Codice di Procedura Penale art. 415 ter - Scadenza dei termini per l'assunzione delle determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale. Diritti e facolta' dell'indagato e della persona offesa 1Scadenza dei termini per l'assunzione delle determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale. Diritti e facolta' dell'indagato e della persona offesa 1 1. Salvo quanto previsto dal comma 2, alla scadenza dei termini di cui all'articolo 407-bis, comma 2, se il pubblico ministero non ha esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione e non ha giàdisposto la notifica dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari, la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata in segreteria. Alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini è immediatamente notificato avviso dell'avvenuto deposito della documentazione e della facoltà di esaminarla ed estrarne copia. L'avviso contiene altresi' l'indicazione della facoltàdi cui al comma 4. Copia dell'avviso e' comunicata al procuratore generale presso la corte di appello. 2. Il pubblico ministero, prima della scadenza dei termini di cui all'articolo 407-bis, comma 2, puo' presentare al giudice per le indagini preliminari richiesta motivata di differimento del deposito della documentazione relativa alle indagini espletate: a) quando e' stata richiesta l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari e il giudice non ha ancora provveduto o quando, fuori dai casi di latitanza, la misura applicata non e' stata ancora eseguita; b) quando la conoscenza degli atti d'indagine puo' concretamente mettere in pericolo la vita o l'incolumita' di una persona o la sicurezza dello Stato ovvero, nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, arrecare un concreto pregiudizio, non evitabile attraverso la separazione dei procedimenti o in altro modo, per atti o attivita' di indagine specificamente individuati, rispetto ai quali non siano scaduti i termini di indagine e che siano diretti all'accertamento dei fatti, all'individuazione o alla cattura dei responsabili o al sequestro di denaro, beni o altre utilita' di cui e' obbligatoria la confisca; c) quando taluna delle circostanze indicate alle lettere a) e b) ricorre in relazione a reati connessi ai sensi dell'articolo 12 o collegati ai sensi dell'articolo 371, comma 2, per i quali non sia ancora decorso il termine previsto dall'articolo 407-bis, comma 2. 3. Entro venti giorni dal deposito della richiesta del pubblico ministero, se ne ricorrono i presupposti, il giudice per le indagini preliminari autorizza con decreto motivato il differimento per il tempo strettamente necessario e, comunque, per un periodo complessivamente non superiore a sei mesi o, se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, non superiore a un anno. 4. Alla scadenza dei termini di cui all'articolo 407-bis, comma 2, se il pubblico ministero non ha esercitato l'azione penale, ne' richiesto l'archiviazione, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa possono chiedere al giudice per le indagini preliminari di valutare le ragioni del ritardo e, nel caso in cui non siano giustificate, di ordinare al pubblico ministero di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale. Sulla richiesta il giudice, sentito il pubblico ministero, provvede nei venti giorni successivi. L'istanza e' comunicata al procuratore generale presso la corte di appello. Quando non ha autorizzato il differimento ai sensi del comma 2 o non ricorrono le esigenze indicate nel medesimo comma, il giudice ordina al pubblico ministero di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale entro un termine non superiore a venti giorni. Quando, ai fini dell'esercizio dell'azione penale, deve essere notificato l'avviso di conclusione delle indagini di cui all'articolo 415-bis, nel computo del termine assegnato dal giudice non si tiene conto del tempo intercorso tra la notifica dell'avviso e la scadenza dei termini di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 415-bis. Copia del decreto è comunicata al procuratore generale presso la corte di appello e notificata alla persona che ha formulato la richiesta. 5. Alla scadenza dei termini di cui all'articolo 407-bis, comma 2, se il pubblico ministero non ha esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione, il procuratore generale presso la corte d'appello, se non dispone l'avocazione delle indagini ai sensi dell'articolo 412, comma 1, può ordinare, con decreto motivato, al procuratore della Repubblica di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale entro un termine non superiore a venti giorni. La disposizione di cui al primo periodo non si applica quando: a) il pubblico ministero ha formulato richiesta di differimento del deposito ai sensi del comma 2 e la stessa non è stata rigettata; b) è stata già presentata l'istanza di cui al comma 4. [1] Articolo inserito dall'art. 22, comma 1, lett. m), d.lgs.10 ottobre 2022, n. 150. Per le disposizioni transitorie in materia di indagini preliminari vedi l'art. 88-bis del citato d.lgs. n. 150/2022 come aggiunto dall'art. 5-sexies d.l. n. 162/2022 cit., conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Successivamente sostituito dall'art.2, comma 1, lett. n) d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31. Il precedente testo dell'articolo era il seguente: «1. Salvo quanto previsto dal comma 4, alla scadenza dei termini di cui all'articolo 407-bis, comma 2, se il pubblico ministero non ha disposto la notifica dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari, né ha esercitato l'azione penale o richiesta l'archiviazione, la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata in segreteria. Alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini è altresì immediatamente notificato avviso dell'avvenuto deposito e della facoltà di esaminarla ed estrarne copia. L'avviso contiene altresì l'indicazione della facoltà di cui al comma 3. Copia dell'avviso è comunicata al procuratore generale presso la corte di appello. 2. Quando, decorsi dieci giorni dalla scadenza dei termini di cui all'articolo 407-bis, comma 2, non riceve la comunicazione prevista al comma 1, se non dispone l'avocazione delle indagini preliminari, il procuratore generale ordina con decreto motivato al procuratore della Repubblica di provvedere alla notifica dell'avviso di deposito di cui al comma 1 entro un termine non superiore a venti giorni. Copia del decreto è notificata alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini. 3. Se dalla notifica dell'avviso di deposito indicato al comma 1 o del decreto indicato al comma 2 è decorso un termine pari a un mese senza che il pubblico ministero abbia assunto le determinazioni sull'azione penale, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa può chiedere al giudice di ordinare al pubblico ministero di provvedere. Il termine è pari a tre mesi nei casi di cui all'articolo 407, comma 2. Si vieta il secondo, il terzo e il quarto periodo del comma 5-quater nonché il comma 5-quinquies dell'articolo 415-bis. Quando, in conseguenza dell'ordine emesso dal giudice, è notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, i termini di cui all'articolo 407-bis, comma 2, sono ridotti di due terzi. 4. Prima della scadenza dei termini previsti dall'articolo 407-bis, comma 2, quando ricorrono le circostanze di cui al comma 5-bis dell'articolo 415-bis, il pubblico ministero può presentare richiesta motivata di differimento del deposito e della notifica dell'avviso di deposito di cui al comma 1 al procuratore generale. Sulla richiesta il procuratore generale provvede ai sensi del comma 5-ter dell'articolo 415-bis. Le disposizioni del presente comma non si divieto quando il pubblico ministero ha già presentato la richiesta di differimento prevista dal comma 5-bis dell'articolo 415-bis.» InquadramentoL'art. 415-ter, introdotto dall'art. 22, comma 1, lett. m), d.lgs. n. 150 del 2022, poi integralmente sostituito dall'art. 1, lett. n), d.lgs. n. 31 del 2024, sotto la rubrica «Scadenza dei termini per l'assunzione delle determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale. Diritti e facoltà dell'indagato e della persona offesa», mira a garantire il pieno rispetto dei criteri di delega (art. 1, comma 9, lettere da e) a h) della l. 134/2021), al contempo operando una complessiva semplificazione, sempre mantenendo ferme le garanzie per le parti ed prevedendo un più incisivo controllo da parte del giudice per le indagini preliminari, che, con la nuova formulazione, viene esteso anche nella fase dell'autorizzazione al ritardato deposito degli atti. La norma, come novellata dal c.d. collegato Cartabia (d.lg. 31/2024), delinea una diversa disciplina, che, nel ricalcare a grandi linee quella contenuta negli abrogati commi da 5-bis a 5-sexies dell'art. 415-bis, c.p.p., si caratterizza soprattutto per l'intervento del giudice per le indagini preliminari in un procedimento che si svolge attualmente all'interno del sistema della pubblica accusa. Si è trattato di uno dei pochi interventi “che incidono in modo sostanziale sull'attuale assetto della giustizia penale e che sono stati mossi dalla finalità di perfezionare i meccanismi procedurali introdotti dalla riforma in un'ottica di semplificazione e accelerazione processuale”, in quanto afferente agli istituti di risoluzione della cd. stasi del procedimento (così la Relazione Ministeriale al collegato “Cartabia”, pag. 2). Le scansioni procedimentali della discovery
Il deposito degli atti di indagine e l’obbligo di notifica dell’avviso di deposito L'art. 415-ter, in particolare, al comma 1, stabilisce che, salvo il tempestivo ottenimento di un'autorizzazione al differimento, scaduti i termini per l'esercizio dell'azione penale, il Pubblico Ministero deve depositare nella segreteria la documentazione relativa alle indagini espletate e darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini, in modo che possano esaminarla ed estrarne copia. Copia dell'avviso è inviata anche al procuratore generale. Sul punto, in dottrina (Garuti) si è sostenuto che tale momento giurisdizionale «per un verso vorrebbe contribuire a dare effettività alle norme processuali che regolano questa fase, per altro verso, pare riconoscere all'indagato e all'offeso un “diritto al giudice”, destinato in teoria a innalzare il “tasso di legalità” di un segmento procedimentale divenuto ormai troppo importante e centrale per rimanere nella completa signoria del pubblico ministero». La richiesta motivata di differimento del p.m. e la decisione del g.i.p Se i termini per l'esercizio dell'azione penale non sono ancora scaduti, il Pubblico Ministero può avanzare al g.i.p. richiesta motivata di differimento del deposito della documentazione relativa alle indagini espletate al ricorrere di ipotesi definite. In particolare, la nuova formulazione dell'art. 415-ter introdotta dal c.d. collegato Cartabia (d.lg. 31/2024), conferma due ipotesi già previste dall'art. 415-bis, comma 5-bis, che viene contestualmente abrogato (quando è stata richiesta l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari e il giudice non ha ancora provveduto o quando, fuori dai casi di latitanza, la misura non è stata ancora eseguita; quando la conoscenza degli atti d'indagine può concretamente mettere in pericolo la vita o l'incolumità di una persona o la sicurezza dello Stato o arrecare un concerto pregiudizio, per le attività di indagine) e ne aggiunge una ulteriore, in base alla quale può essere chiesto il differimento se le due ipotesi sopra ricordate ricorrono in relazione a reati connessi o collegati a quello per il quale si procede e per i quali non siano ancora scaduti i termini per l'esercizio dell'azione penale. Sarà quindi il g.i.p. (e non il p.g.), entro 20 giorni dal deposito della richiesta del PM, a concedere, ove ne ravvisi i presupposti, il differimento per il tempo strettamente necessario (in ogni caso non superiore a 6 mesi o ad 1 anno qualora si proceda per i gravi delitti per i quali l'art. 407, comma 2, concede un termine di durata delle indagini preliminari di 2 anni). Tra i delitti di cui al comma 2 dell'art. 407 figurano la devastazione, la strage, l'omicidio, i reati commessi nell'ambito di un'associazione di tipo mafioso, i delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, i reati di produzione e traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope e di associazione finalizzata al traffico illecito delle medesime sostanze, i delitti di fabbricazione, vendita e porto di armi da guerra, la riduzione in schiavitù, la prostituzione e la pornografia minorile, la tratta di persone, la violenza sessuale. Il termine di due anni per le indagini è altresì riconosciuto per le indagini relative a notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese o per le indagini che richiedono il compimento di atti all'estero. I poteri di impulso delle parti private Il comma 4 del novellato art. 415-ter, c.p.p., prevede che alla scadenza dei termini di cui all'articolo 407-bis, comma 2, se il pubblico ministero non ha esercitato l'azione penale, né richiesto l'archiviazione: a) la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa possono avanzare istanza (comunicata anche al p.g. presso la corte di appello) affinché il g.i.p. valuti le ragioni del ritardo e, nel caso in cui non siano giustificate, ordini al P.M., dopo averlo sentito, di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale. Il giudice deve provvedere entro 20 giorni dalla richiesta; b) il g.i.p., quando non ha autorizzato il differimento del deposito degli atti di indagine, o quando non ricorrevano le ipotesi richieste dalla legge per il differimento, ordina al Pubblico Ministero di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale entro un termine non superiore a venti giorni (termine per la cui decorrenza non si tiene conto del tempo intercorso tra la notifica dell'avviso di chiusura delle indagini e la scadenza dei termini di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 415-bis). Copia del decreto è comunicata al Procuratore generale presso la corte di appello e notificata alla persona che ha formulato la richiesta. I poteri del Procuratore Generale In base al disposto del nuovo comma 5 dell'art. 420-ter, c.p.p., il Procuratore generale presso la corte d'appello, se non dispone l'avocazione delle indagini ai sensi dell'articolo 412, comma 1, può ordinare, con decreto motivato, al Procuratore della Repubblica di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale entro un termine non superiore a venti giorni, tranne nei casi in cui il g.i.p. non abbia rigettato la richiesta di differimento del deposito degli atti avanzata dal p.m. o quando la persona sottoposta alle indagini o la persona offesa abbiano presentato istanza. Si noti che su tale meccanismo avocatorio, già contemplato dalla previgente formulazione della norma novellata, si era pronunciato in senso critico il C.S.M. (Parere della VI Commissione del CSM, 31), secondo il quale, nell'individuare una possibile soluzione al problema dello stallo, il legislatore delegato «deve essersi basato su un modello ideale di Ufficio di Procura, ove, pendendo poche decine di procedimenti penali, è doveroso attendersi che il P.M. e la sua segreteria monitorino con puntualità tutte le scadenze e che la Procura sia quindi in grado di osservare la tempistica individuata per la definizione della fase delle indagini preliminari»). Nella prassi, invece, secondo quanto risulta da un'analisi dell'ufficio statistico del C.S.M. relativa al triennio 2019/2020/2021, presso la Procura di Milano, i sostituti sono stati titolari di una media di 814 procedimenti penali ciascuno, a Roma di una media di 730 procedimenti a testa, a Napoli di 204 procedimenti, a Busto Arsizio di 1399 procedimenti, ad Ivrea di 2053 procedimenti contro noti; a Rieti di 1.036 procedimenti e, infine, a Brescia di 1003 procedimenti (ibidem). Come già riconosciuto dallo stesso Ministero della giustizia (Ministero della giustizia - Dipartimento per gli affari di giustizia, circolare 26 ottobre 2022, Sez. II, 20), la riforma “Cartabia” richiederà peraltro una nuova e più precisa organizzazione del flusso comunicativo tra procure del distretto e procura generale ai fini dell'avocazione (nuovo art. 127 disp. att. c.p.p.), e, soprattutto, il costante aggiornamento dei contenuti del registro delle notizie di reato, specialmente qualora la loro modifica dipenda da decisioni giurisdizionali incidentali in fase di indagine (ad esempio misura cautelare, interrogatorio di garanzia, tribunale del riesame. Segnatamente, nella circolare si ricorda che uno dei criteri di differimento dell'avviso di conclusione delle indagini – «è stata richiesta l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari e il giudice non ha ancora provveduto» – “chiama in causa” anche l'organizzazione del lavoro dell'ufficio GIP e del suo dirigente, dal momento che la tardiva evasione della richiesta di misura cautelare, sebbene limitatamente alle due ipotesi più afflittive, impinge sul prosieguo dell'attività procedimentale. La disciplina transitoriaCome evidenziato dall'Ufficio del Massimario della Corte di cassazione (Rel. n. 68/22 del 7 novembre 2022), in questo rivoluzionato quadro procedurale, che muove dal mutato e ridotto regime di durata delle indagini preliminari e di loro prorogabilità, con possibilità di retrodatazione dell'iscrizione della notitia criminis ad istanza della persona indagata, e culmina con uno strumentario sollecitatorio contro la stasi del procedimento assai ampio (termine di riflessione, discovery forzata degli atti, avocazione, intervento del giudice chiamato a valutare la sussistenza di un ritardo inequivocabile e ingiustificato), la mancanza di una puntuale disciplina transitoria – salvi gli eventuali correttivi legislativi che, nelle more della differita entrata in vigore del decreto dovessero intervenire – avrebbe creato consistenti dubbi interpretativi. Si poneva infatti il problema – di rilevantissimo impatto pratico, perché involgente centinaia di migliaia di fascicoli pendenti presso gli uffici requirenti ed involge aspetti organizzativo-gestionali delle Procure e del personale dell'amministrazione da impiegare per il disbrigo degli adempimenti – dell'individuazione dell'esatto momento temporale di applicazione della nuova disciplina de qua. Allo stesso modo, appariva oggettivamente opinabile che i nuovi rimedi alla stasi del procedimento potessero immediatamente operare nei procedimenti in cui i termini di indagine (o, addirittura, i termini per l'assunzione delle determinazioni inerenti l'azione penale) fossero già scaduti alla data di entrata in vigore del d.lgs. 150/2022: ciò anche e soprattutto in quanto, da un lato, il funzionamento di detti rimedi si fonda pure su flussi comunicativi, intercorrenti tra le segreterie dei pubblici ministeri e le procure generali, che hanno ad oggetto dati da acquisirsi, elaborarsi e trasmettersi in forma automatizzata; dall'altro, occorreva scongiurare la possibilità che il pubblico ministero procedente si trovasse costretto alla discovery degli atti senza averne potuto ottenere il differimento in presenza di esigenze ostative. Al fine di risolvere le incertezze interpretative e le altre problematiche prospettate è intervenuto l'art. 88-bis (Disposizioni transitorie in materia di indagini preliminari), d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199, con cui si è ritenuto opportuno escludere dall'applicazione delle disposizioni in tema di indagini preliminari, dettate dagli articoli 335-quater, 407-bis e 415-ter, c.p.p. Il comma 2 dell'art. 88-bis, in particolare, ha previsto che “Le disposizioni degli articoli 335-quater, 407-bis e 415-ter del codice di procedura penale, come introdotte dal presente decreto, non si applicano nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto in relazione alle notizie di reato delle quali il pubblico ministero ha già disposto l'iscrizione nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale, nonché in relazione alle notizie di reato iscritte successivamente, quando ricorrono le condizioni previste dall'articolo 12 del codice di procedura penale e, se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale, anche quando ricorrono le condizioni previste dall'articolo 371, comma 2, lettere b) e c), del medesimo codice. Tuttavia, le disposizioni dell'articolo 335 -quater del codice di procedura penale, come introdotte dal presente decreto, si applicano in ogni caso in relazione alle iscrizioni che hanno ad oggetto notizie di reati commessi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto”. Nel senso di una circoscritta ultrattività delle norme vigenti, hanno avuto rilievo dirimente sia la necessità di scongiurare le evidenti complicazioni di natura pratica derivanti dalla contestuale applicazione di regimi diversi nell'ambito d'un medesimo procedimento, sia la considerazione delle possibili ricadute negative sulle indagini in corso dell'attivazione - rispetto alle notitiae criminis connesse o collegate - dei nuovi rimedi introdotti e, segnatamente, dei meccanismi di discovery forzosa degli atti di indagine. L'intervento sulla materia de qua, rigorosamente circoscritto alla risoluzione delle problematiche di diritto transitorio, prescinde dagli esiti delle verifiche in corso circa eventuali correzioni da apportarsi al contenuto delle nuove norme in tema di indagini preliminari, anche con riferimento all'assetto delle competenze previste dalla riforma per l'adozione dei provvedimenti di autorizzazione al differimento del deposito di atti e delle connesse notifiche, alla conclusione delle indagini. L'avvenuta sterilizzazione di alcuni effetti problematici della riforma sui procedimenti di indagine in corso consente, nell'ottica del Legislatore, di portare a compimento le verifiche su menzionate ed elaborare eventuali modifiche della novella normativa entro un orizzonte temporale adeguato alla complessità e alla delicatezza delle tematiche che ne sono oggetto. Le modifiche introdotte dal "collegato Cartabia"Il d.lgs. n. 31/2024 (c.d. collegato “Cartabia”) ha riscritto integralmente l'art. 415-ter c.p.p. In estrema sintesi, l'intervento, in materia di indagini preliminari, è consistito nella eliminazione dei commi da 5-bis a 5-quinquies dell'articolo 415-bis e nella concentrazione della disciplina della risoluzione della stasi nell'articolo 415-ter, complessivamente riformulato. Si tratta di un correttivo volto a dare piena attuazione ai principi e criteri direttivi della legge delega (art 1, comma 4, legge 27 settembre 2021, n. 134) e motivato dalla osservazione che la disciplina già dettata ai commi da 5-bis a 5-quinquies dell'articolo 415-bis eccederebbe i criteri di delega, i quali attengono soltanto alla "stasi patologica" (come peraltro risulta confermato dalla introduzione dell'art. 407-bis, comma 2, che definisce la "stasi patologica" anche nei casi in cui vi sia stata emissione dell'avviso ex art. 415-bis). Inoltre, non era ravvisabile alcuna esigenza - né nella delega era previsto - di effettuare interventi diretti a consentire/imporre al pubblico ministero un percorso (tradottosi in un articolato quanto inutile sub-procedimento) volto a giustificare la mancata emissione dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p. prima della scadenza del termine di conclusione delle indagini, circostanza in esito alla quale non è prevista, peraltro, alcuna sanzione processuale (non vi è infatti materia di inutilizzabilità, che riguarda semmai solo le indagini svolte dopo la scadenza dei termini). L'intervento con le disposizioni correttive del d.lg. 31/2024, mira, pertanto, ad eliminare tale rilevata incoerenza nella previgente disposizione. Risulta, infatti, asistematico imporre un controllo sulla scelta del pubblico ministero di ritardare la notifica dell'avviso ex 415-bis c.p.p. motivata dalla tutela del segreto investigativo, in una fase che non integra una stasi patologica. L'intervento correttivo mira, dunque, a garantire il pieno rispetto dei criteri di delega e, al contempo, opera una complessiva semplificazione del meccanismo di risoluzione della stasi, sempre mantenendo ferme le garanzie per le parti ed anzi prevedendo un più incisivo controllo da parte del giudice per le indagini preliminari che, con la nuova formulazione, viene esteso anche nella fase dell'autorizzazione al ritardato deposito degli atti. Tali disposizioni di tipo correttivo sono per loro natura non suscettibili di comportare costi di adeguamento in capo ai destinatari delle disposizioni. Accanto ai novellati artt. 415-bis e 415-ter, c.p.p., si accompagnano le modifiche agli artt. 412 c.p.p. e 127 disp. att. c.p.p. che sono, con evidenza, consequenziali alla semplificazione del meccanismo della stasi realizzata con i correttivi alle predette norme processuali, prevedendosi, peraltro, anche una estensione (da trenta a novanta giorni) del termine per lo svolgimento delle indagini da parte del procuratore generale, quando questi ne abbia disposto l'avocazione: termine da ritenersi quello minimo idoneo a consentire l'efficacia dell'azione investigativa, avuto riguardo alla circostanza che l'esercizio del potere di avocazione può riguardare (e, di fatto, spesso riguarda) procedimenti di particolare complessità. Come è stato osservato dai primi commentatori (Gialuz), “appare certamente positiva la riscrittura che semplifica, almeno apparentemente, la disciplina: in particolare, risulta condivisibile l'alleggerimento dell'art. 415-bis c.p.p., che era divenuto una sorta di norma omnibus. Se a tale disposizione viene affidata la disciplina della fisiologia della chiusura delle indagini, le ipotesi patologiche trovano regolamentazione e rimedi nel solo art. 415-ter, che viene integralmente riscritto. Giova anticipare che anche l'attribuzione al giudice per le indagini preliminari, in luogo del procuratore generale, dell'autorizzazione alla proroga del deposito degli atti va salutata positivamente”. A fronte di queste novità positive residuano però secondo la richiamata dottrina (GIALUZ) problemi e aporie: a) Il primo problema è rappresentato dal richiamo contenuto nel secondo comma del nuovo art. 415-ter ai termini di cui all'art. 407-bis, comma 2. Non si comprende, secondo tale autorevole voce dottrinale, la ratio di questo richiamo posto che, nella fisiologia del sistema, il pubblico ministero deve disporre la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari entro il termine delle indagini preliminari (art. 415-bis, comma 1, c.p.p.). Il che ha un senso posto che, una volta concluse le indagini, per un verso, la difesa ha diritto alla discovery e, per altro verso, è interesse del sistema che la riflessione sulla scelta effettiva di esercitare l'azione penale avvenga anche alla luce del contributo offerto dall'indagato ed eventualmente dalla persona offesa. Per di più, il risultato concreto del rinvio all'art. 407-bis, comma 2, c.p.p. in luogo dell'art. 405, comma 2, c.p.p. è quello di ingenerare un ulteriore ritardo della discovery pari a 9 mesi: se in forza del previgente art. 415-bis, comma 5-bis, c.p.p. il pubblico ministero è onerato di richiedere al procuratore generale il differimento entro la scadenza del termine delle indagini, secondo la nuova formulazione la richiesta va avanzata al giudice per le indagini preliminari soltanto alla scadenza del periodo di riflessione. Il che, secondo tale autorevole dottrina, non ha alcun senso in un'ottica di ragionevole durata del procedimento penale: si finisce per aggiungere un ulteriore tempo morto – non si potranno infatti svolgere indagini visto che l'art. 407, comma 3, c.p.p. rimane invariato – che non ha alcuna giustificazione. In forza di questa modifica, almeno per i reati di cui all'art. 407, comma 2, si potrebbe arrivare all'abnormità di un'arcata temporale di 33 mesi prima che il pubblico ministero sia costretto a scoprire le sue carte: 24 mesi di indagini (artt. 407, comma 2, e 415-bis, comma 1, c.p.p.), più 9 mesi di riflessione (art. 407-bis, comma 2, c.p.p.). Poi, in caso di differimento, questo periodo già abnorme si allungherebbe ancora di 12 mesi, per giungere a una gittata temporale di ben 45 mesi: un periodo di tutta evidenza irragionevole se si considera che è superiore al limite di 36 mesi posto dalla legge Pinto come metro per la durata dell'intero processo di primo grado. Si è quindi proposto da tale autorevole voce dottrinale di introdurre, allora, nell'art. 415-ter, c.p.p. un richiamo non al termine di cui all'art. 407-bis, ma a quello dell'art. 405, comma 2, c.p.p.: insomma, la richiesta di differimento dovrebbe essere avanzata dal pubblico ministero prima della scadenza del termine delle indagini e non di quello di riflessione; b) Il secondo problema è costituito da un potenziale eccesso di delega: nel nuovo art. 415-ter, comma 2, viene inserita una nuova ipotesi di differimento (lett. c) quando taluna delle circostanze indicate alle lettere a) e b) ricorre in relazione a reati connessi ai sensi dell'articolo 12 o collegati ai sensi dell'articolo 371, comma 2, per i quali non sia ancora decorso il termine previsto dall'articolo 407-bis, comma 2. Non sembra a tale dottrina vi sia alcuna copertura normativa di tale fattispecie nell'art. 1, comma 9, lett. f) della legge-delega; c) Il terzo profilo problematico riguarda specificamente quello che si può definire rimedio alla stasi in senso stretto o stasi propulsiva. A leggere il testo del comma 4 dell'art. 415-ter, secondo tale autorevole voce dottrinale,viene in mente il proposito di Ugo Foscolo che, incaricato di redigere il codice penale militare della Repubblica Cisalpina, aveva dichiarato l'intenzione di utilizzare «uno stile rapido, calzante, conciso, che non lasci pretesto all'interpretazione delle parole, osservando che assai giureconsulti grandi anni e assai tomi spesero per commentare leggi confusamente scritte. Si baderà ancora a una religiosa esattezza della lingua italiana». Nonostante le buone intenzioni del legislatore delegato, nel nuovo comma 4, secondo tale dottrina, si fa davvero fatica a riscontrare questa “religiosa esattezza”. La disposizione appare una sorta di manifesto all'illeggibilità posto che vi sono ben cinque periodi in un unico comma; ma, quel che più conta, sono giustapposte due frasi contraddittorie: nella prima parte si consente al giudice per le indagini preliminari di valutare le ragioni del ritardo e, nel caso in cui non siano giustificate, si prevede che ordini al pubblico ministero di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale; nella seconda parte si richiama invece i casi di differimento del comma 2. Ora, viene da chiedersi quando le ragioni del ritardo siano o meno giustificate; ciò si verifica solo quando sussistono le esigenze indicate nel comma 2? E, ancora, se effettivamente le ragioni sono giustificate, cosa fa il giudice? Verrebbe da credere che differisce il deposito ai sensi del comma 2. Se così fosse, per quanto tempo? La norma non lo dice, con il rischio – paradossale – di venirsi a determinare una nuova stasi, di durata non pronosticabile, nel corso della quale non è neppure possibile svolgere attività d'indagine, stante la natura invariata dell'art. 407, comma 3, c.p.p.; d) Il quarto problema riguarda il quinto comma del nuovo art. 415-ter: viene da chiedersi, secondo tale dottrina, che senso abbia mantenere in capo al Procuratore generale il potere di intimare al pubblico ministero di attivarsi; si è infatti conservato il potere di avocazione ed è quello il rimedio di cui dispone; una volta chiamato in causa per rimediare alla stasi il giudice per le indagini preliminari – in linea con quanto previsto dalla legge-delega – non pare abbia molto senso mantenere anche l'iniziativa del procuratore generale; e) L'ultimo profilo problematico riguarda il rapporto tra discovery patologica dell'art. 415-ter e avviso di cui all'art. 415-bis: ovviamente, laddove il pubblico ministero non opti per l'archiviazione sarà indispensabile far precedere l'azione penale dall'avviso di conclusione (arg. ex art. 416 c.p.p.). Ha senso allora moltiplicare gli avvisi e le conseguenti notificazioni? Non sarebbe stato meglio coordinare i due istituti prevedendone l'equipollenza? Insomma, per quel che riguarda lo sblocco della stasi, ritiene tale dottrina che il correttivo si configura come una vera occasione mancata. Si sarebbe potuto, in attuazione della stessa delega, plasmare una serie di rimedi diversi rispetto a patologie che sono differenti: da un canto, si colloca infatti l'inerzia nella discovery e, dall'altro, la stasi decisionale. La prima avrebbe potuto essere disciplinata in un'apposita disposizione (l'art. 415-ter), contenente la disciplina della discovery coatta patologica e la regolamentazione del differimento: in questa previsione sarebbe stato preferibile prevedere che l'avviso di deposito notificato a causa dell'inerzia venga corredato da una sommaria enunciazione del fatto per cui si sono svolte le indagini, delle norme che si assumono violate, della data e del luogo del fatto e che ad esso si applichino (quanto meno) le norme previste dai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 415-bis c.p.p. (con la naturale esclusione dell'obbligo per il pubblico ministero di assumere informazioni dalla persona offesa). E, a valle di tutto ciò, si sarebbe potuto sancire la piena equiparazione del nuovo avviso a quello dell'art. 415-bis ai fini dell'esercizio dell'azione penale, intervenendo con un'interpolazione nell'art. 416, comma 1, c.p.p. e nell'art. 552, comma 2, c.p.p. oppure con una specificazione nello stesso art. 415-ter, c.p.p. La stasi in senso stretto avrebbe potuto trovare regolamentazione in una disposizione a parte (art. 415-quater), diretta a disciplinare in modo più puntuale l'intervento di chiusura del giudice, sia su richiesta di parte che d'ufficio. Invero, tanto nel d.lgs. n. 150/22, quanto nel correttivo, il giudice per le indagini preliminari interviene solo ed esclusivamente su istanza della persona sottoposta alle indagini e della persona offesa, mentre la direttiva di cui all'art. 1, comma 9, lett. g) – che prescrive di prevedere “in ogni caso” rimedi alla stasi mediante il coinvolgimento del g.i.p. – avrebbe richiesto un intervento più coraggioso, con una norma di chiusura che preveda un intervento ufficioso del giudice. Non pare per l'autorevole voce dottrinale che vi siano rischi di snaturare il ruolo del g.i.p., posto che già si danno ipotesi di chiusura nelle quali – a tutela dell'obbligatorietà dell'azione penale – questi è chiamato a prescrivere un facere al pubblico ministero. Nel caso concreto verrebbe contemplato un intervento in via residuale a tutela della ragionevole durata. Sul piano pratico, il meccanismo appare sostenibile sfruttando la tecnologia: nel momento in cui partirà effettivamente il processo penale telematico, non dovrebbe essere troppo complicato prevedere un alert per il giudice se, dopo un certo periodo dalla scadenza del termine di riflessione (diciotto mesi?), il fascicolo giace ancora nell'armadio; in questo caso potrebbe attivarsi un rimedio di chiusura del sistema. Siccome oggi appare ancora più complicato prevedere (come si era invece ipotizzato durante i lavori preparatori) una forma di improcedibilità – visto che la si vuole espungere dal sistema come fosse un corpo estraneo (anche) sulla scorta di una visione feticistica e vetusta dell'obbligatorietà dell'azione penale – o quanto meno di archiviazione per superamento dei termini, sembra che l'unica possibilità per assicurare effettività al canone di ragionevole durata delle indagini passi per un controllo molto penetrante del giudice. Casistica
Diritti e facoltà di indagato e p.o. in caso di inosservanza dei termini di durata delle indagini preliminari Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 415-ter, la stessa può essere così sintetizzata: a ) scaduto il termine di cui all'art. 407-bis, comma 2, il P.M. deve effettuare la discovery depositando in segreteria gli atti di indagine compiuti e notificando l'avviso di deposito; b ) tuttavia, prima che scadano i termini di cui all'art. 407-bis, comma 2, il P.M. può presentare al giudice per le indagini preliminari – ove ricorra una delle tre ipotesi previste dal comma 2 - richiesta motivata di differimento del deposito della documentazione relativa alle indagini espletate; c ) entro venti giorni dal deposito della richiesta del P.M., il GIP, se ne ricorrono i presupposti, autorizza con decreto motivato il differimento per il tempo strettamente necessario (comunque, per non più di 6 mesi, salvi i gravi delitti di cui all'art. 407, comma 2, per i quali il termine non può superare un anno); d ) una volta scaduti i termini previsti dall'art. 407-bis, comma 2, in caso di inerzia del P.M., l'indagato o la persona offesa hanno facoltà di chiedere al GIP (notiziando il procuratore generale presso la corte di appello), di valutare le ragioni del ritardo e, nel caso in cui non siano giustificate, di ordinare al pubblico ministero di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale; e ) il g.i.p., sentito il pubblico ministero, provvede nei venti giorni successivi; f ) diversamente, il g.i.p., se non ha autorizzato il differimento, o non ricorre nessuna delle tre ipotesi indicate nel comma 2, ordina al pubblico ministero di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale entro un termine non superiore a venti giorni, comunicando copia del relativo decreto al procuratore generale presso la corte di appello e notificandola alla persona che ha formulato la richiesta; g ) nell'ipotesi in cui, ai fini dell'esercizio dell'azione penale, deve essere notificato l'avviso di conclusione delle indagini di cui all'articolo 415-bis, nel computo del termine assegnato dal g.i.p. non si tiene conto del tempo intercorso tra la notifica dell'avviso e la scadenza dei termini di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 415-bis; h ) infine, se alla scadenza dei termini di cui all'articolo 407-bis, comma 2, il pubblico ministero non ha esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione, il procuratore generale presso la corte d'appello, se non dispone l'avocazione delle indagini, può ordinare, con decreto motivato, al procuratore della Repubblica di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale entro un termine non superiore a venti giorni (l'esercizio di tale potere avocatorio non è previsto in due casi: 1) quando il pubblico ministero ha formulato richiesta di differimento del deposito ai sensi della precedente lett. b), e la stessa non è stata rigettata; 2) quando è stata già presentata l'istanza al g.i.p. dall'indagato o dalla p.o. di cui alla precedente lett. d). i ) nei procedimenti antecedenti l'entrata in vigore della riforma “Cartabia” (30 dicembre 2022), le disposizioni dell'art. 415-ter, c.p.p., non si applicano: 1) nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto in relazione alle notizie di reato delle quali il pubblico ministero ha già disposto l'iscrizione nel r.g.n.r.; 2) in relazione alle notizie di reato iscritte successivamente, quando ricorrono le condizioni previste dall'articolo 12, c.p.p. (connessione di procedimenti), e, se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale, anche quando ricorrono le condizioni previste dall'articolo 371, comma 2, lettere b) e c), c.p.p. (connessione investigativa e probatoria). Tuttavia, l'art. 335-quater, c.p.p. (secondo cui l'indagato può chiedere al giudice che procede, o nel corso delle indagini al GIP, di accertare la tempestività dell'iscrizione che lo riguardi), si applicano in ogni caso in relazione alle iscrizioni che hanno ad oggetto notizie di reati commessi dopo la data di entrata in vigore della riforma “Cartabia”. BibliografiaBricchetti, Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: durata delle indagini e controlli, in ilpenalista, 2022; Canzio, Le linee nel modello “Cartabia”: una prima lettura, in Sistema penale, 25 agosto 2021; Garuti, L’efficienza del processo tra riduzione dei tempi di indagine, rimedi giurisdizionali e “nuova” regola di giudizio, in Arch. pen. online, 2022, 2, 5 ss. |