Gli obblighi informativi dell'intermediario e la ripartizione dell'onere della prova nell'ambito della responsabilità risarcitoria
19 Aprile 2023
Massima
L'inadempimento degli obblighi informativi dell'intermediario finanziario ingenera una presunzione legale di riconducibilità dell'investimento all'inadeguatezza delle informazioni fornite dall'istituto di credito, responsabile del disorientamento del risparmiatore, così obbligandolo al risarcimento del danno. È onere dell'intermediario provare, per converso, di aver agito con la diligenza richiestagli, non essendo a ciò sufficiente una dimostrazione generica della propensione al rischio dell'investitore ovvero l'aver fornito al cliente la segnalazione di inadeguatezza dell'operazione, trattandosi di uno strumento inidoneo all'assolvimento degli obblighi informativi di cui all'art. 21 del d. lgs. n. 58/1998 (TUF). Il caso
L'attore, successore a titolo universale dell'investitore, adiva il Tribunale competente al fine di accertare la responsabilità contrattuale, in relazione a taluni investimenti in titoli obbligazionari, dell'istituto di credito, per aver violato gli obblighi informativi di cui all'art. 21 del d. lgs. n. 58/1998, e ne domandava la condanna al risarcimento del danno. Costituitosi, l'istituto di credito convenuto eccepiva la prescrizione delle pretese della parte attrice e le contestava nel merito, affermando la correttezza del proprio operato. Il Tribunale adito dichiarò improcedibili per intervenuta prescrizione le domande attrici relative all'acquisto di talune obbligazioni e rigettò le domande relative all'acquisto di altri titoli. Avverso la sentenza di primo grado, l'attore proponeva impugnazione dinanzi alla competente Corte di Appello, la quale accoglieva parzialmente i motivi di gravame e condannava l'istituto di credito al risarcimento dei danni nei confronti dell'appellante in quanto riteneva non assolti gli obblighi informativi gravanti sull'intermediario finanziario. In particolare, nella scheda dell'acquisto per i titoli non risultavano indicate alcune informazioni sull'adeguatezza dell'operazione al profilo dell'acquirente e, inoltre, la banca non ha provato in giudizio di aver assolto agli oneri di informazione in quanto i capitoli di prova dedotti non sono stati ammessi dal giudice di primo grado per la loro genericità, non essendo esattamente specificati la quotazione del titolo al momento della vendita ed il rating dello stesso, informazioni necessarie ai fini di una effettiva valutazione dell'operazione finanziaria. Avverso la sentenza della Corte di Appello propongono ricorso e controricorso le parti costituite, al fine di sottoporre al vaglio della Suprema Corte le doglianze oggetto dell'ordinanza in commento. Le questioni giuridiche e le soluzioni
La Suprema Corte mette in risalto la continuità degli orientamenti giurisprudenziali in materia di obblighi informativi dell'intermediario finanziario e dell'onere della prova nell'ambito della responsabilità risarcitoria, non sussistendo particolari contrasti interpretativi circa il contenuto dei principi sanciti dall'art. 21 e 23 TUF in combinato disposto con gli articoli 28 e 29 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998. Preliminarmente, occorre evidenziare che il rapporto dedotto in causa è sorto antecedentemente al recepimento nel nostro ordinamento delle direttive comunitarie n. 39 del 2004 e n. 73 del 2006 e, pertanto, ai fini del quadro normativo di riferimento per il provvedimento in commento, si rinvia alla disciplina dettata dal TUF del 1998 e al relativo regolamento attuativo Consob, essendo successive all'insorgenza del rapporto de quo le modifiche introdotte dalle sopramenzionate direttive comunitarie. In materia di obblighi informativi gravanti sull'intermediario finanziario, la giurisprudenza di legittimità ritiene che occorra distinguere due aspetti: a) la latitudine degli obblighi informativi; b) il riparto degli oneri di allegazione e di prova in sede giudiziale ove l'investitore lamenti l'inadempimento di detti obblighi. Il primo aspetto è stato oggetto specifico di doglianza nel ricorso proposto dall'intermediario finanziario. La Cassazione, a tale proposito, ha evidenziato che non vi è dubbio che gli obblighi informativi a carico dell'intermediario siano particolarmente “estesi e penetranti” al fine di consentire all'investitore di essere pienamente consapevole dell'operazione finanziaria proposta e, con specifico riferimento al caso in oggetto, l'art. 29 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998 prevede la cd. Suitability rule, cioè la regola che impone agli intermediari finanziari di porre in essere operazioni adeguate al profilo di rischio dell'investitore, prevedendo quale vero e proprio obbligo per l'intermediario quello di effettuare una “segnalazione di inadeguatezza” di eventuali operazioni di investimento. Tale segnalazione, che si colloca nell'ambito degli obblighi informativi facenti capo agli intermediari finanziari, deve specificamente contenere, ai sensi della sentenza della Cassazione n. 1376 del 2016, indicazioni circa: la natura e le caratteristiche peculiari del titolo; la specifica individuazione del soggetto emittente; il rating nel periodo di esecuzione dell'operazione ed il connesso rapporto rendimento/rischio; l'indicazione specifica di eventuali carenze di informazioni relative alle caratteristiche in concreto del titolo; l'avvertimento circa il pericolo di imminente default dell'emittente. Questa regola, peraltro, si pone in stretto collegamento con il contenuto dell'art. 28, comma 1, del regolamento Consob n. 11522 del 1998, il quale cristallizza la cd. Know your customer rule, ossia l'obbligo per l'intermediario finanziario di acquisire informazioni concernenti il cliente (cd. Obbligo di informazione passiva), proprio al fine di valutare l'adeguatezza dell'operazione finanziaria proposta al profilo dell'investitore. L'art. 29 del regolamento Consob non prevede per la segnalazione in questione alcun requisito di forma con riguardo alla motivazione dell'inadeguatezza dell'operazione finanziaria, pertanto – in ossequio al principio generale della libertà delle forme -, tale motivazione potrebbe anche essere fornita all'investitore verbalmente. Per tali ragioni, in assenza di una espressa previsione normativa che imponga all'intermediario di verbalizzare le informazioni fornite al cliente in ordine alla segnalazione di inadeguatezza, la Giurisprudenza di legittimità ritiene tale segnalazione inidonea ad assolvere gli obblighi informativi di cui all'art. 21 TUF, trattandosi di un'affermazione del tutto riassuntiva e generica circa l'avvenuta completezza dell'informazione sottoscritta dal cliente, la quale laddove contenga una “sia pure sintetica, indicazione delle caratteristiche del titolo, in relazione al profilo dell'investitore ed alla sua propensione al rischio”, può provare, solo ed esclusivamente in relazione alla circostanza menzionata, l'adempimento dell'obbligo informativo a carico dell'intermediario finanziario. Il mancato assolvimento dell'obbligo di informazione passiva, inoltre, è idoneo ad inficiare la valutazione di adeguatezza effettuata dall'intermediario ed anche in presenza di un investitore aduso ad operazioni finanziarie a rischio elevato l'intermediario è obbligato, ai sensi dell'art. 21 TUF e degli artt. 28 e 29 del regolamento Consob n. 11522 del 1998, a fornire al cliente complete informazioni circa la natura, il rendimento e altre caratteristiche del titolo. Per quanto concerne l'altro aspetto oggetto di doglianza, relativo al riparto degli oneri di allegazione e di prova in sede giudiziale, la Cassazione ha evidenziato che la Corte territoriale ha correttamente valutato i capitoli della prova testimoniale domandata - che non erano stati ammessi in primo grado -, risultati inidonei a provare l'adempimento degli obblighi informativi dell'intermediario perché generici, non essendo specificati la quotazione del titolo al momento della vendita ed il rating dello stesso. A tale riguardo, la Suprema Corte ha richiamato, in risposta alle doglianze del ricorrente, la disciplina vigente in materia. In ossequio alla normativa dettata dal Codice Civile in ambito di responsabilità contrattuale, la disciplina prevede che l'investitore, il quale lamenti l'inadempimento degli obblighi informativi a carico dell'intermediario, debba preliminarmente dedurre suddetto l'inadempimento. Conseguentemente, è onere dell'intermediario finanziario provare di aver agito con la diligenza richiestagli ai sensi dell'art. 23, comma 6, TUF - in perfetta armonia con la regola generale stabilita dall'art. 1218 c.c., il quale pone a carico del debitore la prova della sua non imputabilità (cfr. Cass. n. 17138/2016) -, tuttavia, nel caso di specie, l'istituto bancario convenuto non ha assolto tale onere, non essendo stati ammessi i capitoli di prova. Infine, graverà sull'investitore dare prova del nesso di causalità tra l'inadempimento e il danno. In particolare, in relazione ai principi applicati in tema di ripartizione dell'onere della prova del nesso di causalità, il ricorrente – presupponendo erroneamente l'esistenza di contrastanti pronunce di legittimità – ha anche formulato istanza di rimessione della questione alle Sezioni Unite. La Cassazione, sul punto, ha evidenziato che l'asserito contrasto giurisprudenziale non sussiste in quanto gli orientamenti in materia risultano concordanti. Infatti, è ormai consolidata l'interpretazione secondo la quale, in materia di onere della prova del nesso di causalità, esista una presunzione legale di sussistenza del nesso causale tra inadempimento informativo e pregiudizio, suscettibile di prova contraria da parte dell'intermediario (Cass. 17 aprile 2020, n. 7905). Tale prova, tuttavia, non può consistere in una dimostrazione generica della propensione al rischio dell'investitore, il quale ha, in ogni caso, il diritto di essere adeguatamente informato sugli investimenti finanziari a lui proposti.
Osservazioni
Alla luce di quanto analizzato, è da ritenersi integralmente condivisibile la soluzione fornita dalla Corte territoriale relativamente alle questioni affrontate nel provvedimento in esame. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha coerentemente ritenuto che, non risultando indicate alcune informazioni sull'adeguatezza dell'operazione al profilo dell'acquirente, l'intermediario finanziario debba ritenersi responsabile per violazione degli obblighi informativi di cui all'art. 21 del d. lgs. n. 58 del 1998 in combinato disposto con gli articoli 28 e 29 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998. L'intermediario non ha fornito la prova di aver agito con la diligenza richiestagli, non avendo esattamente specificato la quotazione del titolo al momento della vendita ed il rating dello stesso, e, pertanto, appare inevitabile la condanna al risarcimento del danno.
Conclusioni
Non è contestabile il principio, affermato dalla Corte territoriale e confermato dalla Cassazione nell'ordinanza in oggetto, secondo il quale il mancato assolvimento degli obblighi informativi -previsti dal T.U.F. del 1998 e relativo regolamento Consob – da parte dell'intermediario ingenera una presunzione di riconducibilità dell'operazione finanziaria all'inadeguatezza delle informazioni fornite dall'istituto di credito, in quanto, questo comportamento, si traduce in un fattore di disorientamento per il risparmiatore ovvero in uno scorretto suo orientamento verso le scelte di investimento, obbligando l'intermediario al risarcimento del danno. |