Infortunio sul lavoro: rilievo del massimale di polizza

Antonio Bruno Serpetti
10 Ottobre 2023

Poiché il massimale contrattualmente previsto non è elemento essenziale del contratto di assicurazione, e non rappresenta un fatto costitutivo del credito assicurato, il rilievo relativo all’esistenza del limite del massimale rappresenta un’eccezione in senso stretto, da far valere, dalla parte interessata.

Massima

“In tema di assicurazione per la responsabilità civile, il massimale contrattualmente previsto non è elemento essenziale del contratto di assicurazione e non rappresenta un fatto costitutivo del credito assicurato; ne consegue che, il rilievo relativo all’esistenza del limite del massimale, lasciato alla libera pattuizione delle parti, rappresentando un mero elemento impeditivo o estintivo del diritto, costituisce un’eccezione in senso stretto, da far valere, dalla parte interessata, nel rispetto delle preclusioni assertive ed istruttorie, e non è rilevabile d’ufficio”.

Il caso

Il caso di specie trae origine da una causa di indennizzo proposta da un soggetto infortunato sul lavoro, la quale vedeva coinvolti la Società presso cui era occorso l’infortunio, nonché l’Inail e la relativa Compagnia di Assicurazione.

Soccombente in primo grado, appellava la sentenza la sola Compagnia di Assicurazione innanzi alla Corte d’appello competente, invocando il superamento del massimale. La Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, condannava la Società datrice di lavoro e il suo legale rappresentante a pagare la somma di euro 468.399,27 in favore dell’Inail per l’infortunio occorso al dipendente, condannando, altresì, l’Assicuratore a manlevare la società assicurata, rideterminando le somme accordate dal giudice di primo grado, ritenendo il credito Inail un credito di valore da quantificarsi, perciò, al momento della liquidazione definitiva, anche senza bisogno di appello incidentale e tenendo conto della rivalutazione della rendita imposta dal provvedimento sopravvenuto.

Avverso tale sentenza ricorreva in cassazione la Compagnia di assicurazione, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d'appello aveva ritenuto che il superamento del massimale fosse non già una mera difesa, ma un'eccezione in senso stretto, da far espressamente valere dalla parte interessata, nel rispetto delle preclusioni assertive ed istruttorie.

La questione

Con la pronuncia in oggetto, la Corte di cassazione ha affrontato la tematica relativa al massimale di polizza, chiedendosi se la questione del suo limite quale massima esposizione della Compagnia sia o meno da ritenersi un’eccezione in senso stretto e, come tale, possa essere fatto valere solamente dall’Assicuratore quale fatto impeditivo o estintivo dell’obbligo assicurativo.

Le soluzioni giuridiche

Nella pronuncia in esame, la questione del superamento del massimale viene considerata inammissibile dalla Suprema Corte a causa della tardività della parte (la Compagnia di Assicurazione) nel sollevarla. Si tratta, infatti, sostiene la Corte di legittimità, di “eccezione in senso stretto”, quale fatto impeditivo o estintivo dell’obbligo dell’assicurazione.

Sull’argomento, la Corte richiama il principio recentemente ribadito da Cass., Sez. III, ordinanza n. 16899 del 13 giugno 2023 (che supera il precedente orientamento espresso da Cass. Sez. II, ordinanza n. 1475 del 18 gennaio 2022), secondo il quale, “in tema di assicurazione per la responsabilità civile, il massimale contrattualmente previsto non è elemento essenziale del contratto di assicurazione e non rappresenta un fatto costitutivo del credito assicurato; ne consegue che il rilievo relativo all’esistenza del limite del massimale, lasciato alla libera pattuizione delle parti, rappresentando un mero elemento impeditivo o estintivo del diritto, costituisce un’eccezione in senso stretto, da far valere, dalla parte interessata, nel rispetto delle preclusioni assertive ed istruttorie, e non è rilevabile d’ufficio.

Sempre a sostegno della predetta tesi, la Corte di cassazione sottolinea che il rilievo dell’Assicuratore in ordine alla tempestività della produzione della polizza assicurativa dalla quale, comunque, risultava il massimale, sia irrilevante, posto che alla stessa non si è accompagnata l’allegazione del fatto impeditivo del diritto.

Non rileva neppure – continua la Corte Suprema - che il superamento del massimale sia avvenuto solo in corso di causa, in quanto la sopravvenienza può essere valutata solo nell’ambito di un fatto impeditivo tempestivamente portato nel processo. Aveva, dunque, ben statuito il giudice d’appello quando aveva osservato che l’eccezione di incapienza del massimale ha trovato riscontro documentale negli atti di causa sin dal momento per la costituzione in giudizio, ma che l’Assicuratore avrebbe, comunque, potuto e dovuto domandare, cautelativamente e tempestivamente, di contenere la condanna nei limiti del massimale.

Osservazioni

La sentenza in commento, inserendosi nel contrasto giurisprudenziale in materia, aderisce alla tesi secondo cui il massimale non è elemento essenziale del contratto di assicurazione - il quale può essere validamente stipulato anche senza la relativa pattuizione - e neppure costituisce fatto generatore del credito assicurato, configurandosi piuttosto come elemento limitativo dell’obbligo dell’Assicuratore.

Di conseguenza, grava su quest’ultimo l’onere di provare l’esistenza e la misura del massimale, dovendosi altrimenti accogliere la domanda di garanzia proposta dall’assicurato a prescindere da qualsiasi limite di massimale (in tal senso, Cass., Sez. III, sentenza n. 3173 del 18/02/2016).

Precedentemente alla pronuncia in esame, sulla questione si registrava un contrasto giurisprudenziale.

Secondo un primo orientamento, nella controversia tra assicurato ed Assicuratore è onere del primo dimostrare l’entità del massimale (Cass., Sez. III, sentenza n. 10811/2011): tale orientamento si fonda sull’assunto che, nell’assicurazione della responsabilità civile, la misura del massimale sia “elemento essenziale” del contratto, e, di conseguenza, rappresenti un “fatto costitutivo” della pretesa dell’assicurato, il cui onere ricade su quest’ultimo.

Secondo un altro orientamento (maggioritario) – al quale la Corte di cassazione mostra di aderire – sarebbe, invece, sempre onere dell’Assicuratore provare l’esistenza e l’ammontare del massimale: sicché, ove l’Assicuratore non lo assolva, la domanda di garanzia proposta dall’assicurato andrà accolta comunque, a prescindere da qualsiasi limite di massimale. Questo orientamento – espresso anche da Cass., Sez. III, sentenza n. 17459/2006 - si fonda sull’assunto che il limite del massimale sia un fatto impeditivo o modificativo della pretesa dell’assicurato. Ne viene che è l’Assicuratore ad avere l’onere di provare che il massimale pattuito tra le parti del contratto di assicurazione sia inferiore all’indennizzo invocato dall’assicurato e, pertanto, detto massimale costituisce, contrattualmente, l’esposizione massima alla quale l’Assicuratore potrà essere esposto.

Questo principio è stato ribadito, ed ulteriormente chiarito, nella giurisprudenza successiva al 2006, la quale ha affermato che l’Assicuratore ha l'onere di dimostrare l'esistenza e la misura del massimale nel rispetto delle preclusioni processuali, senza che assuma rilievo la circostanza che al momento dell'introduzione del giudizio il massimale non fosse stato ancora superato.

Ancora più recentemente, la Cassazione con la sentenza del 13 ottobre 2021 n. 27913, nel dare continuità a tali principi, ha aggiunto che gli stessi trovano applicazione anche nel caso di successiva erosione del massimale ed ha ribadito che l'allegazione e la prova circa l'esistenza e la misura di quest'ultimo, riguardando un'eccezione in senso stretto, devono avvenire nel rispetto delle preclusioni assertive ed istruttorie stabilite dagli art. 167 c.p.c. e art. 183 c.p.c.

In tal senso, l'eccezione di esistenza e di eventuale superamento del massimale si differenzia dall'eccezione di inoperatività della polizza, la quale, assumendo l'estraneità dell'evento dai rischi contemplati nel contratto, costituisce una semplice difesa volta a contestare il fondamento della domanda (Cass. 12 luglio 2019, n. 18742).

La Cassazione, nella sentenza n. 26247/2023, conferma che, nella causa sul sinistro, l’Assicuratore deve eccepire, nei limiti previsti dalle norme processuali, il superamento del massimale: il tetto fissato dal contratto, infatti, costituisce “un’eccezione in senso stretto”, e, dunque, deve essere fatta valere dalla parte interessata nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie. Non rileva, invece, che la polizza, dalla quale si evince il massimale, sia stata depositata in modo tempestivo; rileva unicamente la circostanza che la produzione non sia stata accompagnata dall’allegazione del fatto che impedisce o limita il diritto dell’assicurato.

La Cassazione, inoltre, esclude che la questione del superamento del massimale costituisca una mera difesa: il massimale previsto dalla polizza, lasciato alla libera pattuizione fra le parti, non è un elemento essenziale del contratto di assicurazione, né rappresenta un fatto costitutivo del credito assicurato, ma costituisce un mero elemento impeditivo o estintivo del diritto ed, in quanto tale, non risulta rilevabile d’ufficio dal giudice.

Confermando gli orientamenti precedenti riportati, la Corte di cassazione ribadisce come sia irrilevante che il massimale sia stato superato solo in corso di causa: la sopravvenienza, infatti, può essere valutata soltanto nell’ambito di un fatto impeditivo portato tempestivamente nel processo. Dagli atti di causa, nella fattispecie, emergeva che l’Assicuratore avrebbe potuto eccepire l’incapienza del massimale fin dalla costituzione in giudizio e, comunque, aveva facoltà di domandare, nei termini di legge ed in via cautelativa, che la condanna fosse contenuta entro il massimale residuato, ma, non avendolo fatto, rimane esposto per l’intero ammontare della somma dovuta dall’assicurato.

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