Responsabilità del mediatore immobiliare per informazione reticente o mendace
20 Settembre 2023
Massima Sul presupposto che il mediatore, esercitando un’attività “di natura professionale”, “pur non essendo tenuto, se non in forza di uno specifico impegno contrattuale, a svolgere apposite indagini di natura tecnico-giuridica, riveste comunque un ruolo che gli permette di compiere ogni attività complementare o necessaria per la conclusione dell’affare” (essendo tenuto a “comunicare alle parti le circostanze [… anche solo, n.d.a.] conoscibili”), i giudici di legittimità in commento sanciscono il principio per cui, “[…] ove l'affare sia concluso, può sussistere la responsabilità risarcitoria del mediatore in caso di mancata informazione del promissario acquirente circa l'esistenza di irregolarità urbanistiche o edilizie non ancora sanate relative all'immobile oggetto della promessa di vendita [...]. [… In tal caso, n.d.a] la responsabilità risarcitoria del mediatore reticente o mendace può correlarsi al minore vantaggio o al maggiore aggravio patrimoniale derivanti dalle determinazioni negoziali della parte che siano state effetto del deficit informativo subito […], o anche all'importo della provvigione corrisposta nella prospettiva di un affare che avrebbe richiesto una diversa valutazione economica per raggiungere gli scopi prefissi dal contraente”. Il caso Il Tribunale di Genova ha condannato il mediatore al risarcimento dei danni nei confronti del compratore per inadempimento all'obbligo informativo di cui all'art. 1759 c. 1 c.c. in ordine a vicende immobiliari di natura edilizio-urbanistica pendenti alla data della proposta irrevocabile di acquisto. La Corte d'appello di Genova, incorrendo in una falsa applicazione dell'art. 1759 c. 1 c.c., ha riformato la pronuncia del giudice di prime cure in quanto al compratore era noto il fatto che, per l'immobile in predicato di vendita, era “in corso l'aggiornamento catastale e urbanistico” e perché le difformità edilizie presenti non escludevano la commerciabilità della res, come poi anche testimoniato dalla sopravvenuta sanatoria. La Corte di cassazione, a sua volta, ha riformato la pronuncia del giudice del gravame in quanto la specificazione dell'esistenza di un “aggiornamento catastale e urbanistico dell'immobile” non vale ad informare il compratore delle difformità edilizie presenti e solo in seguito accertate dall'avente causa. Infatti, l'informazione sul predetto “aggiornamento catastale e urbanistico in corso”, riguardando la normale e mera verifica di conformità dello stato di fatto dell'immobile da trasferire rispetto ai dati planimetrici e ai titoli edilizi abilitativi rilasciati, non vale anche comunicazione dell'esistenza di irregolarità edilizie o urbanistiche sostanziali. In motivazione: non si può “[…] negare che il promissario acquirente […] abbia interesse ad essere informato dal mediatore della presenza di irregolarità urbanistiche e edilizie dell'immobile, se pur sanabili, trattandosi di circostanza relativa alla valutazione ed alla sicurezza dell'affare, che può sia influire sulla prestazione del consenso al contratto, sia determinare le parti a concludere il contratto a diverse condizioni, adeguando il prezzo alla spesa da sostenere per la sanatoria”. La questione Le questioni sottese alla pronuncia de qua sono le seguenti:
Le soluzioni giuridiche La letteratura non è univoca sulla portata dell'obbligo informativo previsto dall'art. 1759 c. 1 c.c. Se una parte della dottrina, basandosi sulla mera lettera della citata norma, ritiene che il mediatore sia tenuto, di default (ossia in mancanza di un apposito incarico del cliente), ad informare le parti unicamente delle circostanze che siano già a sua conoscenza (“a lui note”), con la sola eccezione dei profili relativi alla solvibilità delle parti (giusta l'art. 1764 c. 3 c.c.) circostanza in ordine alla quale il mediatore è tenuto ad assumere tutte quelle informazioni conoscibili con l'impiego dell'ordinaria diligenza, un'altra parte della dogmatica, muovendo dalla professionalità del mediatore (L. 39/1989) e quindi dall'art. 1176 c. 2 c.c., ritiene, invece, che questi sia obbligato a fornire anche le informazioni a lui non note ma conoscibili con la diligenza ordinaria quando relative a circostanze capaci di incidere sull'esatta valutazione e sulla completa sicurezza dell'affare. Quest'ultima più ampia posizione, a miglior garanzia degli intermediati, è quella sposata dalla giurisprudenza la quale, nell'applicare l'art. 1759 c. 1 c.c. in collegato disposto con la L. 39/1989, dispone che il mediatore - sia nel caso di mediazione tipica (ossia quando si attiva spontaneamente) sia in quello di mediazione atipica (quando interviene, in qualità di mandatario, su incarico di parte) - deve assumere una condotta conforme a “correttezza e buona fede” (per principio generale: artt. 1175 e 1176 c.c.), ciò che include, in particolare, l'obbligo specifico di riferire alle parti non solo le circostanze dell'affare a sua conoscenza ma anche quelle che avrebbe dovuto conoscere attraverso l'impiego della diligenza qualificata propria della sua categoria “professionale” (nel caso di specie: con riguardo al settore delle negoziazioni immobiliari), qualora idonee a influire sul buon esito dell'operazione (Cass. 8 maggio 2001 n. 6389 e Cass. 26 maggio 1999 n. 5107). Se è vero che il mediatore è tenuto, per legge, a “svolgere ogni attività complementare o necessaria per la conclusione dell'affare” (art. 3 c. 1 L. 39/1989), i giudici non brillano per chiarezza quando affermano, da un lato, che non si può pretendere dal mediatore anche il compimento di indagini di natura tecnico-giuridica (ad es.: l'accertamento della libertà da pesi dell'immobile mediante l'estrazione di visure ipo-catastali: Cass. 16 gennaio 2020 n. 784, Cass. 19 settembre 2011 n. 19095, Cass. 16 luglio 2010 n. 16623, Cass. 4 luglio 2006 n. 15274, Cass. 24 ottobre 2003 n. 16009, Cass. 8 maggio 2001 n. 6389 ovvero “la libertà del bene oggetto della trattativa da trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli”: Cass. 5 aprile 2017 n. 8849, Cass. 6 novembre 2012 n. 19075) e, dall'altro, che, lo stesso intermediario, “è pur tuttavia gravato, in positivo, dall'obbligo di comunicare le circostanze […] comunque conoscibili con la comune diligenza che è richiesta in relazione al tipo di prestazione” (cfr. Cass. ult. cit.). Certamente preferibili, per coerenza ricostruttiva, devono ritenersi quelle pronunce secondo cui il contenuto dell'obbligo informativo del mediatore, per ampiezza e qualità, “deve conformarsi alla natura professionale dell'attività del mediatore” (ricomprendendo perciò, nel caso che ci occupa, “tutte le notizie che questi è in grado di acquisire mediante le ordinarie visure presso i pubblici registri”: Cass. 16 maggio 2022 n. 15577). Inserendosi in tal ultimo filone (che assegna, insieme a Cass. 28 ottobre 2019 n. 27482, un carattere sempre più specialistico all'attività professionale di mediazione), la sentenza in commento ha disposto che, in caso di mediazioni di natura immobiliare, “possono rilevare […] le informazioni afferenti alla contitolarità del diritto di proprietà, all'insolvenza di una delle parti, all'esistenza di elementi atti a indurre le parti a modificare il contenuto del contratto, ad eventuali prelazioni od opzioni, al rilascio di autorizzazioni amministrative, alla provenienza di beni da donazioni suscettibili di riduzione, alla solidità delle condizioni economiche dei contraenti, alle iscrizioni o trascrizioni sull'immobile e alla titolarità del bene in capo al venditore”. Pertanto, le indagini tecnico-giuridiche che è legittimo non attendersi dal mediatore (fatto sempre salvo il caso del “particolare incarico” del cliente comunque accettato dal mandatario) sono, oltre a quelle essenzialmente estranee al settore professionale di riferimento, quelle non strettamente funzionali al buon esito dell'affare (non potendovi essere affidamento di alcuno, per es., sui collaterali profili fiscali implicati dall'operazione) e quelle relative alla soluzione di questioni non conoscibili o di speciale difficoltà (per es.: la presenza o meno di usi civici, tanto più quando l'immobile è situato in zone ad alta densità urbana). In altri termini, il mediatore deve:
Nello specifico, vengono in gioco, in tema di obblighi informativi, tutte quelle circostanze relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare che possono incidere non solo sulla prestazione del consenso al contratto ma anche sulla conclusione del contratto a differenti condizioni (cit. Cass. 16 maggio 2022 n. 15577, Cass. 16 gennaio 2020 n. 784, Cass. 28 ottobre 2019 n. 27482, Cass. 16 luglio 2010 n. 16623, Cass. 15 marzo 2006 n. 5777). Perciò, nel quadro sopra tratteggiato, è corretto ritenere che anche l'omessa informazione in ordine all'esistenza di un'irregolarità edilizio-urbanistica relativa all'oggetto della promessa di vendita della quale il mediatore doveva e poteva essere edotto lo rende senz'altro responsabile verso il cliente, il quale ultimo potrà sia agire per il risarcimento del danno (Cass. 24 ottobre 2003 n. 16009, Cass. 8 maggio 2001 n. 6389) sia rifiutare il pagamento della provvigione (Cass. 22 giugno 2022 n. 20132, Cass. 8 maggio 2012 n. 6926, Cass. 16 luglio 2010 n. 16623, Cass. 27 maggio 1993 n. 5938). Una volta precisato che la responsabilità del mediatore (reticente o mendace) ai sensi dell'art. 1759 c. 1 c.c. non presuppone necessariamente l'avvenuta conclusione del contratto inter alios (Cass. 15 marzo 2006 n. 5777 e Cass. 27 aprile 1973 n. 1160) in quanto la violazione dell'obbligo informativo può anche procurare un danno che si sostanzia, per le parti, nel non aver stipulato un contratto che si sarebbe rivelato conveniente, si deve tener presente che, in caso di affare concluso, la responsabilità può conseguire al minor vantaggio o al maggior costo derivanti dalle determinazioni negoziali in cui è incorsa la parte che ha subito il deficit informativo o anche al valore della provvigione corrisposta a fronte di un'operazione che avrebbe richiesto una diversa valutazione economica per il raggiungimento degli interessi che il contraente si era prefissato di soddisfare. E se anche il venditore si è reso responsabile in via precontrattuale di reticenza o mendacio, si versa in un caso di responsabilità da c.d. contratto sconveniente (Cass. 14 febbraio 2022 n. 4715, Cass. 16 aprile 2012 n. 5965, Trib. Milano 21 febbraio 2011, Cass. 29 settembre 2005 n. 19024) in cui si innesta l'imputabilità della concorrente condotta sleale di un terzo (i.e.: del mediatore). Osservazioni conclusive Il tema della responsabilità del mediatore, con particolare riguardo all'obbligo d'informazione, è stato oggetto di una lenta elaborazione, tutt'ora in corso, che ha preso le mosse dal dato letterale dell'art. 1759 c. 1 c.c. La dottrina classica, ritenendo che il compito “normale e naturale” del mediatore si esaurisse nell'attività di materiale messa in contatto dei mediatari, si è arresta davanti al testo del codice civile e ha ritenuto che l'obbligo informativo fosse limitato alla comunicazione delle sole circostanze rilevanti già “note”. In tale prospettiva, il divieto che correlativamente grava il mediatore è solo quello di non fornire informazioni scientemente false. Con l'introduzione della L. 39/1989, che ha statuito il carattere professionale dell'attività di intermediazione, gli obblighi informativi del mediatore hanno ricevuto un ampliamento grazie all'attento apporto della giurisprudenza, venendo estesi anche alle circostanze da quegli conoscibili con l'impiego della diligenza ordinaria. Conseguentemente, il correlativo divieto che opera a carico del mediatore nei rapporti con l'intermediato viene ampliato e ricomprende le informazioni in generale non veritiere o rese su circostanze ignorate o non verificate (Cass. 7 aprile 2009 n. 8374). Tuttavia, in proposito, nonostante le contemporanee istanze sociali esprimano da tempo l'esigenza di una forte specializzazione delle professioni (e la Cass. 22 marzo 2001 n. 4126 descrive il mediatore in termini di “operatore specializzato”), non è ancora possibile affermare, alla luce delle molteplici pronunce tutt'ora malcerte sul punto, che lo sforzo per l'individuazione degli specifici obblighi informativi, che “tipologicamente” dovrebbero colorare l'intervento del mediatore, sia giunto ad un approdo soddisfacente. Invero, il novero di tali obblighi è stato ampliato da cit. Cass. 16 luglio 2010 n. 16623 in considerazione delle particolari circostanze fattuali riscontrate nel singolo caso concreto: il mediatore dev'essere giudicato responsabile qualora l'informazione sull'irregolarità urbanistica del bene sarebbe stata “agevolmente desumibile dal riscontro tra la descrizione dell'immobile contenuta nell'atto di provenienza e lo stato effettivo dei luoghi”. Si è compiuto così un passo avanti, ma tanto non basta. In realtà, il contenuto dell'obbligo informativo del mediatore richiede di essere ulteriormente precisato e implementato, in linea generale, in diretta e immediata considerazione dello specifico tipo di settore in cui l'attività caratteristica è prestata professionalmente, con particolare riferimento al relativo oggetto (immobili, merci, titoli, aziende, servizi vari, ecc.), come pure intuito da Trib. Trieste 2 dicembre 1991 (in ordine al “carattere abusivo dell'appartamento”, l'obbligo di informazione si deve ritenere esteso a tutte quelle “circostanze che sebbene non conosciute dal mediatore, lo stesso avrebbe dovuto conoscere […] perché rientranti nel contenuto della prestazione che il mediatore usualmente si impegna a svolgere in favore del cliente”). Ad esempio, un agente professionale di affari in mediazione su titoli, qualora presti occasionalmente la sua opera per la conclusione di una compravendita immobiliare, non potrà ritenersi tenuto a svolgere le specifiche indagini tecnico-giuridiche tipiche di quest'ultimo settore. In tal caso, il mediatore, dovrà tuttavia avvisare le parti di questa sua carenza di specifica competenza e, qualora evocato giudizialmente in responsabilità, dimostrare pure la sua professionalità in altro comparto. Invece, un mediatore immobiliare sarà tenuto a prestare la propria assistenza, in funzione para-consulenziale, nel compiere penetranti indagini dirette ad accertarsi della “fattibilità in concreto dell'affare proposto” (cit. Cass. 24 ottobre 2003 n. 16009) e, così, a informare l'intermediato della titolarità del bene in capo al venditore, della presenza di eventuali comunioni, dell'insolvenza di una delle parti (caso in cui, all'esito di un necessario bilanciamento tra interessi incompatibili, la tutela della riservatezza deve cedere il passo), della solidità delle condizioni economiche dei contraenti, dell'affidabilità personale degli intermediati (mediante verifiche, effettuabili anche via internet, che ne escludano il coinvolgimento in vicende, alle cronache, di natura penale), dell'esistenza di elementi atti a indurre le parti a modificare il contenuto del contratto, di pendenti contratti preliminari, diritti di prelazione od opzioni, del necessario rilascio di autorizzazioni amministrative, della provenienza di beni da donazioni suscettibili di riduzione (così anche per Cass. 16 gennaio 2019 n. 965), delle iscrizioni o trascrizioni sull'immobile, della regolarità edilizio-urbanistica, della destinazione d'uso e dell'agibilità dell'unità immobiliare intermediata. Senza che, a fronte di ciò (quanto giustifica l'entità di una provvigione spesso considerevole), l'intervento del mediatore, utile a far collimare le posizioni dei paciscenti in vista del contatto finale con il notaio, possa supplire alla successiva opera del P.U. incaricato del rogito e senza che, parimenti, il necessario intervento del notaio per la conclusione di una fattispecie trascrivibile possa sollevare il mediatore dall'assolvimento dei relativi obblighi professionali.
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