Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 40 - Dibattito pubblico.

Marco Briccarello
Codice legge fallimentare

Art. 22


Dibattito pubblico.

1. Salvi i casi di dibattito pubblico obbligatorio indicati nell'allegato I.6, la stazione appaltante o l'ente concedente può indire il dibattito pubblico, ove ne ravvisi l'opportunità in ragione della particolare rilevanza sociale dell'intervento e del suo impatto sull'ambiente e sul territorio, garantendone in ogni caso la celerità.

[2. In sede di prima applicazione del codice, l'allegato I.6 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica e il Ministro della cultura, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.]1

3. Il dibattito pubblico si apre con la pubblicazione sul sito istituzionale della stazione appaltante o dell'ente concedente di una relazione contenente il progetto dell'opera e l'analisi di fattibilità delle eventuali alternative progettuali.

4. Le amministrazioni statali interessate alla realizzazione dell'intervento, le regioni e gli altri enti territoriali interessati dall'opera, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, che, in ragione degli scopi statutari, sono interessati dall'intervento, possono presentare osservazioni e proposte entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione di cui al comma 3.

5. Il dibattito pubblico si conclude, entro un termine compatibile con le esigenze di celerità, comunque non superiore a centoventi giorni dalla pubblicazione di cui al comma 3, con una relazione, redatta dal responsabile del dibattito pubblico e contenente una sintetica descrizione delle proposte e delle osservazioni pervenute, con l'eventuale indicazione di quelle ritenute meritevoli di accoglimento. La relazione conclusiva è pubblicata sul sito istituzionale della stazione appaltante o dell'ente concedente.

6. Gli esiti del dibattito, ivi comprese eventuali proposte di variazione dell'intervento, sono valutati dalla stazione appaltante o dall'ente concedente ai fini dell'elaborazione del successivo livello di progettazione.

7. Resta ferma la disciplina prevista da specifiche disposizioni di legge per il dibattito pubblico afferente agli interventi finanziati con le risorse del PNRR e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC), di cui al decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021.

8. L'allegato I.6 disciplina:

a) i casi in cui il dibattito pubblico è obbligatorio;

b) le modalità di partecipazione e di svolgimento del dibattito pubblico;

c) le modalità di individuazione e i compiti del responsabile del dibattito pubblico;

d) gli eventuali contenuti ulteriori della relazione iniziale e di quella conclusiva del procedimento di dibattito pubblico.

Inquadramento

L'art. 40 del d.lgs. n. 36/2023 corrisponde all'art. 22 del d.lgs. n. 50/2016 e disciplina l'istituto del dibattito pubblico. Si tratta di uno strumento relativamente recente e innovativo in tema di partecipazione nella pianificazione delle opere pubbliche.

A) In chiave ricostruttiva, prima di esaminare la nuova normativa, pare utile una breve premessa sulla genesi del suddetto medesimo strumento.

i ) Esso compare per la prima volta in Francia con la legge “Barnier” n. 101/1995.

Il “vecchio” débat public francese era il risultato di un processo avviato tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli '90 del secolo scorso, con l'obiettivo di rafforzare la legislazione volta alla protezione ambientale, intesa quale tutela del territorio e dello spazio urbano (Caringella, Giustiniani, Mantini, 383).

Si era così introdotto un meccanismo teso a definire un nuovo modello di azione pubblica basato sul coinvolgimento delle collettività locali nelle scelte di localizzazione e di realizzazione di grandi opere con rilevante impatto ambientale, economico e sociale sul territorio di riferimento. Per queste ragioni si è parlato – in maniera assai espressiva – di “democrazia partecipativa” (Grassucci ).

ii ) Dal momento che, come si è appena detto, la disciplina dell'istituto si è sviluppata per lo più nel settore del governo del territorio e della tutela dell'ambiente, anziché in quello dell'evidenza pubblica, nelle direttive UE in materia di appalti e concessioni non si rinviene una diretta previsione del dibattito pubblico. Come evidenzia anche la relazione illustrativa al d.lgs. n. 36/2023, l'unico accenno all'istituto si ha nel richiamo all'interesse generale correlabile all'introduzione nelle legislazioni statali di meccanismi che favoriscano la partecipazione democratica come, appunto, il dibattito pubblico (in particolare, nel considerando n. 122 della Direttiva 2014/24/UE si legge che “i cittadini, i soggetti interessati, organizzati o meno, e altre persone o organismi che non hanno accesso alle procedure di ricorso di cui alla Direttiva 89/665/CEE hanno comunque un interesse legittimo in qualità di contribuenti a un corretto svolgimento delle procedure di appalto”).

iii ) Venendo al nostro ordinamento, i primi casi di dibattito pubblico si rinvengono nell'art. 8 della l.r. Toscana n. 39/2013 e, dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, nell'art. 7 della l.r. Puglia n. 84/2017. Peraltro, la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dei commi 2 e 5 di questo art. 7, laddove si era previsto che il dibattito pubblico regionale si svolgesse anche sulle opere nazionali (Corte cost. n. 235/2018, che comunque ha individuato nell'assetto dato a questa fondamentale fase del procedimento di affidamento della committenza pubblica un ragionevole punto di equilibrio fra le esigenze della partecipazione e quelle dell'efficienza).

In conformità a tale pronuncia, a fronte di un'opera di competenza nazionale per la parte che interessa un determinato ambito territoriale, anche il giudice amministrativo ha ritenuto corretta l'omessa attivazione del dibattito pubblico previsto dalla legislazione regionale (Cons. St. IV, n. 7884/2020).

A parte tali isolate legislazioni locali, l'addentellato che ha aperto all'introduzione del dibattito pubblico nei contratti pubblici italiano può essere identificato nell'art. 1, lett. qqq ) della l. n. 11/2016 (recante, com'è noto, la delega per l'adozione dell'ormai previgente codice dei contratti pubblici del 2016). Questo articolo ha infatti previsto “l'introduzione di forme di dibattito pubblico delle comunità locali dei territori interessati dalla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale aventi impatto sull'ambiente, la città o sull'assetto del territorio, prevedendo la pubblicazione on line dei progetti e degli esiti della consultazione pubblica; le osservazioni elaborate in sede di consultazione pubblica entrano nella valutazione in sede di predisposizione del progetto definitivo”.

Sicché, in attuazione di questa previsione, l'art. 22 del d.lgs. n. 50/2016, rubricato “trasparenza nella partecipazione di portatori di interessi e dibattito pubblico”, ha previsto:

– talune regole di carattere generale;

– e ha rimandato a un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la relativa disciplina di dettaglio (segnatamente, la fissazione dei criteri per individuare le opere oggetto di dibattito pubblico).

iv ) Sulla scorta di quanto previsto dal citato art. 22 del d.lgs. n. 50/2016 è stato infine emanato il d.P.C.M. n. 76/2018 (recante le “modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico”) che:

– all'art. 3 ha precisato l'ambito di applicazione del sopra richiamato art. 22 del d.lgs. n. 50/2016;

– all'art. 4 ha istituito presso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti la Commissione nazionale per il dibattito pubblico, alla quale è stato affidato “il compito di raccogliere e pubblicare informazioni sui dibattiti pubblici in corso di svolgimento o conclusi e di proporre raccomandazioni per lo svolgimento del dibattito pubblico sulla base dell'esperienza maturata”;

– e agli artt. 5, 6, 7 e 8 ha disciplinato in maniera puntuale la procedura e i tempi di svolgimento del dibattito pubblico.

Per completezza si segnala che il Consiglio di Stato, nel parere reso sullo schema del d.lgs. n. 50/2016, ha ricompreso il dibattito pubblico uno tra i punti più qualificanti del codice del 2016, definendolo uno strumento essenziale di coinvolgimento delle collettività locali nelle scelte di localizzazione e realizzazione di grandi opere aventi rilevante impatto ambientale, economico e sociale sul territorio coinvolto. Uno strumento di partecipazione democratica che in prospettiva assicura una maggiore accettazione sociale dell'opera, previene il contenzioso e accelera la realizzazione dell'opera (Cons. St., comm. speciale, parere n. 855/2016).

In proposito si è altresì osservato che l'elemento di maggior rilievo del dibattito pubblico è il perseguimento della finalità di “prevenzione” della conflittualità, mediante l'attivazione del confronto diretto tra le parti (cittadini singoli e associati, pubbliche amministrazioni, operatori economici), prima che il processo decisionale amministrativo sia perfezionato, e comunque prima che il conflitto sia insorto.

Il fondamento della scelta di cui si tratta è dunque garantire, attraverso la partecipazione dei cittadini, un ampio confronto in merito alla realizzazione delle grandi opere pubbliche sin dalla fase iniziale del progetto, quando tutte le opzioni sono ancora percorribili, compresa la c.d. “opzione zero”, ossia la scelta di non realizzare l'opera (Grassucci).

Inoltre, l'art. 22 del d.lgs. n. 50/2016 ha rafforzato la trasparenza e la partecipazione nell'attività di pianificazione delle opere pubbliche, in modo che i risultati del confronto possano servire, oltre che a valutare l'opportunità degli interventi, a migliorarne la realizzazione, rendendoli più rispondenti alle esigenze manifestate dalla collettività (Grassucci).

B) In linea con le disposizioni finora ricordate – ma anche nella prospettiva di conferire, su rinnovate basi, una legittimazione di diritto positivo allo strumento in questione – la legge delega per la redazione del nuovo codice ha previsto, tra i princìpi e i criteri direttivi, la “revisione e semplificazione della normativa primaria in materia di programmazione, localizzazione delle opere pubbliche e dibattito pubblico, al fine di rendere le relative scelte maggiormente rispondenti ai fabbisogni della comunità, nonché di rendere più celeri e meno conflittuali le procedure finalizzate al raggiungimento dell'intesa fra i diversi livelli territoriali coinvolti nelle scelte stesse” (art. 1, comma 2, lett. o), della l. n. 78/2022).

In questo contesto, l'art. 40 del d.lgs. n. 36/2023 ha regolato il dibattito pubblico, con elevato grado di dettaglio, riscrivendo in modo pressoché integrale l'art. 22 del d.lgs. n. 50/2016. Nel dettaglio, le previsioni più salienti della norma possono essere riassunte nei termini che seguono.

b .1) I presupposti e gli obiettivi del dibattito pubblico.

Il comma 1 stabilisce che – fermi i casi di obbligatoria attivazione del dibattito pubblico (ossia per le opere indicate dall'allegato I.6 del codice, di cui si accennerà infra e che verranno trattate in maniera più diffusa nell'apposito commento, a cui in ogni caso si d'ora si rinvia) – spetta alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti la facoltà di utilizzare lo strumento in esame quando ne ravvisino la necessità in ragione della particolare rilevanza sociale dell'intervento e del suo impatto sull'ambiente e sul territorio.

Il medesimo comma 1 precisa altresì che le stazioni appaltanti devono garantire il celere svolgimento della procedura di dibattito pubblico, in modo da non dilatare oltremodo i tempi di approvazione e di realizzazione delle opere pubbliche.

b .2) Il rinvio all'allegato.

Il comma 8 rinvia all'allegato I.6 la disciplina de:

– i casi in cui il dibattito pubblico è obbligatorio;

– le modalità di partecipazione e di svolgimento del dibattito pubblico;

– le modalità di individuazione e i compiti del responsabile del dibattito pubblico;

– gli eventuali contenuti ulteriori della relazione iniziale e di quella conclusiva del procedimento di dibattito pubblico.

Come sottolinea la relazione illustrativa, questo all. I.6 “riprende i contenuti del vigente d.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76, adottato in attuazione dell'articolo 22 del d.lgs. n. 50/2016. Oltre ad alcune scelte di semplificazione anche terminologica (ad esempio, il “coordinatore del dibattito pubblico” diventa il “responsabile” dello stesso), la principale novità è costituita dalla soppressione della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, già istituita dall'articolo 4 del citato d.P.C.M. n. 76/2018 con compiti di monitoraggio, regolazione e pubblicità dei dibattiti pubblici attivati dalle varie stazioni appaltanti”.

In proposito il comma 2 – con una formulazione ripetuta in numerosi articoli del d.lgs. n. 36/2023, per il vero non troppo chiara – dispone che in sede di prima applicazione del codice l'allegato I.6 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento ministeriale adottato ai sensi dell'art. 17, comma 3 l. n. 400/1988, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica e il Ministro della cultura, che lo sostituisce in toto anche in qualità di allegato.

Il citato comma 3 dell'art. 17 della legge n. 400/1988 prevede che tramite decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo e devono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.

b.3) Svolgimento e esiti del dibattito pubblico.

Il comma 3 disciplina le modalità di indizione del dibattito pubblico.

In sintesi, come precisa la relazione illustrativa al d.lgs. n. 36/2023 redatta dal Consiglio di Stato il procedimento si apre con la pubblicazione – avente valore di pubblicità notizia – sul sito istituzionale della stazione appaltante o dell'ente concedente di una relazione contenente il progetto dell'opera e l'analisi di fattibilità delle eventuali alternative progettuali.

A questo proposito si rileva che – come risulta dalla stessa relazione illustrativa – in sede di approvazione del testo finale della novella non è stata accolta la richiesta della Conferenza unificata di sostituire il riferimento alla relazione contenente il progetto dell'opera e l'analisi di fattibilità delle alternative progettuali con quello al (più articolato) dossier di progetto dell'opera ex art. 7, comma 1, lett. a), del già menzionato d.P.C.M. n. 76/2018. Questa modifica avrebbe infatti gravato le stazioni appaltanti di un onere di pubblicazione eccessivo, contrastante con gli obiettivi di semplificazione perseguiti dal Codice in relazione al procedimento di approvazione del progetto.

Il comma 4 individua il novero di soggetti legittimati a partecipare al dibattito pubblico, stabilendo che (entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione della relazione contenente il progetto dell'opera e l'analisi di fattibilità, di cui al comma 3) hanno la facoltà di presentare osservazioni e proposte:

– le amministrazioni statali interessate alla realizzazione dell'intervento;

– le regioni e gli altri enti territoriali interessati dall'opera;

– nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o in comitati che in ragione dei loro scopi statutari sono interessati dall'intervento.

Il comma 5 si occupa delle modalità di conclusione del dibattito pubblico. In particolare è previsto che esso si concluda:

– entro un termine compatibile con le esigenze di celerità, comunque non superiore a 120 giorni dalla pubblicazione di cui al comma 3;

– e con una relazione, redatta dal responsabile del dibattito pubblico, contenente una sintetica descrizione delle proposte e delle osservazioni pervenute, con l'eventuale indicazione di quelle ritenute meritevoli di accoglimento. La medesima relazione conclusiva è pubblicata sul sito istituzionale della stazione appaltante o dell'ente concedente.

A mente del comma 6 la stazione appaltante o l'ente concedente è competente a valutare gli esiti del dibattito pubblico, ivi comprese le eventuali proposte di variazione dell'intervento ai fini dell'elaborazione del successivo livello di progettazione.

b.4) Clausola di salvaguardia per gli interventi PNRR e PNC.

Il comma 7 reca una clausola di salvaguardia per le norme speciali sul dibattito pubblico afferente agli interventi finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) o dal Piano Nazionale Complementare (PNC, noto anche come Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR).

Al riguardo l'art. 46 del d.l. n. 77/2021 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108/2021) prevede che, entro sessanta giorni dalla data della sua entrata in vigore, con decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, adottato su proposta della Commissione nazionale per il dibattito pubblico di cui all'art. 22, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, in relazione agli interventi di cui all'Allegato IV allo stesso decreto, nonché a quelli finanziati in tutto o in parte con le risorse del PNRR e del PNC possono essere individuate soglie dimensionali delle opere da sottoporre obbligatoriamente a dibattito pubblico inferiori a quelle previste dall'Allegato 1 d.P.C.M. n. 76/2018.

Inoltre, quanto ai soli interventi di cui al menzionato Allegato IV al decreto Semplificazioni-bis n. 77/2021, il dibattito pubblico ha una durata massima di quarantacinque giorni e tutti i termini previsti dal citato d.P.C.M. n. 76/2018, sono ridotti della metà.

Sul lato pratico, nelle ipotesi di obbligatorietà del dibattito pubblico la stazione appaltante provvede ad avviare il relativo procedimento contestualmente alla trasmissione del progetto di fattibilità tecnica ed economica al Consiglio superiore dei lavori pubblici per l'acquisizione del parere di cui all'art. 44, comma 1, del d.l. n. 77/2021.

In caso di restituzione del progetto per esigenze di integrazioni o modifiche da parte del Comitato speciale del Consiglio superiore di lavori pubblici, ai sensi del secondo periodo del medesimo art. 44, comma 1, il dibattito pubblico è sospeso con avviso pubblicato sul sito internet istituzionale della stazione appaltante. Il termine riprende a decorrere dalla data di pubblicazione sul sito internet istituzionale dell'avviso di trasmissione del progetto di fattibilità tecnica ed economica integrato o modificato secondo le indicazioni rese dal Comitato speciale del Consiglio superiore di lavori pubblici.

Per assicurare il rispetto dei tempi previsti dalla norma è previsto che la Commissione nazionale per il dibattito pubblico provveda ad istituire, entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, un elenco di soggetti (in possesso di comprovata esperienza e competenza nella gestione dei processi partecipativi o nella gestione ed esecuzione delle attività di programmazione e pianificazione in materia urbanistica o di opere pubbliche) a cui conferire l'incarico di coordinatore del dibattito pubblico.

Infine, l'art. 46 ha pure attribuito poteri sostitutivi alla Commissione nazionale per il dibattito pubblico in caso di inosservanza, da parte della stazione appaltante, dei sopra indicati termini di svolgimento del dibattito pubblico.

A fronte della citata disposizione, il 6 settembre 2021 la Commissione nazionale per il dibattito pubblico ha adottato la “Raccomandazione n. 2”, recante “Linee Guida per il procedimento abbreviato per le opere per le quali è obbligatorio il dibattito pubblico”.

Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)

L’art. 72, comma 2 del Decreto correttivo ha soppresso il comma 2 del presente articolo

Lo svolgimento del dibattito pubblico e gli esiti del procedimento.

Come si è anticipato, sebbene gli aspetti di maggior dettaglio del procedimento di dibattito pubblico siano contenuti nell'all. I.6 (al cui commento si rinvia), l'art. 40 del d.lgs. n. 36/2023 individua alcuni profili rilevanti delle tre fasi (ossia l'indizione, l'istruttoria e le conclusioni) del dibattito pubblico.

Vediamoli qui di seguito.

Indizione del dibattito pubblico: obbligatoria, obbligatoria previa richiesta qualificata o facoltativa

Nel punto precedente abbiamo detto che a norma del primo comma dell'articolo in commento l'indizione del dibattito pubblico:

a ) è obbligatoria nei casi previsti dall'allegato I.6;

b ) è obbligatoria – previa richiesta qualificata da parte di alcune Amministrazioni – in (altri) specifici casi individuati sempre dall'allegato I.6;

c ) ed è invece facoltativa in tutti i casi in cui la decisione di avviare la procedura è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante.

Esaminiamo ora più nel dettaglio di cosa si tratta.

a ) Il dibattito obbligatorio.

I casi in cui il dibattito pubblico è obbligatorio riguardano la realizzazione delle opere indicate nell'allegato I.6 del codice. Tra questi interventi rientrano le strade extraurbane e le autostrade, i tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza, gli aeroporti, i porti marittimi commerciali, i terminali marittimi, gli interventi per la difesa del mare e delle coste, le piattaforme di lavaggio delle acque di zavorra delle navi, gli interporti finalizzati a trasporto merci, gli elettrodotti aerei, le dighe, le opere che prevedono il trasferimento di acqua tra regioni diverse, le infrastrutture ad uso sociale, culturale, sportivo, scientifico o turistico, e gli impianti e insediamenti industriali.

A ciascuna delle citate tipologie di opere si riferiscono diverse soglie dimensionali di spesa (indicate nella Tabella 1 del medesimo allegato I.6) superate le quali diventa obbligatorio indire il dibattito pubblico.

Le soglie dimensionali delle suddette opere sono ridotte del 50% se gli interventi ricadono, anche in parte:

– su beni del patrimonio culturale e naturale iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO, ai sensi della Conferenza sul Patrimonio Mondiale del 1977;

– nella zona tampone come definita nelle Linee guida operative emanate dell'UNESCO;

– oppure nei parchi nazionali e regionali e nelle aree marine protette.

La previsione di tali riduzioni è motivata dalla necessità di garantire un'ampia partecipazione al procedimento di approvazione delle opere che ricadono in zone ad elevata tutela ambienta- le/paesaggistica.

A tal proposito si fa presente che non sono contemplati nella riduzione delle soglie dimensionali gli interventi riguardanti i beni culturali e il paesaggio tutelati dal d.lgs. n. 42/2004, nonostante il Consiglio di Stato, sin dal parere reso sullo schema del d.P.C.M. n. 76/2018 (attuativo della disciplina contenuta nell'art. 22 del d.lgs. n. 50/2016), avesse suggerito di inserire una simile previsione per approntare, in applicazione dell'art. 9 Cost., strumenti di prevenzione anche per i beni culturali nazionali non protetti a livello UNESCO (Cons. St., comm. speciale, n. 359/2018).

Infine, per completezza, si osserva che nell'allegato I.6 sono indicate anche le opere escluse dal dibattito pubblico. Si tratta, precisamente:

– delle opere previste dai Titoli V e VI della Parte VII del libro II del codice (ossia delle opere relative ai contratti stipulati nel settore della difesa e della sicurezza e alle procedure di somma urgenza nel settore della protezione civile), nonché per quelle relative alla difesa nazionale prevista dall'art. 233 d.lgs. n. 66/2010 (c.d. “codice dell'ordinamento militare”);

– degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauri, adeguamenti tecnologici e completamenti;

– e delle opere già sottoposte a procedure preliminari di consultazione pubblica sulla base di norme europee.

b ) Il dibattito obbligatorio previa richiesta qualificata.

Accanto alla previsione del dibattito obbligatorio, l'allegato I.6 ha previsto un'ulteriore procedura, che potremmo definire “semi-obbligatoria”, applicabile qualora la realizzazione delle opere citate in precedenza richieda una spesa di importo compreso tra la soglia indicata e i due terzi della medesima.

In questi casi la stazione appaltante o l'ente concedente indìce il dibattito pubblico su richiesta:

– della Presidenza del Consiglio dei ministri o dei Ministeri interessati alla realizzazione dell'opera;

– di un Consiglio regionale o di una provincia o di una città metropolitana o di un comune capoluogo di provincia territorialmente interessati dall'intervento;

– di uno o più consigli comunali o di unioni di comuni territorialmente interessati dall'intervento, se complessivamente rappresentativi di almeno centomila abitanti;

– di almeno cinquantamila cittadini elettori nei territori in cui è previsto l'intervento;

– di almeno un terzo dei cittadini elettori per gli interventi che interessano le isole con non più di centomila abitanti e per il territorio di comuni di montagna.

c ) Il dibattito facoltativo.

Salvi i casi di dibattito pubblico obbligatorio e “semi-obbligatorio” indicati in precedenza, la scelta in merito all'attivazione del dibattito è rimessa alla discrezionalità delle singole Amministrazioni che saranno chiamate:

– in primo luogo, a valutare l'importanza e gli impatti delle opere oggetto della commessa pubblica;

– e, in secondo luogo, a bilanciare gli interessi partecipativi dei cittadini con l'interesse pubblico al rapido svolgimento sia della procedura di gara sia delle opere appaltate.

Questa disposizione ripropone quanto già previsto dall'art. 3 comma 4 del d.P.C.M. n. 76/2018 secondo cui “l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore può indire su propria iniziativa il dibattito pubblico quando ne rileva l'opportunità”.

In merito alla portata della discrezionalità riconosciuta alle stazioni appaltanti circa la necessità di indire la procedura in questione si è osservato che se si collegano l'ampiezza dell'ambito di applicazione e le finalità del dibattito pubblico (tra cui rientra quella di migliorare l'efficacia delle decisioni pubbliche) si coglie la notevole portata innovatrice sul tema delle istituto messo a disposizione delle amministrazioni, senza alcun limite qualitativo e quantitativo, per migliorare la loro attività di pianificazione delle opere pubbliche. In altri termini, l'ampia portata dell'istituto potrebbe – auspicabilmente – condurre ad una vera e propria stagione della pianificazione partecipata per tutte le opere pubbliche (Caringella, Giustiniani, Mantini, 385).

Quanto agli adempimenti procedurali, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti individuano, ciascuno secondo il proprio ordinamento, il soggetto titolare del potere di indire il dibattito pubblico, cui – nella fase di indizione del dibattito pubblico – è demandato il compito di effettuare, a norma del comma 3 dell'art. 40, la pubblicazione sul sito della stazione appaltante del progetto dell'opera e dei documenti recanti l'analisi di fattibilità delle eventuali alternative progettuali.

La fase istruttoria del dibattito pubblico.

Il comma 4 dell'art. 40 disciplina la fase istruttoria del dibattito pubblico prevedendo che, dopo l'indizione, le Amministrazioni coinvolte dal progetto e i soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati hanno la possibilità di presentare osservazioni entro il termine di 60 giorni.

Quanto al novero di soggetti con diritto di partecipare al dibattito pubblico, lo stesso comma 4 dell'art. 40 risulta assai significativo laddove:

da un lato, sembra precludere la partecipazione al procedimento di dibattito pubblico ai cittadini che non siano riuniti in associazioni o comitati, suscitando così qualche perplessità da parte dei primi commentatori circa la legittimità di tale esclusione (per un commento critico sulla nuova disciplina del dibattito pubblico, v. Scognamiglio);

– e dall'altro lato, richiede espressamente che per poter partecipare al procedimento le associazioni e i comitati abbiano una finalità prevista dallo statuto tale da consentire di ritenerle interessate dall'opera oggetto del dibattito pubblico.

Quest'ultima previsione sembra ricalcare le conclusioni raggiunte da quella giurisprudenza che si era formata in merito alla legittimazione processuale delle associazioni (in particolare, quelle ambientaliste), secondo cui “costituisce ius receptum [...] il principio secondo il quale, ai fini del riconoscimento della legittimazione ad agire ai Comitati spontanei e/o alle Associazioni di cittadini nei confronti provvedimenti amministrativi ritenuti lesivi di interessi di carattere collettivo, debbono concorrere le seguenti condizioni:

a) deve sussistere una previsione statutaria del Comitato o della Associazione che qualifichi questo obiettivo di protezione come compito istituzionale dell'Ente;

b) il Comitato o l'Associazione deve dimostrare di avere consistenza organizzativa, adeguata rappresentatività e collegamento stabile con il territorio ove svolgono l'attività di tutela degli interessi collettivi;

c) il Comitato o la Associazione devono dimostrare di aver svolto la propria attività per le finalità statutarie per un certo arco temporale e non debbono essere stati costituiti al solo scopo di procedere alla impugnazione di singoli atti e provvedimenti (cfr. Cons. St. IV, 22 marzo 2018 n. 1838; Cons. St. V, n. 4928/2014; Cons. St. V, n. 1640/2012)” (Cons. St. IV, n. 3639/2023).

In virtù di tale consolidato orientamento giurisprudenziale sembra quindi che debbano considerarsi privi di legittimazione a prendere parte al dibattito pubblico – oltre ai singoli cittadini – le associazioni e i comitati c.d. “occasionali”.

Invero la partecipazione consentita a un gruppo esteso d'interessati potrebbe agevolare degenerazioni in forme partecipative di massa e quindi pregiudicare l'efficienza del procedimento infrastrutturale. Sul punto il Consiglio di Stato – con indicazioni rese in merito all'art. 22 del d.lgs. n. 50/2016, ma che possono essere attuali anche in relazione alla nuova norma del 2023 – ha osservato che l'assenza di un filtro selettivo alla partecipazione rischia di paralizzare o comunque di rallentare in modo significativo l'adozione della scelta finale, con costi enormi per il “sistema Paese” complessivamente inteso.

Tra il resto, la polverizzazione del dibattito tra un'infinità di voci violerebbe la stessa ratio dello strumento partecipativo che è quella di rafforzare e non già di ostacolare l'azione delle autorità preposte (Cons. St., comm. speciale, n. 855/2016).

D'altronde un'eccessiva estensione dell'applicazione dell'istituto finirebbe con l'attribuire, anche in sede processuale, azioni genericamente ostruzionistiche o semplicemente dissenzienti rispetto alle scelte di governo cittadino. Infatti, l'obiettivo di incidere sulle scelte che riguardano la propria comunità di appartenenza nell'ambito del libero dibattito democratico non può comportare una sorta di non consentita forma di legittimazione processuale straordinaria e generalizzata, priva di base legislativa, nonché in contrasto con la regola sancita dall'art. 81 c.p.c. (Cons. St. V, n. 2841/2021).

Ne deriva che la limitazione dei soggetti legittimati a partecipare al dibattito prevista dal comma 4 dell'art. 40 – seppur possa destare qualche perplessità (v. retro, Scognamiglio) – pare funzionale a bilanciare i due contrapposti interessi che si pongono alla base dello strumento che occupa, ossia:

– da un lato, garantire l'intervento nel procedimento a tutti quei soggetti che siano in grado di fornire un utile apporto alla definizione del progetto delle opere da realizzare;

– e dall'altro, consentire che il progetto sia approvato con la massima celerità possibile.

Alle stazioni appaltanti spetterà il (non semplice) compito di bilanciare concretamente tali posizioni.

La fase conclusiva

Il comma 5 dell'art. 40 del d.lgs. n. 36/2023 stabilisce che il dibattito pubblico deve concludersi entro 120 giorni dalla pubblicazione dell'avviso di avvio della procedura. A tal proposito si evidenzia che l'allegato I.6 stabilisce che tale termine può essere prorogato una sola volta, per la durata massima di due mesi, e soltanto in caso di comprovata e motivata necessità.

Esaurita la fase istruttoria, il dibattito pubblico si conclude con una relazione, redatta dal responsabile della procedura e contenente una sintetica descrizione delle proposte e delle osservazioni pervenute, con l'eventuale indicazione di quelle ritenute meritevoli di accoglimento. Nel rispetto dei princìpi di trasparenza – cui il medesimo dibattito pubblico è espressione – questa relazione conclusiva è pubblicata sul sito istituzionale della stazione appaltante o dell'ente concedente.

Una volta redatta e pubblicata la suddetta relazione, la stazione appaltante è chiamata a valutare gli esiti del dibattito, ivi comprese eventuali proposte di variazione dell'intervento, procedendo ad inserirle nell'elaborazione del successivo livello di progettazione delle opere in questione.

Considerazioni finali

Il dibattito pubblico rappresenta certamente un'opportunità:

– per garantire la massima partecipazione delle comunità locali all'esame e alla discussione dei progetti di opere pubbliche;

– per ridurre il contenzioso legato alle criticità che i progetti di queste opere recano con sé, individuando ex ante le soluzioni progettuali più rispondenti ai fabbisogni delle collettività insediate sul territorio (Grassucci);

– e per accelerare le procedure di approvazione dei progetti delle opere pubbliche.

Considerate le rilevanti finalità sottese allo strumento che ci occupa, è auspicabile che le stazioni appaltanti ricorrano il più possibile al dibattito pubblico e che le varie fasi della procedura si svolgano in modo da combinare al meglio gli interessi e i diritti partecipativi con le esigenze di celerità che – com'è noto – caratterizzano tutte le procedure d'appalto.

Peraltro, non è mancato chi ha segnalato che, sulla base dell'esperienza delle più mature legislazioni europee in materia (il riferimento è, ovviamente, all'ordinamento francese), per poter funzionare e dunque per assolvere in modo efficace alle sue finalità, il dibattito pubblico deve conformarsi necessariamente anche ai princìpi di indipendenza e neutralità.

Per garantire il rispetto di tali princìpi il dibattito pubblico dovrebbe essere indetto, presieduto ed organizzato da un soggetto che si trovi in posizione di piena indipendenza rispetto al governo e rispetto al proponente e che ne assicuri il corretto svolgimento, astenendosi dal prendere posizione sulle alternative progettuali e sulle opinioni espresse. L'indipendenza e la neutralità nella direzione del dibattito rappresentano le condizioni imprescindibili affinché i cittadini possano percepire l'effettiva utilità della loro partecipazione (Scognamiglio).

Dall'analisi dell'art. 40 emerge altresì che la gestione del dibattito pubblico spetta alla stazione appaltante, la quale assume l'iniziativa, cura l'informazione, valuta gli esiti. Sembra quindi che non vi sia una figura indipendente e neutrale a garanzia del rispetto dei princìpi che presiedono al dibattito e la cui osservanza è però essenziale perché questo possa effettivamente coinvolgere le collettività locali e conseguire i suoi obiettivi. Il che potrebbe compromettere l'effettiva utilità del dibattito pubblico o, quantomeno, diminuirne le potenzialità (Scognamiglio).

Occorre quindi attendere i primi riscontri operativi per valutare se la disciplina contenuta nell'art. 40 del d.lgs. n. 36/2023 riuscirà ad esprimere appieno tutte le potenzialità del dibattito pubblico.

Bibliografia

Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2021; Manzetti, Il “dibattito pubblico” nel nuovo codice dei contratti, in Federalismi, 2018; Grassucci, Sub art. 22 d.lgs. n. 50/2016, in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di Caringella, Milano, 2022; Pepe, Il modello della democrazia partecipativa tra aspetti teorici e profili applicativi, Padova, 2020; Posteraro, Grandi opere e partecipazione democratica: alcune riflessioni sul dibattito pubblico italiano “à la française”, in Istituzioni del federalismo, 2020; Scognamiglio, Il nuovo codice dei contratti pubblici: dibattito pubblico: indietro tutta, in apertacontrada.it, 31 gennaio 2023.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario