalla Cassazione nell'ordinanza-decalogo n. 7513 del 2018, il giudice sottolinea che il danno biologico consiste nell'ordinaria compromissione delle attività quotidiane: di conseguenza, bisogna riconoscere che tale danno non si limita a risultare comprensivo dei pregiudizi dinamico-relazionali, ma coincide bensì in tutto e per tutto con gli stessi.

Alla luce di tale considerazione, il tribunale afferma che una liquidazione di tale pregiudizio per un importo superiore alla misura corrispondente ai punti accertati in sede medico-legale appare praticabile esclusivamente “qualora si sia concretato non già in conseguenze comuni a tutti i soggetti che patiscano quel tipo di invalidità, ma in conseguenze peculiari del caso concreto che abbiano reso il pregiudizio patito dalla vittima diverso e maggiore rispetto ai casi consimili”.

Il tribunale evoca, poi, quei passaggi dell'ordinanza-decalogo ove viene posta in evidenza l'autonomia – rispetto al danno biologico – del pregiudizio che si sostanzia nella sofferenza interiore, il quale risulta pertanto suscettibile di separata valutazione e liquidazione. Si rammenta che, per rendere pienamente compatibile la tabella milanese con tali indicazioni dei giudici di legittimità, la stessa è stata rivisitata in maniera da evidenziare attraverso specifiche colonne la componente del “danno biologico/dinamico-relazionale” e quella del “danno da sofferenza soggettiva interiore”. Con riguardo all'importo indicato per quest'ultima voce, il tribunale sottolinea che esso corrisponde alla sofferenza soggettiva interiore media, di tal che il giudice sarà chiamato a valutare di volta in volta se esso appaia congruo in relazione alla fattispecie concreta.

Passando, quindi, alla liquidazione del pregiudizio patito dalla vittima nel caso di specie, il giudice:

  • per quanto concerne l'invalidità temporanea (atteso che i parametri applicati dal tribunale di Milano prevedono una somma di 72 euro a titolo di danno biologico relazionale e di 27 euro a titolo di danno da sofferenza soggettiva interiore, con la possibilità di personalizzare la liquidazione nella misura massima del 50%), rileva la necessità di personalizzare la componente morale sulla base delle considerazioni formulate dalla C.T.U. circa la ricorrenza di una sofferenza di grado medio-elevato.
  • per quanto riguarda l'invalidità permanente, non emergerebbe invece alcuna necessità di personalizzazione della sofferenza legata allo svolgimento delle attività ordinarie, essendo la stessa stimata dalla C.T.U. in un grado di 2 su 5, e quindi correttamente rispecchiata dall'importo previsto in tabella.

Il tribunale ritiene, altresì, necessario prendere in considerazione le circostanze peculiari emerse nella fattispecie concreta, ai fini della personalizzazione del danno biologico permanente. Si sottolinea che tale operazione è praticabile soltanto ove la parte danneggiata alleghi la ricorrenza di una circostanza personalizzante, fornendo altresì la relativa prova (e solo a quel punto il giudice disporrà una C.T.U. medico- legale volta ad accertare il nesso causale tra evento lesivo e pregiudizio peculiare lamentato).

Lungo questo profilo, il tribunale introduce importanti precisazioni, che vengono a distaccarsi dalle più recenti indicazioni fornite dalla Cassazione su due punti essenziali: i giudici di legittimità - con la sentenza n. 25164 del 2020 - hanno precisato che il giudice deve procedere ad un aumento contenuto nei limiti del 30%, e che l'importo al quale andrà applicato tale incremento è quello relativo alla sola componente biologica, in applicazione del disposto di cui all'art. 138 cod. ass.

Per quanto concerne il limite percentuale entro il quale deve essere contenuta tale personalizzazione, il tribunale milanese riconosce che lo stesso non può essere indentificato con quello stabilito dall'art. 138 cod. ass. La norma non risulta attualmente applicabile, ancorché in maniera parziale, alla luce di quanto disposto dall'art. 1, comma 18, della l. 124/2017, il quale stabilisce che la suddetta disposizione riguarderà esclusivamente i sinistri ed eventi verificatisi successivamente all'entrata in vigore delle tabelle dalla stessa norma previste. Posto l'impossibilità di utilizzare tale riferimento normativo, i limiti alla personalizzazione corrisponderanno (salvo i casi di applicazione dell'art. 139 cod. ass., in materia di micropermanenti) a quelli indicati dalla tabella milanese di liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione all'integrità psico-fisica.

Per quel che riguarda l'importo sul quale applicare la personalizzazione, il giudice milanese ritiene di disattendere l'indicazione della Cassazione secondo cui lo stesso va identificato – in ossequio a quanto stabilito dall'art. 138 cod. ass. - esclusivamente nella somma liquidata a titolo di danno dinamico-relazionale. Il tribunale osserva, infatti, come una conclusione del genere non tenga conto del fatto che la tabella di cui all'art. 138 cod. ass. dovrà essere costruita in modo da comprendere anche la componente morale del pregiudizio, attraverso un incremento percentuale del valore del punto di invalidità.

Ed è sull'importo complessivo di quest'ultimo che viene applicato l'incremento percentuale: al di fuori, quindi, da qualunque procedimento di depurazione volto a isolare la sola quota dinamico-relazionale. Il giudice milanese conclude che, in definitiva, “la prospettata autonomia ontologica tra le due componenti di danno non comporta una separata valutazione/liquidazione dell'aumento del valore monetario a titolo di personalizzazione”.

Se nel processo risulta provata la sussistenza di specifici aspetti dinamico relazionali personali – che, sottolinea il giudice, saranno di regola desumibili dalla considerevole quantità di tempo dedicato prima dell'evento lesivo all'attività in parola – si tratterà di procedere alla personalizzazione aumentando il danno complessivo risultante dal calcolo tabellare. Le conseguenze soggettive da prendere in considerazione, ai fini di tale personalizzazione, saranno sia di carattere dinamico relazionale che di carattere sofferenziale. Il tribunale osserva, infatti, che il giudice non sarebbe in grado di “discernere effettivamente e quantificare congruamente il danno per il ‘non poter più fare' da quello per la sofferenza che ne consegue”. In buona sostanza, la personalizzazione deve avvenire in maniera unitaria, “tenendo congiuntamente conto sia dell'aspetto dinamico-relazionale sia della correlata maggior sofferenza soggettiva interiore”.

Applicando tali indicazioni nel caso di specie, il tribunale prende in considerazione – ai fini della personalizzazione – la maggior usura lavorativa provocata dalla menomazione in capo alla vittima: la quale – esercitando le mansioni di carpentiere, da svolgersi perlopiù in posizione eretta – si trova nella condizione di dover affrontare con maggior fatica, in ragione della menomazione subita, la propria attività lavorativa. L'importo standard del risarcimento ricavabile dal calcolo tabellare (al quale, secondo quanto previsto dalla tabella milanese, può essere applicata una personalizzazione massima del 37%) è stato incrementato nella misura del 10%, al fine di tener conto di tale specifico profilo del pregiudizio.

Osservazioni

L'interrogativo che si pone - a fronte della netta presa di distanze, da parte del tribunale di Milano, dalla posizione assunta dalla Cassazione - riguarda l'efficacia vincolante dell'art. 138 cod. ass.: evocata dalla S.C. al fine di imporre precisi limiti percentuali alla personalizzazione del danno e di stabilire che l'importo base al quale applicare tale incremento va depurato dalla componente morale.

Le critiche mosse dal giudice meneghino alla posizione della Cassazione – assunta con la sentenza n. 25164/2020 e ribadita dalle successive pronunce n. 15733/2022, n. 15924/2022 e n. 26805/2022 – appaiono pienamente condivisibili.

In primo luogo, si tratta di evidenziare il corto circuito logico che emerge dalla posizione assunta dai giudici di legittimità: i quali – nel criticare la tabella di Milano – hanno puntato a metterne in luce le dissonanze rispetto a quanto previsto dall'art. 138 cod. ass. Ora, tale disposizione impone che la (non ancora emanata) tabella riguardante il valore pecuniario da attribuire al punto di invalidità venga redatta “tenuto conto dei criteri di valutazione del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità”. Si tratta, pertanto, di fare riferimento a quanto previsto dalla sentenza Amatucci (Cass. civ. 7 giugno 2011, n. 12408), la quale ha attribuito funzione paranormativa alla tabella milanese di misurazione del danno non patrimoniale da lesione all'integrità psico-fisica. È del tutto paradossale, quindi, che la S.C. richiami – per criticare la tabella meneghina – una disposizione, la quale stabilisce l'assunzione di un sistema di quantificazione modellato proprio su quella stessa tabella.

Non solo: le argomentazioni dei giudici di legittimità sono altresì criticabili nella sostanza, laddove traggono dal confronto con l'art. 138 cod. ass. l'idea che la tabella milanese avrebbe errato, avendo incluso al suo interno la componente morale del pregiudizio. Una conclusione del genere sarebbe giustificata ove ci confrontassimo con il testo originario della norma, il quale faceva riferimento a una tabella riguardante la sola componente biologica del danno derivante dalla lesione alla salute. Ma è ben noto come tale disposizione sia stata successivamente sottoposta a radicale modifica, in una prospettiva volta a costruire una tabella onnicomprensiva e come tale inclusiva della componente morale del pregiudizio (tant'è vero che ad essere mutata è stata la stessa rubrica dell'articolo, che oggi fa riferimento al danno non patrimoniale).

A suffragare tale conclusione soccorre, peraltro, il dettato del comma 4 di tale disposizione, secondo cui “l'ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno”. Il legislatore, quindi, stabilisce l'applicazione di una tabella onnicomprensiva, non diversamente da quanto prevede il metodo milanese. Non può dunque definirsi erronea l'applicazione di una tabella che prenda in considerazione entrambe le componenti del pregiudizio.

Una valenza vincolante dell'art. 138 cod. ass, - che possa esplicarsi prima dell'entrata in vigore delle tabelle dallo stesso previste – va, in ogni caso, esclusa alla luce di quell'espressa previsione di legge che chiarisce come tale disciplina sia destinata ad applicarsi esclusivamente ai sinistri ed eventi verificatisi successivamente all'emanazione delle tabelle stesse. Di qui la conclusione, del tutto condivisibile, del giudice milanese: non può attualmente essere preso a riferimento – quale limite percentuale alla personalizzazione del danno – quello del 30% identificato da tale disposizione.

Anche in assenza di una così esplicita indicazione normativa, a un traguardo del genere l'interprete sarebbe tenuto ad approdare in ogni caso, una volta osservato che le indicazioni quantitative previste da ogni sistema tabellare vanno applicate nel loro complesso. L'individuazione di un valore del 30% quale limite alla personalizzazione non può, quindi, assumere valenza autonoma, in quanto strettamente correlata alle modalità di determinazione del valore del punto di invalidità che ha luogo entro quel particolare schema. In definitiva, la personalizzazione deve seguire le indicazioni stabilite dalla specifica tabella che trova applicazione nel caso concreto: vale a dire quelle della tabella milanese, salvo che per i casi rientranti nel raggio di azione dell'art. 139 cod. ass, (relativo a lesioni di lieve entità derivanti da sinistri stradali o da responsabilità sanitaria).

Del tutto fondate appaiono, in buona sostanza, le conclusioni raggiunte dalla sentenza in commento nel caso concreto, ove la personalizzazione risulta legata alla maggior fatica che la vittima incontrerà nell'esercizio dell'attività lavorativa in ragione della menomazione patita. A tale riguardo, il tribunale sottolinea che la personalizzazione non può essere limitata alla considerazione delle ripercussioni dinamico relazionali (derivanti dalla situazione peculiare della vittima), ma va estesa anche a quelle morali.

Anche su questo punto non emerge alcun contrasto con le indicazioni normative dell'art. 138 cod. ass., visto che il comma 3 rileva come – una volta accertato che la menomazione abbia inciso su specifici aspetti dinamico relazionali – è praticabile una personalizzazione basata sull' “equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”: le quali devono fanno riferimento a entrambe le componenti non patrimoniali del pregiudizio ( per cui, come dall'esempio richiamato dal tribunale, la lesione al dito che abbia compromesso l'attività del pianista dilettante si proietta sia sul piano dinamico- relazionale, in quanto la vittima non potrà partecipare più ai concerti amatoriali e suonare ogni giorno il pianoforte, ma altresì sul versante morale, in ordine alla sofferenza determinata dalla perdita di quelle attività).

La sentenza procede, dunque, a una personalizzazione del risarcimento parametrata anche alle sofferenze morali del danneggiato.

Tale conclusione sembrerebbe contrastare con le indicazioni in precedenza formulate dal giudice, il quale ha ritenuto che il pregiudizio morale derivante dall'invalidità permanente non necessitasse di personalizzazione (essendo stato indicato dalla C.T.U. in un valore di 2 su 5). A ben vedere, non si tratta di un'affermazione contradditoria, in quanto la consulenza fa riferimento alla sofferenza legata allo svolgimento delle attività ordinarie. Esula, allora, da tale valutazione la considerazione della sofferenza legata alle compromissioni di attività peculiari per quel danneggiato: patimento derivante, nel caso di specie, da un “fare peggiorato” (trovandosi la vittima ad affrontare una fatica fisica aggiuntiva per poter svolgere la propria attività lavorativa, e andando altresì incontro al disagio emotivo provocato da tale situazione usurante).

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