Riscossione dei contributi previdenziali e prescrizione

29 Novembre 2022

In materia di riscossione di contributi previdenziali, l'azione proposta avverso l'atto successivo ad una cartella di pagamento mai notificata e volta a far valere la prescrizione quinquennale assume indiscutibilmente la qualifica di opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. A seguito delle novità portate dal D.l. n. 146/2021, il problema, semmai, si presenta alla fonte e riguarda la possibilità o meno che la cartella mai notificata o il ruolo possano essere ancora impugnati con l'atto successivo.
Massima

In tema di riscossione di contributi previdenziali, l'opposizione avverso l'intimazione ad adempiere fondata sull'omessa notifica della cartella esattoriale sottesa e, comunque, su fatti estintivi del credito, ha la funzione di recuperare l'impugnazione non esercitata contro l'atto presupposto, cartella di pagamento, e si qualifica, pertanto, come opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. e non agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.

Nel caso, l'interesse ad agire è del debitore che promuove così un'azione di accertamento negativo del credito.”

Il caso

Il ricorrente proponeva ricorso avverso la comunicazione di avvenuta iscrizione di ipoteca e, attraverso questa, impugnava le tre cartelle di pagamento sottese curando di evidenziare la mancata e/o irregolare notificazione delle stesse nonché l'intervenuta prescrizione quinquennale e/o decadenza del diritto di credito di natura contributiva.

In tale sede venivano chiamate in causa, quali enti creditori, l'I.N.P.S. e l'Ispettorato Territoriale del Lavoro, oltre che l'Agente della riscossione.

La vertenza era documentale e, pertanto, decisa dal Giudice sulla base di quanto prodotto dalle parti costituite e celebrata con il rito della trattazione scritta.

Per alcune cartelle la sentenza accoglieva le ragioni del ricorrente.

La questione

Ci si chiede quale possa essere la qualificazione corretta di una azione intentata per far valere la prescrizione di un credito previdenziale in caso di omessa e/o irregolare notificazione della cartella di pagamento presupposta all'atto impugnato.

Le soluzioni giuridiche

Il Giudice della Sezione Lavoro di Modena, partendo dal disposto della Corte di Cassazione n. 16425 del 2019, riconosce nel debitore che agisce per far valere la prescrizione del credito quale fatto estintivo oltre alla mancata notificazione delle cartelle (e del ruolo) che hanno preceduto l'intimazione impugnata, un interesse all'accertamento negativo del credito (cfr. Cass. n. 12239/2007). Pertanto, l'azione intrapresa viene qualificata come opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. e non agli atti ex art. 617 c.p.c.

L'eccezione di omessa e/o irregolare notificazione degli atti presupposti è ovviamente funzionale al recupero della tempestività dell'opposizione altrimenti tardiva perché esercitata a distanza di anni dalle date di asserita notifica delle cartelle medesime e, altresì, funzionale all'eccezione di prescrizione, pur sempre una questione inerente al merito della pretesa creditoria.

È appena il caso di ricordare che il sistema normativo della riscossione consente al debitore dei premi o dei contributi dovuti agli enti pubblici previdenziali e non versati nei termini di legge o dovuti in forza di accertamenti d'ufficio, di proporre tre diversi tipi di opposizione (cfr. Cass. n. 6706/2016) e, in particolare:

- opposizione al ruolo esattoriale per motivi attinenti al merito della pretesa contributiva nel termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, innanzi al giudice del lavoro (cfr. art. 24, D. Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46);

- opposizione per questioni attinenti non solo alla pignorabilità dei beni, ma anche a fatti estintivi del credito sopravvenuti alla formazione del titolo, quali, ad esempio, la prescrizione del credito, la morte del contribuente, l'intervenuto pagamento della somma richiesta, sempre innanzi al giudice del lavoro nel caso in cui l'esecuzione non sia ancora iniziata ovvero davanti al giudice dell'esecuzione se la stessa sia già iniziata (cfr. art. 615 c.p.c.);

- opposizione agli atti esecutivi, ovverosia nel termine perentorio di venti giorni dalla notifica del titolo esecutivo o del precetto per vizi formali del procedimento di esecuzione, compresi i vizi strettamente attinenti al titolo ovvero alla cartella di pagamento, nonché alla notifica della cartella o quelli riguardanti i successivi avvisi di mora, da incardinare anche in questo caso davanti al giudice dell'esecuzione o a quello del lavoro a seconda che l'esecuzione sia iniziata o meno (cfr. art. 617 c.p.c.).

Il principio individuato dal Giudice di primo grado porta a qualificare l'azione in esame nell'opposizione all'esecuzione dell'art. 615 c.p.c. differente dall'opposizione agli atti esecutivi in quanto la prima tende a negare in radice l'azione esecutiva mentre la seconda è volta a paralizzarla temporaneamente.

La differenza è di notevole spessore: nel primo caso, l'opponente nega a monte l'azione esecutiva o per inesistenza (originaria o sopravvenuta) del titolo esecutivo o perché sostiene che esso abbia un contenuto diverso da quello preteso dal creditore o, ancora, perché i beni staggiti (nell'esecuzione per espropriazione, oggi non rilevante) sono impignorabili, nel secondo caso, l'opponente riconosce l'altrui azione esecutiva, ma sostiene che non vi sia stato un regolare svolgimento del processo esecutivo per meri vizi formali degli atti di esecuzione e/o di quelli ad essa prodromici.

Ciò detto le conseguenze della scelta di un'azione piuttosto che un'altra sono differenti. Il primo comma dell'art. 615 c.p.c. prevede, nel caso di esecuzione non iniziata, l'opposizione innanzi al giudice competente per materia o valore e per territorio ma non stabilisce alcun termine che non sia l'inizio dell'esecuzione stessa, allorquando l'azione si potrà presentare al giudice dell'esecuzione, mentre nel caso di opposizione agli atti esecutivi il termine è di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto, ad esecuzione non ancora iniziata, ovvero venti giorni dal primo atto esecutivo.

Sempre secondo il Giudice adito il termine di prescrizione è e rimane quello quinquennale. Anche qui l'orientamento è granitico e risale alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 23397 del 17 novembre 2016 in virtù della quale la scadenza del termine per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all'art. 24, comma 5, D.lgs. n. 46 del 1999 produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo, senza determinare anche l'effetto della cosiddetta conversione del termine di prescrizione breve (nella specie quinquennale secondo l'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art. 2953 c.c.

Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo la natura di atto amministrativo, è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.

Osservazioni

Il Giudice della Sezione Lavoro del Tribunale di Modena ha ben fatto governo delle più importanti pronunce della Suprema Corte che affermano principi i quali, per la loro ampia portata ermeneutica, non possono che assumere rilevanza nell'ipotesi all'odierno esame.

Detto e riconosciuto ciò, occorre però evidenziare come il Tribunale adito non si sia confrontato anche con il D.l. n. 146 del 2021 modificativo dell'art. 12 del d.P.R. n. 602/1973 avente un nuovo comma, il 4 bis, che ha sancito come non impugnabile l'estratto ruolo e la cartella non validamente notificata, se non in specifiche e ben limitate ipotesi.

Dal 21 dicembre 2021, infatti: “4-bis. L'estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell'articolo 80, comma 4,del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia edelle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione”.

In materia previdenziale, che è quella che qui compete, tale confronto è stato invece affrontato di recente dal Tribunale di Torino, con sentenza n. 1220 del 16 settembre 2022, che ha stabilito come ancora ammissibile l'accertamento negativo dei crediti I.N.P.S., anche dopo l'entrata in vigore del D.l. n 146/2021, qualora però il giudizio abbia per oggetto cartelle regolarmente notificate.

Varie critiche possono essere mosse alla nuova normativa sotto il profilo costituzionale ma, per ora, in attesa di valutare le reazioni della giurisprudenza, il ricorso può essere proposto solo quando l'interesse ad agire rientra nelle casistiche indicate dalla norma sopra citata.

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