Sofferenza soggettiva interiore del figlio abbandonato: da quando decorre la prescrizione dell’illecito endofamiliare?

Francesca Toppetti
11 Luglio 2023

Come si concilia l'esigenza di garantire piena tutela al soggetto danneggiato con la finalità di ordine pubblico sottesa al regime della prescrizione nel caso di una violazione del rapporto genitoriale improntata a disinteresse ed incuria continuativa ed imperterrita (anche sul piano del mantenimento, dell'istruzione e dell'educazione) e, conseguentemente, quando inizia il decorso della prescrizione per far valere il diritto violato?
Massima

La prescrizione del diritto al risarcimento del danno da deprivazione del rapporto genitoriale, conseguente all'illecito, di natura permanente, di abbandono parentale, decorre solo dalla cessazione della permanenza, che si verifica dal giorno in cui il comportamento abbandonico viene meno, per effetto di una condotta positiva volta all'adempimento dei doveri morali e materiali di genitore, ovvero dal giorno in cui questi dimostri di non essere stato in grado, per causa a lui non imputabile, di porre fine al comportamento omissivo; al fine di individuare il "dies a quo" della prescrizione, peraltro, in ragione della peculiare natura dell'illecito (che provoca nella parte lesa una condizione di sofferenza personale e morale idonea a segnarne il futuro sviluppo psico-fisico e ad incidere sulla sua capacità di percepire la situazione abbandonica) è necessario verificare se la vittima della condotta di abbandono genitoriale sia pervenuta ad una reale condizione emotiva di consapevole esercitabilità del diritto risarcitorio.

Il caso

Un rapporto parentale negato dal padre che in modo imperturbabile ignora il figlio e - senza soluzione di continuità sin dalla più tenera età, in cui lo adotta in un orfanotrofio all'estero - non instaura con lui alcun rapporto relazionale, ignorandolo e disinteressandosi a lui in modo assoluto e sistematico per tutta l'infanzia e l'adolescenza, per proseguire anche oltre la soglia della maggiore età. La sentenza in commento trae origine dal caso di un padre senza cura, il cui disinteressato silenzio persiste anche quando il figlio finisce in prigione ed avrebbe bisogno di aiuto e, ancora, quando sua moglie muore ed al figlio è precluso con lei ogni contatto.

Il figlio, rifiutato a causa dell'illecita condotta genitoriale, chiede il ristoro dei danni a lui cagionati dalla reiterata violazione dei doveri genitoriali. In primo grado, viene accolta l'eccezione di prescrizione del credito risarcitorio sollevata dal padre convenuto, sul presupposto che le condotte lamentate fossero ascrivibili al periodo infanzia/adolescenza.

La Corte d'Appello, nonostante la qualificazione in termini di illecito permanente, conferma l'avvenuta prescrizione del diritto al ristoro, ritenendo la cessazione definitiva dei rapporti indice idoneo a documentare la cessazione della condotta illecita.

Il figlio ricorre per la cassazione della sentenza.

La questione

La pronuncia in commento sollecita la riflessione su due aspetti di estremo rilievo.

1. Il decorso della prescrizione e come si concilia l'esigenza di garantire piena tutela (art. 2 e 30 Cost., art. 147 cod. civ.) al soggetto danneggiato con la finalità di ordine pubblico sottesa al regime della prescrizione (2697 cod. civ.) nel caso di una violazione del rapporto genitoriale improntata a disinteresse ed incuria continuativa ed imperterrita (anche sul piano del mantenimento, dell'istruzione e dell'educazione) e, conseguentemente,quando inizia il decorso della prescrizione per far valere il diritto violato?

2. L'interruzione dell'illecito omissivo permanente, in cui si concreta la situazione di protratto abbandono da parte di un genitore, che costituisce una delle possibili declinazioni dell'“illecito endofamiliare”.

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia in commento attribuisce rilievo alla mancata elaborazione dello status di figlio, che scaturisce dal vuoto affettivo cagionato dall'abbandono e si sofferma sulla non facile condizione psicologica che vive un figlio privato dall'affetto genitoriale in modo sistematico e duraturo, ritenendola idonea a minare la serenità di giudizio e la maturazione effettiva sul piano degli affetti. Come in altri settori della disciplina del danno alla persona, il dies a quo si sposta dal verificarsi del “fatto” alla “esteriorizzazione del danno”, in applicazione del criterio della conoscibilità, intesa come momento in cui il danno è percepibile in modo oggettivo, essendo solo questo il tempo da cui può in concreto essere esercitato il diritto violato, anche ai sensi dei principi espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza 576/2008.

Il dies a quo prescrizionale (o exordium praescriptionis) è condizionato dalla natura di illecito permanente ed il decorso del meccanismo de die in diem - nato in epoca risalente rispetto all'assetto attuale del danno non patrimoniale - va valutato alla luce del quadro nomofilattico di riferimento che valorizza il dato oggettivo della capacità piena di percepire le “devastanti e sovente irrimediabili conseguenze affettive del disamore, del disinteresse, dell'abbandono genitoriale”.

La pronuncia conferma il fatto che -nell'attuale sistema della responsabilità civile - va rifuggito ogni automatismo, per cui occorre un accertamento in concreto, basato sulla specifica situazione di soggettiva consapevolezza del figlio danneggiato: in ragione delle caratteristiche stesse dell'illecito endofamiliare si nega ingresso ad ogni forma di danno in re ipsa.

La mancata relazione parentale su cui si concentra l'attenzione della III sezione della Cassazione civile, si caratterizza per l'estraneità categorica e non revocata del padre e conferma l'esigenza della valorizzazione delle specificità del caso concreto.

Il processo di maturazione affettiva può essere distorto ed alterato dal vuoto di cure paterne ostentatamente reiterato e da ciò scaturisce la necessità di rendere maggiormente elastici i parametri temporali, cui ancorare – ed attraverso cui confinare – il tempo utile per l'esercizio del diritto.

La materiale cessazione del rapporto con il figlio non costituisce un fattore idoneo a qualificare l'interruzione dell'illecito permanente (come affermato dalla Corte d'Appello), ma anzi - spiega la Suprema Corte - assurge ad indice della persistenza del comportamento omissivo lamentato dal figlio e del quale egli chiede - e merita di ottenere - un giusto ristoro.

L'illecito endofamiliare cessa solo se il comportamento di colpevole omissione genitoriale subisce una metamorfosi e si trasforma in una condotta positiva ed attiva, attraverso cui il genitore assolve ai suoi “indeclinabili, inestinguibili e non fungibili doveri morali (oltre che materiali) di genitore”: occorre la prova di “un pieno e consapevole recupero del rapporto con il figlio”. Unica altra - idonea - alternativa modalità di cessazione di tale fattispecie di illecito è l'impossibilità di assolvere a tali obblighi genitoriali, per causa non imputabile al genitore, che deve essere allegata e provata.

Osservazioni

IL VALORE DELLA SOFFERENZA INTERIORE: DANNO RISARCIBILE E PARAMETRO DI MISURAZIONE ELASTICO PER LA DECORRENZA DEL DIES A QUO

La sofferenza soggettiva è risarcibile in quanto violazione di interesse costituzionalmente rilevante, la cui tutela non può essere messa in pericolo dal fluire del tempo nella sua dimensione cronologica, per cui il dato della maggiore età non è dirimente e non può essere assolutizzato, non essendo sussumibile in una categorizzazione di tipo oggettivo ed asettico.

La lesione di diritti costituzionalmente protetti è la chiave dell'illecito civile genitoriale endofamiliare, in cui la violazione del rapporto parentale legittima il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali alla sfera della soggettività del figlio dimenticato, cui è precluso il naturale desiderio di costruzione di una relazione filiale in cui abbia concretezza l'innata propensione a sentirsi figlio, che cresce accompagnato dalle cure (anche in senso etimologico, che va dall'interessamento attento e sollecito alla preoccupazione di chi si occupa, condivide, comunica ed ha riguardo per quanto è oggetto di cura) di un adulto responsabile che lo guidi ed accompagni a divenire un giovane adulto.

La pronuncia in commento recepisce, precisa ed esalta - con delicata sensibilità - il valore della sofferenza sottesa all'illecito abbandonico genitoriale, ancorando l'elasticità della decorrenza della prescrizione ad un dato presuntivo, che si fonda su massime di esperienza e trova la sua ancora in solide conoscenze scientifiche: si accendono i riflettori sulla sofferenza soggettiva interiore – cui è noto e consolidato il riconoscimento di autonomo valore in sede di liquidazione del danno non patrimoniale alla persona – che paralizza la fisiologica evoluzione interiore dell'essere umano, mentre l'età cronologica avanza, ma la maturazione equilibrata e consapevole della crescita è frenata o impedita dal vuoto di un genitore, che rifiuta sistematicamente ed in modo stabile di essere tale, così ripudiando il proprio figlio, che, istintivamente, fatica a prendere coscienza di un rifiuto che è contro natura, per cui tarda a conquistare quello sviluppo equilibrato che forma il bagaglio di esperienza e di consapevolezza delle persone adulte.

Guida all'approfondimento
  • C. Scognamiglio, “Principi di effettività, tutela civile dei diritti e danni punitivi”, Responsabilità civile e previdenza, 2016, vol. LXXXI, fasc. IV, pp. 1120 ss.
  • M. Paradiso, Famiglia e responsabilità civile endofamiliare, in Fam. Pers. e Succ., 2011, 1, 15.
  • D. Marcello, Responsabilità genitoriale e danno endofamiliare, in Giur. It., 2015, 11, 2333.

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