Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 41 - Livelli e contenuti della progettazione.Codice legge fallimentare Art. 23 Livelli e contenuti della progettazione. 1. La progettazione in materia di lavori pubblici, si articola in due livelli di successivi approfondimenti tecnici: il progetto di fattibilità tecnico-economica e il progetto esecutivo. Essa è volta ad assicurare: a) il soddisfacimento dei fabbisogni della collettività; b) la conformità alle norme ambientali, urbanistiche e di tutela dei beni culturali e paesaggistici, nonché il rispetto di quanto previsto dalla normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza delle costruzioni; c) la rispondenza ai requisiti di qualità architettonica e tecnico-funzionale, nonché il rispetto dei tempi e dei costi previsti; d) il rispetto di tutti i vincoli esistenti, con particolare riguardo a quelli idrogeologici, sismici, archeologici e forestali; e) l'efficientamento energetico e la minimizzazione dell'impiego di risorse materiali non rinnovabili nell'intero ciclo di vita delle opere; f) il rispetto dei principi della sostenibilità economica, territoriale, ambientale e sociale dell'intervento, anche per contrastare il consumo del suolo, incentivando il recupero, il riuso e la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente e dei tessuti urbani; g) la razionalizzazione delle attività di progettazione e delle connesse verifiche attraverso il progressivo uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni di cui all'articolo 43; h) l'accessibilità e l'adattabilità secondo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di barriere architettoniche; i) la compatibilità geologica e geomorfologica dell'opera. 2. L'allegato I.7 definisce i contenuti dei due livelli di progettazione e stabilisce il contenuto minimo del quadro delle necessità e del documento di indirizzo della progettazione che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono predisporre. [In sede di prima applicazione del codice, l'allegato I.7 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.]1 3. L'allegato I.7 stabilisce altresì le prescrizioni per la redazione del documento di indirizzo della progettazione da parte del RUP della stazione appaltante o dell'ente concedente. L'allegato I.7 indica anche i requisiti delle prestazioni che devono essere contenuti nel progetto di fattibilità tecnico-economica. In caso di adozione di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, il documento di indirizzo della progettazione contiene anche il capitolato informativo redatto dal coordinatore dei flussi informativi di cui all'articolo 1, comma 3, dell'allegato I.9 2. 4. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 28, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e ai sensi della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, firmata a La Valletta il 16 gennaio 1992 e ratificata ai sensi della legge 29 aprile 2015, n. 57, per i contratti pubblici di lavori la verifica preventiva dell'interesse archeologico, si svolge con le modalità procedurali di cui all'allegato 1.8. [In sede di prima applicazione del codice, l'allegato I.8 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della cultura, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.] Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico per le opere di loro competenza sulla base di quanto disposto dal predetto allegato 3. 5. La stazione appaltante o l'ente concedente, in funzione della specifica tipologia e dimensione dell'intervento, indica le caratteristiche, i requisiti e gli elaborati progettuali necessari per la definizione di ogni fase della relativa progettazione. Per gli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria può essere omesso il primo livello di progettazione a condizione che il progetto esecutivo contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso. 5-bis. In alternativa a quanto previsto dal comma 5, i contratti di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, ad eccezione degli interventi di manutenzione straordinaria che prevedono il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali delle opere o di impianti, possono essere affidati, nel rispetto delle procedure di scelta del contraente, sulla base del progetto di fattibilità tecnico-economica costituito almeno dagli elaborati di cui all'articolo 6, comma 8-bis dell'allegato I.7. L'esecuzione dei predetti lavori può prescindere dall'avvenuta redazione e approvazione del progetto esecutivo 4. 6. Il progetto di fattibilità tecnico-economica: a) individua, tra più soluzioni possibili, quella che esprime il rapporto migliore tra costi e benefici per la collettività in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e alle prestazioni da fornire; b) contiene i necessari richiami all'eventuale uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni di cui all'articolo 43 5; c) sviluppa, nel rispetto del quadro delle necessità, tutte le indagini e gli studi necessari per la definizione degli aspetti di cui al comma; d) individua le caratteristiche dimensionali, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare, compresa la scelta in merito alla possibile suddivisione in lotti funzionali; e) consente, ove necessario, l'avvio della procedura espropriativa; f) contiene tutti gli elementi necessari per il rilascio delle autorizzazioni e approvazioni prescritte; g) contiene il piano preliminare di manutenzione dell'opera e delle sue parti; g-bis) nei casi di adozione di metodi e strumenti di gestione informativa digitale, recepisce i requisiti informativi sviluppati per il perseguimento degli obiettivi di livello progettuale e definiti nel capitolato informativo allegato al documento di indirizzo della progettazione 6. 7. Per le opere proposte in variante urbanistica di cui all'articolo 19 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, il progetto di fattibilità tecnico-economica sostituisce il progetto preliminare e quello definitivo. 8. Il progetto esecutivo, in coerenza con il progetto di fattibilità tecnico-economica: a) sviluppa un livello di definizione degli elementi tale da individuarne compiutamente la funzione, i requisiti, la qualità e il prezzo di elenco; b) è corredato del piano di manutenzione dell'opera per l'intero ciclo di vita e determina in dettaglio i lavori da realizzare, il loro costo e i loro tempi di realizzazione; c) se sono utilizzati metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, sviluppa un approfondimento del contenuto informativo in coerenza con gli obiettivi del relativo livello di progettazione rispondente a quanto specificato nel capitolato informativo 7; d) di regola, è redatto dallo stesso soggetto che ha predisposto il progetto di fattibilità tecnico-economica. Nel caso in cui motivate ragioni giustifichino l'affidamento disgiunto, il nuovo progettista accetta senza riserve l'attività progettuale svolta in precedenza. 8-bis. In caso di affidamento esterno di uno o più livelli di progettazione, i contratti di progettazione stipulati dalle stazioni appaltanti ed enti concedenti prevedono in clausole espresse le prestazioni reintegrative a cui è tenuto, a titolo transattivo, il progettista per rimediare in forma specifica ad errori od omissioni nella progettazione emerse in fase esecutiva, tali da pregiudicare, in tutto o in parte, la realizzazione dell'opera o la sua futura utilizzazione. È nullo ogni patto che escluda o limiti la responsabilità del progettista per errori o omissioni nella progettazione che pregiudichino, in tutto o in parte, la realizzazione dell'opera o la sua futura utilizzazione 8. 9. In caso di affidamento esterno di entrambi i livelli di progettazione, l'avvio della progettazione esecutiva è condizionato alla determinazione delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti sul progetto di fattibilità tecnico-economica. In sede di verifica della coerenza tra le varie fasi della progettazione, si applica quanto previsto dall'articolo 42, comma 1. 10. Gli oneri della progettazione, delle indagini, delle ricerche e degli studi connessi, compresi quelli relativi al dibattito pubblico, nonché della direzione dei lavori, della vigilanza, dei collaudi, delle prove e dei controlli sui prodotti e materiali, della redazione dei piani di sicurezza e di coordinamento, delle prestazioni professionali e specialistiche, necessari per la redazione del progetto, gravano sulle disponibilità finanziarie della stazione appaltante o dell'ente concedente e sono inclusi nel quadro economico dell'intervento. 11. Le spese strumentali, dovute anche a sopralluoghi, riguardanti le attività di predisposizione del piano generale degli interventi del sistema accentrato delle manutenzioni, di cui all'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono a carico delle risorse iscritte sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, trasferite all'Agenzia del demanio. 12. La progettazione di servizi e forniture è articolata in un unico livello ed è predisposta dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti mediante propri dipendenti in servizio. L'allegato I.7 definisce i contenuti minimi del progetto. 13. Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo medio del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, tenuto conto della dimensione o natura giuridica delle imprese, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo medio del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più affine a quello preso in considerazione. Per i contratti relativi a lavori, il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato facendo riferimento ai prezzi correnti alla data dell'approvazione del progetto riportati nei prezzari aggiornati predisposti annualmente dalle regioni e dalle province autonome o adottati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti che, in base alla natura e all'oggetto dell'appalto, sono espressamente autorizzati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a non applicare quelli regionali. I criteri di formazione ed aggiornamento dei prezzari regionali sono definiti nell'allegato I.14. [In sede di prima applicazione del presente codice, l'allegato I.14 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), nonché previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.] In mancanza di prezzari aggiornati, il costo è determinato facendo riferimento ai listini ufficiali o ai listini delle locali camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura oppure, in difetto, ai prezzi correnti di mercato in base al luogo di effettuazione degli interventi 9. 14. Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l'ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall'importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l'operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell'importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale. 15. Nell'allegato I.13 sono stabilite le modalità di determinazione dei corrispettivi per le fasi progettuali da porre a base degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, commisurati al livello qualitativo delle prestazioni e delle attività relative alla progettazione di fattibilità tecnica ed economica ed esecutiva di lavori, al coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, alla direzione dei lavori, alla direzione di esecuzione, al coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, al collaudo, agli incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile del procedimento e del dirigente competente alla programmazione dei lavori pubblici. [I predetti corrispettivi sono utilizzati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti ai fini dell'individuazione dell'importo da porre a base di gara dell'affidamento.] [In sede di prima applicazione del presente codice, l'allegato I.13 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice]10. 15-bis. In attuazione degli articoli 1, comma 2, primo periodo, e 8, comma 2, secondo periodo, i corrispettivi determinati secondo le modalità dell'allegato I.13 sono utilizzati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti ai fini dell'individuazione dell'importo da porre a base di gara per gli affidamenti di cui all'articolo 108, comma 2, lettera b), comprensivo dei compensi, nonché delle spese e degli oneri accessori, fissi e variabili. Le stazioni appaltanti procedono all'aggiudicazione dei predetti contratti sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo nel rispetto dei seguenti criteri: a) per il 65 per cento dell'importo determinato ai sensi del primo periodo, l'elemento relativo al prezzo assume la forma di un prezzo fisso, secondo quanto previsto dall'articolo 108, comma 5; b) il restante 35 per cento dell'importo da porre a base di gara può essere assoggettato a ribasso in sede di presentazione delle offerte. La stazione appaltante definisce il punteggio relativo all'offerta economica secondo i metodi di calcolo di cui all'articolo 2-bis dell'allegato I.13 e stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico, entro il limite del 30 per cento 11. 15-ter. Restano ferme le disposizioni in materia di esclusione delle offerte anomale di cui all'articolo 54, comma 1, terzo periodo 12. 15-quater. Per i contratti dei servizi di ingegneria e di architettura affidati ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera b), i corrispettivi determinati secondo le modalità dell'allegato I.13 possono essere ridotti in percentuale non superiore al 20 per cento 13. [1] Comma modificato dall'articolo 72, comma 2, lettera f), numero 1), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [2] Comma modificato dall'articolo 14, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [3] Comma modificato dagli articoli 14, comma 1, lettera b) e 72, comma 2, lettera f), numero 1), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [4] Comma inserito dall'articolo 14, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [5] Lettera modificata dall'articolo 14, comma 1, lettera d), numero 1), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [6] Lettera aggiunta dall'articolo 14, comma 1, lettera d), numero 2), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [7] Lettera sostituita dall'articolo 14, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [8] Comma inserito dall'articolo 14, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [9] Comma modificato dagli articoli 14, comma 1, lettera g) e 72, comma 2, lettera f), numero 3), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [10] Comma modificato dagli articoli 14, comma 1, lettera h) e 72, comma 2, lettera f), numero 4), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [11] Comma aggiunto dall'articolo 14, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [12] Comma aggiunto dall'articolo 14, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [13] Comma aggiunto dall'articolo 14, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. InquadramentoLa Parte IV del Libro I del d.lgs. n. 36/2023 si compone di sette articoli (dall'art. 41 al 47) ed è interamente dedicata alla “progettazione”. Si tratta di una tematica fondamentale all'interno del codice dei contratti pubblici, in quanto l'attività di progettazione rappresenta – oggi ancora più di ieri – una fase centrale e prodromica per ogni appalto pubblico, soprattutto nell'ambito degli affidamenti di lavori (Caringella, Giustiniani, Mantini, 395. Per Greco è ormai acquisita la consapevolezza del legislatore della centralità del progetto, quale momento nel quale tutti i molteplici interessi pubblici e privati coinvolti nella realizzazione dell'opera pubblica trovano selezione e sintesi, traducendosi nel documento rappresentativo delle sue caratteristiche essenziali, del suo rapporto con il territorio e il contesto in cui s'inserisce nonché delle modalità tecniche con cui verrà realizzata). Infatti, la completezza delle indagini preventive, lo studio e l'affidamento delle verifiche necessarie, nonché la corretta e dettagliata elaborazione progettuale preventiva: – per un verso consentono di compiere un'adeguata programmazione e l'effettuazione di scelte ponderate; – per altro verso, riducono la necessità di ricorrere all'uso di varianti in corso d'opera, con conseguente contenimento della spesa pubblica (che invece, proprio per effetto di uno smisurato ricorso alle medesime varianti, sforerebbe i parametri e i limiti originariamente preventivati); – e, per un altro verso ancora, permettono il controllo dell'esecuzione dei lavori, limitando anche il rischio di una successiva incompletezza dell'opera da realizzare (Grassucci). Proprio per via di questa centralità ordinamentale, la fase della progettazione è stata oggetto di un “crescendo normativo” iniziato con la legge Merloni n. 109/1994, proseguito con il codice nel 2006 (il cui completamento si è avuto con la disciplina attuativa del d.P.R. n. 207/2010) e culminato nel d.lgs. n. 50/2016 (v. gli artt. 23-27), come modificato e integrato dal decreto correttivo n. 56/2017 (Caringella, Giustiniani, Mantini, 396; Greco). Più nel dettaglio – seppure in estrema sintesi – già con l'art. 93 del d.lgs. n. 163/2006 (rubricato “livelli di progettazione per gli appalti e per le concessioni di lavori”) e con le relative disposizioni attuative (v. gli artt. 17-43 del Regolamento di cui al d.P.R. n. 207/2010), si è avuta una compiuta specificazione delle funzioni, dei contenuti e degli elementi essenziali delle tre fasi progettuali, ferma restando la possibilità per la stazione appaltante di precisare caratteristiche, requisiti ed elaborati progettuali necessari per la definizione di ogni fase della progettazione in relazione alla tipologia e alla dimensione dell'intervento. A livello comunitario, invece, la progettazione tradizionalmente occupava uno spazio diverso rispetto a quello nazionale, nel senso che essa rilevava come procedura di affidamento di servizi intellettuali e quindi ai fini della tutela della concorrenza, con libertà degli Stati membri di affidarla in house. Di recente, però, dall'interpretazione del considerando 2 della Direttiva 2014/24/UE, riferito alla crescita dell'efficienza della spesa pubblica attraverso la facilitazione della partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, emerge un nuovo significativo approccio del legislatore eurounitario finalizzato non solo ad assicurare la libera concorrenza tra gli operatori economici in tale settore, ma anche a far sì che gli appalti pubblici siano funzionali agli obiettivi di crescita dettati dalla strategia, finalità alla quale non può sottrarsi la progettazione (Cresta, 1216 e seguenti). Sulla base di tali indicazioni, nell'ambito dell'attività legislativa finalizzata al recepimento, da parte dell'Italia, delle Direttive del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, n. 2014/23/UE, n. 2014/24/UE e n. 2014/25/UE, la valorizzazione della fase progettuale è stata posta tra gli obiettivi della legge delega n. 118/2016 (precisamente, l'obiettivo posto al legislatore è stato quello di perseguire la “valorizzazione della fase progettuale negli appalti pubblici e nei contratti di concessione di lavori, promuovendo la qualità architettonica e tecnico-funzionale, anche attraverso lo strumento dei concorsi di progettazione e il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione elettronica e informati v a per l'edilizia e le infrastrutture, limitando radicalmente il ricorso all'appalto integrato, tenendo conto in particolare del contenuto innovativo o tecnologico delle opere oggetto dell'appalto o della concessione in rapporto al valore complessivo dei lavori e prevedendo di nonna la messa a gara del progetto esecutivo; esclusione dell'affidamento dei lavori sulla base della sola progettazione di livello preliminare, nonché, con riferimento all'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e di tutti i servizi di natura tecnica, del ricorso al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d'asta”: v. l'art. 1, comma 1, lett. oo, della citata legge delega n. 118/2016). A ciò è seguita – com'è noto – l'emanazione del d.lgs. n. 50/2016. Qui la centralità della progettazione ha trovato riscontro in numerosi istituti, quali la tripartizione dei livelli di progettazione, la continuità nello sviluppo degli stessi, la qualificazione dei soggetti a cui la progettazione può essere affidata, la piena fungibilità tra progettazione interna ed esterna all'Amministrazione, la generale separazione tra la progettazione e l'esecuzione delle opere, l'utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa per affidare i servizi di progettazione, il sistema delle garanzie, le verifiche e la validazione dei progetti, nonché i concorsi di progettazione e di idee. Si era così venuta a creare una situazione in cui la disciplina della progettazione dei lavori pubblici derivava da una pluralità di norme, ricomprese in fonti di natura estremamente variegata, nemmeno del tutto definite. Difatti, accanto alle norme del codice dei contratti pubblici del 2016 (come modificate e integrate dal decreto correttivo n. 56/2017), mantenevano efficacia alcune prescrizioni del d.P.R. n. 207/2010 (in virtù del regime transitorio dettato dall'art. 216 del d.lgs. n. 50/2016). Inoltre la fase della progettazione è stata oggetto di regolamentazione da parte dell'ANAC con le Linee Guida n. 1 (emanate con la delibera del Consiglio dell'Autorità n. 973/2016, aggiornate da ultimo con la delibera del Consiglio dell'Autorità n. 417/2019), del Regolamento sui “requisiti degli operatori economici per l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria” approvato con il decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili n. 263/2016, nonché delle “Tabelle dei corrispettivi” per le prestazioni di progettazione approvate con il decreto del Ministero della giustizia del 17 giugno 2016. Infine va ricordata la bozza di “regolamento unico” voluta dal comma 27-octies dell'art. 216, d.lgs. n. 50/2016 come introdotto dal d.l. n. 32/2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 55/2019 (c.d. “sblocca cantieri”), mai entrata in vigore a causa del sopravvenire dell'emergenza pandemica e del successivo mutamento delle priorità normative imposto dal PNRR (Greco). In questo contesto s'inserisce l'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023 (corrispondente – ma con significative modificazioni – all'art. 23 del d.lgs. 50/2016), che reca la disciplina dei livelli e dei contenuti della progettazione e costituisce la disposizione di apertura della suddetta Parte IV del nuovo codice. Per quanto ora rileva, questo articolo attua una significativa revisione della disciplina del codice del 2016, con lo scopo di semplificarne i contenuti, rinviando agli allegati per gli aspetti di carattere più prettamente tecnico e operativo. Qui di seguito le principali innovazioni apportate dalla novella del 2023. i ) Innanzitutto nel nuovo codicesi passa dagli attuali tre livelli di progettazione (consistenti nel progetto di fattibilità tecnica ed economica, nel progetto definitivo e del progetto esecutivo) a due soli livelli di successivi approfondimenti tecnici, costituiti dal progetto di fattibilità tecnica ed economica e dal progetto esecutivo, specificando gli scopi della progettazione (v. il comma 1 dell'art. 41). Tale soluzione costituisce attuazione del criterio direttivo previsto dall'art. 1, comma 2, lett. q), della legge delega n. 78/2022, finalizzato alla “semplificazione delle procedure relative alla fase di approvazione dei progetti in materia di opere pubbliche, anche attraverso la ridefinizione dei livelli di progettazione ai fini di una loro riduzione, lo snellimento delle procedure di verifica e validazione dei progetti e la razionalizzazione della composizione e dell'attività del Consiglio superiore dei lavori pubblici”. Nella stesura finale dell'articolo si è anche precisato, alla lett. i), che la progettazione in materia di lavori pubblici è volta ad assicurare, tra l'altro, la compatibilità geologica e geomorfologica dell'opera, al fine di innalzare i livelli di qualità della progettazione. In concreto, tale riduzione dei livelli di progettazione si attua con la previsione – parzialmente sovrapponibile a quella dell'art. 23, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 – che attribuisce alla stazione appaltante o all'ente concedente, in funzione della specifica tipologia e dimensione dell'intervento, il compito di indicare le caratteristiche, i requisiti e gli elaborati progettuali necessari per la definizione di ogni fase della relativa progettazione. Si specifica inoltre, sempre in ottica semplificatoria, che per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria può essere omessa la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica, a condizione che il progetto esecutivo contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso (v. il comma 5 dell'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023). ii ) Nei commi 2 e 3 si prevede che in un apposito allegato al nuovo codice (l'allegato I.7), avente natura regolamentare, vengono definiti il contenuto minimo del quadro delle necessità (c.d. quadro esigenziale: Grassucci) e del documento di indirizzo della progettazione che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono predisporre, nonché i requisiti delle prestazioni che devono essere- previsti nel progetto di fattibilità tecnico-economica, in coerenza con il principio del risultato. Si precisa inoltre che qualora vengano impiegati metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, il documento di indirizzo della progettazione deve contenere pure il capitolato informativo. iii ) Con il comma 4 viene introdotta nel codice la disciplina relativa alla archeologia preventiva (già contenuta nell'art. 25 del d.lgs. n. 50/2016), richiesta dalla Convenzione europea per la tutela del patrimonio archeologico, elaborata in seno al Consiglio d'Europa, firmata a La Valletta il 16 gennaio 1992 e ratificata dall'Italia con la l. n. 57/2015 (Greco, afferma che l'archeologia preventiva è da ritenersi contenuto irrinunciabile della legislazione di settore). Si è ritenuto, in linea con l'impostazione dell'intero d.lgs. n. 36/2023, di richiamare nella norma primaria l'istituto attraverso un rinvio alla disciplina di dettaglio contenuta nell'allegato I.8, che tratta i profili procedurali, i contenuti della verifica e gli ulteriori elementi che attualmente figurano nel sopra indicato art. 25 e nelle relative disposizioni di attuazione (per una disamina puntuale di queste tematiche si rimanda al commento del citato allegato). iv ) Al comma 6 dell'art. 41 vengono riportati puntualmente le finalità e il contenuto del progetto di fattibilità tecnico-economica, con l'indicazione dei criteri da osservare per la relativa redazione. v ) Il comma 7 risponde anch'esso a scopi di semplificazione, specificando che per le opere in variante urbanistica ex art. 19 del d.P.R. n. 327/2001 il progetto di fattibilità tecnico-economica sostituisce sia il progetto preliminare, sia quello definitivo. vi ) Il comma 8 indica il contenuto del progetto esecutivo e dei necessari documenti a corredo. Si chiarisce, recuperando taluni elementi del previgente codice del 2016 (peraltro modificati nella formulazione espositiva), che alla relativa redazione provvede, di regola, lo stesso soggetto che ha approntato il progetto di fattibilità tecnico-economica. Questa scelta – come si legge nella relazione illustrativa – è riconducibile a “evidenti ragioni connesse alle garanzie di coerenza e speditezza”. L'affidamento disgiunto delle due ipotesi progettuali (di fattibilità tecnico-economica ed esecutivo) non è comunque precluso in linea assoluta; s'impone però di esplicitare le ragioni per le quali si rende necessario derogare alla regola generale, nonché di acquisire l'accettazione, da parte del nuovo progettista, senza riserve, dell'attività progettuale svolta in precedenza. Si precisa che l'accettazione senza riserve dell'attività progettuale svolta in precedenza è funzionale a garantire la piena operatività dell'istituto dell'appalto integrato. Diversamente, la ratio di accelerazione nello svolgimento delle procedure verrebbe compromessa. vii ) In sostituzione del comma 11 dell'art. 23 del d.lgs. n. 50/2016, il comma 9 dell'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023 contiene una specificazione per il caso in cui entrambi i livelli di progettazione costituiscano oggetto di affidamento esterno. In questa ipotesi il nuovo codice stabilisce che l'avvio della progettazione esecutiva è condizionato alla determinazione delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti sul progetto di fattibilità tecnico-economica; inoltre, anche in tale ipotesi, ai fini della verifica di coerenza tra le varie fasi (rispondenza del progetto alle esigenze espresse nel documento d'indirizzo; conformità alla normativa vigente), trova applicazione l'art. 42, comma 1, concernente la progettazione dei lavori (per approfondimenti, v. l'apposito commento). viii ) Per contro, non costituisce una novità sostanziale la regolamentazione economica degli oneri correlati a tutte le attività rilevanti ai nostri fini. Il comma 10 si pone infatti in continuità con le analoghe previsioni del codice del 2016 e con lo scopo di garantire equilibrio ed efficienza nella gestione, prevedendo che gli oneri correlati a tutte le attività specificamente indicate gravano sulle disponibilità finanziarie della stazione appaltante o dell'ente concedente. Quel che cambia è peraltro la formulazione testuale della disposizione, che razionalizza e meglio esprime il contenuto della precedente. Sempre per esigenze di chiarezza, e a scanso di equivoci, il testo finale precisa che i predetti oneri sono inclusi nel quadro economico dell'intervento per esigenze di organicità e completezza. ix ) Al nuovo comma 14 si prevede che nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l'ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera e che essi – al pari dei costi della sicurezza – devono essere scorporati dall'importo assoggettato al ribasso, ferma restando la possibilità per l'operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell'importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale. La relazione illustrativa chiarisce che il riferimento allo scomputo dei costi della manodopera e della sicurezza dall'importo assoggettato al ribasso mira a garantire un adeguato livello di tutela dei lavoratori, in esecuzione dei princìpi della legge delega n. 78/2022. x ) Infine è stato inserito il comma 15, che consente alle stazioni appaltanti di individuare l'importo da porre a base di gara per l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria ed altri servizi tecnici sulla base di un apposito allegato (il n. I.13: v. il relativo commento), all'interno del quale siano recepite le tabelle aggiornate dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni e delle attività richieste, in ossequio ai principi dell'equo compenso e del libero accesso al mercato concorrenziale. Si segnala che tali prestazioni non possono essere rese gratuitamente, in quanto il divieto di prestazioni d'opera intellettuale a titolo gratuito è già sancito dall'articolo 8 del nuovo codice (v. il pertinente commento). Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)Il Decreto correttivo al Codice ha apportato diverse modifiche all'articolo 41, ri- guardante i livelli e i contenuti della progettazione. Tra le principali novità si segnala quella in tema di affidamento dei lavori di manutenzione, dove è stata introdotta la possibilità per le stazioni appaltanti di affidare lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, esclusi quelli che prevedono il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali o impianti, basandosi sul solo progetto di fattibilità tecnico-economica, senza necessità di un progetto esecutivo. Altra modifica riguarda i corrispettivi per i servizi di ingegneria e architettura, essendo stato aggiunto il comma 15-bis, che stabilisce che, negli affidamenti di tali servizi, il 65% dell'importo a base di gara sia fisso, mentre il restante 35% può essere soggetto a ribasso, con un punteggio economico massimo del 30%. Per gli affidamenti diretti, i corrispettivi possono essere ridotti fino a un massimo del 20%. Queste modifiche mirano a semplificare le procedure per i lavori di manutenzione e a garantire un equo compenso per i professionisti coinvolti nei servizi di ingegneria e architettura. I livelli e i contenuti delle progettazioni: la nuova norma “ai raggi X”Come si è detto nel paragrafo precedente, l'art. 41 del nuovo codice reca la disciplina dei livelli e dei contenuti della progettazione, miscelando novità e conferme rispetto al previgente codice del 2016. Nel dettaglio, la norma si occupa: – dal comma 1 all'11, della progettazione dei lavori pubblici; – al comma 12, della progettazione di servizi e forniture; – al comma 13, della determinazione del costo del lavoro (inteso quale summa delle spese per manodopera, prodotti, lavorazioni e attrezzature); – e, al comma 14, dell'individuazione dell'importo a base d'asta (tanto per i lavori, quanto per i servizi e le forniture). Nei punti che seguono si tratteranno gli aspetti principali della novella, organizzandoli in modo sistematico mediante una trattazione ragionata che si fonda sulla suddivisione dei temi per argomenti correlati. I livelli e le finalità della progettazione (il comma 1) Per progetto dell'opera s'intende l'insieme dei disegni rappresentativi e dei relativi elaborati complementari che definiscono la natura, la forma, le dimensioni, la struttura e le caratteristiche dell'opera da eseguire, nonché le modalità tecniche della sua costruzione (Cianflone, Giovannini, Lopilato; Grassucci). Secondo quanto ripetutamente affermato dall'Autorità di vigilanza (ora ANAC), l'attività di progettazione e il progetto, che di essa è il risultato, assumono nell'ordinamento dei lavori pubblici un'importanza e una centralità assolutamente primaria, sia che si tratti di lavori “ordinari”, sia che si tratti di grandi infrastrutture o di lavori aventi ad oggetto i beni culturali. Il progetto comporta infatti elevati riflessi sotto molteplici profili: influenza il contenuto del bando di gara, la qualificazione dei concorrenti, i soggetti affidatari dei servizi di ingegneria, i sistemi di realizzazione dei lavori pubblici e di scelta del contraente, i criteri di aggiudicazione, la composizione dei seggi di gara e delle commissioni giudicatrici, le varianti, il contenzioso nella fase esecutiva, i piani di sicurezza e il subappalto. Da un progetto redatto correttamente dipende in gran parte l'esito positivo della realizzazione degli interventi programmati (AVCP, determina 31 gennaio 2001, n. 4; AVCP, determina 23 novembre 2005, n. 9). Tanto precisato in chiave ricostruttiva, il comma 1 dell'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023 si occupa della progettazione in materia di lavori pubblici e prevede innanzitutto che essa si articola – non più in tre, ma – in due livelli di successivi approfondimenti tecnici: – il progetto di fattibilità tecnico-economica; – il progetto esecutivo. Ciò è frutto (tra il resto) dell'obbligo di rispettare le tempistiche imposte dai finanziamenti PNRR e in ogni caso costituisce una rilevante novità rispetto al d.lgs. n. 50/2016, il quale all'art. 23 prevedeva che la progettazione si articolasse (appunto) in tre livelli, incluso il progetto definitivo, ora non più presente (per Greco ciò costituisce una tra le principali innovazioni in cui si esplica l'intento semplificatorio del d.lgs. n. 36/2023). Nell'intenzione del legislatore la nuova scelta dovrebbe snellire e ridurre le tempistiche dell'iter di approvazione dei progetti, dal momento che i soli due livelli di progettazione tenderebbero ad “assicurare” il perseguimento di specifiche finalità indicate nel prosieguo del comma in commento (sempre Greco rileva che questa è la “sfida” fondamentale su cui potrà essere apprezzato il perseguimento o meno degli obiettivi di recupero di efficienza e speditezza del sistema nel suo complesso, che costituiscono il core business degli impegni assunti con il PNRR in relazione al settore dei contratti pubblici). La novella è intervenuta sull'ossatura del prima comma del vecchio art. 23 del d.lgs. n. 50/2016, apportandovi alcune modifiche. Nel dettaglio, la progettazione mira: a ) al soddisfacimento dei fabbisogni della collettività; b ) alla conformità alle norme ambientali, urbanistiche e di tutela dei beni culturali e paesaggistici, nonché al rispetto di quanto previsto dalla normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza delle costruzioni; c ) alla rispondenza ai requisiti di qualità architettonica e tecnico-funzionale, nonché al rispetto dei tempi e dei costi previsti; d ) al rispetto di tutti i vincoli esistenti, con particolare riguardo a quelli idrogeologici, sismici, archeologici e forestali. Nel nuovo testo viene eliminata la chiosa “nonché degli altri vincoli esistenti”, presente nell'art. 23 del d.lgs. n. 50/2016 a seguito del parere espresso dal Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo recante il vecchio codice del 2016, approvato dall'Adunanza dell'allora Commissione speciale del 21 marzo 2016 (Caringella, Giustiniani, Mantini). Si tratta di una sorta di “ritorno al passato”, e precisamente alla più generica formulazione prevista dall'art. 93 del d.lgs. n. 163/2006, che tuttavia viene puntellata dall'elencazione espressa dei vincoli a cui ora si presta particolare attenzione; e ) all'efficientamento energetico e alla minimizzazione dell'impiego di risorse materiali non rinnovabili nell'intero ciclo di vita delle opere; f ) al rispetto dei princìpi della sostenibilità economica, territoriale, ambientale e sociale dell'intervento, anche per contrastare il consumo del suolo, incentivando il recupero, il riuso e la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente e dei tessuti urbani; g ) alla razionalizzazione delle attività di progettazione e delle connesse verifiche attraverso il progressivo uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni ex art. 43; h ) all'accessibilità e all'adattabilità secondo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di barriere architettoniche. I medesimi obiettivi appena richiamati vengono di regola perseguiti attraverso le suddette fasi (si ripete: prima tre, ora due) della progettazione, nell'ambito delle quali la stazione appaltante – in rapporto alla specifica tipologia e alla dimensione dell'intervento – indica le caratteristiche, i requisiti e gli elaborati progettuali necessari per la definizione della singola fase (Caringella, Giustiniani, Mantini, 400). La trasversalità dei citati obiettivi – che travalicano il tradizionale ambito delle attività di natura tecnico-architettonica per arrivare a includere la valutazione di aspetti che hanno rilevanza economica (risparmio energetico) o urbanistica (consumo del suolo) e financo sociologica (fabbisogni della collettività) – nonché la loro particolare articolazione e complessità concorrono a delineare ulteriormente, laddove mai ve ne fosse bisogno, il ruolo che assume la progettazione nell'ambito della procedura di affidamento (Grassucci). In relazione a tale nuova impostazione del Codice gli stakeholder hanno tuttavia sollevato alcune perplessità e mosso critiche (Carpineti). In particolare: – già nel 2022, l'ANAC aveva chiarito che “quando la Stazione Appaltante omette livelli di progettazione, non sopprime gli stessi, ma li unifica al livello successivo che, come espressamente prescritto dal comma 4 dell'articolo 23 [oggi abrogato e non più riproposto: n.d.r.], deve contenere tutti gli elementi previsti per il livello omesso, al fine di salvaguardare la qualità della progettazione” (v. il comunicato del Presidente dell'11 maggio 2022). Sicché, a fronte della riduzione (da tre a due) dei livelli di progettazione si ritiene comunque necessario che venga mantenuto il dettaglio prescritto da ciascun livello per tutelare la buona realizzazione dell'opera (Carpineti); – e anche la Consulta regionale lombarda degli Ordini degli Architetti, in un comunicato reso pubblico sul proprio sito (ordinearchitetti.mi.it), ha sottolineato che “la progettazione di qualità deve essere la base imprescindibile”. Invero, secondo l'Associazione di Categoria milanese, “la riorganizzazione degli attuali tre livelli di progettazione in due consistenti solo nel progetto di fattibilità tecnico-economica, che ricomprende anche le fasi autorizzative, e nel progetto esecutivo” è da considerarsi punto critico. E, sempre secondo l'Associazione, “oltre a una necessaria cautela nel riequilibrare fra professionista e Stazione Appaltante i compiti e le responsabilità della linea progettuale nel suo complesso, sarà indispensabile anche aggiornare il decreto parametri”. I contenuti della progettazione (commi 2, 3 e 5, nonché all. I.7) Il comma 2 rinvia all'allegato I.7: – la definizione dei contenuti dei due livelli di progettazione; – il compito di fissare il contenuto minimo del quadro delle necessità e del documento di indirizzo della progettazione che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono predisporre. Ma attenzione: a regime (cioè in sede di prima applicazione del codice) è prevista l'abrogazione dell'all. I.7 a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento ministerialeche lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice. A sua volta, il comma 3 rinvia all'allegato I.7 anche per la definizione: – delle prescrizioni per la redazione del documento di indirizzo della progettazione da parte del RUP della stazione appaltante o dell'ente concedente. In caso di adozione di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, il documento di indirizzo della progettazione contiene anche il capitolato informativo; – dei requisiti delle prestazioni che devono essere contenuti nel progetto di fattibilità tecnico-economica. Appare per il vero singolare la tecnica redazionale per cui la disposta abrogazione dell'all. I.7 è prevista dal comma 2 dell'articolo in esame e il comma 3 dello stesso art. 41 ritorna comunque a trattare gli ambiti del medesimo allegato. Ad ogni modo, per una compiuta e approfondita disamina del richiamato all. I.7 si rinvia all'apposito commento. Infine il comma 5 attribuisce alla stazione appaltante o all'ente concedente, in funzione della specifica tipologia e dimensione dell'intervento, il compito di indicare le caratteristiche, i requisiti e gli elaborati progettuali necessari per la definizione di ogni fase della relativa progettazione (il che costituisce una conferma dell'impianto del codice del 2016 e un'innovazione rispetto al precedente codice del 2006, che assegnava questa facoltà al RUP). Viene inoltre previsto che per gli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria può essere omesso il primo livello di progettazione a condizione che il progetto esecutivo contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso. Si tratta di una possibilità mutuata dal codice previgente (laddove peraltro essa era istituita in linea generale e non limitata, come ora, ai soli interventi manutentivi). È scomparsa, invece, la previsione del comma 3-bis del previgente articolo 23, introdotto dal d.l. n. 32/2019, che demandava ad apposito regolamento ministeriale la disciplina di una “progettazione semplificata” per i soli interventi di manutenzione ordinaria di importo fino a 2.500.000,00 euro (Greco). La verifica preventiva dell'interesse archeologico (comma 4 e all. I.8) Significativi profili di semplificazione caratterizzano anche la nuova disciplina della verifica preventiva dell'interesse archeologico. Nel dettaglio, il comma 4 dell'art. 41 dispone che la verifica preventiva dell'interesse archeologico nei casi previsti dall'art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e ai sensi della Convenzione europea per la tutela del patrimonio archeologico, firmata a La Valletta il 16 gennaio 1992 e ratificata con la l. n. 57/2015, è interamente rimessa a un allegato, in quanto si svolge con le modalità procedurali fissate dall'allegato I.8 (al cui commento si rinvia. Ad ogni modo si anticipa che anche in questo caso è previsto che in sede di prima applicazione del codice l'all. I.8 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento ministeriale ai sensi dell'art. 17, comma 3, della l. n. 400/1988, adottato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della cultura, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice). A sua volta, il citato art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004 stabilisce che in caso di realizzazione di lavori pubblici ricadenti in aree di interesse archeologico, anche quando per esse non siano intervenute la verifica dell'interesse culturale (art. 12, comma 2), o la dichiarazione dell'interesse culturale (art. 13), il soprintendente può richiedere l'esecuzione di saggi archeologici preventivi sulle aree medesime a spese del committente. Per completezza si segnala che la richiamata Convenzione europea per la tutela del patrimonio archeologico ha lo scopo “di rivedere il patrimonio archeologico in quanto fonte della memoria collettiva europea e strumento di studio storico e scientifico” (così l'art. 1). A mente dell'art. 1, commi 2 e 3, di questa Convenzione, sono considerati come elementi del patrimonio archeologico “tutti i vestigi, beni ed altre tracce dell'esistenza dell'umanità nel passato”, e “sono incluse nel patrimonio archeologico le strutture, le costruzioni, gli insiemi architettonici, i siti già oggetto di un riassetto, le testimonianze mobili, i monumenti di altra natura nonché il loro contesto, a prescindere se sono situati nel suolo o sotto le acque”. L'ultimo periodo del comma in esame demanda altresì alle regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano il compito di disciplinare la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico per le opere di loro competenza sulla base di quanto disposto dall'all. I.8. I due livelli di successivi approfondimenti tecnici Passiamo ora a trattare quello che, indubbiamente, costituisce il principale aspetto d'innovazione del nuovo codice rispetto alla previgente impostazione: il (già più volte ricordato) passaggio da tre a due livelli di progettazione. Iniziamo col dire che questi “livelli” rappresentano un'articolazione di successivi approfondimenti tecnici, con suddivisione di contenuti che tra loro interagiscono e si sviluppano, senza soluzione di continuità: progetto di fattibilità tecnica ed economica e progetto esecutivo (Grassucci). In altre parole, detti livelli costituiscono – di fatto – una suddivisione di contenuti che interagiscono tra di loro e che si sviluppano con continuità (T.A.R. Lazio (Roma) III-bis, n. 7377/2023). Vediamoli nel dettaglio. Il primo livello: il progetto di fattibilità tecnico-economica (commi 6 e 7) Il progetto di fattibilità tecnica ed economica: – costituisce ora il primo livello della progettazione; – è il trait d'union tra la fase di programmazione e quella di progettazione (Grassucci); – e ha la precipua funzione di individuare la soluzione che, rispetto ad altre che devono essere pure contemplate e indicate, presenta il migliore rapporto tra costi e benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e alle prestazioni da fornire (Caringella, Giustiniani, Mantini, 404). È quindi nel progetto di fattibilità tecnica ed economica che vannodefinite le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire. Esso si articola in una relazione illustrativa e comparativa delle ragioni della scelta della soluzione prospettata in base alle valutazioni delle diverse soluzioni possibili in termini di costi e benefici per la collettività (Cons. St., parere n. 855/2016). È nel progetto di fattibilità, allora, che deve enuclearsi la prospettiva dell'“accettazione sociale dell'opera”, poiché lì è trasfusa l'esigenza collettiva dell'opera stessa e il contemperamento degli interessi cittadini coinvolti (T.A.R. Lazio (Roma) III-bis, n. 7377/2023). In ragione di ciò, e atteso che il compito principale del progetto di fattibilità tecnico-economica è d'individuare, in concreto, una soluzione di interesse della collettività in base alle esigenze da soddisfare, v'è stato chi ha ritenuto che il medesimo progetto di fattibilità tecnico-economica potesse essere qualificato – almeno parzialmente – come un atto di indirizzo politico-amministrativo (Colasurdo). Operativamente, in questa prima fase (una volta definita “preliminare”) il progettista fa una ricognizione delle necessità del committente, compara le possibilità alternative mettendone in luce pro e contro in ottica concorrenziale, e sviluppa, nel rispetto del quadro esigenziale, tutte le indagini e gli studi necessari per la definizione delle finalità a cui tende la fase in questione. Tali compiti – che erano già propri dello studio di fattibilità previsto dal codice del 2006 e che sono stati riproposti nel d.lgs. n. 50/2016 (che ha riconosciuto al progetto di fattibilità una rilevanza maggiore, derivante dal fatto che esso è stato posto a fondamento dell'intera progettazione) – sono infine stati trasfusi nell'art. 41, comma 6, del d.lgs. n. 36/2023. In sostanza, oggi si assiste al definitivo rafforzamento del primo livello di progettazione, il quale comprende una serie di verifiche dapprima rimesse alle successive fasi dei progetti, definitivo ed esecutivo, con la finalità di garantire la qualità della progettazione, il rispetto delle stime di costo effettuate e, in via generale, la rispondenza e coerenza rispetto alle finalità perseguite (Caringella, Giustiniani, Mantini). Tanto chiarito in linea generale, nello specifico si osserva che dal raffronto tra l'art. 23, commi 5 e 5-bis, del d.lgs. n. 50/2016 e l'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023 emergono plurimi profili (abbastanza) innovativi dell'ultima riforma del codice dei contratti. Per quanto qui rileva, al comma 6 dell'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023 si dettagliano le finalità e il contenuto del progetto di fattibilità tecnico-econo- mica, il quale – oltre ad individuare (come si è già detto), tra più soluzioni possibili, quella che esprime il rapporto migliore tra costi e benefici per la collettività in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e alle prestazioni da fornire (v. il comma 6, lett. a) dell'art. 41) – deve: i ) contenere i necessari richiami all'eventuale uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni (v. il comma 6, lett. b) dell'art. 41); ii ) compiere e sviluppare, nel rispetto del quadro delle necessità, tutte le indagini e gli studi necessari per la definizione degli aspetti indicati come obiettivi della progettazione (v. il comma 6, lett. c) dell'art. 41). In proposito si segnala un refuso presente nel testo del d.lgs. n. 36/2023 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale: nella lett. c) in esame si fa testualmente riferimento agli “aspetti di cui al comma”, senza che peraltro sia indicato il relativo numero (ossia il numero del comma a cui la previsione rinvia). Si tratta, in ogni caso, del comma 1, come risulta dalla prima versione del codice pubblicata sul sito istituzionale della Giustizia amministrativa), nonché dalla relazione illustrativa di accompagnamento al nuovo codice); iii ) individuare, con le relative stime economiche, le caratteristiche dimensionali, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare, compresa la scelta in merito alla possibile suddivisione in lotti funzionali (v. il comma 6, lett. d) dell'art. 41); iv ) consentire, ove necessario, l'avvio della procedura espropriativa (v. il comma 6, lett. e) dell'art. 41). Sul punto, nella vigenza dei precedenti codici dei contratti pubblici (del 2006 e del 2016) si era affermato che, nell'ambito della serie procedimentale degli atti di approvazione di un progetto per la realizzazione di un'opera pubblica, devono considerarsi impugnabili solo quegli atti che siano effettivamente dotati di lesività nei confronti dei cittadini incisi dall'attività della pubblica amministrazione. In essi devono comprendersi l'approvazione del progetto definitivo dei lavori da realizzare che, contenendo la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, imprime al bene privato quella particolare qualità (o utilità pubblica) che lo rende assoggettabile alla procedura espropriativa, il decreto di occupazione temporanea e d'urgenza che realizza lo spossessamento del bene in capo al privato e il decreto di espropriazione che attua, quindi, il trasferimento coattivo del bene dal privato alla pubblica amministrazione ovvero all'espropriante. Gli altri atti (quali, ad esempio, l'approvazione del progetto preliminare o del progetto esecutivo, la comunicazione della data di immissione in possesso) non possono considerarsi invece ex se immediatamente lesivi, salvo che per un'eventuale alterazione dell'iter procedimentale siano essi stessi ad incidere immediatamente e direttamente sul bene oggetto della procedura espropriativa, recando perciò un vulnus alla posizione del cittadino proprietario (tra le tante, v. T.A.R. Campania (Salerno) II, n. 1742/2021; T.A.R. Calabria (Catanzaro) II, n. 1239/2020; Cons. St. II, n. 5035/2014, parere su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica; Cons. St. IV, n. 5496/2014. In dottrina, v. Greco, con ampie citazioni). Si ritiene che il principio possa essere ancora attuale; v ) racchiudere tutti gli elementi necessari per il rilascio delle autorizzazioni e approvazioni prescritte; vi ) e recare il piano preliminare di manutenzione dell'opera e delle sue parti. Il comma 7 (sostanzialmente corrispondente al comma 5-bis dell'art. 23 del d.lgs. n. 50/2016) precisa che per le opere proposte in variante urbanisticaex art. 19 del d.P.R. n. 327/2001 il progetto di fattibilità tecnico-economica sostituisce il progetto preliminare e quello definitivo. Così facendo, il d.lgs. n. 36/2023 – al pari del “vecchio” d.lgs. n. 50/2016 – armonizza e coordina il codice dei contratti pubblici (circa il progetto di fattibilità) con il Testo Unico in materia di espropriazione per pubblica utilità, che ancora si riferisce al “progetto preliminare” (v. l'art. 19 del suddetto d.P.R. n. 327/2001, in forza del quale: – l'approvazione del progetto preliminare o definitivo da parte del consiglio comunale, costituisce adozione della variante allo strumento urbanistico: v. il comma 2; – e se l'opera non è di competenza comunale, l'atto di approvazione del progetto preliminare o definitivo da parte della autorità competente è trasmesso al consiglio comunale, che può disporre l'adozione della corrispondente variante allo strumento urbanistico: v. il comma 3). Merita altresì rilevare che in virtù dell'efficacia sostitutiva del progetto di fattibilità tecnico-economica, la sua approvazione è sufficiente a costituire adozione della variante urbanistica per la successiva sottoposizione al consiglio comunale. In chiave ricostruttiva si fa presente che con riferimento alle opere pubbliche ritenute di particolare complessità o di rilevante impatto, indicate nell'allegato IV al d.l. n. 77/2021, convertito con modificazioni con l. n. 108/2021, sono state introdotte norme recanti semplificazioni procedurali anche per quanto concerne il progetto di fattibilità tecnica ed economica. Il menzionato d.l. n. 77/2021 è intervenuto per semplificare e agevolare la realizzazione dei traguardi e degli obiettivi stabiliti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), di cui al regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, dal Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC) di cui al d.l. n. 59/2021, nonché dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima 2030 di cui al Regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018. In particolare, sono previste specifiche regole circa la trasmissione, a cura della stazione appaltante, del progetto di fattibilità tecnica ed economica (v. l'art. 23, commi 5 e 6, del d.lgs. n. 50/2016) al Consiglio superiore dei lavori pubblici per l'espressione del parere ex art. 48, comma 7, del citato d.l. n. 77/2021; alla competente soprintendenza ai fini della verifica preventiva dell'interesse archeologico (v. l'art. 25 del d.lgs. n. 50/2016); all'autorità competente ai fini dell'espressione della valutazione di impatto ambientale di cui alla Parte seconda del d.lgs. n. 152/2006. Altre disposizioni riguardano l'indizione della conferenza di servizi e un'eventuale procedura accelerata per la risoluzione di dissensi espressi in seno alla conferenza (v. l'art. 44, d.l. n. 77/2021). In relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea, in deroga a quanto previsto dall'art. 59, commi 1, 1-bis e 1-ter, del d.lgs. n. 50/2016, è ammesso l'affidamento di progettazione ed esecuzione dei relativi lavori anche sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica. Sul progetto di fattibilità tecnica ed economica posto a base di gara, è sempre convocata la conferenza di servizi ex art. 14, comma 3, della l. n. 241/1990. L'affidamento avviene mediante acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta ovvero, in alternativa, mediante offerte aventi a oggetto la realizzazione del progetto definitivo, del progetto esecutivo e il prezzo (v. l'art. 48, commi 1 e 5, del d.l. n. 77/2021). Le stazioni appaltanti possono prevedere, nel bando di gara o nella lettera di invito, l'assegnazione di un punteggio premiale per l'uso nella progettazione dei metodi e strumenti elettronici specifici di cui all'art. 23, comma 1, lettera h), del d.lgs. n. 50/2016 (v. l'art. 48, comma 6, d.l. n. 77/2021). Le citate norme sono tuttora vigenti e quindi occorrerà vedere, in via pratica, come esse si coordineranno con la nuova disciplina dettata dall'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023 in commento e dai relativi allegati. Prima di concludere la disamina dello strumento progettuale che ci occupa, occorre rimarcare che nel nuovo codicesi passa direttamente dal primo livello, denominato “progetto di fattibilità tecnico-economica” (v. i commi 6 e 7 dell'art. 41, in esame nel presente punto), a quello che in precedenza era il terzo livello, ossia al “progetto esecutivo” (disciplinato al comma 8, sul quale ci si soffermerà infra). La riforma ha cioè eliminato la “vecchia” seconda fase, coincidente con il progetto definitivo. Non v'è dunque più il livello intermedio di progettazione, che nel d.lgs. n. 50/2016 individuava compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni propri della stazione appaltante. In questo secondo livello, inoltre, era prevista l'acquisizione dei pareri e degli atti autorizzativi (o meglio, a norma dell'art. 23, comma 7, del citato d.lgs. n. 50/2016, il progetto definitivo doveva contenere l'indicazione di tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni e approvazioni, nonché la quantificazione definitiva del limite di spesa per la realizzazione e del relativo cronoprogramma, attraverso l'utilizzo dei prezzari predisposti dalle regioni e dalle province autonome territorialmente competenti). Il che ha portato gli operatori del settore a ritenere che tutti i pareri dei diversi enti si dovranno ottenere con il progetto di fattibilità tecnico-economica (v. la “lettera aperta” inviata al Governo dall'Ordine degli Architetti di Torino, in sinergia con il sistema delle professioni tecniche, nel dicembre 2022 e pubblicata sul sito oato.it). È verosimile che con la riduzione in questione il legislatore abbia voluto “saltare una tappa con l'intento di ridurre i tempi” di realizzazione dell'opera (Buonomo). Peraltro, pur riconoscendo alcuni aspetti positivi della novella, sul punto qui rilevante si sono levate più voci critiche, riconducibili soprattutto agli ambienti tecnico-operativi. Invero numerosi Ordini professionali di architetti e ingegneri hanno sin da subito avanzato perplessità e preoccupazioni verso il nuovo impianto del codice del 2023, che vanificherebbe tutte le conquiste fatte nel corso degli anni in materia di progettazione. Anche la Fondazione Inarcassa ha osservato che la riduzione da tre a due livelli di progettazione impoverisce la fase di proposta e di discussione, financo rischiando di rendere impossibile la gestione della fase di transizione. Tra i primi rilievi si segnala la posizione (critica) di chi ha messo in dubbio che il “taglio dei livelli” progettuali riduca realmente le tempistiche esecutive dell'appalto. Segnatamente, si è evidenziato che non vi sarebbe alcun risparmio “perché il progetto «preliminare» del Codice 50 è stato di fatto spostato nella fase di programmazione che nel Codice 36/2023 prende il nome di “Documento di Fattibilità delle Alternative Progettuali” (DOC FAP)”. Cosicché, in definitiva, per l'Autore “i livelli sono rimasti tre: il primo livello – il “preliminare” – dalla progettazione è stato anticipato nella programmazione facendolo confluire nel DOC FAP; il secondo livello – il “definitivo” che prende il nome di “fattibilità tecnico-economica” (d.lgs. n. 36/2023 – allegato I.7 articoli da 6 a 21) – è composto da tutti gli elaborati del vecchio “definitivo” con qualcosa in più come, ad esempio, l'eventuale relazione specialistica della “modellazione informativa” (art. 13), che è tutto un nuovo mondo da esplorare nel quale non è il caso di avventurarsi ora. L'”esecutivo” resta l'ultimo livello della progettazione. ... Quindi non si sono ridotti i tempi della progettazione” (Buonomo). Il secondo livello: il progetto esecutivo (commi 8 e 9) Come si è accennato sopra, il secondo e (ora) ultimo livello di progettazione è rappresentato – analogamente all'impostazione previgente – dal progetto esecutivo, che determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare, in coerenza con il progetto di fattibilità tecnico-economica (v. retro). La necessaria coerenza tra i livelli di progettazione è prevista sin dalla legge quadro sui lavori pubblici e costituisce un caposaldo della materia. In tal senso si era espressa la giurisprudenza, secondo la quale, ai sensi dell'art. 16, comma 4, della l. n. 109/1994, era necessaria la coerenza del progetto definitivo con il progetto preliminare, giacché il progetto definitivo deve essere redatto nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli e di altre indicazioni contenute nel progetto preliminare (Cons. St. V, n. 1801/2002). Venendo ai giorni nostri, a mente del comma 8 dell'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023, il medesimo progetto esecutivo: a ) sviluppa un livello di definizione degli elementi tale da individuarne compiutamente la funzione, i requisiti, la qualità e il prezzo di elenco. Nella sostanza, dunque, sotto tale profilo nulla è cambiato rispetto all'art. 23 comma 8 del d.lgs. n. 50/2016 (Greco); b ) è corredato dal piano di manutenzione dell'opera per l'intero ciclo di vita e determina in dettaglio: – i lavori da realizzare; – il loro costo; – e i loro tempi di realizzazione. Anche questi aspetti non costituiscono una vera e propria novità. Il “piano di manutenzione” dell'opera, infatti: – per un verso, è uno sviluppo, aggiornato e rivisitato, dello strumento già disciplinato dall'art. 38 del d.P.R. n. 207/2010; – e, per altro verso, veniva già menzionato nel parere interlocutorio del Cons. St. n. 22/2017, riguardante lo schema di decreto attuativo al codice del 2016. In proposito, si rinvia al commento all'allegato I.7 del nuovo codice; c ) se sono utilizzati metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, sviluppa un livello di definizione degli oggetti rispondente a quanto specificato nel capitolato informativo a corredo del progetto; d ) di regola, è redatto dallo stesso soggetto che ha predisposto il progetto di fattibilità tecnico-economica. Qualora motivate ragioni giustifichino l'affidamento disgiunto, viene prescritto che il nuovo progettista accetti senza riserve l'attività progettuale svolta in precedenza. La preferenza per l'affidamento a un unico soggetto di entrambi i livelli di progettazione persegue lo scopo di garantire omogeneità e coerenza al procedimento. È quindi per questa ragione che l'affidamento disgiunto è ammesso solo in caso di motivate ragioni e a condizione che il nuovo progettista accetti l'attività progettuale precedentemente svolta (Grassucci). Il comma 9 dispone che in caso di affidamento esterno di entrambi i livelli di progettazione, l'avvio della progettazione esecutiva è condizionato alla determinazione delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti sul progetto di fattibilità tecnico-economica. In sede di verifica della coerenza tra le varie fasi della progettazione, si applica quanto previsto dall'art. 42, comma 1, concernente la progettazione dei lavori (v. l'apposito commento). Gli oneri della progettazione (commi 10 e 11) I commi 10 e 11 dell'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023 disciplinano l'imputazione degli oneri della progettazione. In continuità con quanto previsto dal comma 11 dell'art. 23 d.lgs. n. 50/2016, il comma 10 del nuovo codice stabilisce che gravano sulle disponibilità finanziarie della stazione appaltante o dell'ente concedente gli oneri: – della progettazione; – delle indagini, delle ricerche e degli studi connessi, compresi quelli relativi al dibattito pubblico (quest'ultima specificazione era stata originariamente introdotta nel d.lgs. n. 50/2016 dal decreto correttivo n. 56/2017, ed è ora – condivisibilmente, ad avviso di chi scrive – stata confermata dalla novella del 2023); – della direzione dei lavori; – della vigilanza; – dei collaudi, delle prove e dei controlli sui prodotti e materiali; – della redazione dei piani di sicurezza e di coordinamento, delle prestazioni professionali e specialistiche, necessari per la redazione del progetto. Tutti i suddetti oneri sono inclusi nel quadro economico dell'intervento. Questa specificazione è stata voluta dalla Conferenza unificata in sede di revisione del testo del nuovo codice approvato in via preliminare e – come si è anticipato nel paragrafo dedicato all'inquadramento – mira a soddisfare esigenze di organicità e completezza. Il comma 11, invece, replicando quanto già ribadito nel comma 11-ter dell'art. 23 del codice del 2016 alloca sulle risorse iscritte sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, trasferite all'Agenzia del Demanio, le spese strumentali, incluse quelle per sopralluoghi, afferenti alle attività di predisposizione del piano degli interventi del sistema accentrato delle manutenzioni (previsto dall'art. 12 del d.l. n. 98/2011, conv., con modif., dalla l. n. 111/2011). Per completezza, si ricorda che l'appena citato art. 12 del d.l. n. 98/2011 e il successivo decreto interministeriale dell'8 ottobre 2012 hanno attribuito all'Agenzia del Demanio il compito di sovrintendere al processo decisionale di spesa, con il supporto tecnico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, relativo agli interventi manutentivi sugli immobili dello Stato e sugli immobili di proprietà di terzi in uso alle Amministrazioni dello Stato. Per effetto delle modifiche introdotte dal d.l. n. 95/2012 è stato altresì assegnato all'Agenzia il ruolo di centrale di committenza per l'individuazione degli operatori a cui affidare l'esecuzione di tutti gli interventi manutentivi sugli immobili, con la sola eccezione di quelli ubicati all'estero di pertinenza del Ministero Affari Esteri. In tema di oneri della progettazione è interessante il rapporto che s'instaura tra l'omissione dei livelli di progettazione e il compenso del progettista. Al riguardo, secondo l'ANAC i parametri di remunerazione delle prestazioni del progetto definitivo sono volti a compensare i livelli di complessità e di approfondimento propri del livello definitivo, antecedente al progetto esecutivo, non potendo ricomprendere anche le prestazioni del livello progettuale successivo, che devono trovare uno specifico corrispettivo. La fusione dei livelli di progettazione nei lavori pubblici, consentita dal codice appalti, non comporta la cancellazione del compenso da riconoscere al progettista per una prestazione riconducibile ai livelli omessi. Quando la stazione appaltante omette i livelli di progettazione, infatti, non li sopprime ma li unifica nel livello successivo e quindi ha comunque l'onere di determinare e pubblicare l'elenco dettagliato delle prestazioni richieste ai fini del calcolo dell'importo a base di gara per l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria. E dunque la stazione appaltante deve considerare tutte le prestazioni indispensabili per l'espletamento dell'incarico oggetto dell'affidamento (v. Atto del Presidente del 12 luglio 2023, nel fasc. n. 1654/2023). La progettazione nelle procedure di affidamento dei servizi e delle forniture (comma 12) Con il comma 12 dell'art. 41 del nuovo codice viene confermata la precedente disciplina (dettata dal comma 14 dell'art. 23 del d.lgs. n. 50/2016) circa la progettazione nelle procedure di affidamento dei servizi e delle forniture. Ancora oggi, infatti, la progettazione di servizi e forniture: – è articolata in un unico livello; – e viene adempiuta dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti mediante propri dipendenti in servizio. La definizione dei contenuti minimi del relativo progetto è prevista dall'allegato I.7, che quindi depotenzia il ruolo della legge di gara (e in particolare del capitolato speciale). Per ogni approfondimento si rimanda all'apposito commento. Tuttavia, in questa sede non ci si può esimere dal rilevare che la disposizione in commento, nel riproporre l'impianto del previgente codice (nonché, prima ancora, dell'art. 279 del d.P.R. n. 207/2010), e dunque un iter procedimentale ben più snello rispetto a quello previsto per la progettazione dei lavori, dà a sua volta piena attuazione al principio di semplificazione nella redazione dei progetti (Caringella, Giustiniani, Mantini). Il costo della manodopera, dei prodotti e delle lavorazioni (commi 13 e 14) I commi 13 e 14 dell'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023 trattano il tema dei costi del lavoro, inteso come costo della manodopera, dei prodotti e delle lavorazioni. Le norme in questione non si discostano troppo dal comma 16 dell'art. 23 del d.lgs. n. 50/2016, che a sua volta era assimilabile all'art. 86, comma 3-bis, del d.lgs. n. 163/2006 che obbligava le stazioni appaltanti ad individuare nei documenti di gara i costi della manodopera. Pare pertanto ancora attuale il principio in forza del quale i costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell'importo assoggettato a ribasso. Si deve perciò ritenere perdurante il perseguimento della finalità di porre in rilievo, fin dalla fase di progettazione, la questione del costo del lavoro che, soprattutto per gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera, assume importanza decisiva nella determinazione dell'importo dell'appalto (Grassucci). Nel dettaglio, il comma 13 prescrive che per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. Se manca il contratto collettivo di settore applicabile, si fa riferimento a quello del settore più affine a quello preso in considerazione. Come chiarito dalla relazione illustrativa al nuovo codice, la norma in esame mantiene la disciplina previgente dettata dall'art. 23, comma 16, del d.lgs. n. 50/2016, relativa alla determinazione del costo della manodopera sulla base delle tabelle ministeriali elaborate prendendo a riferimento i contratti collettivi di settore più rappresentativi vigenti. Sulla scorta del quadro finora descritto, si reputa che anche con l'avvento del nuovo codice possa trovare conferma l'orientamento secondo cui nelle gare pubbliche i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali costituiscono un semplice parametro di valutazione della congruità dell'offerta; con la conseguenza che l'eventuale scostamento delle voci di costo da essi non legittima di per sé un giudizio di anomalia e che devono considerarsi anormalmente basse solo le offerte che si discostino in modo evidente dai costi medi del lavoro indicati nelle tabelle predisposte dal Ministero. In sostanza, le tabelle ministeriali non integrano parametri assoluti e inderogabili essendo possibile che il concorrente, evidenziando una particolare organizzazione imprenditoriale, dimostri la sostenibilità degli scostamenti in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali, risultando pertanto rimessa alla stazione appaltante ogni valutazione tecnico-discrezionale di congruità. Invero, sul costo orario medio del lavoro incidono diversi fattori, alcuni dei quali non preventivamente determinabili in via assoluta. Per tale ragione, è ammissibile che l'impresa presenti scostamenti motivati dai valori indicati nelle relative Tabelle ministeriali, utilizzabili dalla stazione appaltante come indici valutativi dell'adeguatezza economica dell'offerta, ma privi di inderogabile vincolatività. In particolare, le assenze del lavoratore e le conseguenti esigenze di sostituzione influenzano il costo medio del lavoro, comportando una maggiorazione rispetto al costo annuale contrattuale. Conseguentemente, può ritenersi congrua l'offerta dell'impresa aggiudicataria di una gara per l'affidamento di servizio di pulizia, che, usufruendo dei giorni di chiusura degli Atenei e valorizzando i dati relativi all'esperienza di un servizio precedentemente prestato, giustifichi la riduzione del costo per le ore mediamente non lavorate senza aumentare le ore mediamente lavorate, piuttosto realizzando un risparmio di spesa sulle sostituzioni (Cons. St. VI, n. 6791/2020; T.A.R. Campania (Napoli) I, n. 6037/2020). D'altronde, per il costo orario del personale da dimostrare in sede di verifica dell'anomalia dell'offerta, non va assunto a criterio di calcolo il “monte-ore teorico”, comprensivo cioè anche delle ore medie annue non lavorate (per ferie, festività, assemblee, studio, malattia, formazione, ecc.) di un lavoratore che presti servizio per tutto l'anno, ma va considerato il “costo reale” (o costo ore lavorate effettive, comprensive dei costi delle sostituzioni), atteso che il costo tabellare medio è indicativo di quello “effettivo”, il quale include i costi delle sostituzioni per ferie, malattie e tutte le altre cause di legittima assenza dal servizio (T.A.R. Lazio (Roma) I, n. 4434/2020; T.A.R. Veneto III, n. 150/2021). In termini, v. anche il parere di precontenzioso ANAC del 25 gennaio 2023, n. 36: “Nel calcolo del costo medio orario della manodopera, l'innalzamento delle ore mediamente lavorate (cd. divisore) rispetto ai dati riportati nelle Tabelle ministeriali è consentita purché non derivi dalla soppressione delle ore di assenza legate al riconoscimento di diritti incomprimibili del lavoratore (ferie, festività, festività soppresse) e sempre che l'impresa fornisca rigorose e puntuali giustificazioni che comprovino la correttezza dello scostamento effettuato”. Ancora con riferimento alle tabelle ministeriali, si è ritenuto che perché possa dubitarsi della congruità della offerta in presenza di scostamenti delle voci di costo è necessario che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata alla luce di una valutazione globale e sintetica (T.A.R. Veneto II, n. 1292/2022; T.A.R. Umbria I, n. 302/2021). Acclarata la posizione, ormai consolidata, della giurisprudenza sul fatto che il costo del lavoro indicato nelle tabelle ministeriali non costituisce un parametro inderogabile, permane comunque l'onere per il concorrente di dimostrare quanto affermato, poiché “l'eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo, pur non legittimando ex se un giudizio di anomalia, può essere accettato sempre che risulti puntualmente e rigorosamente giustificato (Cons. St. III, n. 2867/2018; Cons. St. V, n. 5939/2017; Cons. St. V, n. 1813/2015). Il limite all'ammissibilità di siffatti scostamenti (nel rispetto dei minimi retributivi stabiliti in sede di contrattazione collettiva) riveste, dunque, carattere «giustificativo»: le discordanze dalle predette tabelle debbono essere perciò giustificate sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa ed accompagnate da significativi ed univoci dati probatori, al di là di generiche affermazioni dell'impresa; se, infatti, l'aggiudicataria è in linea generale gravata dell'onere di giustificare i costi proposti (essendo a tal fine ammessa a fornire spiegazioni e giustificazioni su qualsiasi elemento dell'offerta ed anche su voci non direttamente indicate dalla stazione appaltante come incongrue, come chiarito da Cons. St., Ad. Plen., n. 36/2012), a maggior ragione tale prova puntuale e rigorosa è richiesta quando il costo del lavoro non è coincidente con quello medio tabellare (Cons. St. V, n. 7554/2020). Anche l'eventuale riferimento a valutazioni statistiche ed analisi aziendali, che evidenzino una particolare organizzazione imprenditoriale a giustificazione di tali scostamenti, vanno documentate e comprovate dall'offerente e la relativa valutazione tecnico-discre- zionale al riguardo è rimessa alla Stazione appaltante” (da ultimo, T.A.R. Lombardia (Milano) IV, n. 1430/2022; in termini, tra le tante, Cons. St. V, n. 4868/2021; Cons. St. V, n. 3478/2021). In materia, è stata ritenuta ammissibile in sede di verifica della congruità la rimodulazione dei costi della manodopera dovuta all'intervenuta modifica del CCNL di riferimento. Ciò perché la lettera e la ratio dell'art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016 non escludono che i costi della manodopera indicati in offerta dall'operatore economico siano poi diversamente stimati nel corso nella verifica dell'anomalia dell'offerta, ben potendo il concorrente essere chiamato a fornire giustificazioni “sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte”: sicché dette giustificazioni, pure se consistono in una diversa stima di un costo indicato in precedenza (e purché si tratti di variazioni limitate, parziali e giustificate), non per questo si traducono in un espediente elusivo delle regole di gare poste a pena di esclusione (art. 89, comma 9, del d.lgs. n. 50/2016), oppure nella violazione della par condicio. Quel che rileva è che l'offerta complessivamente risulti congrua e non modificata radicalmente, il principio della immutabilità dell'offerta economica dovendo riferirsi alle dichiarazioni negoziali di volontà (nella specie, il ribasso offerto sull'importo a base di gara) e non alle mere dichiarazioni di scienza, quale è la indicazione (nell'ambito dell'offerta economica) delle singole voci di costo (sul tema della modificabilità delle giustificazioni, v. Cons. St. V, n. 389/2020, secondo cui “a fronte dell'immodificabilità dell'offerta sono tuttavia modificabili le relative giustificazioni, ed in particolare sono consentite giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l'offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell'aggiudicazione e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto (cfr. Cons. St. V, n. 2581/2015)”. In termini, v. Cons. St. VI, n. 487/2021; Cons. St. VI, V, n. 4140/2020; Cons. St. VI, n. 1538/2019. Si ribadisce, con specifico riferimento alle variazioni del costo del personale, che in sede di giudizio di congruità dovrà verificarsi se l'offerta economica, nel complesso, sia sufficiente a coprire tutti i costi della manodopera che dovessero risultare necessari per l'espletamento delle prestazioni oggetto della procedura di gara (v. anche Cons. St. VI, n. 788/2020). Può capitare d'imbattersi in una lex specialis di gara che imponga l'applicazione di uno specifico C.C.N.L. Essa, peraltro, non risulta suscettibile di precludere l'utile partecipazione alla gara stessa. Per tale evenienza la giurisprudenza ha chiarito che anche a fronte di prescrizioni di tal guisa gli operatori economici interessati all'aggiudicazione di una commessa pubblica possono legittimamente, nell'esercizio della propria libertà imprenditoriale, formulare un'offerta facendo applicazione di un C.C.N.L. diverso da quello indicato nella lex specialis, senza per questo esporsi al rischio di incorrere nella sanzione della esclusione dalla gara per inammissibilità dell'offerta – fermo il limite logico della necessaria coerenza tra il C.C.N.L. che in concreto si è inteso applicare e l'oggetto dell'appalto (v., da ultimo, T.A.R. Lazio (Roma) III, n. 62/2023, nonché Cons. St. III, n. 2168/2021 e Cons. St. VI, n. 6336/2020). Relativamente alla questione del C.C.N.L. applicabile ai lavoratori impiegati nell'esecuzione dell'appalto, le seguenti riflessioni sono costanti in giurisprudenza: – in linea generale, nell'ambito di una procedura di gara ad evidenza pubblica la scelta del contratto collettivo da applicare al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalto rientra nelle prerogative di organizzazione dell'imprenditore e nella libertà negoziale delle parti (ex multis, Cons. St. V, n. 5574/2019; Cons. St. n. 932/2017); – più in particolare “l'applicazione di un determinato contratto collettivo non può essere imposta dalla lex specialis alle imprese concorrenti quale requisito di partecipazione né la mancata applicazione di questo può essere a priori sanzionata dalla stazione appaltante con l'esclusione, sicché deve negarsi in radice che l'applicazione di un determinato contratto collettivo anziché di un altro possa determinare, in sé, l'inammissibilità dell'offerta” (cfr. Cons. St. III, n. 975/2017; Cons. St. III, n. 5597 /2015); – e ancora, non rientra nella discrezionalità dell'amministrazione appaltante imporre o esigere un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, tanto più qualora una o più tipologie di contratti collettivi possano anche solo astrattamente adattarsi alle prestazioni oggetto del servizio da affidare (Cons. St. V, n. 4443/2018; Cons. St. V, n. 4109/2016); – resta fermo che la libertà imprenditoriale non è assoluta, ma incontra il limite logico, ancor prima che giuridico in senso stretto, della necessaria coerenza tra il contratto che in concreto si intende applicare (e in riferimento al quale si formula l'offerta di gara) e l'oggetto dell'appalto; la scelta del contratto collettivo di lavoro applicabile al personale dipendente, che diverge insanabilmente, per coerenza e adeguatezza, da quanto richiesto dalla stazione appaltante in relazione ai profili professionali ritenuti necessari, è idonea di per sé a determinare una ipotesi di anomalia, riflettendosi sulla possibilità di formulare adeguate offerte sotto il profilo economico incoerenti o incompatibili essendo i profili professionali di riferimento (Cons. St. VI, n. 6336/2020). Il suddetto principio della libertà negoziale incontra dunque il solo limite della coerenza con l'oggetto dell'appalto (Cons. St. V, n. 7449/2022). Il comma 13 dell'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023 prosegue indicando che per i contratti di lavori, il costo di prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni può essere determinato: a ) facendo riferimento ai prezzi correnti alla data dell'approvazione del progetto riportati nei prezzari regionali correnti, adottati annualmente dalle regioni e dalle province autonome. L'ANAC ha recentemente precisato che l'obbligo di aggiornamento dei prezzi si riferisce alla fase di approvazione del progetto e non a quelle ad essa successive. Le stazioni appaltanti sono tenute a fare puntuale applicazione dei prezzari regionali aggiornati e tale obbligo è da riferirsi alla fase di approvazione degli elaborati progettuali (parere ANAC del 7 dicembre 2022, n. 64. In tal senso depongono anche le indicazioni contenute nelle Linee Guida n. 3: delibera del 4 settembre 2019, n. 768); b ) adottando i prezzari predisposti o individuati dalla stazione appaltante e dall'ente concedente. Gli stessi prezzari devono essere aggiornati rappresentando la situazione dei costi presenti nel mercato ed evitando la formazione di basi d'asta che non consentano la formulazione di un'offerta a ribasso. In proposito la relazione illustrativa chiarisce che “non v'è ... alcun obbligo di riferimento esclusivo ai prezzari annualmente predisposti dalle regioni, ma si precisa che, in ragione della natura e dell'oggetto del contratto, possano non applicarsi i prezzari regionali”. Viene pure stabilito che la formazione e l'aggiornamento dei prezzari regionali sono definiti nell'allegato I.14 e che – come sovente è indicato nel nuovo codice – in sede di prima applicazione il medesimo allegato è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della l. n. 400/1988, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), nonché previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice. A fini sistematici, giova ricordare che l'istituto dei prezzari rileva sotto un duplice profilo: – da un lato, nell'interesse precipuo delle stazioni appaltanti e della collettività di assicurare la serietà dell'offerta e la qualità delle prestazioni finali rese dall'operatore economico selezionato, evitando che l'individuazione di importi di base eccessivamente bassi impedisca di formulare offerte di sufficiente pregio tecnico; – dall'altro lato, per regolare il mercato delle opere pubbliche e per prevenirne le storture. L'impiego di parametri eccessivamente bassi (o, viceversa troppo elevati), comunque non in linea con le caratteristiche reali del settore imprenditoriale (come declinate in concreto per un dato territorio e per uno specifico frangente temporale), è in grado di alterare il gioco della concorrenza ed impedire l'accesso al mercato in condizioni di parità (T.A.R. Puglia (Lecce) III, n. 497/2021; T.A.R. Sicilia (Catania) I, n. 3693/2021, che rimarca una sorta di “obbligatorietà” di applicazione dei prezzari regionali, nonostante essi non abbiano valore tout court vincolante ma costituiscano la base di partenza per l'elaborazione delle voci di costo della singola procedura, dovendo la stazione appaltante dare analitica motivazione in caso di eventuale scostamento); c ) o, in mancanza di prezzari aggiornati – quale clausola di chiusura – sulla base ai listini ufficiali o ai listini delle locali camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura oppure, in difetto, ai prezzi correnti di mercato nel luogo di effettuazione degli interventi. Infine, per i contratti di lavori e servizi viene previsto (sempre dal comma 14 dell'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023) l'obbligo per la stazione appaltante o l'ente concedente: i ) di individuare nella lex specialis, al fine di determinare l'importo posto a base di gara, i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. In giurisprudenza l'art. 23, comma 16, del d.lgs. n. 50/2016, in parte qua riprodotto dal comma 14 dell'art. 41 del d.lgs. n. 36/2023, è stato interpretato nel senso che la disposizione citata richiede l'individuazione – non già “ l'indicazione ” – dei costi della manodopera sulla base delle tabelle elaborate dal Ministero del lavoro sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva, ed è funzionale alla verifica della congruità dell'offerta ( T.A.R. Liguria I, n. 1069/2021, riformata – ma non sul punto – da Cons. St. III, n. 6439/2022). Alla luce della formulazione normativa appare dubbio se possa continuare a trovare applicazione quell'orientamento giurisprudenziale che si era formato nella vigenza del vecchio codice in forza del quale se la stazione appaltante di una procedura ad evidenza pubblica non individui i costi della manodopera, non vi sarebbe alcuna violazione di legge dal momento che compete a ciascun offerente indicare i costi della manodopera, essendo rimessa alla libertà e responsabilità dell'impresa la relativa valutazione mediante un'analitica previsione e contabilizzazione delle diverse attività lavorative necessarie, al fine di garantire la fornitura del servizio nel rispetto degli obblighi legali di tutela dei lavoratori, dai quali l'impresa non potrà comunque esimersi in sede di esecuzione del contratto (Cons. St. III, n. 2865/2020). Fermo quanto precede, quando la stazione appaltante identifica i costi della manodopera, incontra comunque un limite, coincidente con gli importi recati dalle suddette tabelle ministeriali. Ancora di recente l'ANAC ha chiarito che, “se da un lato è possibile che l'o.e. concorrente possa formulare la propria offerta anche discostandosi dalle tabelle ministeriali sulla base della propria organizzazione aziendale, viceversa non appare plausibile che la stazione appaltante, nella definizione dell'importo a base di gara, indichi relativamente ai costi della manodopera, degli importi inferiori rispetto alle tabelle ministeriali così inducendo i concorrenti a dover proporre le proprie offerte entro i suddetti parametri/importi” (v. il parere di precontenzioso del 4 aprile 2023, n. 143, con ampie citazioni di giurisprudenza). Si consideri comunque che “ogni qual volta il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle” è “obbligatoria la verifica di anomalia” (così T.A.R. Campania (Salerno) II, n. 1083/2021); ii ) di scorporare i costi della manodopera e della sicurezza dall'importo assoggettato al ribasso, ferma restando la possibilità per l'operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell'importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale. Ciò in linea con le indicazioni giurisprudenziali richiamate poco sopra e con l'intento (contenuto anche nei princìpi della legge delega n. 78/2022) di mantenere un elevato livello di tutela dei lavoratori. La giurisprudenza si è occupata pure di questioni attinenti all'impugnazione di bandi di gara per mancanza di remuneratività dell'importo posto a base d'asta in relazione al costo del lavoro (solitamente il contenzioso è introdotto da potenziali concorrenti che lamentano che la stima dei costi della manodopera effettuata dalla stazione appaltante sarebbe troppo bassa). Al riguardo, sul versante processuale, si ritiene che l'interessato debba impugnare immediatamente il bando nella parte in cui ha previsto dei costi della manodopera ritenuti insufficienti a consentire la formulazione di un'offerta economicamente sostenibile. Tra le clausole da considerare immediatamente escludenti rientrano, infatti, anche quelle che prevedono un importo a base d'asta insufficiente alla copertura dei costi (Cons. St. V, n. 8014/2019; T.A.R. Lombardia (Milano) I, n. 1559/2021, che ha ritenuto ammissibile l'impugnazione del bando e della legge di gara da parte di un operatore non partecipante alla procedura per contestare l'incongrua determinazione della base d'asta tale da rendere il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente. Ancora di recente, v. T.A.R. Puglia (Bari) III, n. 178/2023). Nel merito, la violazione dei prezzari regionali non implica una responsabilità precontrattuale della stazione appaltante. Ammesso pure che la stazione appaltante abbia indicato negli atti di gara un prezzo a base d'asta non remunerativo dell'attività prestata, non è certo incolpevole l'operatore economico che abbia partecipato alla gara con un'offerta al ribasso di detto prezzo. Questi è tenuto ad un dovere di correttezza e serietà non meno di quanto sia tenuta l'amministrazione e, dunque, a formulare la sua offerta in maniera consapevole e meditata; e quindi, prima di dichiarare il ribasso offerto, ad esaminare se le condizioni imposte dall'amministrazione consentano la effettiva remunerazione dell'attività svolta. Da tempo la giurisprudenza amministrativa – confermata dalla sentenza dell'Adunanza plenaria 26 aprile 2018, n. 4 – abbia specificato che, in deroga ai principi generali per i quali l'interesse ad impugnare il bando di gara sorge solo all'esito dell'altrui aggiudicazione poiché solo in quel momento l'operatore economico concorrente risulta aver definitivamente perduto il bene della vita anelato (l'aggiudicazione del contratto), sia consentito, anche a chi non abbia presentato domanda di partecipazione, proporre impugnazione immediata del bando di gara qualora la stazione appaltante abbia ivi previsto condizioni tali da rendere impossibile proporre un'offerta remunerativa, data la natura immediatamente escludente di siffatte clausole (cfr. per ampie considerazioni sul tema Cons. St. III, n. 2004/2020). L'alternativa per l'operatore economico è quella di non partecipare affatto alla procedura di gara proprio perché consapevole di non essere in grado di proporre un'offerta realmente remunerativa. Pertanto se l'operatore economico non impugna immediatamente il bando di gara (e gli ulteriori atti), ed anzi presenta la sua offerta con ribasso rispetto al prezzo posto a base di gara, non può poi lamentarsi, divenuto aggiudicatario, di non essere in grado di eseguire l'opera perché il corrispettivo che egli stesso ha domandato non lo remunera a sufficienza dell'attività svolta, senza incorrere in palese contraddizione che toglie credito alla serietà della sua condotta sin dal tempo della presentazione dell'offerta. In ogni caso, poi, l'esistenza di un rimedio – l'immediata impugnazione del bando – che, se tempestivamente azionato consente di imporre all'amministrazione che mal abbia operato in sede di elaborazione degli atti di rivederne il contenuto, fa sì che l'operatore economico, che di esso non si sia servito, possa dirsi corresponsabile del danno che poi abbia a lamentare (Cons. St. V, n. 5107/2021). 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