Codice di Procedura Penale art. 554 ter - Provvedimenti del giudice 1Provvedimenti del giudice1 1. Se, sulla base degli atti trasmessi ai sensi dell'articolo 553, sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se risulta che il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che l'imputato non è punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 424, commi 2, 3 e 4, 425, comma 2, 426 e 427. Il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca2. 2. L'istanza di giudizio abbreviato, di applicazione della pena a norma dell'articolo 444, di sospensione del processo con messa alla prova, nonché la domanda di oblazione sono proposte, a pena di decadenza, prima della pronuncia della sentenza di cui al comma 1. Entro lo stesso termine, quando l'imputato e il pubblico ministero concordano l'applicazione di una pena sostitutiva di cui all'articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, il giudice, se non è possibile decidere immediatamente, sospende il processo e fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all'ufficio di esecuzione penale esterna competente. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 545-bis, comma 2. 3. Se non sussistono le condizioni per pronunciare sentenza di non luogo a procedere e in assenza di definizioni alternative di cui al comma 2, il giudice fissa per la prosecuzione del giudizio la data dell'udienza dibattimentale davanti ad un giudice diverso e dispone la restituzione del fascicolo del pubblico ministero. 4. Tra la data del provvedimento e la data fissata per l'udienza dibattimentale deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni. [1] Articolo inserito dall'art. 32, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Per l'applicazione del presente articolo v. quanto disposto dall'art. 89-bis d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come inserito dall'art. 5-octies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. [2] Comma modificato dall'art. 2, comma 1, lett. v) d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31, che ha inserito le parole «424, commi 2, 3 e 4,». InquadramentoLa disposizione in commento è stata inserita dall'art. 32, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. “riforma Cartabia”). Per la funzione ed i caratteri generali della nuova udienza predibattimentale nei procedimenti con citazione diretta a giudizio, cfr. sub art. 552. Secondo la Relazione della Commissione Lattanzi, «la valutazione del giudice dell'udienza filtro consentirà di celebrare il dibattimento soltanto quando egli riterrà che gli elementi acquisiti dal pubblico ministero, come risultanti dal suo fascicolo, sono tali da determinare la condanna dell'imputato, sempre che, ovviamente, essi trovino successivo riscontro nelle acquisizioni dibattimentali. Nell'ipotesi di valutazione negativa egli pronunzierà sentenza di non luogo a procedere». Le attività e le verifiche da svolgersi nella nuova udienza predibattimentale comprendono (secondo la relazione della Commissione Lattanzi), oltre alla «instaurazione del contraddittorio sulla corretta descrizione e qualificazione giuridica del fatto» (per la quale, cfr. art. 554-bis), anche «l'intero ventaglio delle definizioni procedimentali alternative al dibattimento, essendo state affiancate ai tradizionali riti alternativi la messa alla prova, l'estinzione del reato per condotte riparatorie, la remissione di querela (…): soprattutto, la verifica circa la concreta percorribilità di tali esiti non è stata rimessa all'iniziativa delle parti ma configurata quale preciso compito del giudice investito della trattazione dell'udienza». Fuori dai casi in cui il giudice abbia dichiarato nullo il capo d'imputazione che il P.M. abbia rifiutato di riformulare ex art. 554-bis, comma 5, trasmettendo gli atti al P.M. stesso, tre sono i possibili esiti della nuova udienza predibattimentale: – il proscioglimento dell'imputato; – la definizione del processo con rito alternativo; – la trasmissione degli atti al giudice dell'udienza dibattimentale all'uopo fissata. Il proscioglimento predibattimentale dell'imputatoEsaurite le attività prodromiche di cui all'art. 554-bis, il giudice, se ritiene, sulla base degli atti trasmessigli ai sensi dell'art. 553 (gli unici a sua disposizione, per l'impossibilità di disporre l'assunzione di prove), che sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, ovvero che il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che l'imputato non è punibile per qualsiasi causa (e quindi anche ex art. 131-bis c.p.), il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere (il rinvio alla disciplina di cui all'art. 129 c.p.p. appare tanto evidente, quanto incomprensibilmente non esplicitato). È pronunciata sentenza di non luogo a procedere anche nei casi in cui il giudice ritenga che gli elementi acquisiti non consentono una “ragionevole previsione di condanna”: viene all'uopo evocata la medesima regola di giudizio che dovrà essere applicata dal G.I.P. per valutare la richiesta di archiviazione e dal G.U.P. ai fini del rinvio a giudizio all'esito dell'udienza preliminare, rispettivamente ai sensi degli articoli 408, comma 1, e 425, comma 3, c.p.p., come novellati dal d.lgs. n. 150 del 2022, ai quali si rinvia. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 425, comma 2, che peraltro, preludevano, prima della riforma del 2005 del regime della prescrizione, alla eventuale declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, ma non appaiono più attuali nel momento in cui, ai predetti fini, non si tiene più conto delle circostanze attenuanti (cfr. art. 157, commi 2 e 3, c.p.), e non si comprende, quindi, a quale fine richiamate. Si applicano, in quanto compatibili, anche le disposizioni di cui agli articoli 426 (requisiti della sentenza) e 427 (condanna del querelante alle spese ed ai danni), cui si rinvia. La pronuncia del proscioglimento predibattimentale non è consentita nei casi in cui il giudice ritenga che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca, e non è, quindi, consentita per difetto d'imputabilità di soggetti socialmente pericolosi (ancora una volta, il rinvio ai casi di cui all'art. 425, comma 4, c.p.p. appare tanto evidente quanto incomprensibilmente non esplicitato). Come anticipato, ai fini della decisione, al giudice dell'udienza predibattimentale non è espressamente attribuito il potere di disporre l'assunzione di prove: nel silenzio sul punto della Relazione di accompagnamento, occorrerà attendere il formarsi delle prime prassi e dei primi orientamenti giurisprudenziali per verificare se l'omissione sarà considerata emendabile, oppure no. I riti alternativiPrima della pronuncia della sentenza predibattimentale, l'imputato ha l'onere di proporre, a pena di decadenza, l'istanza di accesso al giudizio abbreviato, di applicazione della pena a norma dell'art. 444, di sospensione del processo con messa alla prova, nonché la domanda di oblazione. Entro il medesimo termine, se l'imputato ed il pubblico ministero hanno concordato l'applicazione di una pena sostitutiva ex art. 53 l. n. 689 del 1981, il giudice, se non è possibile decidere immediatamente, sospende il processo e fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti ed all'ufficio di esecuzione penale esterna competente. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 545-bis, comma 2, cui si rinvia: in proposito, la dottrina (Natale 2022, 250) ha osservato che «sebbene il testo dell'art. 554-ter, comma 2, c.p.p. sembri evocare solo il procedimento di applicazione della pena su concorde richiesta delle parti, gli schemi procedurali delineati dall'art. 545-bis c.p.p. troveranno applicazione anche nel caso di sentenza emessa all'esito del giudizio abbreviato; ciò si ricava dal richiamo che l'art. 442 c.p.p. opera al dettato degli articoli 529 e ss. c.p.p. per quanto attiene alla disciplina del momento della decisione del giudizio abbreviato». Prima della novella, in riferimento all'accesso ai riti alternativi, è stata ritenuta abnorme «la sentenza con la quale sono contemporaneamente giudicati più imputati nei confronti dei quali [si proceda con] riti diversi, l'uno ordinario, l'altro speciale [nella specie, ordinario ed abbreviato], in quanto tale possibilità, sebbene non espressamente vietata da specifiche norme processuali, trova un ostacolo insormontabile nella differente struttura di ciascuno dei procedimenti previsti dal titolo IV c.p.p. che ne rende incompatibile una gestione congiunta con quello ordinario»: «nel caso in esame [...] si pretende che uno stesso giudice, che ha contestualmente a disposizione un materiale probatorio eterogeneo circa i modi della sua formazione (prove esistenti allo stato degli atti e prove raccolte in sede dibattimentale), al termine del giudizio operi una selezione all'interno di tale materiale, utilizzandolo diversamente a seconda del rito con cui ha ritenuto di procedere. L'incongruità è manifesta e non è sorretta neppure dall'apparente motivazione delle esigenze di economia processuale, essendo, per definizione, il rito abbreviato un rito ispirato alla celerità, con assunzione meramente eventuale e minima – dopo le recenti riforme – di prove. La struttura ontologicamente diversa del rito ordinario e del rito abbreviato sono tali da non consentire il processo cumulativo nei confronti di più coimputati con l'abbinamento dei riti stessi, e ciò anche a monte della considera zione che il giudice può essere influenzato nelle diverse decisioni assunte con un'unica sentenza da prove acquisite (anche se in concreto non utilizzate nell'una o nell'altra decisione a seconda del rito) in un contesto unitario. La specialità dei riti preveduti dal titolo VI del codice processuale comporta l'autonomia di ciascuno dei procedimenti rispetto a quello ordinario ed è tale, quindi, da escludere la compatibilità di una loro gestione congiunta. A maggior ragione, deve sussistere l'autonomia delle sentenze emesse al termine dei singoli procedimenti, non potendosi unificare in una sola sentenza procedimenti che devono avere un diverso svolgimento e che presentano caratterizzazioni obiettivamente diverse. Il che è rilevante anche sotto il profilo delle possibili impugnazioni, che non necessariamente obbediscono alle stesse regole» (Cass. VI, n. 45586/2001: la S.C., nell'annullare il provvedimento impugnato, ha ritenuto irrilevante la distinzione, operata dal giudice, delle prove utilizzabili per il giudizio abbreviato da quelle raccolte nel corso del dibattimento; conforme, Cass. VI, n. 21591/2002). In senso contrario , quanto alla legittimità di un “incrocio” tra rito alternativo ed ordinario, ma sempre e soltanto limitatamente alla legittimità della riunione e della decisione cumulativa con un'unica sentenza del giudizio ordinario e del giudizio abbreviato richiesto soltanto da alcuni imputati, a seguito della disciplina transitoria dettata per il giudizio abbreviato dall'art. 4-ter d.l. n. 82/2000, conv. con modif. in l. n. 144/2000, v. Cass. VI, n. 40984/2005; conforme, Cass. I, n. 21376/2004 e n. 25096/2004, con la precisazione che tale possibilità, pur se non espressamente disciplinata dal legislatore, è desumibile dall'interpretazione letterale dell'art. 4-ter – ed, in particolare, del settimo comma, nella parte in cui esclude la sede camerale per questa particolare forma di rito abbreviato – e dalla lettura sistematica di tale disposizione alla luce dell'intero impianto codicistico. In difetto di ulteriore specificazione (del tipo di quelle di cui all'art. 491 c.p.p., che consente la deduzione di questioni preliminari soltanto dopo l'accertamento «per la prima volta» della regolare costituzione delle parti ), deve ritenersi che le parti riacquistino il diritto di accedere ai riti alternativi in caso di rinnovazione del dibattimento (ad esempio, per mutamento della persona fisica del giudicante), ovvero di sopravvenuto rinvio in fase preliminare operato (pur impropriamente) «a nuovo ruolo». La giurisprudenza ha ritenuto che «il rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata dall'imputato all'assunzione di prove integrative, quando deliberato sull'erroneo presupposto che si tratti di prove non necessarie ai fini della decisione, inficia la legalità del procedimento di quantificazione della pena da infliggere qualora si pervenga, in esito al dibattimento, ad una sentenza di condanna. Ne consegue che il giudice dibattimentale il quale abbia respinto in limine litis la richiesta di accesso al rito abbreviato – “rinnovata” dopo il precedente rigetto del giudice per le indagini preliminari, ovvero proposta per la prima volta, in caso di giudizio direttissimo o per citazione diretta – deve applicare anche d'ufficio la riduzione di un terzo prevista dall'art. 442 c.p.p., se riconosca (pure alla luce dell'istruttoria espletata) che quel rito si sarebbe dovuto invece celebrare» (Cass. S.U., n. 44711/2004; conformi, Cass. VI, n. 27505/2009 e Cass. II, n. 12749/2008, a parere delle quali, nell'ipotesi in cui la richiesta di giudizio abbreviato subordinata all'assunzione di prove integrative sia rigettata dal giudice prima dell'apertura del dibattimento, il riesame di merito del provvedimento negativo può essere sollecitato dall'imputato al fine di ottenere la riduzione di pena di cui all'art. 442, comma 2 dinanzi allo stesso giudice, all'esito del dibattimento di primo grado, ovvero al giudice dell'impugnazione, in forza di specifico motivo di gravame). Analogamente, si è ritenuto che, nel procedimento a citazione diretta, il Tribunale, qualora – all'esito del dibattimento – ritenga ingiustificato il precedente dissenso del pubblico ministero sulla richiesta di patteggiamento presentata dall'imputato ai sensi dell'art. 555, comma 2, può applicare la pena richiesta anche se il difensore, nel formulare le conclusioni, non abbia rinnovato l'istanza (Cass. II, n. 56397/2017). La giurisprudenza ha escluso che possa configurarsi la convertibilità del giudizio abbreviato nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, in quanto l'alternatività tra i due procedimenti speciali è evidenziata da tutte quelle norme che, regolando la facoltà dell'imputato di operare una scelta fra i possibili giudizi speciali, gli impongono un'esplicita opzione tra l'uno o l'altro procedimento (Cass. IV, n. 42260/2017: fattispecie in cui il giudice, dopo avere ammesso l'imputato al rito abbreviato condizionato all'escussione di un teste, non essendo comparso il teste, aveva revocato l'ordinanza ammissiva del rito abbreviato e aveva ammesso la richiesta di applicazione della pena avanzata dalle parti, emettendo la sentenza annullata senza rinvio dalla S.C.); si è, peraltro, ritenuto che, nei casi in cui la richiesta di “patteggiamento”, formulata in via ordinaria, venga rigettata, non è preclusa all'imputato la possibilità che si proceda con giudizio abbreviato, sempre che la relativa istanza venga formulata prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (Cass. IV, n. 45838/2017: fattispecie relativa alla ammissione al giudizio abbreviato dell'imputato, a seguito del mancato consenso del pubblico ministero alla richiesta di nuovo patteggiamento, nel giudizio conseguente all'annullamento della sentenza di applicazione concordata della pena). Casistica Nel procedimento a citazione diretta, il differimento dell'udienza su richiesta in limine litis del difensore ai fini di eventuale successiva istanza di rito alternativo (nella specie: rito abbreviato) comporta la sospensione della prescrizione (Cass. III, n. 29613/2010). È stata ritenuta abnorme l'ordinanza che dichiara la nullità del decreto di citazione a giudizio, con conseguente restituzione degli atti al p.m., per la mancata statuizione, in sede di ammissione del giudizio abbreviato, in ordine alla costituzione di parte civile effettuata fuori udienza (Cass. V, n. 24589/2009). In tema di oblazione, si è ritenuto che il mancato esame dell'istanza di ammissione proposta in fase di indagini preliminari non comporta alcuna invalidità degli atti del procedimento, considerata la regola di tassatività dei casi di nullità e dovendo escludersi che tale omissione possa inquadrarsi nell'ambito delle nullità di ordine generale; peraltro, la domanda può essere riproposta in sede di opposizione al de creto penale di condanna oppure, ove non si proceda per decreto, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado (Cass. III, n. 23873/2002 e Cass. I, n. 40055/2008). La fissazione dell’udienza dibattimentaleQuando non sono state formulate richieste di definizione del processo con riti alternativi, e non ricorrono, altresì, le condizioni per pronunciare una sentenza di non luogo a procedere (questo, non quello inverso cui disordinatamente accede la disposizione in commento, è il corretto ordine nel quale possono aver luogo le predette attività, poiché le prime precludono l'emissione della seconda), il giudice fissa per la prosecuzione del giudizio la data dell'udienza dibattimentale davanti ad un giudice diverso, cui trasmetterà il fascicolo del dibattimento, disponendo la restituzione del fascicolo del pubblico ministero a quest'ultimo. Tra la data del provvedimento e la data fissata per l'udienza dibattimentale deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni (che andrà computato in cc.dd. “giorni liberi”, ex art. 172, comma 5, c.p.p.), nel corso dei quali andranno svolte le attività di cui all'art. 468 c.p.p. (citazione di testimoni, periti e consulenti tecnici), oltre a quelle di cui all'art. 469 c.p.p., se le relative condizioni siano sopravvenute rispetto alla data di celebrazione dell'udienza predibattimentale, il che potrà verificarsi, anche se – verosimilmente – di rado; potranno trovare anche applicazione (soprattutto nei casi in cui il termine ordinatorio di venti giorni non sarà rispettato) gli artt. 465 ss. c.p.p., cui si rinvia. Questa previsione, naturalmente, creerà negli uffici giudiziari di dimensioni non ampie problemi di incompatibilità che potranno diventare inestricabili. In senso contrario, la Commissione Lattanzi ha ritenuto «scarsamente rilevante, e comunque agevolmente arginabile mediante gli opportuni accorgimenti, l'impatto organizzativo derivante dall'incompatibilità del giudice investito della trattazione dell'udienza filtro con l'eventuale successiva celebrazione del dibattimento», profetizzando che, trattandosi di procedimenti di competenza del giudice monocratico, e considerato che, anche nei tribunali di più modeste dimensioni, è sempre assicurata la presenza di almeno tre magistrati addetti al dibattimento (tanti quanti ne occorrono per formare un collegio), «alla incompatibilità del giudice della udienza “filtro” potrà ovviarsi sul piano organizzativo, mediante l'adozione di criteri tabellari che stabiliscano – come del resto già oggi accade per le incompatibilità tra giudice per le indagini e giudice dell'udienza preliminare – le regole predeterminate di riassegnazione dei procedimenti». Ci sembra, purtroppo, una cattiva profezia, perché dimentica che, in quegli stessi uffici, in virtù del fisiologico turnover delle funzioni, spesso i giudici del dibattimento hanno in precedenza già svolto funzioni di G.I.P. o di componenti del tribunale del riesame (che, in materia cautelare reale, non è distrettuale), e sono di per sé funzionalmente incompatibili ex art. 34 c.p.p., ed inoltre che, in ambienti ristretti, potranno più facilmente ricorrere le ulteriori cause di incompatibilità soggettive non funzionali. L’assenza di rimedi per il caso in cui il giudice predibattimentale e quello dibattimentale non siano diversi La disposizione in commento non prevede alcun rimedio (non avendo introdotto nuove ipotesi speciali di nullità, incompatibilità o cause di ricusazione) per il caso in cui il giudice predibattimentale e quello dibattimentale non siano diversi: riteniamo di essere facili profeti se immaginiamo che la questione sarà abbastanza celermente risolta dalla Corte costituzionale. Ma non sarebbe stato meglio pensarci? Profili di diritto intertemporaleAi sensi dell'art. 89-bis d.lgs. n. 150 del 2022 (introdotto dall'art. 5-octies l. n. 199 del 2022), le disposizioni di cui all'art. 554-ter si applicano nei procedimenti penali nei quali il decreto di citazione a giudizio è emesso in data successiva al 30/12/2022, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022. BibliografiaGialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della Riforma Cartabia, Sist. pen. 2022, 1/91; Natale, Il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in AA.VV., La riforma del sistema penale. Commento al d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. Riforma Cartabia), a cura di Bassi e Parodi, Milano 2022, 221/258. |