Ordinanza applicativa dell'obbligo o divieto di dimoraInquadramentoCon questo provvedimento il Giudice può prescrivere all'indagato/imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza autorizzazione dell'autorità giudiziaria (divieto di dimora) o viceversa di non allontanarsi dal territorio del comune di dimora abituale (obbligo di dimora). L'obbligo di dimora può essere circoscritto ad una frazione del comune oppure consistere nell'obbligo di dimorare in un comune vicino a quello di dimora. Si tratta dunque di due provvedimenti distinti, che perseguono la medesima finalità (circoscrivere i movimenti del destinatario a fini cautelari) con mezzi opposti ed incompatibili: impedendo l'accesso al luogo ove si presume che l'indagato/imputato sia pericoloso (divieto di dimora) o impedendo all'indagato/imputato di uscire da una zona del territorio nazionale per controllarne i movimenti (obbligo di dimora). Il provvedimento è emesso inaudita altera parte, su richiesta del Pubblico Ministero. Per la sua adozione occorre motivare in merito alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del reato per un reato punito con pena non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione e di almeno una delle tre esigenze cautelari tipizzate dall'art. 274 c.p.p.: a) inquinamento probatorio; b) pericolo di fuga; c) pericolo di reiterazione dei delitti della stessa specie di quelli per cui si procede. La misura cautelare del divieto di espatrio deve essere applicata ogni volta che il Giudice applichi un'altra delle misure cautelari personali (art. 281, comma 2-bis, c.p.p.). FormulaTRIBUNALE PENALE DI ... UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI ORDINANZA APPLICATIVA DELL'obbligo/divieto di dimora – ar t . 2 8 3 c.p.p. – Il Giudice Letti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe, nei confronti di: 1. ..., nato il ... a ..., residente in ..., difeso di ufficio/fiducia dall'Avv. ... del Foro di ...; 2. ..., nata il ... a ..., residente in ..., difesa di ufficio/fiducia dall'Avv. ... del Foro di ...; per il reato previsto e punito dall'art. ..., per i reati previsti e puniti dagli artt. .... In ... Commesso/Accertato in ..., il .... Ritenuto che sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato per cui si procede, in particolare (indicare gli elementi indiziari, tenendo conto del tempo trascorso dalla commissione del fatto - art. 292, comma 2, lett. c), c.p.p.), che sussiste altresì l'esigenza (indicare una delle esigenze cautelari dell'art. 274 c.p.p.); Per Questi Motivi Dispone a carico di ... la misura cautelare del divieto di dimora, prescrivendo all'indagato/imputato di non dimorare nel Comune di ... e di non accedervi senza autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria che procede; oppure Dispone a carico di ... la misura cautelare dell'obbligo di dimora, prescrivendo all'indagato/imputato di non allontanarsi dal Comune di ... senza autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria che procede (ovvero dalla frazione ... del Comune di ... ovvero dal quartiere ... del Comune di ...). Fa obbligo all'indagato/imputato di recarsi immediatamente presso il Commissariato di P.S. di ... (oppure alla Stazione dei Carabinieri di ...) e comunicare il luogo ove fisserà la propria abitazione; (eventualmente aggiungere): Fa obbligo all'indagato/imputato di indicare orari e luoghi (ad esempio: un'ora al giorno) in cui sarà reperibile quotidianamente per i controlli di polizia, con l'avvertimento che dovrà comunicare preventivamente alla polizia giudiziaria addetta al controllo eventuali variazioni degli orari e dei luoghi medesimi. (eventualmente aggiungere): Fa obbligo all'indagato/imputato di non allontanarsi dall'abitazione tra le ore ... e le ore ... (esempio: tra le ore 22.00 e le 6.00). Visto l'art. 92 disp. att. c.p.p., manda alla Cancelleria di trasmettere immediatamente la presente ordinanza al Pubblico Ministero che ne curerà l'esecuzione. Manda, altresì, alla Cancelleria di effettuare tempestivamente, e comunque prima dell'interrogatorio di garanzia, ai difensori l'avviso di deposito di cui all'art. 293 c.p.p. Luogo e data ... Il Giudice per le indagini preliminari ... Firma ... CommentoLe misure cautelari personali sono provvedimenti del Giudice – in forma di ordinanza – con cui si comprime la libertà dell'indagato al fine di proteggere (cautelare) il procedimento penale nella fase di accertamento che precede il passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Di fatto, coincidono con la pena detentiva. Per evitare che l'indagato sconti la pena in un momento in cui non è ancora stata accertata la sua responsabilità per il reato di cui è accusato (abuso della carcerazione preventiva), alcune recenti riforme (l. n. 117/2014 e l. n. 47/2015) hanno inciso notevolmente su questo istituto secondo le seguenti direttive: a) accentuata la analisi del merito della vicenda: oggi è richiesta al Giudice della cautela una prognosi dell'esito del processo, per evitare l'adozione di misure ogni volta che è prevedibile che l'indagato, anche se condannato, non sconti una pena detentiva (sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p., sospensione dell'esecuzione ex art. 656 c.p.p.). b) Proporzionalità: lo scopo per il quale il provvedimento è adottato deve essere raggiunto con il minimo sacrificio possibile alla libertà personale. Pertanto nell'applicare la misura cautelare il Giudice dovrà spiegare perché ha ritenuto insufficiente ogni altra misura coercitiva e/o interdittiva meno afflittiva. c) Plasticità delle misure cautelari: possono essere combinate più misure cautelari (sia coercitive che interdittive). d) Rafforzato l'obbligo di motivazione. Il primo requisito per l'applicazione di una misura cautelare personale è costituito dalla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (accertamento interinale sulla fondatezza della ricostruzione accusatoria). Le dichiarazioni della persona offesa possono costituire da sole elemento idoneo all'adozione di una misura cautelare, anche in assenza di riscontri estrinseci, quando siano ritenute dal Giudice, secondo il suo libero e motivato apprezzamento, attendibili sul piano oggetto e su quello soggettivo (Così Cass. II, n. 26764/2013). La verifica della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza è finalizzata ad evitare l'applicazione di misure cautelari basate su fatti che non potranno essere utilizzati per la decisione, per ridurre al minimo il rischio di assoluzioni dopo la carcerazione preventiva. Il secondo requisito è la verifica delle esigenze cautelari (pericolo di reiterazione del delitto, pericolo di fuga, pericolo di inquinamento probatorio). Ratio è la cautela del processo penale, intesa come protezione del procedimento di accertamento della verità processuale dagli attacchi o comunque dai fattori di disturbo esogeni. Le esigenze cautelari devono essere attuali: la situazione di pericolo deve essere il più possibile riferibile al momento dell'intervento del Giudice. In merito l'arresto giurisprudenziale più significativo è Cass. S.U., n. 40538/2009, che ha precisato che “in tema di misure cautelari, il riferimento in ordine al "tempo trascorso dalla commissione del reato" di cui all'art. 292, comma 2, lett. c), c.p.p., impone al Giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari”. Pericolo di inquinamento probatorio: la necessità di intervenire deve essere dovuta ad esigenze “specifiche ed inderogabili”. Non può essere desunto dalla mancata confessione o dall'esercizio della facoltà di non rispondere. Solo per questo caso è previsto un termine di scadenza della misura cautelare in relazione alla prevedibile durata delle indagini da compire. Pericolo di fuga. Condotte sintomatiche: l'acquisto di biglietti aerei per una località estera, il trasferimento di fondi in un conto corrente sito al di fuori del territorio nazionale, la preparazione di valigie o di operazioni di trasloco. Valgono anche motivazioni basate sul tenore di vita del soggetto, sulla mancanza di stabili legami in territorio nazionale o di fissa dimora, o viceversa l'accertata esistenza di legami con paesi esteri o con coindagati di nazionalità straniera in grado di reperire una dimora ed una sistemazione nel loro paese, nonché lo stato di disoccupazione e i precedenti penali. Dopo le modifiche apportate alla norma in esame dalla l. n. 47/2015, la gravità della sanzione a cui l'indagato è esposto non potrà più essere unico criterio di valutazione per la sussistenza dell'esigenza cautelare in esame. Pericolo di reiterazione: deve risultare sia da “specifiche modalità e circostanze del fatto” che dalla “personalità della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato”. Questa esigenza cautelare deve poi essere riferita ad una delle quattro categorie di reati seguenti: a) gravi delitti con uso di armi; b) gravi delitti con uso di mezzi di violenza personale; c) delitti di criminalità organizzata; d) delitti della stessa specie di quello per cui si procede. Il primo elemento che determina la scelta della misura da adottare è la richiesta del Pubblico Ministero. Al magistrato inquirente è infatti devoluto non solo il potere di iniziativa, ma anche quello di determinare la misura cautelare che il Giudice dovrà emettere: egli non potrà limitarsi a richiedere l'adozione di “una” misura cautelare, ma dovrà specificare quale tipo di ordinanza richiede al Giudice. Al Giudice è invece riservato il ruolo di valutazione della fondatezza della domanda cautelare, nell'ambito del “recinto” fissato dal magistrato inquirente. La prima conseguenza di questa potestà assegnata alla procura di fissare il thema decidendum dell'intervento del Giudice è data dal fatto che non sono legittime ordinanze con cui si imponga una misura cautelare più grave di quella richiesta. Può dunque dirsi che il Giudice è libero di adottare la misura nell'ambito del petitum che è determinato dalla domanda cautelare. L'ordinanza applicativa di una misura più grave di quella richiesta è affetta da nullità assoluta ed insanabile, e non può essere emendata nemmeno con l'annullamento da parte del Tribunale del Riesame che eventualmente riporti l'equilibrio violato tra chiesto e pronunciato (Cass. III, n. 28443/2014). Nell'ambito del petitum, il Giudice sceglie la misura avendo come obiettivo il massimo risultato (principio di adeguatezza) con il minimo sacrificio della libertà del destinatario (proporzionalità). Oggi la legge consente al Giudice non solo di scegliere tra i vari modelli di misura cautelare disegnati dal codice ma di disegnare modelli nuovi, adattandoli al caso concreto. Questa discrezionalità incontra dei limiti. Il primo è dettato dall'art. 275, comma 1: nel giudizio di idoneità “il Giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna” misura cautelare. Un secondo parametro è pure ricavabile dalla stessa norma (art. 275, comma 1, c.p.p.) che impone al Giudice di scegliere “in relazione alla natura ed al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto”. È importante considerare anche ciò che questa norma non dice: il riferimento esclusivo alle esigenze cautelari implica che il Giudice non deve scegliere le misure in base alla gravità del reato né alla gravità degli indizi di colpevolezza. L'unico parametro corretto di riferimento è dunque costituito dalla gravità delle esigenze cautelari: maggiore sarà il pericolo per queste ultime, più incisiva dovrà essere la risposta del Giudice. È però vero che il criterio ora analizzato dovrà tenere conto del principio enunciato nel comma 2 dell'art. 275 c.p.p., ove si legge che “ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata”. L'art. 283 c.p.p. prevede due misure cautelari tra loro speculari: il divieto di dimora, con cui il Giudice prescrive al destinatario di non vivere in un determinato luogo e di non accedervi senza autorizzazione, e l'obbligo di dimora, con cui è invece prescritto all'indagato di non allontanarsi senza autorizzazione dell'autorità giudiziaria dal comune ove dimora. Il legislatore mostra di considerare queste due misure cautelari come equivalenti, e le ha riunite in un'unica disposizione normativa. Illuminante in tal senso Cass. VI, n. 50392/2014, che ha precisato che “in tema di misure cautelari personali, il Giudice può legittimamente sostituire il divieto di dimora con l'obbligo di dimora con divieto di allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, anche quando si pronuncia su richiesta di revoca presentata dall'indagato, in quanto sussiste equivalenza normativa tra le due misure, sotto il profilo della loro gravità astratta, essendo le stesse entrambe previste e disciplinate nell'art. 283 c.p.p.”. Più di recente il principio è stato ribadito, con la specificazione che “non viola il principio della domanda cautelare il Giudice che, investito della richiesta di applicazione della misura dell'obbligo di dimora, prescriva altresì all'indagato, "ex officio", di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno ai sensi dell'art. 283, comma 4, c.p.p., in quanto tale norma gli attribuisce un potere discrezionale autonomo in ordine ad un profilo accessorio della misura, esercitabile in relazione alla valutazione delle esigenze cautelari da preservare nel caso concreto” (Cass. III, n. 19463/2022). In effetti, appare evidente che la ratio è la medesima: circoscrivere la libertà di circolazione del destinatario ad un determinato ambito territoriale in modo da non consentirgli di venire a contatto con la persona offesa o comunque con persone o materiale probatorio di rilievo processuale per la vicenda di cui è accusato. Entrambe le misure fanno riferimento al concetto di dimora, presente in molte fattispecie penali, la cui definizione è evincibile dall'art. 43 c.c., che nel precisare la differenza tra residenza e domicilio, fa riferimento per la definizione della prima al “luogo ove la persona ha la dimora abituale”: si tratta dunque del luogo ove si vive. Mentre il divieto di dimora non contiene indicazioni di tipo territoriale (concerne genericamente il luogo ove il soggetto risulti vivere), l'obbligo di dimora prescrive al destinatario di non allontanarsi dal territorio comunale di appartenenza. Il contesto territoriale è poi oggetto di analitica disciplina nel comma 2 della norma in esame, ove si prevede la possibilità che il Giudice determini l'obbligo di dimora in relazione ad una frazione del comune anziché all'intero territorio comunale, o fissi tale obbligo in un comune (o frazione) vicino a quello di dimora, sia per assicurare un maggiore controllo quando il comune di dimora non è sede di ufficio di polizia, sia per garantire adeguatamente le esigenze cautelari dell'art. 276 c.p.p. Sembra dunque maggiore in questo caso la discrezionalità del Giudice, che può modellare l'obbligo in modo da renderlo il più efficace possibile in relazione al contesto territoriale in cui andrà ad insistere. Analoga discrezionalità non è prevista per il divieto di dimora, in cui al Giudice è lasciata esclusivamente la scelta di adottare o meno un'inibizione all'indagato/imputato di vivere in un determinato luogo. Nella prassi tale luogo viene generalmente fatto coincidere con il territorio comunale di appartenenza, anche se non mancano pronunce anche della giurisprudenza di legittimità che affermano che, proprio perché il comma 1 dell'art. 283 c.p.p. non fa alcun riferimento all'ambito comunale, sarebbe possibile determinare il divieto di dimora in relazione ad ambiti spaziali più limitati. In merito cfr. ad esempio Cass. IV, n. 27476/2019, che ha stabilito che “in tema di misure cautelari, il divieto di dimora di cui all'art. 283, comma 1, c.p.p., non deve necessariamente avere una dimensione "comunale" analoga a quella prevista per la diversa misura dell'obbligo di dimora di cui al comma 2 del predetto articolo, ma può riguardare anche un ambito spaziale più limitato, in quanto nella prima disposizione, a differenza che nella seconda, il legislatore fa riferimento al "dimorare in un determinato luogo", senza alcun'altra specificazione territoriale”. Non è invece sicuramente consentito restringere tale ambito territoriale al punto tale da individuare uno o più edifici quale luogo ove restringere l'inibizione, anche perché in tal modo la misura cautelare in esame verrebbe di fatto a sovrapporre il proprio ambito di operatività con quella del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Parimenti illegittimi sono le ipotesi in cui si è tentato di utilizzare lo strumento cautelare in esame per impedire di fatto al destinatario di accedere al luogo di lavoro, considerando la sua presenza nella società o nella ditta fonte di pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quelli per cui si procede. Così Cass. V, n. 19565/2010, che ha precisato che “in tema di misure cautelari, la prescrizione (art. 283 c.p.p.) di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l'autorizzazione è preordinata a vietare all'indagato di dimorare in un determinato luogo, inteso come territorio del comune di dimora abituale al fine di assicurare un controllo più efficace nel territorio di una frazione del comune o nel territorio di un comune viciniore. Ne deriva che è illegittimo il provvedimento che applichi la misura di cui all'art. 283 c.p.p. al fine di vietare all'indagato di accedere in alcuni specifici edifici, trattandosi di finalità cui è preordinato l'art. 290 c.p.p. che disciplina il divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali e imprenditoriali, inapplicabile nella specie trattandosi dell'attività di dipendente di una società”. La prima prescrizione cui è tenuto il destinatario dell'ordinanza cautelare dell'obbligo di dimora consiste nel “presentarsi senza ritardo” presso l'autorità di polizia giudiziaria indicata dal Giudice e comunicare il luogo ove andrà a vivere durante la vigenza della misura medesima. Tale indicazione consentirà alla polizia giudiziaria di esercitare il potere di controllo sull'adempimento dell'obbligo; a tal fine, va rilevato altresì che è possibile rafforzare il controllo con l'imposizione della comunicazione di orari e luoghi in cui deve essere reperibile per i controlli. Ulteriore prescrizione rafforzativa dell'obbligo di dimora è poi prevista al comma 4 dell'art. 283 c.p.p.: è possibile prescrivere all'indagato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno. In questi casi la misura viene ad avvicinarsi a quella degli arresti domiciliari, senza peraltro avere i medesimi benefici quanto alla possibilità di scomputarla come presofferto o l'applicazione dei limiti previsti dall'art. 275-bis c.p.p. Correttamente, la Cassazione ha sottolineato che “il provvedimento con cui il Giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno deve essere specifico quanto a presupposti, limiti, ambito di applicazione, sì da non comprimere totalmente, per genericità ed indeterminatezza, la libertà di movimento dell'imputato e da non snaturare la misura medesima, attribuendole connotati di afflittività in tutto simili a quelli che caratterizzano gli arresti domiciliari” (Cass. VI, n. 10672/2003). Non mancano infatti aperture in questo senso da parte della giurisprudenza, che è giunta ad affermare che, laddove la misura in esame sia accompagnata dall'arbitraria imposizione all'imputato di obblighi tali da renderla assimilabile al regime degli arresti domiciliari diventa “fungibile con la pena inflitta”; nei casi fisiologici di esecuzione della misura, come noto, questa infatti non può essere calcolata come “presofferto”. Un uso particolarmente “aggressivo” di questo tipo di provvedimento (ad esempio un'ordinanza di obbligo di dimora con divieto di allontanarsi dal domicilio durante le ore diurne) esporrebbe sicuramente questa norma al rischio di illegittimità costituzionale. Nonostante la minore afflittività rispetto a quasi tutte le misure cautelari previste dal nostro sistema processuale, anche nel caso dell'obbligo o del divieto di dimora possono porsi problemi di compatibilità con diritti costituzionalmente garantiti del destinatario: opportunamente il comma 5 dell'art. 283 c.p.p. prevede che “nel determinare i limiti territoriali delle prescrizioni, il Giudice considera, per quanto possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e assistenza dell'imputato”. A ciò va aggiunto che, nel caso di imposizione della prescrizione aggiuntiva all'obbligo di dimora del divieto di allontanarsi dall'abitazione in determinate ore di cui si è detto in precedenza, il Giudice dovrà modellare tali prescrizioni in modo da non recare “pregiudizio per le normali esigenze di lavoro” (art. 284, comma 4, ultimo periodo, c.p.p.). La lettura delle due norme sembra portare alla conclusione che nel caso di applicazione delle misure “semplici” dell'obbligo e del divieto di dimora, le esigenze lavorative e di vita sono tenute in conto ma hanno valore subvalente rispetto a quelle cautelari (se ne tiene conto “per quanto possibile”), nel caso dell'obbligo di dimora con permanenza nell'abitazione sono le esigenze lavorative a prevalere, poiché la prescrizione aggiuntiva potrà essere applicata solo se e nella misura in cui non contrasta con le esigenze di lavoro del destinatario. Ulteriore esigenza individuale che il legislatore considera di importanza primaria rispetto alle esigenze cautelari è quella del rispetto del programma di recupero in caso di tossicodipendenza: in ipotesi siffatte, il Giudice dovrà assicurarsi, nell'imporre le prescrizioni relative alle misure cautelari in esame, che il programma stesso non si interrompa o possa subire danni. Discende infine dai principi generali la necessità di assicurare il diritto alla difesa in altri processi in cui il destinatario è coinvolto in veste di imputato: in caso di mancata autorizzazione a presenziare all'udienza da parte del Giudice della cautela, l'imputato sarà considerato legittimamente impedito a comparire nel (diverso) processo in cui è imputato. Aspetti procedimentali Il Pubblico Ministero non deve motivare la richiesta, ma è tenuto all'allegazione degli elementi su cui la richiesta si fonda. La selezione degli atti non potrà andare a detrimento delle esigenze difensive: l'allegazione degli atti a favore del destinatario della misura deve essere completa. Sono utilizzabili in sede cautelare: - le sentenze anche se non ancora passate in giudicato; - il dispositivo di sentenza resa in altro processo, anche senza motivazione; - le dichiarazioni rese da soggetti escussi a sommarie informazioni, anche se non sottoscritte dagli interessati; - le prove acquisite illegittimamente o senza l'osservanza delle prescrizioni formali; - per le intercettazioni, basta depositare i brogliacci. In caso di incompetenza il Giudice emette la misura e si dichiara incompetente; segue procedura di conferma da parte del Giudice competente entro venti giorni (art. 27 c.p.p.). Motivazione: secondo le prescrizioni dettate dall'art. 292 c.p.p., l'ordinanza di applicazione di una misura cautelare deve dunque contenere innanzitutto una descrizione sommaria del fatto con “l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate”. Il secondo elemento è costituito dalla “esposizione e l'autonoma valutazione (inciso aggiunto dalla l. n. 47/2015) delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del delitto”. Uno specifico passaggio della motivazione dell'ordinanza riguarda la confutazione degli argomenti a favore dell'indagato, se questi siano stati forniti dalla difesa. In seguito alla riforma delle intercettazioni del 2017, è stato aggiunto un nuovo comma all'art. 292 c.p.p. (comma 2-ter) che impone al Giudice che emette un'ordinanza di custodia cautelare di limitare i richiami ai brani delle intercettazioni, che non potranno più essere riprodotti integralmente ma solo “nelle parti essenziali” ed esclusivamente quando “è necessario”. La fase esecutiva. L'organo che cura l'esecuzione della misura cautelare è il Pubblico Ministero. Da questo momento si determina l'instaurazione del contraddittorio. Due ulteriori adempimenti chiudono la fase esecutiva. 1. L'avviso di deposito, notificazione al difensore dell'avvenuto deposito in cancelleria dell'ordinanza, della richiesta di applicazione della misura cautelare e degli atti ad essa allegati. Mediante questo atto dunque il Giudice mette a disposizione della difesa gli atti su cui si basa l'accusa nei confronti del suo assistito, attuando una completa discovery degli elementi presenti nel fascicolo cautelare. Con l'entrata in vigore della l. n. 199/2022 (c.d. “riforma Cartabia”) è stato aggiunto l'ulteriore obbligo di avvisare il soggetto attinto dalla misura cautelare della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa. 2. L'interrogatorio del destinatario della misura, che deve avvenire, ex art. 294 c.p.p. “immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio di esecuzione della custodia cautelare”; per le misure diverse da quelle custodiali, il termine è di dieci giorni (art. 294, comma 1-bis). L'obbligo di interrogare il destinatario della misura cautelare non sussiste nei casi di: a) Impedimento della persona da interrogare; b) Misura cautelare applicata dopo l'apertura del dibattimento; c) Precedente interrogatorio espletato in fase di convalida dell'arresto o del fermo; d) Misura cautelare applicata dal Tribunale per il Riesame o dalla Cassazione; e) Il ripristino della misura cautelare; f) L'aggravamento della misura; g) La rinnovazione della misura ai sensi dell'art. 27 c.p.p.; h) La rinnovazione della misura ex art. 302 c.p.p. Con l'entrata in vigore della l. n. 199/2022 (c.d. “riforma Cartabia”) è ora prevista la possibilità sia per la parte che per il difensore che ne facciano richiesta di partecipare all'interrogatorio a distanza, su autorizzazione del Giudice. Dell'atto è inoltre prevista riproduzione con mezzi di riproduzione audio-visiva e (solo laddove ciò non sia possibile) fonografica. La collocazione di questa previsione nella norma generale prevista per gli adempimenti esecutivi di tutte le misure cautelari induce a ritenere che essa sia applicabile anche alle misure cautelari non detentive, a differenza di quanto previsto dall'art. 141-bis disp. att. c.p.p. che limitava tale obbligo ai soli interrogatori di soggetti in stato di detenzione. |