La responsabilità da cose in custodia del Comune: area concessa in appalto

Filippo Rosada
23 Novembre 2022

Sussiste la responsabilità del Comune per i danni causati a un motociclista in conseguenza di azioni o omissioni poste in essere dalla società alla quale sono stati appaltati i lavori di costruzione di un'opera pubblica?
Massima

La consegna del Comune all'appaltatore dell'area interessata per i lavori di costruzione di un'opera, non fa venir meno la qualifica di custode dell'ente pubblico, che rimane titolare di un potere di fatto sulla res e, quindi, responsabile dei danni da questo cagionati ai sensi dell'art. 2051 c.c., tanto più quando l'incidente si verifica sulla via rimasta aperta al pubblico transito.

La convezione-concessione all'appaltatore costituisce lo strumento tecnico-giuridico per la realizzazione in concreto dell'opera oggetto dei lavori e non permette, invece, ex se il trasferimento della qualità di custode e della responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c.

Il caso

Una mattina di una giornata di marzo, uno scuterista che transita in centro a Milano, perde il controllo del veicolo a causa della scivolosità del manto stradale procurata dalla presenza di polvere chiara sull'asfalto proveniente dal cantiere della metropolitana per la costruzione della linea M4.

Il danneggiato chiama in giudizio il Comune chiedendo l'accertamento della responsabilità di quest'ultimo ai sensi dell'art. 2051 e/o 2043 c.c.

Il Comune si costituisce e chiama in manleva la società appaltatrice dei lavori della nuova linea metropolitana.

Il Tribunale condanna quest'ultima società a manlevare il Comune di Milano di tutte le somme che l'ente (ai sensi dell'art. 2051 c.c.) verserà all'attore per effetto delle statuizioni di cui al giudizio.

La questione

Se sussista la responsabilità dell'ente pubblico per i danni causati a un motociclista in conseguenza di azioni o omissioni poste in essere dalla società alla quale sono stati appaltati i lavori di costruzione di una linea della metropolitana.

Le soluzioni giuridiche

L'estensore del provvedimento oggetto del presente commento esordisce con l'inquadramento giuridico della fattispecie nell'ambito dell'art. 2051 c.c. (responsabilità da cose in custodia), i cui presupposti sono stati oggetto di importanti pronunce giurisprudenziali di legittimità.

Tra le decisioni più rilevanti si segnalano le sentenze gemelle della terza sezione del 2018 (n. 2480, 2481 e 2482), le quali hanno chiarito come: l'art. 2051 individui un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa; sia onere del danneggiato provare il rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso; la deduzione di omissioni e/o violazioni di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rilevi unicamente ai fini della responsabilità ex art. 2043 c.c., salvo che la deduzione sia diretta a provare il rapporto causale tra quella e l'evento dannoso; il caso fortuito sia connotato da imprevedibilità ed inevitabilità oggettiva; le modifiche improvvise della struttura della cosa, col trascorrere del tempo diventino nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere; spetti all'attore provare il nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, oltre che la qualità di custode in capo al convenuto.

Il Tribunale, quindi, argomenta in merito al ritenuto accertamento del nesso causale tra la cosa in custodia e la caduta, rilevando la prova del collegamento tra la presenza di cospicua polvere chiara sul manto stradale, la caduta e le lesioni.

A questo punto viene affrontato l'argomento della responsabilità, al fine di stabilire se sia da attribuire all'appaltatore, piuttosto che all'ente appaltante.

Richiamando la sentenza di legittimità n. 23442 del 2018, si evidenzia come l'affidamento in appalto della manutenzione stradale possa anche trasferire l'obbligo di custodia all'appaltatore.

Dirimente è verificare se i danni sono conseguenza dell'attività dell'appaltatore, piuttosto che derivanti dalla cosa oggetto dell'appalto: nel primo caso, ai sensi dell'art. 2043 c.c., in linea di massima (salvo la prova dell'ingerenza nelle scelte da parte del dell'appaltante), risponde l'appaltatore, mentre nella seconda ipotesi, risponde anche il committente ai sensi dell'art. 2051 c.c.

L'affidamento in appalto di un bene, infatti, non fa perdere il dovere di custodia dello stesso da parte del proprietario.

Nella parte motiva del provvedimento oggetto del presente commento, si richiama anche la pronuncia di legittimità n. 18325 del 2018, ove si specifica che il comune che concede in appalto un'area non perde il dovere di custodia della stessa sin tanto che questa non venga completamente cintata, così da impedire il traffico veicolare e pedonale.

In considerazione dei presupposti richiamati, tenuto conto che il sinistro si è verificato sulla pubblica via, il Tribunale ritine accertata la responsabilità del Comune.

Il successivo argomento trattato concerne l'azione di regresso proposta dal Comune nei confronti della società appaltatrice.

Il Giudice estensore, in primo luogo, richiama l'articolo del contratto che regolamenta la convenzione stipulata tra il Comune e la società concessionaria dei lavori della metropolitana, che prevede l'assunzione di responsabilità di quest'ultima per tutti i danni causati dalle sue attività.

Viene, quindi, rilevata la colpa della concessionaria nell'aver lasciato fuoriuscire sulla pubblica via i materiali prodotti dall'attività di cantiere, o per lo meno, per non averli subito rimossi.

Alla luce di quanto contrattualmente pattuito, delle negligenze della concessionaria e dalle buone pratiche poste in essere dal comune (quest'ultimo aveva posto delle barriere per separare la via pubblica dal cantiere), il Tribunale riconosce il diritto del comune ad essere tenuto indenne per tutto quanto sarà tenuto a versare in favore dell'attore.

Infine, il Tribunale motiva il riconoscimento del danno non patrimoniale da lesione del bene salute, oltre che del danno patrimoniale per le spese di cure.

Per quanto riguarda il danno non patrimoniale biologico, l'estensore, dopo aver precisato come il danno biologico non comprenda i pregiudizi dinamico relazionali ma sia esattamente il danno dinamico relazionale, si sofferma a mettere in luce le novità grafiche della tabella milanese edizione 2021, la cui particolarità consiste nello specificare la quota di danno biologico dinamico relazionale e la quota di danno da sofferenza interiore che compongono gli importi standard riconosciuti per il danno biologico permanente e temporaneo.

La suddetta novità comporta un obbligo motivazionale del Giudice che ritiene di riconoscere o negare, piuttosto che aumentare o diminuire il danno non patrimoniale da sofferenza interiore indicato nella tabella.

Per quanto concerne il danno patrimoniale, il Tribunale affronta e risolve la problematica inerente le spese sostenute malgrado la possibilità di fruire del Servizio Sanitario Nazionale.

Sul punto viene richiamata Cass. civ., n. 5801 del 2019, ove si evidenzia come il nostro ordinamento non contenga una norma che obblighi il cittadino a fruire delle strutture sanitarie pubbliche anziché private.

Osservazioni

La sentenza qui affrontata è certamente ricca di argomenti degni, ciascuno, di uno specifico approfondimento: l'inquadramento giuridico della responsabilità da cose in custodia, la responsabilità in caso di concessione in appalto di area pubblica, il regresso dell'appaltante nei confronti dell'appaltatore, la nuova veste grafica della tabella milanese edizione 2021, il diritto del danneggiato di non fruire del Servizio Sanitario Nazionale.

L'art. 2051 c.c. è una norma di difficile applicazione: malgrado gli sforzi di dottrina e giurisprudenza di disegnarne presupposti e limiti, si fatica ad individuare confini applicabili in modo omogeneo alle diverse casistiche (per un inquadramento sistematico, v. Trib Milano, G.I. dr. Spera, n. 5886 del 2021).

Emblematica è l'applicazione o meno del concorso di colpa del danneggiato. Quando si tratta di un pedone che cade a causa di una buca o di un'insidia stradale, la giurisprudenza è tetragona nel respingere la domanda risarcitoria per interruzione del nesso causale, ogni qual volta l'ostacolo sia percepibile con la diligenza media (di recente, Cass. civ., 13 luglio 2022, n. 22121: Deve “escludersi la responsabilità del Comune per i danni occorsi ad un pedone a seguito di caduta dovuta alla presenza di una buca sul manto stradale allorché sia accertata l'incidenza della condotta altamente imprudente della vittima che nell'attraversamento della strada, non ha evitato una buca risultata tuttavia ben visibile ed evitabile”).

Diverso è l'approccio al problema nel caso del motociclista che cade sempre a causa di una insidia stradale. In dette ipotesi l'istruttoria è principalmente volta a verificare se l'ente avesse o meno la possibilità di prevedere e quindi ovviare all'ostacolo piuttosto che sull'attenzione posta dal conducente del veicolo (da ultimo, Cass. civ., 11 marzo 2021, n. 6826: “La P.A. è liberata dalla responsabilità civile ex art. 2051 c.c., con riferimento ai beni demaniali, ove dimostri che l'evento è stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero che l'evento stesso ha esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l'intervento riparatore dell'ente custode - in applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la decisione di appello di rigetto della domanda risarcitoria del conducente di un motociclo che aveva perso il controllo del veicolo asseritamente a causa di una sostanza oleosa presente sul manto stradale”).

In realtà, sia che la fattispecie riguardi il pedone ovvero la circolazione di veicoli, andrebbe indagata paritariamente sia la possibilità o meno dell'ente/custode di ovviare al pericolo, sia l'attenzione posta nel procedere da parte della persona fisica, senza che incida lo status di conducente piuttosto che di pedone.

Di fatto, invece, in certi casi la distrazione del pedone interrompe il nesso causale, mentre la distrazione del conducente, eventualmente, incide sulla quantificazione del danno, ma raramente viene considerata esclusiva causa del sinistro.

Nella sentenza oggetto del presente commento, invece, sembrerebbe che il profilo dell'eventuale impossibilità per il Comune di ovviare all'insidia non abbia inciso sulla valutazione della responsabilità e ciò malgrado sia stata accertata l'apposizione di barriere da parte dell'ente a protezione della strada dalle scorie di cantiere.

L'istruttoria si è concentrata sulla effettiva presenza della polvere chiara e sul nesso causale con la caduta del motocilista. Inoltre, non pare venga data rilevanza alla percepibilità o meno della polvere da parte del conducente del motociclo e ciò malgrado, in più occasioni, si riferisca di una cospicua presenza di polvere bianca, presumibilmente ben visibile dal motociclista attento in una soleggiata mattina di marzo, vieppiù se posata sull'asfalto scuro.

In realtà l'art. 141 del codice della strada è applicabile anche nei danni da cose in custodia e pertanto andrebbe ben valutata la possibilità o meno, per il conducente, di un arresto tempestivo o comunque di una condotta di guida adeguata di fronte ad un ostacolo prevedibile quale certamente sono le scorie ai margini di un cantiere della metropolitana.

In estrema sintesi, parrebbe che quando la responsabilità da cose in custodia coinvolge una questione collegata alla circolazione stradale, in considerazione della previsione legislativa di cui all'art. 14 del codice della strada (“Gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono:

a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché' delle attrezzature, impianti e servizi;

b) al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze;

c) alla apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta”) venga data più rilevanza a profili colposi del custode, con interesse inferiore alla condotta del danneggiato e quindi all'eventuale suo concorso di colpa.

Di converso, nelle altre ipotesi di danni da cose in custodia, immotivatamente la giurisprudenza sembra dare più rilevanza ai profili soggettivi del danneggiato e minor peso alla possibilità, per il custode, di prevenire le insidia.

Probabilmente il problema a monte di ogni ragionamento giuridico in ordine all'art. 2051 c.c. si annida nella difficolta dell'interprete di ragionare in ordine alla sussistenza o meno del diritto risarcitorio del danneggiato in una fattispecie inquadrata nell'ambito della responsabilità oggettiva.

Di fatto, le motivazioni delle sentenze, specialmente quando la cosa da custodire è un bene demaniale, dopo aver premesso che l'indagine non deve interessare la diligenza del custode, sono costrette a costruire dei ragionamenti che in realtà non possono non riguardare anche i profili di colpa del soggetto effettivo gestore della cosa (si veda, Cass. civ., sez. VI, 23 gennaio 2019, n.1725: “Ferma l'operatività del generale principioad impossibilia nemo tenetur, grava sulla p.a. l'onere di provare di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire il danno cagionato dal bene demaniale in custodia o, quantomeno, di aver adeguatamente segnalato la situazione di pericolo”; conf., Cass. civ., sez. VI, 20 febbraio 2019, n. 4963).

La predetta problematica determina una disomogeneità delle pronunce di merito e di legittimità, in quanto alcuni soppesano maggiormente la colpa del custode, mentre altri si concentrano unicamente sulla condotta tenuta dal danneggiato.

Tutto ciò incide negativamente sulla prevedibilità e quindi sulla certezza del diritto.

Forse sarebbe plausibile un ritorno ad una lettura dell'art. 2051 c.c. in chiave di presunzione di colpa, così da legittimare un'indagine più equilibrata che tenga conto della condotta di tutte le parti coinvolte.

Guida all'approfondimento

Daniela Santarpia, La custodia responsabile della pubblica amministrazione, Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.5, 2019, pag. 1610;

Note giurisprudenziali, La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all'art. 2051 c.c., opera anche per la p.a. in relazione ai beni demaniali, Responsabilità Civile e Previdenza 2019, 3, 971C

Salvatore Macrì, La responsabilità del committente d'opera: tra colpa e custodia, Responsabilita' Civile e Previdenza, fasc.1-2, 2022, pag. 0589C

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