L’ineleggibilità del sindaco di società di capitali
24 Gennaio 2023
Massima
È causa di ineleggibilità a sindaco lo svolgimento, da parte del professionista, di attività di consulenza per la società, anche qualora detta attività sia svolta tramite un socio o collaboratore dello studio di cui faccia parte il sindaco. La ragione della causa di ineleggibilità risiede nell'esigenza di garantire l'indipendenza di colui che è incaricato delle funzioni di controllo in presenza di situazioni idonee a compromettere tale indipendenza, con valutazione rimessa al prudente apprezzamento del giudice in base all'esame della concreta fattispecie. Il caso
Un professionista otteneva la condanna, in via monitoria, di una società al pagamento dei propri compensi professionali “per attività di consulenza fiscale”. La società proponeva opposizione all'avverso decreto ingiuntivo chiedendo, in via riconvenzionale, “di accertare la responsabilità professionale di A.A. e conseguentemente di condannarlo al risarcimento dei danni e di accertare l'incompatibilità del medesimo con la carica di sindaco della società, con sua condanna alla restituzione di quanto indebitamente percepito”. Il professionista, per quanto qui ci occupa, si costituiva in giudizio eccependo che l'attività di consulenza fiscale era svolta da altro professionista, socio del medesimo studio. All'esito del giudizio di primo grado il tribunale non aveva rilevato una causa di ineleggibilità del professionista mentre la Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di prime cure, aveva “ravvisato l'ineleggibilità (del professionista) nella circostanza che il credito professionale sarebbe stato maturato da una società della quale il medesimo detiene il 70%, così ricorrendo l'ipotesi di cui all'art. 2399 c.c., lett. c)”, con condanna dello stesso a restituire l'importo percepito per l'incarico di Sindaco. Avverso la sentenza della Corte di Appello il professionista ha proposto ricorso per cassazione mentre la società, nelle more fallita, ha resistito con controricorso e ricorso incidentale. Le questioni giuridiche
La Suprema Corte, per quanto qui ci occupa, è stata investita della questione circa l'esame che deve essere condotto dal giudice affinché possa ritenersi effettivamente sussistente una causa di ineleggibilità del Sindaco ex art. 2399 lett. c) c.c. Nel caso in esame la Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione della Corte di Appello, che aveva stabilito che il Sindaco non potesse assumere tale incarico in quanto altro socio dello stesso studio, di cui il medesimo aveva una partecipazione del 70%, aveva svolto attività professionale a favore della stessa società. La Corte ha rinvenuto in tale circostanza la sussistenza della causa di ineleggibilità prevista dalla lettera c) del citato art. 2399 c.c. la quale prevede che non possano essere eletti alla carica di sindaco e, se eletti, decadano dall'ufficio, “coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza”, con valutazione rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito che la Corte – nel caso di specie - ha individuato, appunto, “nella percentuale spettante al sindaco (il 70%) dei crediti ricavabili dall'attività di consulenza svolta in favore della società”. La Corte ha precisato che “la compromissione dell'indipendenza del sindaco sussiste non solo quando il controllore sia direttamente implicato nell'attività sulla quale dovrebbe esercitare il controllo, ma anche quando l'attività di consulenza sia prestata, come nel caso in esame, da un socio o collaboratore dello studio di cui faccia parte il sindaco (v. al riguardo Cass. n. 9392/2015)”.
Osservazioni
La sentenza della Suprema Corte si inserisce in un filone giurisprudenziale, di legittimità e di merito, che stabilisce l'ineleggibilità a sindaco di un professionista nell'ipotesi in cui quest'ultimo sia legato alla società (o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o quelle sottoposte a comune controllo) da un rapporto di natura patrimoniale (di lavoro, di consulenza anche di soci e collaboratori del medesimo studio professionale) che ne possa compromettere l'indipendenza, sulla base di una valutazione in concreto rimessa, come visto sopra, al prudente apprezzamento del giudice. In dottrina è stato evidenziato che “ogni rapporto di collaborazione consulenziale, anche se non continuativo, deve essere equiparato ad un'ingestione nell'attività amministrativa della società, se non altro per l'influenza dei pareri che essa comporta, e quindi valutabile quale causa di incompatibilità con l'attività di controllo (Campobasso, Diritto commerciale, II, Torino, 2002, 410; Caprara, Sull'indipendenza del sindaco-consulente, in CeI, 2017, 754; De Angelis, Incompatibilità e ineleggibilità dei sindaci-revisori, in Riv. D'Impr., 2006, I, 44; Sasso, A proposito dell'indipendenza del sindaco, in Gco, 1999, I, 205; per una diversa opinione Santosuosso, La riforma del diritto societario, Milano, 2003, 150; Spiotta, Sindaco e consulente della stessa società possono essere colleghi di studio?, in Gco, 2004, II, 171)”.
Conclusioni
Come già richiamato anche su questo portale (“Le cause di ineleggibilità dei sindaci ex art. 2399 c.c. nel fallimento”, a commento della sentenza del Tribunale di Bologna del 3 marzo 2017), qualora il Sindaco faccia parte di uno studio professionale che svolga attività a favore della medesima società al fine di verificare la sussistenza di cause di ineleggibilità ex art 2399 cod. civ. è necessario verificare, in concreto, i profili di “compromissione patrimoniale” tra il Sindaco e lo studio associato tutte le volte in cui egli si possa attendere dal rapporto di consulenza del suo associato un ritorno economico personale. La Suprema Corte, nella sentenza in commento, ha statuito che la valutazione sulla sussistenza di rapporti patrimoniali che possano compromettere l'indipendenza del Sindaco, in quanto fattispecie di chiusura, volutamente aperta ed indeterminata, debba essere affidata al prudente apprezzamento dell'organo giudicante che dovrà individuare il criterio discretivo concreto in relazione alla singola fattispecie sottoposta al suo esame. Le stesse “Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate” del CNDCEC aggiornate alla data del 12 gennaio 2021 (con le disposizioni introdotte dalla Legge 30 dicembre 2020, n. 178) si pongono nella medesima direzione. La norma 1.4 sull'Indipendenza prevede che “i sindaci devono svolgere l'incarico con obiettività e integrità e nell'assenza di interessi, diretti o indiretti, che ne compromettano l'indipendenza”. Con particolare riferimento all'ipotesi di un legame discendente da rapporti di natura patrimoniale che potrebbero compromettere l'indipendenza del professionista il CNDCEC, tra i fattori di rischio, ha individuato il possibile difetto di indipendenza finanziaria che potrebbe ravvisarsi qualora “i compensi percepiti dal professionista (o che egli prevede di percepire) da una società o da altre società del gruppo e comprendenti sia quelli individuali che quelli provenienti dalla partecipazione allo studio associato o alla società tra professionisti a cui il professionista appartiene sono superiori a un determinato livello rispetto al totale dei compensi da lui percepiti e, quando, allo stesso tempo, il compenso percepito (o che si prevede di percepire) per l'attività di sindaco da una società o da altre società del gruppo non è preponderante sul totale dei compensi percepiti dalla società medesima (o da 18 altre società del gruppo). In tal caso il sindaco potrebbe privilegiare il suo interesse per gli altri servizi compromettendo l'obiettività di giudizio”. Nel caso in cui il Sindaco facente parte di uno studio associato che svolta attività di consulenza e prestazioni d'opera retribuita o, comunque, abbia rapporti di natura patrimoniale con la Società, alla luce della costante giurisprudenza di legittimità e di merito, dovranno valutarne attentamente i rischi del caso concreto e cercare “un'adeguata misura di salvaguardia che riduca i rischi a un livello accettabile”, come prescritto anche dalla Norma di comportamento del CNDCEC. |