Gli scostamenti minimali tra il TAEG/ISC pattuito e quello effettivo sono irrilevanti
19 Giugno 2023
Massima
Il TAEG/ISC non costituisce un tasso di interesse o una specifica condizione economica da applicare al contratto di mutuo, ma svolge unicamente una funzione informativa finalizzata a consentire al cliente di conoscere il costo totale effettivo del finanziamento; la sua erronea indicazione non incide sulla validità del contratto di mutuo ai sensi dell'art. 117 TUB. Eventuali scostamenti minimali/irrisori tra TAEG/ISC pattuito in contratto e quello effettivo sono irrilevanti ai fini della validità delle pattuizioni contrattuali. Il caso
Parte attrice lamenta la usurarietà (esclusa dalla CTU) degli interessi corrispettivi e moratori applicati al mutuo nonché la indeterminatezza del tasso di interesse indicato in contratto, censurando la erronea indicazione dell'ISC (indicatore sintetico di costo) del finanziamento e l'utilizzo del parametro Euribor per il calcolo degli interessi. La questione
Focalizzando l'attenzione sul TAEG/ISC, lo stesso, come noto, rappresenta lo strumento principale di trasparenza nei contratti di credito al consumo. È un indice armonizzato a livello comunitario che nelle operazioni di credito al consumo rappresenta il costo totale del credito a carico del consumatore, comprensivo degli interessi e di tutti gli altri oneri da sostenere per l'utilizzazione del credito stesso (Cass. n. 39169/2021). Sono esclusi dal calcolo del TAEG/ISC - espresso in percentuale del credito concesso e su base annua - gli interessi di mora e le altre penali previste in conseguenza dell'inadempimento, in quanto estranei al programma di regolare esecuzione del contratto di credito nonché la commissione di anticipata estinzione (costo legato a vicende anomale del finanziamento) (Trib. Roma 12.2.2022). Il TAEG e l'ISC non sono utilizzati per determinare le rate del prestito (non c'è una relazione diretta tra il TAEG e il piano di ammortamento del mutuo), ma hanno l'importante funzione di essere un “indicatore” del costo di un finanziamento (apprezzabile soprattutto poiché consente il confronto con il TAEG/ISC degli altri finanziamenti offerti dal mercato del credito). Il TAEG/ISC non è dunque un tasso propriamente detto, ma un mero indicatore sintetico del costo complessivo del contratto di finanziamento, avente lo scopo di consentire al cliente di conoscere l'effettivo costo totale del credito (Cass. n. 39169/2021; Cass. n. 1034/2022; Trib. Torino 30.5.2018; Trib. Napoli 28.9.2020), e non incide sul contenuto della prestazione a carico del cliente ovvero sulla determinatezza o determinabilità dell'oggetto contrattuale, definita dalla pattuizione scritta di tutte le voci di costo negoziali. Osservazioni
La sentenza in commento offre lo spunto per operare una snella ricognizione delle principali questioni che animano il dibattito giurisprudenziale intorno al TAEG/ISC. La decisione si conforma all'orientamento giurisprudenziale prevalente (e preferibile), secondo cui l'ISC non è un elemento essenziale del contratto di mutuo la cui errata indicazione è sanzionata dall'art. 117 TUB (per approfondimenti, sia consentito rinviare Fiorucci, Controversie bancarie. Casi e soluzioni giurisprudenziali, Milano, 2022, 60). Occorre ribadire che il TAEG/ISC non è un tasso propriamente inteso, quanto piuttosto un indicatore sintetico del costo complessivo del finanziamento, avente lo scopo di consentire al cliente di conoscere il “costo” totale effettivo del credito. Secondo la giurisprudenza maggioritaria, infatti, «l'ISC non costituisce un tasso di interesse o una specifica condizione economica da applicare al contratto di finanziamento, ma svolge unicamente una funzione informativa finalizzata a mettere il cliente nella posizione di conoscere il costo totale effettivo del finanziamento prima di accedervi. Da ciò discende che l'erronea indicazione dell'ISC/TAEG, non comporta, di per sé, una maggiore onerosità del finanziamento, quanto piuttosto un'erronea rappresentazione del suo costo complessivo» che non inficia le pattuizioni relative ai tassi di interesse (ex multis Trib. Bari 7.6.2017; Trib. Terni 15.2.2018; Trib. Roma 3.1.2018; Trib. Roma 23.2.2018; Trib. Napoli Nord 9.7.2018; Trib. Lucca 7.1.2019; Trib. Torino 10.1.2019; Trib. Tivoli 10.1.2023 n. 4. Vedi anche ABF n. 4593/2016; ABF n. 3492/2017). L'indicatore sintetico di costo ha valenza di “regola di comportamento” della banca, senza assumere rilievo come “regola di validità” del contratto (Trib. Bologna 29.9.2017 e 9.1.2018; Trib. Ancona 20.8.2018); la sua violazione (ad eccezione di quanto previsto dall'art. 125-bis TUB) comporta, nell'eventualità, una obbligazione risarcitoria a titolo di responsabilità della banca per violazione degli obblighi di informazione. Mentre per i tassi ed i prezzi propriamente intesi, soccorre la disposizione di cui all'art. 117, comma 6, TUB, ai sensi della quale « ;sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati ;», con riferimento alle clausole del contratto relative a costi che non siano stati inclusi, ovvero siano stati inclusi in modo non corretto nel TAEG indicato in contratto, la norma di riferimento è unicamente quella di cui all'art. 125-bis TUB, la quale sancisce, fra l'altro, la nullità di dette clausole e la loro sostituzione ex lege, secondo le modalità di cui al settimo comma della stessa disposizione. Tale disciplina, tuttavia – introdotta dal legislatore con il d.lgs. n. 141/2010 (in vigore dal 19 settembre 2010) – è specificamente circoscritta alla clientela consumatrice: ne è espressamente esclusa, avuto riguardo anche alle altre disposizioni del Capo II del Titolo VI, TUB in materia di trasparenza nel credito al consumo (ratione temporis vigenti), l'applicazione ai contratti di finanziamento riferibili a situazioni - soggettive dei mutuatari o oggettive riguardo alla tipologia di finanziamento: ad es. importo e tipologia del mutuo - che esulano dal perimetro del credito dal consumo. Al di fuori del perimetro di operatività dell'art. 125-bis TUB del tutto inappropriato/arbitrario è, dunque, il richiamo ai commi sesto e settimo dell'art. 117 TUB, atteso che la disciplina in essi contenuta (relativa alla pattuizione di interessi e prezzi, non costi, del finanziamento) non ha nulla a che vedere con la tematica del TAEG/ISC e le conseguenze della sua eventuale erronea indicazione nel contratto di mutuo (così Trib. Roma 3.1.2018; Trib. Monza 23.2.2018; Trib. Napoli 12.3.2018 e 26.4.2018; Trib. Bologna 8.2.2018; Trib. Torino 30.5.2018 e 14.11.2018; Trib. Treviso 22.3.2018 e 9.4.2018; Trib. Milano 11.12.2018). L'art. 117, comma 6, TUB sanziona con la nullità le «clausole contrattuali (...) che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati». Siffatta disposizione di legge non è quindi applicabile quando non è messa in discussione la determinatezza delle singole clausole che fissano i tassi di interesse e gli altri oneri a carico del mutuatario, bensì il TAEG/ISC che, come sopra precisato, non determina alcuna condizione economica direttamente applicabile al contratto (di mutuo), ma esprime in termini percentuali il costo complessivo del finanziamento e svolge una funzione meramente informativa. Pertanto, l'errata indicazione del TAEG/ISC non può essere sanzionata con la nullità prevista dal sesto comma dell'art. 117 TUB. Né tanto meno risulta applicabile il settimo comma del medesimo art. 117 TUB che individua un tasso sostitutivo per l'ipotesi in cui difetti o sia nulla la clausola relativa agli interessi (nei termini Trib. Roma 19.4.2017; conf. Trib. Roma 3.1.2018; Trib. Monza 23.2.2018; Trib. Napoli Nord 9.7.2018; App. Torino 5.5.2020; Trib. Napoli 28.9.2020; Trib. Lecco 1.6.2022). Dello stesso tenore sono le conclusioni della Cassazione: «Poiché, come appena detto, l'ISC/TAEG è un indicatore del costo complessivo del finanziamento, avente lo scopo di mettere il cliente in grado di conoscere il costo totale effettivo del credito che gli viene erogato mediante il mutuo, la sua inesatta indicazione non comporta, di per sé, una maggiore onerosità del finanziamento, quanto piuttosto l'erronea rappresentazione del suo costo complessivo, pur sempre ricavabile dalla sommatoria degli oneri e delle singole voci di costo elencati nel contratto;pertanto, stante il suo valore sintetico, l'ISC non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni la cui erronea indicazione è sanzionata dall'art. 117 TUB mediante la sostituzione dei tassi d'interesse normativamente stabiliti a quelli pattuiti» (Cass. n. 39169/2021, in tema di contratto di mutuo); - «la mancata/errata indicazione in contratto dell'ISC non è idonea a determinare la sostituzione automatica del pattuito tasso degli interessi corrispettivi con quello minimo dei BOT: l'obbligo in tal senso previsto dall'art. 9 Delibera CIRC 4.3.2003 comporta la sanzione di cui all'art. 117 TUB solo per i contratti conclusi con consumatori, ai sensi dell'art. 125 bis, comma 6, TUB, mentre per i mutui a favore di ‘operatori commerciali' (non consumatori) … l'Indicatore Sintetico di Costo assume una mera funzione di pubblicità e trasparenza, cosicché dalla sua mancata specificazione (ove siano indicate invece le singole voci del costo del finanziamento, e cioè i “tassi, prezzi e condizioni” di cui all'art.117, comma 6, TUB) può derivare esclusivamente la risarcibilità del danno che il mutuatario dimostri di aver subito per difetto di detta informazione» (Cass. n. 1034/2022, in tema di contratto di mutuo. V. anche App. Venezia 1.6.2022 n. 1369); - «l'ISC è un parametro esterno al contratto, sostanzialmente coincidente con il TAEG ed avente una funzione puramente informativa per il cliente della banca, in ordine alla cui violazione la legge non contempla, peraltro, alcuna sanzione di nullità» (Cass. n. 26585/2022, in tema di contratto di mutuo). Occorre altresì evidenziare che il comma 7 dell'art. 117 TUB ha chiara portata sanzionatoria; quindi non ne è consentita l'interpretazione estensiva e la sua applicazione resta circoscritta ai casi specificamente indicati (Cass. n. 11876/2020; Collegio di Coordinamento ABF nn. 8049/2019 e 11876/2020): il meccanismo sostitutivo contemplato dell'art. 117, comma 7, TUB è previsto esclusivamente per le violazioni di cui ai commi 4 e 6 del medesimo articolo. D'altra parte, se l'art. 117 TUB, commi sesto e settimo, fosse riferibile anche al TAEG/ISC, non si comprenderebbe il senso della previsione di cui all'art. 125 bis, commi sesto e settimo, TUB: il legislatore non avrebbe avuto ragione alcuna di prevedere, nello specifico settore del credito al consumo, una disciplina ad hoc relativamente al TAEG/ISC (ossia ai costi del finanziamento), se avesse potuto proficuamente utilizzare l'art. 117 TUB (in argomento ABF Roma n. 4953/2016; Trib. Bologna 9.1.2018: Trib. Ancona 20.8.2018). Ad ogni buon conto, invocare l'art. 117, comma 6, TUB implica, per espressa previsione normativa («prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati»), che il confronto debba essere operato tra il TAEG pattuito nel contratto di mutuo e quello pubblicizzato dalla banca (informativa precontrattuale), e non tra il TAEG pattuito e quello abitualmente ricalcolato (Trib. Treviso 22.3.2018; Trib. Torino 13.6.2018; Trib. Torino 14.11.2018; Trib. Milano 11.12.2018; Trib. Torino 10.1.2019; Trib. Tivoli 10.1.2023 n. 4). La decisione in commento rileva, altresì, uno scostamento tra TAEG/ISC indicato in contratto e ricalcolato «assolutamente trascurabile (pari, in ogni caso, a una percentuale inferiore allo 0,05%) e, quindi, irrilevante a fronte dell'importo complessivo del rapporto, equiparabile ad un mero arrotondamento». Tale impostazione merita accoglimento. Giusto rilievo deve essere conferito alla irrilevanza di scostamenti irrisori tra il TAEG/ISC pattuito in contratto e quello ricalcolato dal CTU, poiché non configurano ragionevolmente alcuna violazione della normativa sulla trasparenza bancaria o pubblicità ingannevole; eventuali criticità inerenti all'indicatore sintetico di costo è altresì escluso possano essere causa di nullità se sono correttamente esplicitati nel contratto di mutuo tutti i tassi, i costi dell'operazione e i criteri di indicizzazione (Cass. n. 39169/2021; Trib. Roma 8.5.2017, 22.9.2017, 3.1.2018 e 23.2.2018; Trib. Milano 26.10.2017 e 7.11.2017; Trib. Torino 28.9.2017). Anche l'Arbitro Bancario Finanziario ritiene che una variazione minimale del TAEG pattuito rispetto a quello effettivo non determini nessuna violazione delle regole di trasparenza bancaria. È evidenziato che non può attribuirsi alcuna rilevanza a scostamenti del tutto marginali tra il TAEG indicato in contratto e quello ritenuto corretto, giacché simili differenze, spesso imputabili ad approssimazioni o arrotondamenti, «non appaiono idonee ad influire sulle scelte del soggetto finanziato e ad alterarne la capacità di valutare il proprio impegno». In tali circostanze, evidenza l'ABF, non è dunque giustificabile, alla luce del criterio di necessaria proporzionalità tra gravità della violazione riscontrata e sanzione da comminare, l'applicazione del rigoroso rimedio previsto in caso di nullità della clausola TAEG, ossia l'applicazione del tasso sostitutivo previsto dalla normativa di settore, v. art. 125-bis TUB (relativo al credito ai consumatori). In alcune fattispecie esaminate dall'ABF, lo scostamento tra TAEG ricalcolato del finanziamento e TAEG contrattuale è risultato inferiore allo 0,20% e in quanto tale è stato reputato irrilevante e non sanzionato (cfr. ABF Palermo n. 25181/2019; ABF Torino n. 13059/2018; ABF Roma n. 10933/2017). In tal senso, deve essere anche richiamata la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea C 42/15 del 9 novembre 2016 (Home Credit Slovakia a.s. contro Klára Bíróová): cfr. in particolare la parte relativa alla Settima questione, punto 72. Con essa la Corte UE ha ritenuto che, sebbene la normativa nazionale possa prevedere le sanzioni più opportune in caso di violazione delle norme riguardanti l'indicazione del TAEG, per ritenere tali sanzioni proporzionate alla gravità della violazione, e quindi coerenti con la ratio della direttiva n. 48/2008, la loro applicazione deve intervenire solamente nel caso in cui in cui sia alterata «la capacità del consumatore di valutare la portata del proprio impegno», circostanza che non sussiste in presenza di scostamenti irrisori tra il TAEG indicato in contratto e quello ritenuto corretto. Il principio di proporzionalità (tra gravità della violazione riscontrata e sanzione da comminare) è frequentemente richiamato nella giurisprudenza costituzionale unitamente al principio di ragionevolezza o, talvolta, come sinonimo di esso; anzi, in più occasioni la Corte costituzionale ha esplicitamente affermato che il principio di proporzionalità «rappresenta una diretta espressione del generale canone di ragionevolezza» (Corte cost. n. 220/1995). Secondo Corte cost. n. 1130/1998: «il giudizio di ragionevolezza, lungi dal comportare il ricorso a criteri di valutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge attraverso ponderazioni relative alla proporzionalità dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalità rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalità che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti» (v. anche Corte cost. n. 264/1996). Le Sezioni Unite n. 898/2018, a proposito del c.d. contratto bancario monofirma, hanno posto alla base della decisione la necessità di rispettare «il principio di proporzionalità, della cui tenuta si potrebbe dubitare ove si accedesse alla diversa interpretazione (e sulla rilevanza cardine delprincipio di proporzionalità queste sezioni unite si sono di recente espresse … nella pronuncia n. 5/7/2017 n. 16601)…». Più di recente, la necessità di «evitare che il minimo scostamento possa determinare il travolgimento dell'intera operazione negoziale» è anche una delle argomentazioni che le Sezioni Unite n. 33719/2022 hanno posto a fondamento della sentenza sulle conseguenze del superamento - richiesto «apprezzabile» - del limite di finanziabilità nei mutui fondiari. Conclusioni
La decisione in commento si uniforma all'orientamento predominante secondo cui l'erronea indicazione del TAEG in un contratto non disciplinato dall'art. 125-bis TUB non comporta alcun effetto al di fuori del credito ai consumatori. Deve essere, infatti, adeguatamente valorizzata la circostanza che l'indicazione nel contratto di mutuo del valore del TAEG non risulta normativamente sanzionata con la nullità della clausola relativa al tasso di interesse; il requisito della determinatezza (e correttezza) del tasso ultralegale deve essere verificato con esclusivo riferimento a tale clausola e non con riferimento all'indicatore sintetico di costo, che ha una finalità meramente indicativa del peso economico dell'operazione. Scostamenti minimali/irrisori tra TAEG/ISC pattuito in contratto e quello effettivo sono irrilevanti ai fini della validità delle pattuizioni contrattuali. |