Codice di Procedura Civile art. 473 bis 39 - Provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni 1

Rosaria Giordano

Provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni1

 

[I]. In caso di gravi inadempienze, anche di natura economica, o di atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento e dell'esercizio della responsabilità genitoriale, il giudice del procedimento in corso può d'ufficio modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:

a) ammonire il genitore inadempiente;

b) individuare ai sensi dell'articolo 614-bis la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento;

c) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende2.

[II]. Nei casi di cui al primo comma, il giudice può inoltre condannare il genitore inadempiente al risarcimento dei danni a favore dell'altro genitore o, anche d'ufficio, del minore.

[III]. Se non pende un procedimento la domanda si propone nelle forme dell'articolo 473-bis.123.

[IV]. I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari.

[1]  Articolo inserito dall'art. 3, comma 33,  del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

[2] Comma modificato dall'art. 3, comma 6, lett. h), numero 1) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 che ha inserito le parole: «del procedimento in corso» dopo le parole «il giudice». Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

[3] Comma inserito dall'art. 3, comma 6, lett. h), numero 2) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 che ha inserito le parole: «del procedimento in corso» dopo le parole «il giudice». Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

Inquadramento

La disposizione in commento va a sostituire, con alcune modifiche indirizzate, in coerenza con i criteri di delega, a rafforzare i poteri officiosi del giudice, per come attribuiti allo stesso dal previgente art. 709-ter c.p.c.

I provvedimenti possono essere pronunciati dal giudice, anche d'ufficio, nell'ipotesi in cui il procedimento è in corso e, in caso contrario, devono essere introdotti nelle forme contemplate dall'art. 473-bis.12 c.p.c.

La l. n. 52/2006 in tema di affidamento condiviso ha introdotto nel nostro ordinamento il generale principio della bi-genitorialità, che tutela il diritto del minore a ricevere apporto affettivo e risorse di mantenimento da entrambi i genitori ed a mantenere con ciascuno di essi un rapporto stabile.

L'affido condiviso si sostanzia, infatti, nell'esercizio congiunto della responsabilità genitoriale anche nell'ipotesi in cui sia venuto meno il rapporto affettivo tra i genitori del minore.

La norma in esame, come in precedenza l'art. 709-ter c.p.c., è volta a realizzare questi obiettivi, spesso compromessi nella pratica da condotte emulative o colpevoli di uno dei genitori, prevedendo l'intervento dell'autorità giudiziaria per la soluzione delle controversie sorte tra i genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale o sulle modalità di affidamento. Questo intervento può condurre sia alla modifica delle condizioni esistenti, sia all'emanazione di misure, anche di carattere sanzionatorio, nei confronti del genitore inadempiente.

I provvedimenti possono essere pronunciati dal giudice, anche d’ufficio, nell’ipotesi in cui il procedimento è in corso e, in caso contrario, devono essere introdotti nelle forme contemplate dall’art. 473-bis.12 c.p.c., alla stregua di quanto chiarito dal d.lgs. n. 164/2024.

Ambito applicativo dell’istituto

Nell'assetto anteriore alle novità introdotte dalla riforma c.d. Cartabia era controverso, anche nella giurisprudenza di merito, se le misure in esame potessero essere adottate anche per la violazione da parte di un coniuge degli obblighi di natura economica (Trib. Lodi, 19 febbraio 2019, n. 189; Trib. Modena II, 20 gennaio 2012, in Giur. mer., 2012, n. 3, 600; Trib. Roma 10 giugno 2011, in Dir. fam., 2012, n. 1, 298) ovvero se le stesse fossero riservate a comportamenti pregiudizievoli rispetto alla disciplina dell'affidamento ed all'esercizio della responsabilità genitoriale nei confronti della prole (App. Caltanissetta, 3 maggio 2012, in Guida dir., 2012, n. 25, 7, con nota di Porracciolo).

Sulla questione era poi intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 145 del 2020, la quale, mediante una pronuncia interpretativa di rigetto, aveva chiarito che l'art. 709-ter c.p.c. ha un ambito applicativo limitato alla violazione rispetto ad obblighi, sovente incoercibili, e quindi non di natura meramente economica, a fronte dell'inadempimento dei quali l'ordinamento già predispone mezzi efficaci di tutela.

La disposizione in commento, ponendosi in senso distonico rispetto alla richiamata pronuncia della Corte Costituzionale (che aveva sottolineato come l'applicabilità dell'art. 709-ter c.p.c. solo a fronte della violazione di obblighi di natura infungibile, come quelli relativi all'affidamento della prole e all'esercizio del diritto di visita, era correlata all'esistenza di ampi presidi nelle garanzie e nelle forme di cautela, nonché nell'esecuzione forzata diretta e nelle norme penali per il rispetto delle obbligazioni di contenuto economico), ha invece specificato che le gravi inadempienze che possono innescare l'intervento del giudice per la modifica dei provvedimenti in corso nonché per l'adozione delle misure previste nei confronti della parte inadempiente sono anche quelle di natura economica, affermando l'applicabilità.

Sulla questione si segnala, di recente, Cass. n. 29690/2024, la quale ha affermato che,  nella materia di famiglia, le misure di coercizione indiretta ex art. 614-bis c.p.c., nel sistema previgente all'introduzione del nuovo art. 473 bis.39 c.p.c., si applicano a tutti i provvedimenti relativi alla responsabilità genitoriale e al minore (affidamento, collocamento, regolamentazione dei rapporti genitore e figlio, statuizioni relative agli interventi disposti a tutela del percorso di crescita del minore) ed all'assegnazione della casa coniugale, mentre non possono trovare applicazione con riferimento alla violazione delle statuizioni economiche, che godono già di un loro pregnante sistema di garanzie successive all'inadempimento.

Competenza

Attualmente non si pongono più le discusse problematiche sull'individuazione del giudice competente qualora il ricorso sia proposto quando non è in corso un procedimento tra le parti, poiché venendo in rilievo la tutela di interessi della prole il Tribunale territorialmente competente deve essere individuato in quello dove il minore ha la propria residenza abituale (sulla quale v., infra, Commento all'art. 473-bis.11 c.p.c.).

Poteri d’ufficio dell’autorità giudiziaria

La norma in esame prevede che, a fronte di gravi inadempienze o di atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento e dell’esercizio della responsabilità genitoriale il giudice, anche d’ufficio, può modificare i provvedimenti emanati nonché emettere una serie di misure di carattere coercitivo (i.e. volte ad evitare in futuro ulteriori inadempimenti).

E’ così risolta in senso affermativo la questione della possibilità per il giudice di adottare tali misure a prescindere da una domanda di parte o ultra petitum, nel solco della posizione affermata già da una parte della dottrina che era pervenuta alla medesima soluzione con riferimento all’art.709-ter c.p.c. ponendo in rilievo il carattere eminentemente sanzionatorio dei provvedimenti in questione, che sono emanati in vista dell’interesse, di natura pubblica, del minore (v., tra gli altri, CARRATTA, 1568).

Le innovazioni sulle misure comminabili

Rispetto al novero delle misure che possono essere adottate dal giudice si segnalano due rilevanti novità.

Sotto un primo profilo, così superando il contrario orientamento espresso nella giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 6471/2020, in Ilprocessocivile.it, con nota di Matteini Chiari), è stato espressamente attribuito all’autorità giudiziaria il potere di individuare, ai sensi dell’articolo 614-bis c.p.c., la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo. Si tratta di una misura opportuna perché consente di operare una coercizione dell’obbligato al rispetto anche in “futuro” dei provvedimenti.

Per altro verso, è espressamente attribuito al giudice il potere di disporre, anche d’ufficio, il risarcimento del danno a carico di un genitore in favore del minore.

Resta aperto dunque il problema, già dibattuto nella vigenza dell’art. 709-ter c.p.c., relativo alla qualificazione delle misure che il giudice può comminare quando ravvisa la violazione.

In particolare, per alcuni, le misure in questione sarebbero tutte di coercizione indiretta, sul modello delle astreintes del sistema francese, tese a favorire l'adempimento di obbligazioni familiari di carattere non patrimoniale (cfr. SALVANESCHI, 2006, 152), mentre, per altri, dovrebbe operarsi una distinzione, in quanto, se è corretto attribuire natura punitiva alla sanzione amministrativa dell'ammenda, alle medesime conclusioni non può pervenirsi anche per il risarcimento dei danni a favore dell'altro coniuge o del figlio minore, che seguirebbe ad una canonica forma di responsabilità civile nelle relazioni familiari già teorizzata dalla recente giurisprudenza di legittimità (ROSSINI, 407 ss.).

La prima tesi è stata affermata, in giurisprudenza, da diverse decisioni di merito (cfr., tra le altre, Trib. Messina I, 8 ottobre 2012; Trib. Novara, 21 luglio 2011, in Giur. mer., 2013, n. 5, 1048, con nota di Russo; Trib. Reggio Emilia 27 marzo 2008, Fam. e dir., 2009, n. 2, 189; Trib. Napoli 30 aprile 2008, Fam. e dir., 2008, n. 11, 1024). In particolare si è evidenziato che il risarcimento dei danni, previsto a carico del genitore che non abbia adempiuto i provvedimenti giudiziali relativi alla prole, ovvero abbia comunque tenuto condotte pregiudizievoli per il figlio minore, ha natura sanzionatoria, sicché prescinde dal concreto accertamento del pregiudizio arrecato ed è invece rapportabile ai danni punitivi (Trib. Venezia, 18 maggio 2018, in Foro it., 2018, I, 2178, fattispecie nella quale il tribunale ha condannato il padre, che esercitava del tutto sporadicamente il diritto di visita ed era assente dalla vita del figlio minore, con conseguente sofferenza di quest'ultimo, al risarcimento dei danni, in favore del figlio stesso, quantificati equitativamente in un importo corrispondente a quello dovuto per il suo mantenimento a decorrere dall'udienza presidenziale nel giudizio di separazione, disponendone infine l'affido esclusivo alla madre).

L’opposta impostazione interpretativa muove dal generale assunto in omaggio al quale in tema di controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della potestà genitoriale o delle modalità di affidamento, la condanna al risarcimento del danno non può essere ascritta alla categoria del danno punitivo, o pena privata, in quanto, avendo il legislatore differenziato la condanna in considerazione del soggetto danneggiato prevedendo due ipotesi diverse ai nn. 2) e 3) dell'articolo 709- ter, non può sostenersi che tale condanna debba essere commisurata alla gravità della condotta posta in essere dal genitore inadempiente, e non al pregiudizio arrecato, secondo i principi generali dell'azione risarcitoria (App. Catania 18 febbraio 2010, in Il civilista, 2011, n. 2, 61, con nota di Cimmino). In tale prospettiva, si è affermato, che, per l'adozione della misura risarcitoria, devono sussistere i presupposti tipici del rimedio risarcitorio, e cioè la sussistenza di un concreto pregiudizio, e il nesso di causalità tra la condotta illecita e il pregiudizio stesso, potendo, in mancanza, un determinato comportamento lesivo essere sanzionato attraverso i rimedi dell'ammonizione e della sanzione pecuniaria (Trib. Modena II, 17 settembre 2012, n. 1425; v. anche Trib. Firenze 7 maggio 2012, Foro it., 2012, n. 6, 1941; Trib. Ascoli Piceno 21 maggio 2015).

Quanto alle singole misure, si è osservato che l’ammonimento costituisce una semplice moral suasion nei confronti del genitore inadempiente (DORONZO, 625).

Nella prassi si è ritenuto che costituisce una grave inadempienza, da sanzionare con l'ammonimento, la condotta del genitore che non concorda con l'altro, neanche informandolo compiutamente, la partecipazione del figlio minore infra-dodicenne in regime di affidamento condiviso, ad un percorso di catechesi, finalizzato al battesimo, quest'ultimo originariamente escluso concordemente dai genitori medesimi (App. Milano 21 febbraio 2011, in Foro it., 2012, n. 3, 919).

È stato inoltre ritenuto suscettibile di ammonimento, ai sensi della disposizione in esame, il genitore affidatario esclusivo del figlio minore che trasferisce la residenza sua e del figlio convivente senza il preventivo consenso dell'altro genitore, così rendendo più difficile il mantenimento di un continuo rapporto fra figlio e genitore non affidatario (Trib. Tivoli 1° febbraio 2011).

Diversamente, è stata esclusa la sanzione dell'ammonimento ove le controversie tra i genitori riguardino, non tanto inadempienze gravi o reali ostacoli al corretto svolgimento dell'affidamento della prole minorenne, ma piuttosto la gestione minimale della concreta vita di tutti i giorni, che i genitori stessi hanno l'onere di risolvere in autonomia, con l'impegno collaborativo che il regime dell'affidamento condiviso impone loro (Trib. Modena II, 28 marzo 2012, in Giur. mer., 2013, n. 5, 1047, con nota di Russo).

 Con riguardo alla sanzione amministrativa devono trovare applicazione le regole generali dettate dalla l. n. 689/1981.

 Parte della dottrina ha però dubitato della legittimità costituzionale in parte qua della disposizione in esame per contrasto con il principio di tipicità e determinatezza delle condotte che possono comportare l'applicazione delle sanzioni in questione (Doronzo, 625-626).

La fondatezza della relativa questione di legittimità costituzionale, prospettata con riferimento all’art. 25 Cost., è stata esclusa dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 145 del 2020, osservando che è possibile individuare i comportamenti sanzionabili in quelle condotte – da ricondurre a “inadempienze o violazioni” di prescrizioni dettate in un provvedimento giurisdizionale, pur non apparentemente “gravi” – che abbiano arrecato alla prole un danno, anche non patrimoniale, accertabile e valutabile secondo gli ordinari criteri.

Sul potere del giudice di disporre la sanzione amministrativa pecuniaria in questione cfr., in sede di legittimità, Cass., 17 maggio 2019, n. 13400.

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