Ricorso per l'accertamento della nullità del provvedimento amministrativo (art. 31, comma 4)

Roberto Chieppa

Inquadramento

L'invalidità determina la sanzione della inefficacia definitiva dell'atto; tale sanzione può essere automatica, come nel caso della nullità, che opera di diritto, o necessitare di una apposita applicazione giudiziale, come nel caso dell'annullabilità, che non si determina automaticamente ma deriva da una decisione del giudice su sollecitazione del privato ricorrente.

Si ricorda che in diritto civile, la regola in caso di violazione di norme imperative è la nullità, mentre la annullabilità è prevista a tutela di interessi particolari (salve particolari, ma significative eccezioni, come in materia di delibere assembleari, di matrimonio, di testamento).

Nel diritto amministrativo è, invece, prevalsa un'impostazione del regime di invalidità del provvedimento amministrativo, autonoma rispetto al diritto civile (Giannini, 181): la categoria della nullità assume un rilievo residuale, limitato alle ipotesi di nullità testuale (espressamente comminata da una norma di legge) e ad altri casi di gravi difetti strutturali del provvedimento.

Con la riforma della l. n. 241/1990, operata dalla l. n. 15/2005, è stato codificato – con l'art. 21-septies – l'istituto della nullità del provvedimento amministrativo.

L'art. 21-septies della l. n. 241/1990 prevede che il provvedimento amministrativo è nullo quando a) manchi degli elementi essenziali, b) sia viziato da difetto assoluto di attribuzione, c) sia stato adottato in violazione o elusione del giudicato ed infine d) in tutti gli altri casi espressamente previsti dalla legge (c.d. nullità testuali).

Deve essere escluso che se il provvedimento nullo incide su un interesse legittimo, valga la regola generale per cui gli atti amministrativi vanno impugnati nel termine di decadenza, previsto per l'azione di annullamento, anche ove si intenda farne valere la nullità.

Non operando il termine breve di decadenza, in precedenza si riteneva applicabile la regola generale della imprescrittibilità, anche se va ricordato che la giurisprudenza amministrativa ha fino ad oggi ritenuto che l'actio iudicati non sia imprescrittibile, come potrebbe far ritenere la sussistenza di un vizio di nullità, ma che vada comunque proposta nel termine decennale di prescrizione ordinaria (Cons. St. VI, n. 59/1992).

Non sussistono ostacoli alla rilevabilità d'ufficio da parte del giudice del vizio di nullità dell'atto, a condizione che si tratti di questione di cui il giudice sia comunque investito per effetto della domanda di una parte.

L'atto nullo, pur essendo improduttivo di effetti, può essere in concreto stato portato ad esecuzione, sussistendo quindi l'interesse per gli interessati a farne dichiarare la nullità.

Certamente la nullità dell'atto può, anzi deve, essere accertata dal giudice amministrativo nelle controversie devolute alla sua giurisdizione.

La forma della pronuncia può essere quella sentenza di accertamento dichiarativa della nullità dell'atto e l'impostazione più tradizionale del giudizio amministrativo, favorevole ad una pronuncia di inammissibilità per difetto di interesse ad impugnare un atto nullo, è ora esclusa dall'art. 31, comma 4, del Codice del processo amministrativo.

Nel Codice del processo amministrativo non è stata accolta la proposta della Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato di inserire un articolo sull'azione di accertamento ed è stata codificata la sola azione di nullità, assoggettata a termine di decadenza di 180 giorni, con un comma inspiegabilmente inserito nell'articolo dell'azione avverso il silenzio (art. 31, comma 4, che precisa che il termine di decadenza di centottanta giorni non si applica al vizio di nullità della violazione o elusione del giudicato).

La presente formula riguarda appunto un ricorso con cui si chiede di accertare la nullità di un provvedimento amministrativo.

In questi casi, spesso appare preferibile proporre in via subordinata l'azione di annullamento qualora il giudice non condivida la qualificazione del vizio in termini di nullità, ma sarà allora necessario proporre il ricorso entro il termine breve di 60 giorni previsto dall'art. 29.

Formula

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL [ ....] [1]

RICORSO [2]

Nell'interesse di

- [PERSONA FISICA] [3], nato/a a .... il .... (C.F. ....), residente in ...., via/p.za .... n. ...., elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. [4] ...., C.F. .... [5], PEC .... [6], fax .... [7], che lo/la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [8] .

- [PERSONA GIURIDICA] [9], con sede legale in ...., via/piazza ...., n. ...., iscritta nel registro delle imprese di ...., n. ...., P.I. ...., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. [10] ...., C.F. .... [11], PEC .... [12], fax .... [13], che la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [14] .

[Per tutte le future comunicazioni e notifiche di cancelleria si indicano l'indirizzo di posta elettronica certificata .... ed il numero di fax .....] [15]

- ricorrente -

CONTRO

- [AMMINISTRAZIONE/ENTE/AUTORITÀ] [16], in persona del legale rappresentante pro tempore, [per legge rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale/distrettuale dello Stato] [17],

- resistente -

E NEI CONFRONTI DI

- Sig./ Sig.ra .... residente in ...., via/p.za .... n. .... [18]

- controinteressato -

PER LA DECLARATORIA

ex art. 31, comma 4 c.p.a., della nullità del provvedimento ...., prot. n. ...., notificato in data .... [19], avente ad oggetto .... [20];

(EVENTUALE) E PER LA CONDANNA

dell'amministrazione ad adottare le seguenti misure ....

FATTO

[ ....]

DIRITTO

Il provvedimento qui cointestato è affetto da nullità ai sensi dell'art. 21-septies della l. n. 241/1990.

In particolare, l'atto manca di uno degli elementi essenziali che non consentono la produzione di effetti giuridici (indicare negli altri casi le ulteriori ipotesi di nullità: oltre alla mancanza degli elementi essenziali, il difetto assoluto di attribuzione, la violazione o l'elusione del giudicato o altra nullità testuale).

La totale indeterminatezza del contenuto del provvedimento rende impossibile dare esecuzione allo stesso o anche comprendere in che modo si possa dare esecuzione all'atto e dimostra la sussistenza del vizio di nullità.

[Indicare le circostanze di fatto a sostegno della nullità dell'atto]

La nullità del provvedimento determina l'impossibilità di produrre effetti e tale impossibilità opera ovviamente ex tunc.

[Parte eventuale] Tuttavia, avendo l'amministrazione portato ad esecuzione l'atto nullo, si rende necessario rimuovere tali atti esecutivi con condanna dell'amministrazione a ripristinare la situazione antecedente l'adozione dell'atto nullo ai sensi degli artt. 30, comma 1 e 34, comma 1, lett. c), c.p.a. (condanna all'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione soggettiva dedotta in giudizio) (v. formula: “Domanda di condanna al rilascio di un determinato provvedimento”).

[indicare eventuali istanze di remissione in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea o di legittimità costituzionale]

[indicare eventuali istanze istruttorie]

P.Q.M.

Si chiede al Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, di accertare e dichiarare la nullità del provvedimento n. .... del .... adottato da .... [(parte eventuale) e di condannare l'amministrazione ad adottare le seguenti misure ....]

Con riserva di dedurre ulteriormente nel corso di causa e di proporre eventualmente motivi aggiunti di impugnazione.

Con vittoria di spese e onorari.

Si producono i seguenti documenti:

1) [copia del provvedimento di cui si chiede l'accertamento della nullità ove disponibile]

2) [copia di eventuali atti antecedenti, conseguenti e connessi]

3) [ ....] [21]

Ai sensi dell'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro ..... Il contributo unificato, già versato, dovrà, pertanto, applicarsi nella misura determinata in relazione allo scaglione di appartenenza, per un importo pari a Euro .... [rinvio a Formula “Dichiarazione ai fini del contributo unificato”]

Luogo e data ....

Firma Avv. [22] ....

PROCURA

[Rinvio a formula “Procura speciale alle liti rilasciata a singolo avvocato” e formule correlate]

ISTANZA ABBREVIAZIONE DEI TERMINI (EVENTUALE)

[Rinvio a formula “Istanza abbreviazione dei termini”]

RELATA DI NOTIFICA

[Rinvio a formula “Relata di notifica a persona fisica” e formule correlate]

DEPOSITO INFORMATICO

Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [23] .

[1]Il ricorso si deve proporre dinnanzi al T.A.R. nella cui circoscrizione territoriale ha sede l'amministrazione che ha emesso l'atto, ovvero nel cui ambito regionale sono limitati gli effetti diretti dell'atto (cfr. art. 13, comma 1, c.p.a.). Nel caso di controversie relative al pubblico impiego, sussiste il foro speciale indicato dall'art. 13, comma 2 (ossia il T.A.R. nella cui circoscrizione è situata la sede di servizio).

[2] Il contenuto del ricorso è disciplinato dall'art. 40 c.p.a. Va rammentato che, ai sensi dell'art. 44 c.p.a., lo stesso deve recare, a pena di nullità, la sottoscrizione del ricorrente (se sta in giudizio personalmente) o del difensore (con indicazione, in questo caso, della procura speciale). Il ricorso è un atto di parte e, pertanto, debbono essere rispettati i limiti dimensionali e le specifiche tecniche stabiliti con il d.P.C.S. n. 167/2016.

[3]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con mod., in l. n. 111/2011).

[4]In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc.).

[5]L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. con modif. nella l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. nella l. n. 24/2010. Con riferimento specifico al processo amministrativo, sebbene l'art. 40 c.p.a., lett. a), faccia riferimento generico agli “elementi identificativi” del ricorrente, del suo difensore e delle parti, tale indicazione è imposta dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Per i ricorsi incardinati dopo l'avvio del PAT, l'indicazione del codice fiscale del difensore e della parte, oltre che dell'indirizzo PEC e Fax, è comunque richiesta anche nella compilazione dei campi del modulo per il deposito telematico.

[6]Ai sensi dell'art. 136 c.p.a. “I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario. La comunicazione a mezzo fax è eseguita esclusivamente qualora sia impossibile effettuare la comunicazione all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi, per mancato funzionamento del sistema informatico della giustizia amministrativa. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione del recapito di fax o di indirizzo di posta elettronica certificata. Ai fini dell'efficacia delle comunicazioni di segreteria è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo”.

[7]L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 136, comma 1, c.p.a., e dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Ai sensi di quest'ultima norma, gli importi dovuti a titolo di contributo unificato “sono aumentati della metà ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell'art. 136 [c.p.a.]».

[8]La procura, ove necessaria, può essere apposta in calce o a margine dell'atto di appello o, comunque, nelle forme stabilite dall'art. 83 c.p.c.. Per i ricorsi depositati successivamente al 1° gennaio 2017, ai quali si applica il Processo Amministrativo Telematico (‘PAT'), il difensore procede al deposito della copia per immagine della procura conferita su supporto cartaceo e ne attesta la conformità all'originale, ai sensi dell'art. 22 del d.lgs. n. 82/2005 (“Codice dell'Amministrazione Digitale”; CAD), mediante sottoscrizione con firma digitale (cfr. art. 8, comma 2, delle Regole tecnico-operative del PAT, all.to 1 al d.P.C.S. 28 luglio 2021). V. Formula “Attestazione di conformità ai fini del deposito della copia per immagine della procura rilasciata su supporto analogico”.

[9]In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, si dovrà indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale, con l'indicazione del rappresentante legale per mezzo del quale la società sta in giudizio.

[10]V. nt. 4.

[11]V. nt. 5.

[12]V. nt. 6.

[13]V. nt. 7.

[14]V. nt. 8.

[15]In caso di pluralità di difensori, può essere utile indicare l'indirizzo (di fax e/o PEC) al quale si desidera ricevere le comunicazioni inerenti il procedimento.

[16]A titolo esemplificativo, nel caso di Ministero, il ricorso sarà proposto contro il Ministero “in persona del Ministro in carica”; in caso di Comune, “in persona del Sindaco in carica”, in caso di un'autorità indipendente o altro ente pubblico o concessionario di pubblici servizi, “in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore”.

[17]In caso di amministrazioni statali, si applicano le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse, che prevedono il patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato territorialmente competente (quella nel cui distretto ha sede il T.A.R. adito; v. artt. 1, l. n. 260/1958 e 10, comma 3, l. n. 103/1979). Le funzioni dell'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'amministrazione statale sono estese alle regioni a statuto ordinario che decidano di avvalersene con deliberazione del consiglio regionale da pubblicarsi per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel Bollettino ufficiale della regione (art. 10, comma 1, l. n. 103/1979).

[18]Ai sensi dell'art. 41, comma 2, c.p.a., il ricorso va notificato ad almeno uno dei controinteressati individuati nell'atto stesso.

[19]Indicare il numero e la data del provvedimento. In caso di mancata notifica o comunicazione, indicare il momento in cui lo stesso è stato conosciuto.

[20]È utile indicare altresì una breve descrizione dell'oggetto e del contenuto del provvedimento.

[21]Copia di eventuale altra documentazione utile alla comprensione del contesto fattuale e/o alle ragioni del ricorso. V. anche Formula [“Attestazione di conformità ai fini del deposito di copia informatica di atto, provvedimento o documento originale analogico”].

[22]Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di pdf nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dall'art. 6 delle Specifiche tecniche del PAT di cui all'all.to 2 del d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il modulo denominato “Modulo Deposito Ricorso”).

[23]Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. Ai fini del deposito telematico, il ricorrente dovrà utilizzare gli appositi moduli presenti sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa. È stato definitivamente abrogato (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020) l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi.

Commento

La nullità nel diritto amministrativo

La violazione di norma imperativa che nel diritto civile provoca nullità, nel diritto amministrativo si qualifica come vizio di violazione di legge, che determina invece l'annullabilità dell'atto e che solo il legislatore può elevare, con specifica ed espressa disposizione, a ragione di nullità dell'atto.

È stato sottolineato come la ragione di fondo di tale divergenza di disciplina tra vizi dell'atto amministrativo e vizi del negozio sia chiara: nel diritto amministrativo l'esigenza prioritaria è quella di assicurare la stabilità del provvedimento amministrativo. Nel nostro ordinamento, come si evince chiaramente dal principio di decadenza, è inconcepibile che il vizio di un provvedimento amministrativo, ancorché derivante da violazione di norma imperativa, possa essere rilevato senza limiti temporali ed addirittura d'ufficio da parte del giudice. Se così non fosse, l'azione amministrativa resterebbe perennemente precaria ed incerta e potrebbe in ogni tempo essere rimessa in discussione.

Esigenze di rilievo pubblicistico impongono invece che, decorso il termine di decadenza, il provvedimento amministrativo, giusto o sbagliato che sia, pervenga ad una condizione di stabilità ed intangibilità giurisdizionale, salva naturalmente la possibilità per la pubblica amministrazione di esercitare l'autotutela nei limiti previsti anche per tale potere.

Le cause di nullità del provvedimento amministrativo hanno carattere tassativo e devono quindi oggi intendersi quale numero chiuso, anche se le nuove ipotesi di nullità vanno in gran parte ricondotte a quei casi in cui la giurisprudenza era già pervenuta alla qualificazione dell'atto in termini di nullità.

Mentre il provvedimento nullo, pur non producendo effetti, produce risultati (effetti pratici suscettibili di valutazione giuridica) e come tale rischia di essere erroneamente tradotto in realtà materiale, donde l'interesse ad agire per la dichiarazione di nullità; il provvedimento inesistente è invece un'entità giuridicamente irrilevante, incapace in radice di produrre alcun effetto materiale e relativamente al quale non è possibile neanche immaginare un interesse ad agire.

Le nullità testuali

Ancor prima dell'introduzione dell'art. 21-septies, anche il legislatore aveva riconosciuto l'inadeguatezza della sanzione dell'annullabilità come risposta ai vizi più gravi del provvedimento amministrativo.

Era stata così prevista la sanzione della nullità del provvedimento in alcune specifiche ipotesi (le c.d. nullità testuali), tra cui:

a) l'assunzione nel pubblico impiego senza il filtro preventivo della procedura concorsuale (art. 3, comma 6 d.P.R. n. 3/1957, secondo cui l'assunzione agli impieghi pubblici senza il prescritto concorso è nulla di diritto e non produce alcun effetto a carico dell'amministrazione, ferma restando la responsabilità dell'impiegato che vi ha provveduto; v. anche l'art. 4 del d.P.R. n. 276/1971);

b) gli atti emessi dopo il regime di prorogatio di quarantacinque giorni (artt. 3 e 6 del d.l. n. 293/1994, conv. in l. n. 444/1994: che sanzionano con la nullità gli atti adottati durante il periodo di prorogatio ma che non rientrano tra gli atti di straordinaria amministrazione, né sono caratterizzati da indifferibilità e urgenza e tutti gli atti – compresi quelli di straordinaria amministrazione, oppure urgenti o indifferibili – adottati dagli organi decaduti quando sia decorso il termine massimo di quarantacinque giorni);

c) l'assegnazione del dipendente pubblico a mansioni superiori al di fuori delle ristrette ipotesi consentite (artt. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001, che prevede la nullità dell'assegnazione del dipendente a mansioni proprie di una qualifica superiore, effettuata al di fuori delle ipotesi consentite dal disposto del comma 2 dello stesso articolo, stabilendo che al lavoratore sia in ogni caso attribuito il trattamento economico corrispondente alla qualifica superiore, e che il dirigente che ha disposto l'assegnazione risponda personalmente del maggior onere conseguente, ove abbia agito con dolo o colpa grave);

d) l'affidamento di incarichi a pubblici dipendenti in assenza di autorizzazione (art. 53, comma 8, del d.lgs. n. 165/2001, che stabilisce che le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi e che il provvedimento di conferimento dell'incarico senza la previa autorizzazione è nullo di diritto);

e) l'accertamento tributario difforme dalla risposta all'interpello (art. 11 della l. n. 212/2000, che disciplina l'interpello del contribuente, ossia il diritto del contribuente di chiedere indicazioni all'amministrazione circa l'applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, prevedendo che qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità dalla risposta è nullo);

f) gli accordi tra privati e P.A. privi del requisito della forma scritta (art. 11, l. n. 241/1990) e gli accordi tra amministrazioni non sottoscritti con firma digitale o con altra firma elettronica qualificata (art. 15, l. n. 241/1990); le prescrizioni ulteriori rispetto alle condizioni di partecipazione alle procedure di scelta del contraente previste dalla legge (art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016);

g) le prescrizioni delle clausole di esclusione dei bandi di gara ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge (art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016; v. Cons. St., Ad. plen., n. 22/2020).

La gravità di tali vizi dell'atto è stata ritenuta tale da non poter essere condizionata alla attivazione di un interesse di parte, come nel caso dell'azione di annullamento, né lasciata alla sola iniziativa dell'amministrazione di esercitare i propri poteri di autotutela, attivabili peraltro non in seguito al mero riscontro della sussistenza del vizio, ma previo accertamento dell'interesse pubblico alla rimozione dell'atto ed oggi anche della verifica del ragionevole tempo trascorso che comunque, per i provvedimenti autorizzatori e per quelli attributivi di vantaggi economici, non deve eccedere i diciotto mesi dalla relativa adozione (art. 21-nonies l. n. 241/1990, come modificato dalla l. n. 124/2015).

L'art. 21- septies della l. n. 241/1990

L'art. 21-septies della l. n. 241/1990 ha codificato l'istituto della nullità del provvedimento amministrativo, prevedendo – accanto alle c.d. nullità testuali – tre generali ipotesi di nullità.

La prima di queste è la nullità del provvedimento amministrativo mancante degli elementi essenziali, che già era emersa da tempo in giurisprudenza.

Causa di nullità del provvedimento amministrativo è anche il difetto assoluto di attribuzione. L'espressione utilizzata dal legislatore non è chiara e, riecheggiando il difetto assoluto di giurisdizione, potrebbe condurre a ritenere che il legislatore abbia inteso fare riferimento a ipotesi in cui nessuna autorità amministrativa ha il potere di intervenire in una determinata materia; appare invece preferibile superare il dato letterale e ritenere che il legislatore abbia fatto riferimento all'incompetenza assoluta.

Con riguardo agli atti adottati in violazione o elusione del giudicato, la giurisprudenza aveva da tempo ritenuto che gli stessi dovessero essere considerati tamquam non essent con ammissibilità del ricorso in ottemperanza in tutti i casi in cui il petitum sostanziale del ricorso attenga all'oggetto proprio del giudizio d'ottemperanza, miri cioè a far valere non già la difformità dell'atto sopravvenuto rispetto alla legge sostanziale (in tal caso occorrendo esperire l'ordinaria azione d'annullamento), bensì la difformità specifica dell'atto stesso rispetto all'obbligo (processuale) di attenersi esattamente all'accertamento contenuto nella sentenza da eseguire.

Ovviamente, la radicale nullità dell'atto elusivo del giudicato sussiste solo nell'ambito esattamente definito dal giudicato, posto che solo in quest'ambito è prospettabile un obbligo monodirezionale della P.A. di provvedere, con la conseguente carenza del potere di provvedere diversamente e, pertanto, quando invece residui all'amministrazione un potere discrezionale, l'atto deve essere valutato nel contesto decisionale in cui si colloca, a seguito di autonoma impugnazione sottoposta ai termini di decadenza.

Ciò avviene perché la statuizione del giudice amministrativo prevale sul provvedimento emanato dalla P.A. soccombente in elusione (non importa se consapevole, o no) del giudicato, nel senso che l'atto elusivo diventa irrilevante e tamquam non esset, ancorché emanato tra la pubblicazione della sentenza di primo grado e quella della decisione d'appello che la confermi, in quanto il provvedimento elusivo ha sì il carattere autoritativo suo proprio secondo i principi generali, ma lo perde, per il principio della prevalenza della funzione giurisdizionale, quando, a seguito della formazione del giudicato, si evince che esso contiene statuizioni in contrasto con quelle del giudice, divenute ormai immutabili.

Nullità del provvedimento e riparto di giurisdizione

La previsione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo per una ipotesi di nullità dell'atto amministrativo (elusione o violazione del giudicato) pone il problema del riparto di giurisdizione in presenza degli altri casi di nullità del provvedimento.

La giurisdizione non può mutare a seconda della invalidità che viene denunziata, in quanto essa si determina sulla base della situazione soggettiva conformata dal provvedimento amministrativo; il baricentro è costituito dalla situazione soggettiva che viene in rilievo ai fini della individuazione della giurisdizione del giudice amministrativo.

Va quindi respinta l'affermazione che esista una sorta di «giudice naturale» della nullità (per lo più identificato con il giudice ordinario). Al contrario, in questa stessa prospettiva, la soluzione più convincente è che la giurisdizione si determini in ragione delle situazioni giuridiche soggettive, rispetto alle quali l'azione di nullità è destinata ad operare in termini di certezza. Se tali situazioni sono diritti soggettivi, l'azione andrà quindi proposta davanti al giudice ordinario, mentre andrà proposta davanti al giudice amministrativo se la situazione giuridica soggettiva di base è qualificabile come interesse legittimo, ovvero se si versa in una materia oggetto di giurisdizione esclusiva (Cons. St. VI, n. 1247/2010).

In presenza di interessi pretensivi e quindi di soli interessi legittimi non può che sussistere la generale giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, in quanto un determinato comportamento della amministrazione (viziato gravemente, perché l'atto è nullo) non è comunque in grado di produrre da solo, l'effetto ampliativo facendo sorgere ex novo una situazione di diritto prima inesistente.

Risulta, pertanto, minoritaria la tesi che trae dall'espressa attribuzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per i provvedimenti nulli per violazione o elusione del giudicato il corollario che negli altri casi la regola di riparto sarebbe la cognizione degli atti nulli da parte del giudice ordinario.

Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, ad eccezione delle materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in ipotesi di interessi oppositivi, aggrediti da un atto nullo e quindi inidoneo a produrre l'effetto degradatorio sul diritto soggettivo; nelle materie di giurisdizione esclusiva, resterebbero esclusi da tale giurisdizione solo i comportamenti di mero fatto o esecutivi di provvedimenti radicalmente nulli per carenza di potere in astratto.

L'azione di nullità nel Codice del processo amministrativo

L'art. 31, comma 4, ha previsto un termine di decadenza di 180 giorni per proporre l'azione di accertamento della nullità di un provvedimento amministrativo.

Deve ritenersi non ragionevole l'estensione del termine decadenziale ad un provvedimento che ab origine è improduttivo di effetti, non ponendosi in alcun il problema della stabilità dell'atto, per l'intrinseca ed originaria inefficacia dello stesso.

Il Codice prevede, dunque, che la domanda volta all'accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di centottanta giorni, aggiungendo tuttavia che la nullità dell'atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d'ufficio dal giudice.

Quindi, se il privato ricorrente chiede l'accertamento della nullità di un atto deve rispettare il termine di decadenza di centottanta giorni, ma se l'accertamento della nullità viene chiesto dalla parte resistente (che in genere è l'amministrazione) tale limite temporale non si applica, come non si applica se il giudice rileva d'ufficio la nullità.

Il sistema non è chiaro e non sembra essere simmetrico: l'atto nullo è inefficace di diritto, ma in questo caso l'invalidità non può essere fatta valere da chi ha interesse a contestare l'atto, decorsi 180 giorni; tuttavia se la stessa nullità viene invocata – ad esempio – dall'amministrazione per sottrarsi dall'applicazione di un atto nullo favorevole ad un privato, non vi è alcun termine di decadenza per far valere il vizio. Si tratta di un regime che, in relazione a particolari controversie, potrebbe porre anche problemi di costituzionalità, laddove emergesse una disparità tra amministrazione e privato nel far valere o non valere la nullità di un provvedimento.

La presente formula riguarda un ricorso con cui si chiede l'accertamento della nullità di un provvedimento; viceversa, se l'amministrazione dovesse eccepire la nullità di un proprio atto favorevole al ricorrente quest'ultimo, oltre a controdedurre circa l'insussistenza di una causa di nullità, potrebbe in via subordinata sostenere la incostituzionalità della previsione di cui all'art. 31, comma 4, nella parte in cui consente l'eccezione di nullità senza limiti temporali che il ricorrente è tenuto invece a rispettare se intendere far valere la nullità di un atto amministrativo.

Ancora più oscura è la compatibilità della rilevabilità d'ufficio della nullità con il termine di decadenza: il ricorrente non può chiedere l'accertamento della nullità di un atto decorso il termine di decadenza, ma se riesce a introdurre altra controversia che coinvolge l'atto nullo, può sperare che il giudice rilevi la nullità d'ufficio (da tale disciplina è stato tenuto fuori il vizio di nullità per elusione o violazione del giudicato, per il quale resta ferma la disciplina dell'ottemperanza e, quindi, il termine di prescrizione decennale dell'azione di esecuzione del giudicato e non si applica la possibilità di rilevare d'ufficio il vizio).

Il Codice non incide sulla categoria sostanziale della nullità del provvedimento amministrativo, che resta disciplinata dall'art. 21-septies della l. n. 241/1990, ma crea un regime processuale che rischia di fare della nullità una super-annullabilità di incerti contorni, introducendo un termine di decadenza di 180 giorni, che assomiglia di più al termine di decadenza per l'azione di annullamento, che non ai tre anni previsti per l'azione di nullità delle delibere societarie dall'art. 2379 c.c.

L'assoggettamento a termini di decadenza della contestazione di provvedimenti nulli incidenti su diritti soggettivi (nelle ipotesi in cui sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo) potrebbe porre problemi di costituzionalità e sarebbe, quindi, preferibile ritenere che l'azione di nullità abbia termini di proposizione variabili in ragione della dimensione temporale di azionabilità dell'interesse cui essa è asservita.

La previsione di un termine per far valere la nullità di un provvedimento amministrativo è coerente con quella dottrina che aveva in precedenza ipotizzato che il legislatore potesse decidere che oltre un certo limite temporale fosse preferibile consolidare l'essere anziché ripristinare il dover essere; fosse preferibile cioè puntare alla stabilità dell'azione amministrativa (ancorché nulla) ed all'effettività dei risultati da essa comunque prodotti; la fissazione di un termine per l'esercizio dell'azione di nullità dell'atto amministrativo era stato ritenuto coerente con quanto avvenuto in materia di delibere societarie (art. 2379 ss. c.c.), dove è stabilito che, oltre un certo termine (tre anni), la nullità non può più essere fatta valere dagli interessati, salva la possibilità di questi di agire in sede risarcitoria, che nel caso di provvedimento amministrativo nullo non incontrerebbe i limiti derivanti dalla c.d. pregiudiziale amministrativa (Luciani).

Un ulteriore profilo riguarda la legittimazione all'azione di nullità: è stato evidenziato che nel diritto amministrativo appare davvero difficile rinvenire una differenza tra nullità e annullabilità sotto il profilo della legittimazione, dal momento che la legittimazione nel processo amministrativo è già ampia quanto quella massima che la giurisprudenza civile riconosce per l'azione di nullità (Ramajoli).

Problema del tutto inesplorato è quello della tutela dei terzi che hanno fatto affidamento sugli effetti dell'atto, di cui successivamente è stata accertata la nullità: ci si chiede se l'accertamento della nullità di un provvedimento amministrativo (ad esempio, permesso di costruire) possa travolgere la posizione del terzo che in buona fede ha acquistato l'immobile (Varrone, che critica al riguardo le lacune dell'art. 21-septies).

Lo stesso privato destinatario di un atto nullo, a lui favorevole, potrebbe avere interesse all'accertamento della nullità al fine di evitare di restare esposto ad una azione di nullità, che travolgerebbe gli effetti in concreto derivati dall'atto nullo (si pensi sempre ad un permesso di costruire nullo e all'interesse ad avere un provvedimento valido prima di iniziare in concreto i lavori di edificazione); ciò tenuto anche conto di quanto detto in precedenza circa la possibilità che sia poi l'amministrazione ad eccepire in giudizio la nullità.

Inoltre, in caso di illegittimità il destinatario del provvedimento a lui favorevole può confidare nel decorso del temine decadenziale per porsi al riparo da contestazioni di terzi, rimanendo però esposto all'eventuale esercizio del potere di autotutela della P.A. «entro un termine ragionevole», oggi comunque per gli atti ampliativi non superiore a diciotto mesi (art. 21-nonies l. n. 241/1990, come modificato dalla l. n. 124/2015; cfr. anche art. 2, comma 4, d.lgs. n. 222/2016, che ha individuato il dies a quo per l'annullamento d'ufficio della Scia nella data di scadenza del termine previsto dalla legge per l'esercizio del potere ordinario di verifica da parte dell'amministrazione; Strazza, 76); mentre in caso di nullità, il decorso del tempo non mette in alcun modo al riparo l'interessato, potendo la nullità essere eccepita dalle parti resistenti anche oltre il termine di decadenza di centottanta giorni.

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