Richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare (art. 299)

Francesca Tribisonna

Inquadramento

Nel caso in cui sopravvengano delle situazioni tali da giustificare il venir meno dei presupposti posti a fondamento dell'applicazione della misura cautelare personale o da far ritenere che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con l'applicazione di una misura meno afflittiva, si può avanzare istanza tesa ad ottenere la revoca o la modifica della misura cautelare.

Formula

n. ... R.N.R.

AL ... (indicare l'autorità giudiziaria che procede)

Il sottoscritto Avv. ..., del Foro di ..., con Studio in ..., via ..., difensore (di fiducia/d'ufficio) di ..., nato a ..., il ..., residente in ..., via ..., persona sottoposta alle indagini preliminari oppure imputato nel procedimento penale n. ... R.N.R. per il/i reato/i di cui all'art./agli artt. ...,

PREMESSO

- che, in data ..., il proprio Assistito veniva tratto in arresto/sottoposto a fermo in ordine al reato ... e che, a seguito di convalida, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni di ... ha applicato al proprio Assistito la misura cautelare personale della ... (custodia cautelare in carcere oppure collocamento in comunità oppure permanenza in casa oppure prescrizioni),

oppure

- che, in data ..., il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni di ... ha applicato al proprio Assistito la misura cautelare personale della ... (custodia cautelare in carcere oppure collocamento in comunità oppure permanenza in casa oppure prescrizioni),

- che, tuttavia, da allora ... (illustrare dettagliatamente i motivi sui quali si fonda la richiesta di revoca o modifica, ad esempio:)

- risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall'art. 273 c.p.p. o dalle disposizioni relative alle singole misure ovvero le esigenze cautelari previste dall'art. 274 c.p.p.;

- le esigenze cautelari risultano attenuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all'entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata (spiegare, per es., l'inadeguatezza della misura che interrompe i processi educativi in atto e perché le esigenze cautelari potrebbero essere, comunque, soddisfatte con l'applicazione di una misura cautelare meno gravosa nel caso considerato);

- è decorso il termine massimo di durata della misura cautelare,

CHIEDE

ex art. 299 c.p.p. che l'Ill.ma (indicare l'autorità giudiziaria procedente) voglia revocare la suddetta misura (o disporne l'applicazione con modalità meno gravose) o sostituirla con altra meno afflittiva.

Si allega documentazione utile a suffragare quanto esposto.

Con osservanza.

Luogo e data ...

Firma Avvocato ...

Commento

Misure cautelari personali nel rito minorile

Nell'applicazione delle misure restrittive della libertà personale a carico di un soggetto minorenne trovano puntuale rispetto tutti i principi che connotano la peculiarità della situazione minorile e il trattamento differenziato, che impone il ricorso ad una normativa ad hoc e l'applicazione di una serie di guarentigie di tutela. È l'art. 19, d.P.R. n. 448/1988 a dettare, in apertura, la regola secondo la quale "nei confronti dell'imputato minorenne non possono essere applicate misure cautelari personali diverse da quelle previste nel presente capo", in tal modo esplicitando, anche per il sistema minorile, l'operatività dei principi di tassatività e legalità delle cautele, richiamato per gli imputati adulti a norma dell'art. 272 c.p.p.

Si tratta, però, in questo caso di un sistema cautelare che si articola attraverso una serie di deroghe alle norme del processo ordinario, caratterizzato da misure per lo più del tutto peculiari e tipiche del rito minorile, così volendosi stigmatizzare la diversità di disciplina rispetto al procedimento a carico dei maggiorenni. In quest'ultimo, per esempio, si conoscono anche altri tipi di misure, tra cui quelle interdittive, da considerarsi inoperanti nel procedimento minorile in ragione di una evidente incompatibilità con la situazione personale del minore (Presutti, Le misure cautelari, in B argis (a cura di), Procedura penale minorile, Torino, 2021, 127). Al contrario, stante il silenzio della legge e l'assenza di impedimenti espressi, si ritengono invece applicabili al minore le misure cautelari reali del sequestro conservativo e preventivo.

Le misure cautelari personali che possono essere applicate nei confronti di un soggetto minorenne sono, dunque, solo quelle previste dal citato d.P.R. e, in particolare, secondo una scala di crescente gravità: le prescrizioni (art. 20), la permanenza in casa (art. 21) e il collocamento in comunità (art. 22), che sono definite misure di carattere obbligatorio e, infine, quale extrema ratio, la custodia in carcere (art. 23), che ha natura coercitiva. Le misure della permanenza in casa e del collocamento in comunità sono equiparate alla custodia in carcere solo ai fini del computo della durata massima della misura e del calcolo della pena da scontare, così come disciplinato dall'art. 21, comma 4, d.P.R. cit. e dal successivo art. 22, comma 3 che lo richiama, mentre per il resto il minore è considerato libero, pur sottoposto ad obblighi e prescrizioni; da ciò discende come un eventuale allontanamento dai luoghi in esse indicati non integri gli estremi del reato di evasione ex art. 385 c.p.

Secondo quanto previsto, poi, agli ultimi due commi dell'art. 19 d.P.R., le misure diverse dalla custodia cautelare possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni, con la precisazione che nella determinazione della pena astrattamente applicabile si terrà conto, oltre che dei criteri di cui all'art. 278 c.p.p., anche della diminuente della minore età (art. 98 c.p.), operando la diminuzione minima di un giorno dal massimo edittale previsto per il reato per cui si procede (Cass. III, n. 29074/2014; conf. Cass. IV, n. 37884/2007). Secondo taluni orientamenti giurisprudenziali, poi, nel caso in cui concorrano circostanze aggravanti ed attenuanti, non può farsi luogo al giudizio di comparazione, sicché la pena astrattamente prevista dalla legge deve essere calcolata tenendo conto dell'aumento massimo stabilito per le circostanze aggravanti e della diminuzione minima per le circostanze attenuanti (Cass. IV, n. 7466/2012; conf. Cass. IV, n. 15153/2008).

Procedimento applicativo

Quanto al procedimento applicativo, si segue la disciplina stabilita per il maggiorenne, operante in virtù del rinvio generale di cui all'art. 1, comma 1, d.P.R. n. 448/1988 con i prescritti accorgimenti dettati dalla peculiare condizione del soggetto coinvolto e dalla sua fragile personalità, ancora in evoluzione. Intanto, vale sempre il principio della domanda, non potendo il Giudice procedente disporre d'ufficio l'applicazione di una misura cautelare, ma dovendosi limitare ad agire su richiesta del Pubblico Ministero.

A causa della loro forte incidenza sulla sfera della libertà individuale, la normativa prevede dei precisi ed inderogabili limiti temporali di efficacia (si badi come anche nel processo minorile si applichi l'istituto della sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare; cfr. Cass. III, n. 6938/2017) nonché dei presupposti operativi indefettibili, in assenza dei quali non è possibile ricorrere alla loro applicazione. Le norme sul processo minorile non contengono espliciti riferimenti a questi presupposti, eccetto che per la custodia cautelare, per cui devono applicarsi anche in questo caso le disposizioni generali di cui agli artt. 273 e 274 c.p.p. (Arciuli, Le nuove forme di devianza minorile. Strumenti di tutela penale, civile ed amministrativa, Torino, 2008, 87). Da ciò discende che le misure cautelari possono essere applicate solo se sussistano gravi indizi di colpevolezza e, per quanto concerne le misure diverse dalla custodia in carcere, al ricorrere di almeno una tra le esigenze cautelari del pericolo di inquinamento probatorio, di fuga o di reiterazione del reato o commissione di altri gravi reati. Esse, non hanno mai effetti punitivi e/o rieducativi, mirando semplicemente a fronteggiare i pericula libertatis individuati dalla legge (Cass. III, n. 38414/2018).

Le misure, al contrario, non possono applicarsi nel caso in cui sussista una causa di giustificazione o di non punibilità ovvero di estinzione del reato o della pena che si ritiene possa essere irrogata. Sotto il profilo della necessaria prevedibilità dell'irrogazione finale di una pena, in giurisprudenza si è ritenuto che la preclusione di cui all'art. 273, comma 2, c.p.p. trovi applicazione in ambito minorile solo ove risulti la presenza di una causa di non punibilità e non già di tutte le ipotesi in cui il Giudice possa solo prevedere che l'imputato andrà esente da pena, come nel caso di proscioglimento per incapacità di intendere e di volere, ai sensi dell'art. 98 c.p., che è solo ipotizzabile (Cass. V, n. 480/1991). Secondo parte della dottrina, al contrario, il concetto di imputabilità deve farsi rientrare in quello di colpevolezza; ciò con la conseguenza che, in ambito minorile, si richiede un giudizio prognostico ancora più complesso, considerato che si dovranno valutare, oltre alle ipotesi descritte dalla norma, anche la possibilità di concedere il perdono giudiziale e la sussistenza dell'imputabilità del soggetto deviato (Lanza, Il processo penale minorile. Le indagini preliminari e le misure cautelari, in Pennisi (a cura di), La giustizia penale minorile: formazione, devianza, diritto e processo, Milano, 2004, 278). Resta fermo che la "prognosi di un epilogo assolutorio" del processo, a prescindere dalla causa, impedisce comunque l'applicazione di una cautela nei confronti del minore (Presutti, La tutela della libertà personale, in Palermo Fabris, Presutti (a cura di), Trattato di diritto di famiglia, v. Diritto e procedura penale minorile, Milano, 2002, 403).

Grazie al rinvio effettuato dall'art. 19, comma 2, d.P.R. cit. all'art. 275 c.p.p. operano in subiecta materia anche i principi di adeguatezza della misura alla specifica esigenza cautelare da soddisfare nel caso concreto, di proporzionalità alla pena che si ritenga possa essere irrogata e di gradualità nella scelta della cautela. In particolare, si è osservato in giurisprudenza, come risulti rafforzato anche in ambito minorile il criterio di proporzionalità, a seguito dell'introduzione del comma 2-bis dell'art. 275 c.p.p., che vieta il ricorso alla misura della custodia cautelare in carcere qualora il Giudice ritenga che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena (Cass. III, n. 12244/2015), anche se non è mancata una lettura restrittiva volta ad escluderne l'applicabilità alle misure della permanenza in casa e del collocamento in comunità (Cass. II, 43899/2021; Cass. V, n. 5716/2018; Cass. IV, n. 50077/2017Cass. IV, n. 11993/2007; Cass. IV, n. 26382/2003; Cass. IV, n. 2389/2000; contraCass. I, n. 42449/2021; Cass., II, n. 48738/2012; Cass. II, n. 35330/2007; Cass. III, n. 3722/1996). A differenza di quanto accade per gli adulti, però, l'applicazione delle cautele è sempre facoltativa, in quanto non trovano operatività le previsioni di cui all'art. 275, comma 2-ter, c.p.p. e 275, comma 3, c.p.p., la quale ultima impone l'automatica applicazione della più grave misura della custodia cautelare in carcere per i maggiorenni al ricorrere di determinate evenienze.

Inoltre, nel disporre la misura, il Giudice dovrà sempre tener conto, oltre che dei citati criteri indicati all'art. 275 c.p.p. anche dell'esigenza di non interrompere i processi educativi in atto, così come enucleata all'art. 19, comma 2, d.P.R., che è un limite, ancorché non tassativo, da seguire (Cass. I, n. 21755/2007) e una guida nella scelta delle misure. Si tratta di una valutazione relativa a situazioni in evoluzione, ma consolidate e non occasionali, quali punti di riferimento positivi per il minorenne, che contribuiscano a formare la sua personalità, a svilupparne l'autostima, a favorirne l'integrazione sociale e il rafforzamento del senso dei valori (Palomba, Il sistema del nuovo processo penale minorile, Milano, 1991, 311). Nell'ottica di effettuare tale valutazione, significativa importanza potranno assumere, oltre all'interrogatorio con il minorenne da effettuarsi ai sensi dell'art. 294 c.p.p., le risultanze degli accertamenti sulla personalità disposti dal Pubblico Ministero ex art. 9, d.P.R., nonché il colloquio - anche informale - con i servizi minorili esercitabile in ogni stato e grado del procedimento ex art. 6, d.P.R. Fondamentale in tal senso risulta l'apporto offerto nel procedimento cautelare proprio da parte dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia, che, in collaborazione con quelli istituiti dagli enti locali, dovranno fornire attività di sostegno e controllo al minore fin dalle prime fasi di privazione della libertà personale, così come statuito all'art. 19, comma 3, d.P.R. Tali servizi, peraltro, mantengono la loro competenza una volta che la misura sia in esecuzione anche dopo il compimento del diciottesimo, ma non del venticinquesimo, anno d'età del minore, in ossequio al disposto di cui all'art. 24, comma 1, disp. att. min., così come avviene anche in fase di esecuzione della pena ai sensi di quanto disposto dal d.lgs. n. 121/2018.

La modifica e l'estinzione delle misure cautelari

In caso di gravi e ripetute violazioni delle misure obbligatorie (prescrizioni, permanenza in casa e collocamento in comunità) o di ingiustificato allontanamento dal luogo di loro esecuzione, il Pubblico Ministero potrà avanzare istanza - e il Giudice procedente potrà decidere - in merito alla sostituzione della misura con quella immediatamente più afflittiva, operando ancora una volta il canone della facoltatività che impronta l'intero sistema delle cautele minorili e il divieto di applicare una misura diversa da quella indicata come progressivamente più grave nella scala gerarchica delle misure. Peraltro, in caso di violazione della misura del collocamento in comunità, si potrà procedere all'applicazione della custodia in carcere solo allorquando si proceda per delitti puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e la custodia non potrà avere una durata superiore ad un mese ex art. 22, comma 4, d.P.R. Si tratta di una regola peculiare del rito minorile, non operando la diversa previsione di cui agli artt. 276 e 299 c.p.p., la cui operatività - secondo il dettato dell'art. 1 d.P.R. cit., che fa salva l'applicazione delle disposizioni del codice di procedura penale per quanto non previsto - è esclusa dalla disciplina specificamente derogatoria del citato art. 22 (Cass. II, n. 37813/2019).

Allo stesso modo al ricorrere di determinati requisiti che rendano non più attuale o adeguata l'applicazione della misura in corso, anche la difesa potrà avanzare istanza ai sensi dell'art. 299 c.p.p. La disciplina della modifica e della revoca delle misure cautelari minorili, in via generale, è la stessa prevista per gli adulti, seppur con alcuni adeguamenti [v. formula “Istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare (art. 299)”].

Così, nel caso in cui risultino mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità delle misure, perché per esempio siano venuti meno i gravi indizi di colpevolezza o le esigenze cautelari, si potrà domandare la revoca della misura, dovendosi invece optare per un'istanza tesa alla sua sostituzione in melius nel caso in cui le esigenze risultino attenuate o la misura comminata non sia più adeguata, in quanto sproporzionata rispetto all'entità del fatto o alla sanzione che si ritenga possa essere irrogata. Sul punto, si è osservato che, nonostante la mancata espressa previsione nel rito minorile, sia pacificamente applicabile allo stesso il comma 2 dell'art. 299 c.p.p. sia perché si tratta soltanto di specificazione di una modalità di esercizio dell'originario potere di disporre le misure di coercizione, tra l'altro in senso più favorevole, sia perché opera il principio di sussidiarietà posto dalla prima parte dell'art. 1 d.P.R. (P alomba, Il sistema del processo penale minorile, Milano, 2002, 305). In tali evenienze, peraltro, il Giudice deve procedere ad una valutazione in concreto delle esigenze cautelari tenendo conto anche del comportamento adottato dal minore successivamente alla commissione del fatto (Cass. IV, n. 19331/2005).

Si avrà, poi, un'ipotesi "speciale" di revoca della misura in concomitanza con la decisione del Giudice di sospendere il processo a seguito di messa alla prova ex art. 28 d.P.R., essendo infatti difficilmente compatibile il permanere dello status cautelare con l'istituto del probation, il cui scopo sembra essere quello di evitare l'ingresso del minore nel circuito penale (Caraceni, Sub art. 19, in G iostra (a cura di), Il processo penale minorile. Commento al d.P.R. 448/1988, Milano, 2016, 288 s.).

Date le finalità che si intendono perseguire con la presentazione della predetta istanza ai sensi dell'art. 299 c.p.p., la stessa non dovrà possedere peculiari requisiti di forma né essere presentata entro dei termini ben definiti - così come invece accade per l'istanza di riesame [v. formula “Riesame contro ordinanza cautelare personale (art. 19, d.P.R. n. 448/1988)”] - ma dovrà sempre indirizzarsi all'autorità giudiziaria procedente (ad es. al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni, in fase di indagini) e dovrà recare la puntuale esposizione di tutti gli elementi di novità tali da indurre il Giudice ad adottare il provvedimento richiesto. Quanto agli adempimenti operativi, poi, deve ricordarsi come trovino applicazione anche nel rito minorile le previsioni contenute ai comma 2-bis e 3 dell'art. 299 c.p.p. relative all'informativa da dare alla vittima di reati commessi con violenza alla persona allorquando venga richiesta e successivamente disposta la sostituzione o la revoca di una misura, che - in questo caso - sarà quella della permanenza in casa, del collocamento in comunità ovvero della custodia in carcere (Caraceni, Sub art. 19, in G iostra (a cura di), Il processo penale minorile. Commento al d.P.R. 448/1988, Milano, 2016, 291).

Laddove l'istanza di revoca o modifica della misura cautelare non sia stata accolta ovvero sia stata accolta solo in parte, resta ferma la possibilità di impugnare la relativa ordinanza attraverso il rimedio dell'appello cautelare, da presentarsi nei rigidi limiti temporali stabiliti [v. formula “Appello contro ordinanza in materia di misure cautelari personali (art. 19, d.P.R. n. 448/1988)”].

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