Credito fondiario: il superamento del limite di finanziabilità non determina la nullità del contratto

Fabio Fiorucci
06 Dicembre 2022

Le Sezioni Unite della Cassazione intervengono su una questione dibattuta, in tema di credito fondiario, chiarendo che il mutuo fondiario stipulato in violazione del limite di finanziabilità (80% del valore dell'immobile cauzionale) non è nullo e non può essere riqualificato dal giudice in mutuo ordinario.
Massima

In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui all'art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 385 del 1993, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell'oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione – qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all'Autorità di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell'ambito della «vigilanza prudenziale» (cfr. artt. 51 e 53 t.u.b.) – la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), potrebbe condurrebbe al risultato di pregiudicare proprio l'interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito.

Il caso

Il secondo comma dell'art. 38 TUB (Nozione di credito fondiario) demanda alla Banca d'Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, la definizione delle modalità di determinazione degli importi massimi finanziabili nell'ambito di un'operazione di credito fondiario, da individuare in rapporto al “valore” dei beni ipotecati o al “costo” delle opere da eseguire sugli stessi. Con deliberazione 22 aprile 1995 del CICR e le conseguenti Istruzioni applicative della Banca d'Italia, l'ammontare massimo dei finanziamenti fondiari è stato fissato nell'80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi, ivi compreso il costo dell'area o dell'immobile da ristrutturare.

La questione di diritto affrontata dalle Sezioni Unite sono le conseguenze derivanti dal superamento del limite di finanziabilità previsto dall'articolo 38, comma 2, TUB.

La questione

Come appena detto, la circostanza che il limite di finanziabilità (80%) costituisca uno dei requisiti caratterizzanti l'operatività di credito fondiario solleva il problema degli effetti del mancato rispetto di tale percentuale di concessione.

Secondo un primo orientamento della Suprema Corte di Cassazione, la disposizione dell'art. 38 TUB e i conseguenti provvedimenti delle Autorità amministrative sono norme di «buona condotta» la cui violazione può, nel caso, comportare l'irrogazione delle sanzioni previste dall'ordinamento bancario, senza potere incidere sul regolamento contrattuale delle relative posizioni e, in particolare, sulla validità delle medesime (Cass. n. 26672/2013; Cass. n. 27380/2013; Cass. n. 22446/2015; Cass. n. 4471/2016; Cass. n. 13164/2016).

In sostanza, l'art. 38 TUB non è norma di tutela del contraente debole (se così fosse, la sua violazione impatterebbe sulla validità del contratto) ma è norma dettata a presidio del sistema bancario, perché volta ad impedire che le banche assumano esposizioni finanziarie senza adeguate garanzie. In particolare, la violazione dell'art. 38 TUB non configura la violazione di una norma imperativa (che provoca la nullità del contratto) bensì una irregolarità commessa dalla banca rispetto a quella che dovrebbe essere la propria best practice, sanzionabile dalla Banca d'Italia in termini di infrazione alle regole di sana e prudente gestione dell'attività bancaria (Cass. n. 26672/2013). Diversamente opinando, prosegue la Cassazione, far discendere dalla violazione del limite di finanziabilità la nullità del finanziamento ormai erogato col conseguente venir meno della connessa garanzia ipotecaria condurrebbe al paradossale risultato di pregiudicare ancor più proprio quel valore della stabilità patrimoniale della banca che la norma intende proteggere (Cass. n. 26672/2013).

Il rispetto del limite di finanziabilità, è ancora osservato, non risulta essere una circostanza rilevabile dal contratto, in quanto l'accertamento in proposito può avvenire solo tramite valutazioni estimatorie dell'immobile oggetto di finanziamento suscettibili di opinabilità e soggette a margini di incertezza valutativa e come tali non rilevabili dal testo del contratto; la Banca d'Italia, nel determinare il limite di finanziamento non ha prescritto che nel contratto venissero indicati degli elementi di riferimento quali il valore dell'immobile o il costo delle opere: tale circostanza induce a ritenere che il predetto limite non configuri una clausola determinativa del contenuto del contratto.

In breve: le disposizioni in questione non appaiono volte ad integrare norme inderogabili sulla validità del contratto ma appaiono norme di buona condotta la cui violazione potrà comportare l'irrogazione delle sanzioni previste dall'ordinamento bancario, qualora ne venga accertata la violazione a seguito dei controlli che competono alla Banca d'Italia, nonché eventuale responsabilità, senza ingenerare una causa di nullità, parziale o meno, del contratto di mutuo (Cass. n. 26627/2013).

Le conclusioni dell'orientamento di legittimità da ultimo riferito sono state successivamente rimeditate dalla Cassazione (Cass. n. 17352/2017; Cass. n. 19016/2017; Cass. n. 6586/2018; Cass. n. 9079/2018: Cass. nn. 11201, 11543, 13286 e 24138 del 2018; Cass. n. 17439/2019; Cass. n. 31057/2019; Cass. n. 1193/2020; Cass. n. 16776/2021; Cass. n. 10788/2022), in adesione al diverso indirizzo secondo cui il superamento del limite di finanziabilità determina la nullità del contratto di mutuo fondiario, con sua eventuale conversione, ricorrendone i presupposti, in finanziamento ipotecario ordinario.

Gli argomenti logico-giuridici sottesi a questo orientamento della Cassazione sono riassumibili come segue:

– la previsione del limite di finanziabilità è essenziale ai fini della qualificazione del finanziamento ipotecario come “fondiario”; col superamento del limite di finanziabilità, il precetto di cui all'art. 38 TUB è disatteso non solo (e non tanto) sul versante del comportamento, quanto e soprattutto sul versante dell'oggetto del finanziamento fondiario eccessivo;

– il limite massimo di concedibilità del mutuo fondiario risponde a una necessità di analitica regolamentazione dettata da obiettivi economici generali: «la norma non è volta a tutelare la stabilità patrimoniale della singola banca, ma persegue interessi economici nazionali (pubblici)» (Cass. n. 17352/2017); il valore massimo di finanziabilità costituisce un limite inderogabile all'autonomia privata in ragione della natura pubblica dell'interesse tutelato, volto a regolare il quantum della prestazione creditizia al fine di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare ed agevolare e sostenere l'attività di impresa;

– l'interpretazione che in materia di credito fondiario esclude la nullità del relativo contratto, ove pur sia violato il limite massimo di concedibilità del finanziamento, finisce per mantenere intatta una causa di prelazione resa illegittima dalla violazione del precetto normativo, con eventuale violazione della par condicio creditorum;

– da quest'ultimo angolo di visuale, è da rimarcare l'inadeguatezza della sanzione amministrativa, giacché sanzionare il superamento della soglia con l'irrogazione di mere sanzioni amministrative, facendo sempre salva la validità del contratto, significa consentire alla banca di disporre della fattispecie del credito fondiario, mantenendone i significativi benefici correlati pur nel mancato rispetto dei limiti di legge, con conseguente pregiudizio delle pretese dei creditori concorrenti.

Ricapitolando: secondo questo indirizzo, il rispetto del limite di finanziabilità è essenziale ai fini della qualificazione del finanziamento ipotecario come “fondiario”; il superamento della percentuale di concessione implica la nullità dell'intero contratto fondiario; resta impregiudicata la possibilità di conversione del mutuo “fondiario” in un finanziamento ipotecario ordinario, ricorrendone i presupposti.

Nel panorama di orientamenti sin qui delineato, evidenza a parte merita un ulteriore indirizzo giurisprudenziale - ben noto anche alla Cassazione (Cass. n. 17439/2019; Cass. n. 4117/2022; Cass. n. 7509/2022) e anzi suggerito nell'ordinanza interlocutoria n. 4117/2022 di rimessione alle Sezioni Unite -, secondo cui, superato il limite di finanziabilità ex art. 38 TUB, non si determinerebbe la nullità del sinallagma, con eventuale conversione in altro tipo di contratto, ma solo la disapplicazione della speciale disciplina del mutuo fondiario, con conservazione della garanzia ipotecaria.

Questa impostazione predica l'unicità del tipo contrattuale del mutuo, negando al mutuo fondiario la qualifica di tipo autonomo. In sostanza, il mutuo, pur qualificato come “fondiario”, ove non rispettoso dei limiti di finanziabilità altro non sarebbe che un ordinario mutuo ipotecario.

Il contratto di mutuo fondiario non rappresenta una forma contrattuale autonoma; esso va inteso quale species del genus credito ipotecario, trattandosi di una forma particolare di finanziamento cui, in presenza di taluni requisiti, si applica una disciplina ad hoc. La mancanza – anche patologica – di uno degli elementi costitutivi caratterizzanti tale tipologia negoziale consente di procedere alla mera disapplicazione della disciplina di favore in danno del soggetto che abbia (causato o abbia) concorso alla violazione. Dunque, dalla violazione della normativa bancaria in tema di limite di finanziabilità del mutuo deriva non l'invalidità totale del contratto quanto piuttosto la mera disapplicazione della disciplina speciale del mutuo fondiario, con conservazione del contratto di mutuo ipotecario ordinario.

Come detto, parte della Cassazione non è ostile a un «percorso … alternativo» alla eventuale conversione ex art. 1424 c.c. del mutuo fondiario nullo, costituito dalla riqualificazione del contratto alla stregua di un mutuo ipotecario ordinario, prescindendo dal nomen iuris adoperato dalle parti e sterilizzandolo delle tutele speciali previste dalla legge, in favore del mutuante, per i finanziamenti fondiari (così Cass. n. 4117/2022, nell'ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite).

Osservazioni

La Prima sezione civile della Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 4117 del 2022, ha investito le Sezioni Unite «della questione di massima di particolare importanza» riguardante le conseguenze derivanti dal superamento, nel mutuo fondiario, del limite di finanziabilità previsto dall'art. 38, comma 2, TUB.

In esito a un articolato percorso argomentativo le Sezioni Unite, in sostanziale adesione al primo degli orientamenti illustrati (espresso da Cass. n. 26627/2013), hanno enunciato il seguente principio di diritto: in tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui all'art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 385 del 1993, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell'oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione – qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all'Autorità di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell'ambito della «vigilanza prudenziale» (cfr. articoli 51 e 53 t.u.b.) – la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), potrebbe condurrebbe al risultato di pregiudicare proprio l'interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito.

Le Sezioni Unite si sono pronunciate anche riguardo alla possibilità di riqualificare il contratto di mutuo fondiario, non rispettoso dei limiti di finanziabilità, alla stregua di un mutuo ipotecario ordinario, prescindendo dal nomen iuris adoperato dalle parti e sterilizzandolo delle tutele speciali previste dalla legge, in favore del mutuante, per i finanziamenti fondiari.

Non condividendo tale proposta ricostruttiva, il Collegio ha enunciato il seguente, ulteriore principio di diritto: qualora i contraenti abbiano inteso stipulare un mutuo fondiario corrispondente al modello legale (finanziamento a medio o lungo termine concesso da una banca garantito da ipoteca di primo grado su immobili), essendo la loro volontà comune in tal senso incontestata (o, quando contestata, accertata dal giudice di merito), non è consentito al giudice riqualificare d'ufficio il contratto,al fine di neutralizzare gli effetti legali propri del tipo o del sottotipo negoziale validamente prescelto dai contraenti per ricondurlo al tipo generale di appartenenza (mutuo ordinario) o a tipi contrattuali diversi, pure in presenza di una contestazione della validità sotto il profilo del superamento del milite di finanziabilità, la quale implicitamente postula la corretta qualificazione del contratto in termini di mutuo fondiario.

Resta impregiudicata la tutela risarcitoria nei casi di colpevole concorso della banca mutuante nel dissesto del cliente finanziato, «eventualità ipotizzabile anche nel caso di dolosa o colposa concessione di finanziamento ultra-soglia che sia stata causa determinante di conseguenze dannose per il soggetto finanziato o i terzi».

Conclusioni

Le Sezioni Unite, con la sentenza in commento, hanno dunque stabilito, in esito ad uno stringente (condivisibile) percorso logico-giuridico, che il mutuo fondiario stipulato in violazione del limite di finanziabilità (80% valore immobile cauzionale) a) non è nullo e b) non può essere riqualificato dal giudice in mutuo ordinario.

È auspicabile che il nuovo indirizzo non incentivi condotte spregiudicate degli intermediari creditizi, attratti dalla possibilità di massimizzare le proprie attività di finanziamento senza compromettere la fondiarietà di finanziamenti erogati anche oltre il limite prudenziale dell'80% del valore del cespite cauzionale.

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