Decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di risarcimento dei danni lungolatenti

Alessandro Benni de Sena
02 Maggio 2023

La Cassazione si occupa dell'individuazione della decorrenza iniziale del termine di prescrizione nel caso di danno da emotrasfusioni, essendo questo un danno alla salute lungolatento o ad esordio occulto.
Massima

“Il diritto al risarcimento di danni alla salute lungolatenti o ad esordio occulto (come nel caso di contagio o di patologie silenti) inizia a prescriversi dal momento in cui il danneggiato, con la diligenza esigibile non da lui, ma dall'uomo medio, possa avvedersi di essere malato.
Ai fini dell'individuazione dell'exordium praescriptionis, una volta dimostrata dalla vittima la data di presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell'indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, spetta alla controparte dimostrare che già prima di quella data il danneggiato conosceva o poteva conoscere, con l'ordinaria diligenza, l'esistenza della malattia e la sua riconducibilità causale alla trasfusione anche per mezzo di presunzioni semplici, sempre che il fatto noto dal quale risalire a quello ignoto sia circostanza obiettivamente certa e non mera ipotesi o congettura, pena la violazione del divieto del ricorso alle "praesumptiones de praesumpto”.

Il caso

In novembre 2004, Tizia evocava in giudizio il Ministero della Salute, la Regione Emilia Romagna e la Gestione Liquidatoria USL di Bologna al fine di ottenere la condanna al risarcimento dei danni alla salute per infezione da virus HCV derivante da emotrasfusione.

L'attrice esponeva che, nel mese di ottobre 1999, si era sottoposta ad un intervento chirurgico presso l'Ospedale e che nei giorni precedenti l'intervento aveva effettuato degli esami di routine dai quali era emersa una grave alterazione degli indici di funzionalità epatica e la positività all'HCV. Ricostruendo la propria storia clinica, rammentava che, nel mese di giugno 1979, aveva subito, presso la clinica ginecologica dell'Ospedale di Bologna, una terapia trasfusionale di plasma e sangue a seguito di un'emorragia post partum: identificava, perciò, la causa della contrazione del virus in una manovra medica sbagliata eseguita in sede di assistenza al parto.

Il Tribunale di Bologna rigettava la domanda attrice, dichiarando il difetto di legittimazione passiva della Regione e della Gestione Liquidatoria e ritenendo prescritta l'azione nei confronti del Ministero della Salute.

La Corte d'Appello di Bologna rigettava l'appello dell'attrice. In particolare, la Corte territoriale, nel confermare le statuizioni della sentenza di primo grado, riteneva che, nella specie, fosse stata correttamente inquadrata la natura della domanda proposta dall'attrice in termini di responsabilità extra-contrattuale, non potendo il principio iura novit curia tradursi nella surrogazione officiosa del potere dispositivo che ricade sulla parte. Ribadiva, inoltre, la carenza di legittimazione passiva della Regione e della Gestione Liquidatoria, confermando la legittimazione esclusiva del Ministero della Salute, nei cui confronti veniva riconosciuta l'intervenuta prescrizione del diritto azionato. Precisava, in particolare, che il termine prescrizionale quinquennale decorreva dal giorno del ricovero dell'attrice presso l'Ospedale (Omissis), posto che tanto la domanda di indennizzo ex lege n. 210 del 1992, quanto qualsiasi altro atto di cui non fosse stata data prova dell'avvenuta ricezione da parte del destinatario non potessero configurarsi come atti interruttivi della prescrizione.

Avverso tale sentenza l'attrice proponeva ricorso per Cassazione.

La questione

La questione principale consiste nell'individuazione della decorrenza iniziale del termine di prescrizione dei danni da emotrasfusioni.

Come va identificato il dies a quo dell'exordium praescriptionis?

Le soluzioni giuridiche

Il fatto illecito che ha cagionato il danno era avvenuto in novembre 1979; una prima contezza della patologia si ha in ottobre 1999 in occasione di esami propedeutici ad un intervento chirurgico, non correlato alla patologia; la domanda di indennizzo è stata proposta in marzo 2000 e l'azione giudiziaria intrapresa in novembre 2004.

Nella fattispecie di danno lungolatente, questo palesa tutti i suoi effetti pregiudizievoli solo a notevole distanza di tempo dal fatto generatore, in quanto, pur essendo il fatto generatore individuato nel tempo e pur verificandosi l'evento lesivo contestualmente al fatto, l'evento di danno rimane occulto o inavvertibile, manifestando tutte le sue conseguenze lesive su di un orizzonte temporale successivo e più ampio.

Nel caso di specie, i giudici di merito avevano individuato questo termine iniziale nel ricovero in ottobre 1999, quando erano state effettuate le analisi dalle quali erano emersi gli indici di funzionalità epatica e la positività all'HCV, con la conseguenza che la domanda giudiziale proposta a novembre 2004 risultava prescritta, pur essendo stata presentata domanda di indennizzo in marzo 2000.

La questione si concentra nella valutazione della consapevolezza della percezione della malattia, idonea a far decorrere il termine di prescrizione dell'azione risarcitoria.

Il danno lungolatente pone l'interrogativo circa l'individuazione del momento in cui possa considerarsi sorto in capo al danneggiato il diritto risarcitorio, quindi della decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di risarcimento.

In passato si sono registrate diverse opinioni, risolte dall'intervento delle Sezioni Unite del 2008, che, però, a fronte di un principio generale rendono ancora difficile l'individuazione in concreto di questo termine (riprova ne è proprio la decisione annotata):

1) in generale, una corretta applicazione del combinato disposto degli art. 2935 e 2946 c.c. non consente nel caso del danno da responsabilità contrattuale di procrastinare il "dies a quo" di decorrenza della prescrizione decennale, rispetto al momento in cui il diritto può essere fatto valere, se non nell'ipotesi d'impedimento legale al detto esercizio e non anche, salve le eccezioni espressamente stabilite dalla legge o regolate con gli istituti della sospensione e dell'interruzione, nell'ipotesi d'impedimento di fatto al qual genere va ricondotta l'ignoranza del titolare, colpevole o meno ch'essa sia, salvo derivi da un comportamento doloso della controparte come desumibile dalla "ratio" dell'art. 2941 c.c.

Consegue che alla responsabilità contrattuale del medico per il danno alla persona, causato da imperizia nell'esecuzione di un'operazione chirurgica, si applica l'ordinario termine di prescrizione decennale, con decorrenza dal momento del verificarsi del fatto lesivo, e non da quello della manifestazione esteriore della lesione: Cassazione civile, sez. II, 28/01/2004, n. 1547. Infatti, i termini di prescrizione soddisfano, in linea generale, la funzione di garantire la certezza del diritto.

2) il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito sorge non dal momento in cui l'agente compie l'illecito o dal momento in cui il fatto del terzo determina ontologicamente il danno all'altrui diritto, bensì dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all'esterno divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile: Cassazione civile, sez. III, 09/05/2000, n. 5913.

3) nel 2008 sono intervenute le Sezioni Unite, secondo cui la responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, né sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime); ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma degli art. 2935 e 2947, comma 1, c.c., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (a tal fine coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui all'art. 4 l. n. 210 del 1992, bensì con la proposizione della relativa domanda amministrativa).

Da notare che le Sezioni Unite hanno escluso la tesi che la decorrenza possa coincidere con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui all'art. 4 l. n. 210 del 1992.

Successivamente alle Sezioni Unite, la giurisprudenza ha cercato di definire i criteri di individuazione di questa “percezione”, specie in rapporto alla presentazione della domanda di indennizzo:

a) ciò che rileva per il termine prescrizionale ex art. 2935 c.c., in tema di risarcimento del danno da contagio da HCV derivate da emotrasfusione, è il momento in cui l'emotrasfuso ha avuto consapevolezza della natura dell'infezione e della causalità con la trasfusione o, comunque, ha avuto a disposizione elementi sufficienti che gli avrebbero consentito, usando l'ordinaria diligenza, di individuare il nesso causale: Cassazione civile sez. III, 26/04/2022, n.12966.

b) il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto per contagio da emotrasfusioni una malattia (nel caso, epatite HCV cronica) per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, comma 1, c.c., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche da apprezzarsi in riferimento al sanitario o alla struttura sanitaria cui si è rivolto il paziente, dovendosi accertare se siano state fornite informazioni atte a consentire all'interessato il collegamento con la causa della patologia o se lo stesso sia stato quanto meno posto in condizione di assumere tali conoscenze.

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto per contagio da emotrasfusioni una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre dal giorno in cui tale malattia venga percepita - o possa essere percepita usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche - quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo. Incorre, pertanto, in un errore di sussunzione e, dunque, nella falsa applicazione dell'art. 2935 c.c., il giudice di merito che, ai fini della determinazione della decorrenza del termine di prescrizione, ritenga tale conoscenza conseguita o, comunque, conseguibile, da parte del paziente, pur in difetto di informazioni idonee a consentirgli di collegare causalmente la propria patologia alla trasfusione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la dichiarazione anamnestica con la quale il paziente privo di conoscenze mediche - rispondendo ad una non meglio identificata interrogazione del sanitario ed in mancanza di specifiche indicazioni nel referto circa la causa della malattia epatica diagnosticatagli - aveva fatto riferimento ad una trasfusione a cui si era sottoposto quindici anni prima, non integrasse il presupposto, rilevante ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, della percezione, da parte dello stesso paziente, della riconducibilità causale della patologia alla trasfusione): Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2018, n.13745; Cass. civ., sez. III, 22 settembre 2017, n. 22045, dovendosi accertare se siano state fornite informazioni atte a consentire all'interessato il collegamento con la causa della patologia o se lo stesso sia stato quanto meno posto in condizione di assumere tali conoscenze.

c) in tema di risarcimento del danno alla salute causato da emotrasfusione con sangue infetto, ai fini dell'individuazione dell'exordium praescriptionis, una volta dimostrata dalla vittima la data di presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell'indennizzo previsto dalla l. n. 210 del 1999, spetta alla controparte dimostrare che già prima di quella data il danneggiato conosceva o poteva conoscere, con l'ordinaria diligenza, l'esistenza della malattia e la sua riconducibilità causale alla trasfusione anche per mezzo di presunzioni semplici, sempre che il fatto noto dal quale risalire a quello ignoto sia circostanza obiettivamente certa e non mera ipotesi o congettura, pena la violazione del divieto del ricorso alle "praesumptiones de praesumpto". Cassazione civile, sez. VI, 30/03/2022, n.10190; Cassazione civile, sez. III, 28/06/2019, n.17421; Cassazione civile, sez. III, 12/06/2020, n.11298.

Altra questione è riconoscere l'effetto interruttivo della prescrizione alla domanda di indennizzo:

- in senso favorevole, Cassazione civile sez. III, 17/11/2020, n.26189;Cassazione civile sez. lav., 18/01/2018, n.1166, oltre che la sentenza in esame: l'atto di interruzione della prescrizione, ai sensi dell'art. 2943, comma 4, c.c., non deve necessariamente consistere in una richiesta o intimazione, essendo sufficiente una dichiarazione che, esplicitamente o per implicito, manifesti l'intenzione di esercitare il diritto spettante al dichiarante); in tema di danni da emotrasfusione, la manifestazione dell'intenzione di ottenere comunque il risarcimento del danno, contenuta nella richiesta di informazioni circa la proposta domanda di indennizzo previsto dalla legge, costituisce atto di interruzione della prescrizione, in quanto idoneo a costituire in mora il debitore della prestazione risarcitoria;

- in senso contrario, le Sez. Un. n. 576/2008 cit., «Tale richiesta non può avere alcun effetto interruttivo della diversa domanda di risarcimento danni, attesa l'ontologica diversità tra l'indennizzo - indifferente a qualsiasi rilievo sotto il profilo della colpa, e il danno. Come è giurisprudenza pacifica di questa Corte, ai sensi dell'art. 2943 c.c., comma 1, non ogni domanda ha effetto interruttivo della prescrizione, ma soltanto quella con cui l'attore chieda il riconoscimento e la tutela del diritto di cui si eccepisca la prescrizione (Cass. 16/01/2006, n. 726; Cass. 08/02/2006, 2811). Ciò vale a maggior ragione per la domanda avanzata in sede amministrativa di indennizzo, nei confronti della prescrizione della domanda di risarcimento del danno».

La sentenza in esame, in sostanza, riprende gli ultimi principi affermati sul solco delle Sez. Un. del 2008.

Osservazioni

Il problema dei cd. danni lungolatenti risiede nel fatto che alcuni elementi dell'illecito si manifestano a distanza di tempo. In particolare, se le conseguenze pregiudizievoli sorgono in epoca anteriore, non si ha contezza degli stessi e, soprattutto, nel profilo eziologico e, quindi, della colpevolezza intesa come individuazione del soggetto responsabile.

Detto diversamente, se anche è venuta pienamente ad esistenza l'efficacia lesiva del fatto generatore, non si è ancora realizzata nel danneggiato la consapevolezza del proprio diritto al risarcimento, per la mancanza degli elementi necessari a formulare un addebito di danno ingiusto.

In questo senso, a mente dell'art. 2935 c.c. il diritto non può essere fatto valere.

La dimensione temporale nelle fattispecie di responsabilità lungolatenti rileva non semplicemente ai fini della percepibilità e conoscibilità dei danni, ma anche in relazione alla conseguente loro rapportabilità causale al fatto generatore da parte del danneggiato. La vittima è in grado di ricostruire la relazione causale tra pregiudizio subito ed evento dannoso contra ius quando è nelle condizioni di poter far valere il proprio diritto risarcitorio, difettando alcuni elementi costitutivi della fattispecie di illecito civile (nesso di causa e riferibilità ad un soggetto responsabile).

Non è sufficiente la conoscenza della malattia, finché non sia ha la percezione della riconduzione ad un certo evento (nesso eziologico).

Il profilo assume, poi, particolare importanza ove si tenga conto della diffusione delle conoscenze scientifiche nella ricostruzione nel nesso causale.

Allargando il campo di indagine per comprendere la complessità del punto, si pensi ai casi di farmaci in sperimentazione clinica, per cui l'impresa farmaceutica è tenuta a dimostrare di aver osservato, prima della produzione e immissione sul mercato del farmaco, i protocolli di sperimentazione previsti dalla legge e di aver fornito un'adeguata informazione circa i possibili effetti indesiderati dello stesso, aggiornandola - se necessario - in relazione all'evoluzione della ricerca (C.A. Milano, sez. II, 30.04.2021, n. 1353; Cassazione civile sez. III, 07/03/2019, n.6587). Oppure si pensi ai farmaci ritirati dal commercio perché scoperti solo successivamente pericolosi per la salute: è noto e terribile il caso della Talidomide, usata come ansiolitico in gravidanza fino agli anni ‘60 e poi si scoprì causa di focomelia, piuttosto che altri farmaci come, solo per portare qualche esempio (ma i casi sono tanti), il Rofecoxib ritirato nel 2004 dal commercio per problemi legati alla sicurezza per aumento del rischio cardiovascolare, l'Osseor (principio attivo ramelato di stronzio) usato poi solo per il trattamento dell'osteoporosi “grave” e non generalizzato, a causa del rischio cardiovascolare, oppure il Lipobay per rischio di rabiomiolisi in concomitanza con altri farmaci, o il Cisapride per i rischio di aritmie.

Tornando alla questione che ci interessa, sotto il profilo del regime prescrizionale, la tesi secondo cui la fattispecie di responsabilità per danno lungolatente si considera perfezionata solo nel momento della piena consapevolezza da parte del danneggiato della ingiustizia del danno, ha posto in crisi la tradizionale impostazione che identificava nel giorno di verificazione del fatto originatore il termine iniziale del decorso della prescrizione, in ossequio al disposto letterale dell'art. 2947 comma 1 cod. civile e alla funzione di certezza nei rapporti giuridici dell'istituto della prescrizione (Corte giustizia UE sez. II, 30/04/2020, n.627), oltre che trovare la prescrizione fondamento nell'inerzia del titolare del diritto, sintomatica per il protrarsi del tempo del venir meno di un concreto interesse alla tutela (Cassazione civile sez. VI, 07/11/2017, n.26309; Cassazione civile sez. II, 18/01/2007, n.1090).

Le Sezioni Unite del 2008 citate, in forza dei principi di conoscibilità del danno e di sua rapportabilità causale al fatto generatore (si veda anche Cassazione civile sez. III, 29/03/2018, n.7776), hanno spostato dal fatto al danno ingiusto l'exordium praescriptionis, accogliendo una lettura coordinata dell'art. 2947 comma 1 c.c. con l'art. 2935 c.c., la quale privilegia la concreta tutela del danneggiato e la funzione compensativa della responsabilità civile.

Le Sezioni Unite del 2008 hanno anche svolto un'importante precisazione: l'individuazione di un termine mobile per il decorso della prescrizione, legato alla effettiva conoscibilità da parte del danneggiato della rilevanza giuridica "secondo lo snodarsi nel tempo delle conseguenze lesive del fatto illecito o dell'inadempimento", non può, tuttavia, aprire "la strada ad una rilevanza della mera conoscibilità soggettiva", dovendo il giudice verificare, secondo i parametri oggettivi della ordinaria diligenza e del livello delle conoscenze scientifiche dell'epoca, il momento in cui al danneggiato sia possibile far valere concretamente il suo diritto risarcitorio, dovendo altrimenti sanzionarsi la sua inerzia con l'estinzione di tale diritto.

Così, ad esempio, «la diagnosi di AIDS conclamata non può, di per sé, costituire prova certa della consapevolezza, in capo al malato e ai suoi familiari, che detta malattia sia da collegare causalmente con le trasfusioni subite. Ed è per questo che la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che solo con la presentazione della domanda amministrativa di cui alla L. n. 210 del 1992, si ha la ragionevole certezza della consapevolezza, in capo al malato ed ai suoi congiunti, del collegamento causale tra le trasfusioni e la malattia.

Tale affermazione, però, non può essere intesa in modo assoluto. Come già rilevato dalla sentenza 18 novembre 2015, n. 23635, la presentazione della domanda di indennizzo suddetta rappresenta un limite temporale ultimo oltre il quale non può sussistere alcun ragionevole dubbio su tale consapevolezza; ma ciò non esclude che il giudice di merito, con un accertamento in fatto adeguatamente motivato, ben possa dare conto delle ragioni per le quali ha ritenuto, viceversa, che la consapevolezza del collegamento sia da far risalire ad un momento precedente rispetto a quello di presentazione della suindicata domanda amministrativa (v. sul punto anche l'ordinanza 27 febbraio 2017, n. 4996).

Va specificato che il suddetto principio in tema di exordium praescriptionis, non apre la strada ad una rilevanza della mera conoscibilità soggettiva del danneggiato. Esso deve essere saldamente ancorato a due parametri obiettivi, l'uno interno e l'altro esterno al soggetto, e cioè da un lato al parametro dell'ordinaria diligenza, dall'altro al livello di conoscenze scientifiche dell'epoca, comunque entrambi verificabili dal Giudice senza scivolare verso un'indagine di tipo psicologico. In particolare, per quanto riguarda l'elemento esterno delle comuni conoscenze scientifiche esso non andrà apprezzato in relazione al soggetto leso, in relazione al quale l'ordinaria diligenza dell'uomo medio si esaurisce con il portarlo presso una struttura sanitaria per gli accertamenti sui fenomeni patologici avvertiti, ma in relazione alla comune conoscenza scientifica che in merito a tale patologia era ragionevole richiedere in una data epoca ai soggetti a cui si è rivolta (o avrebbe dovuto rivolgersi) la persona lesa.

In tema di contagio di infezioni a seguito di emotrasfusioni, il diritto al risarcimento del danno è soggetto al termine di prescrizione quinquennale, che decorre, a norma del c.c., art. 2935 c.c., art. 2947, comma 1, dal giorno in cui tale malattia venga percepita o possa essere percepita quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche. Ai fini dell'individuazione del dies a quo del termine di prescrizione, non può, quindi, farsi automaticamente riferimento alla data di presentazione della domanda amministrativa ex L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 4.

Tale termine è, infatti, quello ultimo e più favorevole per il danneggiato, essendo evidente come, a quella data, si sia conseguito un apprezzabile grado di consapevolezza sugli elementi costituitivi della fattispecie risarcitoria. È tuttavia possibile retrodatare il momento di decorrenza del termine prescrizionale, attraverso una rigorosa analisi delle informazioni cui la vittima ha avuto accesso o per la cui acquisizione si sarebbe dovuta diligentemente attivare e della loro idoneità a consentirgli una conoscenza, ragionevolmente completa, circa i dati necessari per l'instaurazione del giudizio (Cass. civ., sez. VI, 18 novembre 2015, n. 23635).

Ciò comporta una rigorosa analisi da parte del Giudice di merito sul contenuto della diligenza esigibile dalla vittima nel caso concreto, ovvero sulle informazioni che erano in suo possesso, o alle quali doveva esser messa in condizioni di accedere, o che doveva attivarsi per procurarsi. Ugualmente dovrà essere accuratamente ricostruito ai fini di una motivazione completa e corretta sul punto della prescrizione, lo stato delle conoscenze scientifiche dell'epoca, onde inferirne se la riconducibilità della possibilità di un determinato tipo di contagio dalla trasfusione fosse nota alla comunità scientifica ed ai comuni operatori professionali del settore» (Cass. civ., sez. VI, 22 novembre 2017, n. 27757).

È importante individuare in concreto se e quando sono state fornite al paziente informazioni idonee a consentirgli di collegare causalmente la propria patologia alla trasfusione (Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2018, n. 13745).

Da questo consegue il riparto dell'onere della prova.

Il danneggiato dovrà comunque provare tutti gli elementi costitutivi della domanda e allegare quelli idonei a ritenere la domanda non prescritta.

Una volta così dimostrata dalla vittima la data di presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell'indennizzo previsto dalla l. n. 210 del 1992, spetta alla controparte dimostrare che già prima di quella data il danneggiato conosceva o poteva conoscere, con l'ordinaria diligenza, l'esistenza della malattia e la sua riconducibilità causale alla trasfusione anche per mezzo di presunzioni semplici, sempre che il fatto noto dal quale risalire a quello ignoto sia circostanza obiettivamente certa e non mera ipotesi o congettura, pena la violazione del divieto del ricorso alle "praesumptiones de praesumpto". In tema di risarcimento del danno alla salute causato da emotrasfusione con sangue infetto, che costituisce una ipotesi di danno cd. "lungolatente", in cui il fatto in relazione al quale decorre il termine ex art. 2947, comma 1, c.c., coincide con il momento in cui viene ad emersione il completamento della fattispecie costitutiva del diritto, da accertarsi, rispetto al soggetto danneggiato, secondo un criterio oggettivo di conoscibilità, la parte eccipiente ha l'onere di allegare e provare, ai sensi dell'art. 2697, comma 2, c.c., il fatto temporale costitutivo dell'eccezione di prescrizione, ossia la prolungata inerzia dell'esercizio del diritto al risarcimento del danno, in quanto riconducibile al termine iniziale di oggettiva conoscibilità della etiopatogenesi.

Sicuramente non è un riparto facile dell'onere probatorio, anche pensando al principio della vicinanza della prova, per cui il convenuto può avere solo elementi presuntivi, piuttosto che alla eterogeneità degli eventi di danno accertabili e percepibili. Dunque si richiede un accertamento rigoroso dell'exordium praescriptionis.

Riferimenti
  • Berti R., La prescrizione del diritto al risarcimento decorre dal momento della diligente percezione della malattia quale ingiusta conseguenza di un comportamento colposo, 19 maggio 2015;
  • Ceserani F., I nuovi rischi di responsabilità civile: rischi lungolatenti e rischi emergenti. Tendenze ed orientamenti nelle "coverage trigger disputes"2010", in Dir. econ. assicur., 2010, 3;
  • De Matteis A., Per una teoria unitaria sulla decorrenza della prescrizione civile nei diritti nascenti in situazioni lungolatenti, 28 settembre 2016;
  • Greco F., Le Sezioni Unite ed il limite prescrizionale nel danno da emotrasfusioni, in Resp. civ. e prev., 2008, 841;
  • Monateri P. G., La responsabilità civile, nel Tratt. dir. civ., diretto da Sacco R., III, Torino, 2006;
  • Panza G., Contributo allo studio della prescrizione, Napoli, 1984;
  • Rosselli F. – Vitucci P., La prescrizione e la decadenza, nel Tratt di dir. priv., diretto da Rescigno P., Tutela dei diritti, II, 20, Torino, 2002;
  • Serpetti di Querciara A., Diritto al risarcimento del danno da emotrasfusione: decorrenza del termine di prescrizione, 28 giugno 2022;
  • Trapuzzano C., I danni lungolatenti nella responsabilità medica, 16 novembre 2017.

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