Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 56 - Appalti esclusi nei settori ordinari.

Marco Giustiniani
Codice legge fallimentare

Artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 115, 116, 117, 118, 119, 120, 121, 140, 161 All. IX


Appalti esclusi nei settori ordinari.

1. Le disposizioni del codice relative ai settori ordinari non si applicano agli appalti pubblici:

a) di servizi aggiudicati da una stazione appaltante a un ente che sia una stazione appaltante o a un'associazione di stazioni appaltanti in base a un diritto esclusivo di cui esse beneficiano in virtù di disposizioni legislative o regolamentari o di disposizioni amministrative pubblicate che siano compatibili con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

b) finalizzati a permettere alle stazioni appaltanti la messa a disposizione o la gestione di reti di telecomunicazioni o la prestazione al pubblico di uno o più servizi di comunicazioni elettroniche. Ai fini del presente articolo si applicano le definizioni di «rete di comunicazioni» e «servizio di comunicazione elettronica» contenute nell'articolo 2 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259;

c) che le stazioni appaltanti sono tenute ad aggiudicare o ad organizzare nel rispetto di procedure diverse da quelle previste dal codice e stabilite da:

1) uno strumento giuridico che crea obblighi internazionali, quali un accordo internazionale, concluso in conformità dei trattati dell'Unione europea, tra lo Stato e uno o più Paesi terzi o relative articolazioni e riguardanti lavori, forniture o servizi destinati alla realizzazione congiunta o alla gestione congiunta di un progetto da parte dei soggetti firmatari;

2) un'organizzazione internazionale;

d) che le stazioni appaltanti aggiudicano in base a norme previste da un'organizzazione internazionale o da un'istituzione finanziaria internazionale, quando gli appalti sono interamente finanziati dalla stessa organizzazione o istituzione. Nel caso di appalti pubblici finanziati prevalentemente da un'organizzazione internazionale o da un'istituzione finanziaria internazionale, le parti si accordano sulle procedure di aggiudicazione applicabili;

e) aventi ad oggetto l'acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni;

f) aventi ad oggetto l'acquisto, lo sviluppo, la produzione o coproduzione di programmi o materiali associati ai programmi destinati ai servizi di media audiovisivi o radiofonici che sono aggiudicati da fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici, ovvero gli appalti concernenti il tempo di trasmissione o la fornitura di programmi aggiudicati ai fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici;

g) concernenti i servizi d'arbitrato e di conciliazione;

h) concernenti uno qualsiasi dei seguenti servizi legali:

1) rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31:

1.1) in un arbitrato o in una conciliazione tenuti in uno Stato membro dell'Unione europea, un Paese terzo o dinanzi a un'istanza arbitrale o conciliativa internazionale;

1.2) in procedimenti giudiziari dinanzi a organi giurisdizionali o autorità pubbliche di uno Stato membro dell'Unione europea o un Paese terzo o dinanzi a organi giurisdizionali o istituzioni internazionali;

2) consulenza legale fornita in preparazione di uno dei procedimenti di cui al punto 1), o qualora vi sia un indizio concreto e una probabilità elevata che la questione su cui verte la consulenza divenga oggetto del procedimento, sempre che la consulenza sia fornita da un avvocato ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31;

3) servizi di certificazione e autenticazione di documenti che devono essere prestati da notai;

4) servizi legali prestati da fiduciari o tutori designati o altri servizi legali i cui fornitori sono designati da un organo giurisdizionale dello Stato o sono designati per legge per svolgere specifici compiti sotto la vigilanza di detti organi giurisdizionali;

5) altri servizi legali che sono connessi, anche occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri;

i) concernenti servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari come riportati nell'allegato I al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, servizi forniti da banche centrali e operazioni concluse con il Fondo europeo di stabilità finanziaria e il meccanismo europeo di stabilità;

l) concernenti i prestiti, a prescindere dal fatto che siano correlati all'emissione, alla vendita, all'acquisto o al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari;

m) concernenti i contratti di lavoro;

n) concernenti servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro identificati con i codici CPV 75250000-3, 75251000-0, 75251100-1, 75251110-4, 75251120-7, 75252000-7, 75222000-8; 98113100-9 e 85143000-3 ad eccezione dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza;

n-bis) concernenti gli acquisti:

1) di munizioni forzate, ai fini dell'obbligatoria prova delle armi da fuoco, precedente alla commercializzazione di queste ultime, nonché delle correlate cabine di sparo;

2) delle attrezzature necessarie alle prove di resistenza, all'impatto di proiettili sparati con armi da fuoco, relative a serramenti e vetri blindati, elmetti, giubbotti, componenti di autoblindo, furgoni e simili;

3) di ricambi afferenti alle attrezzature di cui al numero 2)1;

n-ter) concernenti i servizi di manutenzione afferenti alle attrezzature di cui alla lettera n-bis), numero 2)2;

o) concernenti i servizi di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia o metropolitana;

p) concernenti servizi connessi a campagne politiche, identificati con i codici CPV 79341400-0, 92111230-3 e 92111240-6, se aggiudicati da un partito politico nel contesto di una campagna elettorale per gli appalti relativi ai settori ordinari e alle concessioni;

q) aventi ad oggetto l'acquisto di prodotti agricoli e alimentari per un valore non superiore a 20.000 euro annui per ciascuna impresa, da imprese agricole singole o associate situate in comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT, ovvero ricompresi nella circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 141 del 18 giugno 1993, nonché nei comuni delle isole minori di cui all'allegato A annesso alla legge 28 dicembre 2001, n. 448.

2. Le disposizioni del codice relative ai settori ordinari non si applicano anche al caso in cui un'amministrazione pubblica stipuli una convenzione con la quale un soggetto pubblico o privato si impegni alla realizzazione, a sua totale cura e spesa e previo ottenimento di tutte le necessarie autorizzazioni, di un'opera pubblica o di un suo lotto funzionale o di parte dell'opera prevista nell'ambito di strumenti o programmi urbanistici, fermo restando il rispetto degli articoli 94, 95 e 98.

Inquadramento

L'articolo in commento, composto da due commi di cui il primo articolato in diverse lettere, racchiude al suo interno le ipotesi di appalti nei settori ordinari esclusi dall'ambito di applicazione codicistico.

Volendo operare un raffronto con il Codice previgente, le fattispecie di esclusione ivi contenute ricalcano quelle originariamente previste dagli artt. 9,15,16,17,17-bis e 20 del d.lgs. n. 50/2016, eccezion fatta per quelle specificamente riferite agli appalti nei settori speciali e alle concessioni, che trovano ora la loro previsione nelle pertinenti parti del Codice (rispettivamente agli artt. 142 e 181).

Al di là della differente tecnica legislativa utilizzata, si tratta pur sempre delle esclusioni ricavate dalla Direttiva n. 2014/24/UE – e segnatamente dai relativi artt. 8 (comunicazioni elettroniche), 9 (appalti aggiudicati in base a norme internazionali), 10 (appalti di servizi riferiti a determinati oggetti, quali ad esempio lavoro, servizi legali, arbitrati e conciliazioni, servizi finanziari, servizi di media, ecc.) e 11 (appalti di servizi aggiudicati in base a un diritto esclusivo) – alle quali si aggiungono gli appalti aventi ad oggetto l'acquisto di prodotti agricoli per importi ridotti, in continuità con la ricordata previsione di cui all'art. 17-bis del precedente Codice, nonché le opere pubbliche realizzate a cura e spese del privato nell'ambito di strumenti o programmi urbanistici.

Emerge ancora una volta, con l'articolo in commento, l'intento del legislatore di riorganizzare la disciplina di settore in una veste più ordinata, concentrando in un'unica sedes materiae ipotesi di esclusione relative ad appalti nei settori ordinari precedentemente ‘sparpagliate' in articoli diversi ed eterogenei, al contempo tuttavia introducendo una ‘differenziazione di sede' per le corrispondenti fattispecie riferite agli appalti nei settori speciali e alle concessioni.

Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)

Il Decreto correttivo è intervenuto ad ampliare il novero delle fattispecie di appalti esclusi dall'ambito di applicazione del Codice nei settori ordinari (art. 56). In particolare, oltre alle fattispecie originariamente previste dalla disposizione, sono ora altresì esclusi: (i) gli acquisti concernenti munizioni forzate, nonché attrezzature necessarie alle prove di resistenza, all'impatto di proiettili sparati con armi da fuoco, relative a serramenti e vetri blindati, elmetti, giubbotti, componenti di autoblindo, furgoni e simili, unitamente ai contratti concernenti i ricambi delle medesime attrezzature (art. 56, comma 1, lett. n-bis); (ii) i contratti concernenti i servizi di manutenzione afferenti alle suddette attrezzature (art. 56, comma 1, lett. n-ter).

L'esclusione degli appalti di servizi basati su un diritto esclusivo

Il primo comma, lett. a) dell'art. 56 del Codice – in continuità con quanto previsto sul punto dall'art. 9 del d.lgs. n. 50/2016 – prevede l'esclusione dall'ambito di applicazione codicistico, limitatamente ai settori ordinari, degli appalti di servizi aggiudicati da una stazione appaltante in favore di un'altra stazione appaltante o di un'associazione di stazioni appaltanti in base ad un diritto esclusivo (es. concessioni minerarie) di cui esse beneficino in virtù di disposizioni legislative o regolamentari o di disposizioni amministrative pubblicate che siano compatibili con il Trattato sul funzionamento dell'UE.

In questo caso, l'elemento cardine, ai fini dell'esclusione dall'ambito di operatività del Codice, è la presenza di un “diritto concesso da un'autorità competente di uno Stato membro [...] avente l'effetto di riservare ad un unico operatore economico l'esercizio di un'attività e di incidere sostanzialmente sulla capacità di operatori economici di esercitare tale attività” (art. 5, Direttiva n. 2014/23/UE).

In particolare, la categoria dei diritti esclusivi è frutto della presa d'atto, da parte del diritto dell'Unione, dell'interesse degli Stati a garantire l'equilibrio economico e finanziario delle imprese incaricate di svolgere servizi pubblici (recte, servizi d'interesse economico generale), costituendo in loro favore una situazione di monopolio legale che, in quanto tale, si pone in contrasto con le regole della concorrenza e della libertà di mercato. In forza di ciò, solo il rispetto del principio di proporzionalità della misura (i.e. il diritto esclusivo) può porsi come argine alla possibile violazione delle norme sulla concorrenza.

La Corte di giustizia dell'Unione europea ha sottolineato che “gli Stati membri possono conferire ad un'impresa [...] diritti esclusivi che possono restringere, o addirittura impedire, la concorrenza nella misura in cui ciò è necessario per consentirgli l'adempimento della sua funzione di interesse generale e, in particolare, di beneficiare di condizioni economicamente accettabili. A questo proposito, emerge [...] che non è necessario che risulti minacciato l'equilibrio finanziario o la redditività economica dell'impresa incaricata della gestione di un servizio di interesse economico generale. È sufficiente che, in mancanza dei diritti controversi, possa risultare compromesso l'adempimento delle specifiche funzioni assegnate all'impresa, o che il mantenimento di tali diritti sia necessario per consentire al loro titolare di adempiere le funzioni di interesse economico generale affidategli in condizioni economicamente accettabili” (Corte giustizia UE I, causa C-162/06 del 2007; Corte giustizia UE, causa C-320/91 1993; Corte giustizia UE, causa C-340/99 del 2001).

Ratio dell'esclusione

Dal punto di vista della ratio, la norma in esame mira a contemperare l'interesse degli Stati a ‘riservare' ad enti pubblici talune attività ritenute di interesse generale con l'esigenza di una progressiva apertura dei relativi mercati di riferimento. È per questa ragione che la portata della deroga va commisurata, anzitutto, alla tipologia delle attività, non offerte dal mercato e da eseguire in vista del soddisfacimento di un interesse pubblico.

Quest'ultimo aspetto consente di differenziare il modello di affidamento diretto previsto dalla norma in oggetto da quello in house: infatti, ferma la differenza d'oggetto (limitato, nel caso di specie, ai soli servizi), nell'ipotesi di contratto di servizio aggiudicato in base ad un diritto esclusivo, l'esclusione si giustifica in virtù della natura ‘riservata' dell'attività oggetto del negozio e non già del rapporto, sostanzialmente inter-organico, che lega le parti contrattuali (come nel fenomeno dell' in house providing) (Giustiniani).

La giurisprudenza che si era misurata sull'art. 19, comma 2, d.lgs. n. 163/2006 (ossia la disposizione progenitrice di quella da cui a sua deriva quella in commento) aveva individuato la ratio dell'esclusione de qua nell'esigenza di garantire autonomia organizzativa alla P.A. In altre parole, secondo questo orientamento, l'affidamento diretto di un appalto di servizi in favore di una stazione appaltante (o di un'associazione fra stazioni appaltanti) titolare di un diritto esclusivo si fonda sull'assenza di esternalizzazione: l'affidamento dell'appalto di servizi ad una diversa stazione appaltante è una diversa modalità organizzativa per la gestione del servizio, sostanzialmente riconducibile alla medesima amministrazione – sebbene distinta dall'in house providing per l'assenza di del rapporto di delegazione interorganica.

A ben vedere, la titolarità del diritto esclusivo risulta la chiave di volta di tutte le esclusioni previste dall'art. 9: si tratta di servizi riservati ad un certo soggetto in maniera conforme al diritto dell'UE.

Quando il diritto esclusivo è concesso a una stazione appaltante, si tratta di un'attività riservata in maniera più o meno diretta alla mano pubblica, dunque sottratta alla concorrenza, oltreché non esternalizzata, in termini sostanziali. Quando tale diritto è concesso ad un operatore economico, si tratta di una posizione monopolistica (eventualmente regionale).

L'affidamento diretto di tali contratti dipende dunque dalla riserva a prestare un dato servizio garantita dall'ordinamento ad un certo soggetto (pubblico o privato), purché legittima alla stregua del diritto europeo: se legittimato a prestare il servizio è un solo soggetto, non ha senso indire una gara. Tale riserva è legittima secondo il diritto dell'Unione in presenza di situazioni peculiari che sconsiglino l'apertura alla concorrenza e purché il fallimento del mercato che da esse deriverebbe sia evitato da una regolazione adeguata, in grado di avvicinare artificialmente la performance economica del titolare del diritto esclusivo a quella di un soggetto esposto alla concorrenza.

L'esclusione di tali contratti (cioè il loro affidamento diretto) riposa, pertanto, sull'arretramento del principio di concorrenza rispetto ad altre esigenze, purché adeguatamente compensato dalla regolazione del mercato (Follieri).

L'indebolimento del Codice riguardo esclusioni parzialmente indeterminate

L'indiscussa necessità di recepire le direttive in materia, armonizzandole con l'ordinamento interno, viene attuata dalla norma in commento mediante il riferimento a norme parzialmente indeterminate, che sembra, a parere di chi scrive, porsi in antitesi con lo spirito dell'intero Codice sminuendo sotto il profilo strutturale, le ambizioni del provvedimento stesso.

Con la disposizione in commento, infatti, il Codice rinuncia ad essere un sistema autosufficiente, accettando una propria autolimitazione con un rinvio a norme non esattamente individuate. La norma si presenta come parzialmente ‘in bianco', e reca in sé un precetto sostanzialmente indefinito. Può di converso affermarsi che l'articolo ammetta tale deroga guardando, innanzitutto, alla normativa sovranazionale ed ai suoi principi.

Infatti, la non applicabilità della disciplina codicistica è disposta anche nell'ipotesi in cui il diritto esclusivo sia attribuito ad un operatore economico compatibilmente con quanto previsto dal TFUE.

Esclusioni nel settore delle comunicazioni elettroniche

In continuità con l'art. 15 del d.lgs. n. 50/2016 ed in attuazione dell'art. 8 della Direttiva n. 2014/24/UE e dell'art. 11 della Direttiva n. 2014/23/UE, l'art. 56, comma 1, lett. b), prevede una specifica esclusione dall'ambito di applicazione della disciplina codicistica per il settore delle comunicazioni elettroniche.

Più precisamente, ai sensi della norma in commento, le disposizioni codicistiche non si applicano agli appalti nei settori ordinari finalizzati a permettere alle stazioni appaltanti la messa a disposizione o la gestione delle reti pubbliche di telecomunicazioni o la prestazione al pubblico di uno o più servizi di comunicazioni elettroniche.

Nell'offrire una definizione delle nozioni di “rete di comunicazione” e di “servizio di comunicazione elettronica”, la norma compie un esplicito richiamo al d.lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), così come modificato dal d.lgs. n. 70/2012 in attuazione della Direttiva n. 2009/140/CE.

L'art. 1 del Codice delle comunicazioni elettroniche, a tal proposito, specifica che la rete pubblica di comunicazioni è “una rete di comunicazione elettronica utilizzata interamente o prevalentemente per fornire servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, che supporta il trasferimento di informazioni tra i punti terminali di reti” (comma 1, lett. aa)), mentre i servizi di comunicazione elettronica sono “i servizi, forniti di norma a pagamento, consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazione elettronica, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva, ad esclusione dei servizi che forniscono contenuti trasmessi utilizzando reti e servizi di comunicazione elettronica o che esercitano un controllo editoriale su tali contenuti; sono inoltre esclusi i servizi della società dell'informazione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, non consistenti interamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazione elettronica” (comma 1, lett. gg)).

La ratio dell'esclusione

La ratio della disciplina dettata dalla disposizione in commento è riconducibile alla particolare natura di un settore il quale, in ragione della sua valenza altamente strategica, è suscettibile di giocare un ruolo assai incisivo tanto nella vita economica dello Stato, quanto in quella dei singoli cittadini (Viola).

In particolare, l'esclusione dall'ambito applicativo della disciplina codicistica del settore delle comunicazioni elettronica è riconducibile ad un duplice ordine di ragioni: i) da un lato, viene in considerazione la potenziale capacità distorsiva delle dinamiche concorrenziali, connessa all'influenza delle P.A. sui comportamenti dei soggetti preposti al settore delle comunicazioni elettroniche; ii) dall'altro lato, rileva la peculiare struttura (tradizionalmente chiusa) del mercato di riferimento in cui detti soggetti operano, legata alla concessione, da parte degli Stati, di diritti speciali ed esclusivi in relazione all'approvvigionamento, all'apertura o alla gestione delle reti del servizio (Viola).

L'esatta portata applicativa dell'esclusione

Dal punto di vista letterale, le esclusioni disposte dalla disposizione in commento riguardano solamente le procedure di gara poste in essere da parte delle stazioni appaltanti che gestiscono reti di telecomunicazione o che prestano servizi di comunicazione elettronica, al fine di individuare contraenti privati che svolgano attività strumentali alla gestione di reti pubbliche di telecomunicazioni e alla prestazione al pubblico di servizi di comunicazione elettronica, ossia attività diverse dalla gestione delle reti pubbliche di telecomunicazioni e dalla prestazione al pubblico di servizi di comunicazione elettronica.

Al contrario, l'esclusione non sembra riguardare le procedure di selezione del contraente per la gestione delle reti pubbliche di telecomunicazione e per la prestazione al pubblico di servizi di comunicazione elettronica.

Sennonché, la liberalizzazione del settore in oggetto non parrebbe in grado di giustificare l'esenzione dall'obbligo di seguire le procedure codicistiche per le stazioni appaltanti che operano in tale settore e che necessitano di individuare i contraenti privati che possano rifornirle dei beni e dei servizi di cui hanno bisogno, in chiave strumentale alla gestione delle reti di telecomunicazione o dei servizi di comunicazione elettronica (Follieri, p. 259). In termini generali, infatti, l'applicazione della disciplina codicistica mira a imporre di scegliere la controparte contrattuale in maniera economicamente razionale a soggetti per così dire ‘immuni' dalle conseguenze delle loro scelte economicamente irrazionali ossia – in ultima analisi – alle pubbliche amministrazioni e ai soggetti giuridici ad esse assimilabili, che potrebbero astrattamente permettersi di scegliere le proprie controparti contrattuali sulla base di logiche diverse da quelle di mercato, senza per questo rischiare di subire le conseguenze delle loro scelte economiche errate, in ragione del finanziamento pubblico di cui beneficiano (Follieri, p. 259).

Se anche l'autentica ratio delle esclusioni dell'articolo in commento fosse da rinvenirsi nella valenza strategica della gestione delle reti fisse di telecomunicazione e della prestazione dei servizi di comunicazione elettronica – come del resto sostiene autorevole dottrina (Viola) – tale valenza strategica potrebbe legittimare al più l'esclusione dall'ambito applicativo del Codice di quelle attività, e non già delle attività ad esse strumentali. Peraltro, posto che le attività principali sono già state liberalizzate e dunque incluse nei settori ordinari, come potrebbe giustificarsi l'esclusione dei contratti strumentali? (Follieri, p. 259).

Dalle argomentazioni che precedono, possono alternativamente discendere due conclusioni: i) o si aderisce ad un'interpretazione teleologicamente orientata della norma, secondo cui ad essere esclusi dall'ambito applicativo del Codice sarebbero i contratti relativi alla messa a disposizione e/o alla gestione delle reti pubbliche di telecomunicazioni ed alla prestazione di servizi di comunicazione elettronica, ii) oppure, se si accede all'interpretazione letterale che riferisce l'esclusione agli affidamenti delle attività strumentali alla gestione delle reti e alla prestazione dei servizi, l'esclusione stessa dovrebbe ritenersi priva di giustificazione (Follieri, p. 260).

L'esclusione degli appalti aggiudicati o organizzati in base a norme internazionali

L'art. 56, comma 1, lett. c) – il quale, in continuità con quanto previsto sul punto dall'art. 16 del d.lgs. n. 50/2016, costituisce il recepimento dell'art. 9 della Direttiva n. 2014/24/UE e dell'art. 20 della direttiva n. 2014/25/UEesclude dall'ambito di applicazione oggettivo del Codice gli appalti pubblici aggiudicati o organizzati in base a norme internazionali.

Tali esclusioni affondano le proprie radici nel ventiduesimo Considerando della Direttiva n. 2014/24/UE, secondo cui la direttiva medesima, “in quanto destinata agli Stati membri”, non si dovrebbe applicare con riferimento “ad appalti gestiti da organizzazioni internazionali, a nome proprio e per proprio conto”.

Lo stesso Considerando evidenzia come sia “tuttavia opportuno precisare in che misura la presente direttiva debba applicarsi agli appalti disciplinati da specifiche nome internazionali”.

La disposizione in commento riunisce due ipotesi di esclusione del tutto eterogenee quanto all'oggetto, ma accomunate dalla medesima ratio, ossia la necessità di garantire l'applicazione di procedure di aggiudicazione diverse da quelle previste dal d.lgs. n. 50/2016, tutelando la specialità di tali procedure (Follieri, p. 260). Tali ipotesi saranno sviscerate nel prossimo paragrafo.

La prima ipotesi di esclusione contemplata dall'art. 56, comma 1, lett. c), riguarda gli appalti che le stazioni appaltanti sono tenute ad aggiudicare o ad organizzare nel rispetto di procedure diverse da quelle previste dal presente codice e stabilite alternativamente da: i) strumenti giuridici che creano obblighi internazionali, come ad esempio un accordo internazionale – concluso tra l'Italia e un Paese terzo in conformità con i trattati dell'Unione europea tra lo Stato e uno o più Paesi terzi e relative articolazioni – riguardante lavori, forniture o servizi destinati alla realizzazione congiunta o alla gestione congiunta di un progetto da parte dei soggetti firmatari; ii) un'organizzazione internazionale.

Si tratta, in buona sostanza, di procedure che trovano già la loro disciplina in fonti internazionali o sovranazionali, le cui regole vengono fatte prevalere su quelle interne, con una decisa applicazione del principio di specialità.

La seconda ipotesi di esclusione riguarda le procedure i) aggiudicate in base a norme previste da organizzazioni internazionali o da istituzioni finanziarie internazionali e ii) finanziate interamente dalle medesime organizzazioni o istituzioni; per i casi in cui l'intervento sia finanziato solo parzialmente dall'organizzazione o istituzione finanziaria internazionale in questione, il legislatore non ha stabilito tout court l'inapplicabilità del Codice, ma si è limitato a prevedere che in tali fattispecie spetti alle parti accordarsi sull'individuazione delle regole e delle procedure applicabili.

Affinché possa operare tale specifica esclusione deve quindi sussistere una duplice condizione: i) da un lato, la circostanza per cui la procedura sia aggiudicata in base a norme previste da organizzazioni o istituzioni finanziarie internazionali; ii) dall'altro lato, la provenienza dal medesimo soggetto giuridico internazionale dei finanziamenti destinati alla realizzazione dell'intervento a cui la procedura è preordinata.

Altre esclusioni specifiche per appalti di servizi

Il primo comma dell'articolo in commento, nelle lettere dalla e) alla p), riprende le “esclusioni specifiche” per appalti di servizi nei settori ordinari precedentemente contenute nell'art. 17 del d.lgs. n. 50/2016, a loro volta costituenti il recepimento dell'art. 10 della Direttiva n. 2014/24/UE.

La ratio della disposizione è esplicitata nei Considerando nn. 23, 24, 25, 26, 27, 28 e 29 della Direttiva n. 2014/24/UE, secondo cui per determinati affidamenti il principio di concorrenza, a livello transfrontaliero, viene meno o comunque occorre assicurarlo solo laddove vi sia un innalzamento del valore dell'appalto, come previsto per i servizi disciplinati dal Titolo III.

La disposizione in esame prevede una lunga elencazione di servizi tra cui, a titolo esemplificativo: appalti aventi ad oggetto acquisti o locazione di terreni, fabbricati; acquisto, sviluppo, produzione o coproduzione di programmi destinati ai servizi di media audiovisivi o radiofonici ecc.; servizi di arbitrato e conciliazione; servizi legali; rappresentanza legale in un arbitrato o in una conciliazione, in procedimenti giudiziari innanzi ad organi giurisdizionali o autorità di uno stato membro UE ovvero paese terzo od organi ed istituzioni internazionali; consulenza legale; servizi di certificazione ed autenticazione di documenti; servizi legali prestati da fiduciari; altri servizi legali connessi all'esercizio di pubblici poteri servizi finanziari relativi all'emissione, acquisto e vendita dei titoli o altri strumenti finanziari; servizi riferiti a prestiti, a prescindere che siano correlati all'emissione, vendita, acquisto o trasferimento di titoli o ad altri strumenti, servizi riferiti a contratti di lavori.

Contratti aventi ad oggetto l'acquisto o la locazione di terreni, fabbricati, immobili o altri beni

La lett. e) del primo comma dell'articolo in commento esclude dall'ambito di applicazione della disciplina codicistica gli appalti pubblici “aventi per oggetto l'acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni”, giustificata in primo luogo dal necessario rapporto che lega gli immobili al territorio in cui sono collocati.

La ratio dell'esclusione risiede nell'oggetto del contratto: l'amministrazione è interessata all'acquisto o all'uso di un dato immobile già esistente, caratterizzato da infungibilità e nel quale l'altro contraente non si impegna a svolgere alcun lavoro (deve trattarsi di beni immobili “esistenti”). L'unicità del bene rende perciò unica la controparte contrattuale e inutile (e sproporzionato) lo svolgimento di un confronto concorrenziale. Tale contratto è dunque sottratto ad obblighi di gara: esso sarà solo soggetto a pubblicazione – per permettere ai terzi di far valere l'assenza delle condizioni previste per l'esclusione (Follieri, 261).

Acquisto di programmi destinati ai servizi di media audiovisivi e radiofonici

Sono, altresì, esclusi dall'applicazione del Codice, ai sensi dell'art. 56, comma 1, lett. f), i contratti aventi ad oggetto l'acquisto, lo sviluppo, la produzione o coproduzione di programmi (o materiali associati ai programmi) destinati ai servizi di media audiovisivi o radiofonici che sono aggiudicati da fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici, ovvero gli appalti, anche nei settori speciali, e le concessioni concernenti il tempo di trasmissione o la fornitura di programmi aggiudicati ai fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici.

La disposizione in commento contempla l'inapplicabilità della disciplina ordinaria ai contratti strettamente connessi con i contenuti dei programmi di radio e di televisione (acquisto, sviluppo, produzioni, coproduzioni e le relative acquisizioni di tempo di trasmissione).

Sul tema preme precisare che dal ventitreesimo Considerando della Direttiva n. 2014/24/UE si desume una interpretazione restrittiva della norma, in coerenza con la ratio di tale eccezione. Infatti, è previsto che “l'aggiudicazione di appalti pubblici in relazione a taluni servizi media audiovisivi o radiofonici da parte di fornitori di servizi di media dovrebbe consentire di tenere conto di considerazioni di rilievo culturale e sociale che rendono inappropriata l'applicazione delle norme di aggiudicazione degli appalti. Per tali motivi si dovrebbe dunque prevedere un'eccezione per gli appalti pubblici di servizi, aggiudicati dagli stessi fornitori di servizi di media, aventi per oggetto l'acquisto, lo sviluppo, la produzione o la coproduzione di programmi pronti per essere diffusi e di altri servizi preparatori, quali quelli relativi alle sceneggiature o alle prestazioni artistiche necessarie alla realizzazione del programma. Si dovrebbe altresì precisare che tale esclusione dovrebbe applicarsi parimenti ai servizi radiotelevisivi e ai servizi a richiesta (servizi non lineari). Tuttavia, tale esclusione non dovrebbe applicarsi alla fornitura del materiale tecnico necessario alla produzione, alla coproduzione e alla trasmissione di tali programmi”.

Alla luce di quanto sopra, un'interpretazione rigorosa del dettato normativo impone di ricomprendere nell'ambito della disciplina sui contratti pubblici qualsiasi altra attività accessoria non espressamente menzionata dalla disposizione in esame, considerato che la ratio dell'esclusione è da rinvenire nella rilevanza culturale e sociale di tali attività, che rendono inadeguata l'applicazione della disciplina generale sull'aggiudicazione degli appalti (D'Ottavi).

Appalti concernenti i servizi di arbitrato e di conciliazione

Sono esclusi dall'applicazione del Codice anche i contratti concernenti servizi di arbitrato e conciliazione e, in generale, forme analoghe di alternative dispute resolution, in ragione del carattere infungibile delle prestazioni, che prevedono modalità di selezione non disciplinabili attraverso le comuni norme sull'aggiudicazione degli appalti.

Infatti, secondo il Considerando n. 24 della Direttiva n. 2014/24/UE, i servizi di arbitrato e conciliazione e le “altre forme analoghe di risoluzione alternava delle controversie sono di norma prestali da organismi o persone approvati, o selezionati, secondo modalità che non possono essere disciplinate da nome di aggiudicazione degli appalti. Occorre precisare che la presente direttiva non si applica agli appalti di servizi per la fornitura di tali servizi indipendentemente dalla loro denominazione nel diritto interno”.

È stato innanzitutto ritenuto che vi rientrino pienamente i) l'arbitrato c.d. rituale disciplinato dagli artt. 806 ss. c.p.c., ii) l'arbitrato c.d. irrituale, in quanto anch'esso considerato di natura privata, iii) il c.d. arbitraggio di cui all'art. 1349 c.c., definito come l'atto mediante il quale un terzo, detto arbitratore, determina su incarico delle parti uno degli elementi del loro rapporto contrattuale e iv) la perizia contrattuale, figura utilizzata spesso nelle ipotesi in cui le parti stabiliscono, in funzione di prevenzione di controversie, che l'importo di un indennizzo sarà determinato da un esperto o da un collegio di esperti. In generale, l'esclusione sembra essere estesa a tutti i contratti per i servizi di conciliazione, laddove si può riscontrare un carattere di infungibilità delle prestazioni collegate.

Sul tema, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con la decisione n. C-264/2018, ha precisato che i servizi di arbitrato e di conciliazione e le altre forme analoghe di risoluzione alternativa delle controversie sono selezionati secondo modalità che non possono essere disciplinate da norme di aggiudicazione degli appalti. Infatti, gli arbitri e i conciliatori devono sempre essere accettati da tutte le parti della controversia e sono designati di comune accordo da queste ultime. Pertanto, un ente pubblico che lanci una procedura di aggiudicazione di appalti pubblici per un servizio di arbitrato o di conciliazione non potrebbe imporre all'altra parte l'aggiudicatario di tale appalto in quanto arbitro o conciliatore comune.

La Corte, nella predetta pronuncia, ha altresì precisato che risponde allo stesso principio l'esclusione dall'ambito di applicazione della direttiva sugli appalti di tutti i servizi che possono essere forniti da un avvocato a un'amministrazione aggiudicatrice nell'ambito di un procedimento dinanzi a un organo internazionale di arbitrato o di conciliazione, dinanzi ai giudici o alle autorità pubbliche di uno Stato membro o di un paese terzo, nonché dinanzi ai giudici o alle istituzioni internazionali, ma anche la consulenza legale fornita nell'ambito della preparazione o dell'eventualità di un siffatto procedimento. Simili prestazioni di servizi fornite da un avvocato si configurano solo nell'ambito di un rapporto intuitu personae tra l'avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla massima riservatezza.

Peraltro, la riservatezza del rapporto tra avvocato e cliente, il cui oggetto consiste, in particolare nelle circostanze descritte al punto 35 della presente sentenza, tanto nel salvaguardare il pieno esercizio dei diritti della difesa dei singoli quanto nel tutelare il requisito secondo il quale ogni singolo deve avere la possibilità di rivolgersi con piena libertà al proprio avvocato (v., in tal senso, sent. del 18 maggio 1982, AM & amp; S Europe/Commissione, 155/79, EU:C:1982:157, punto 18), potrebbe essere minacciata dall'obbligo, incombente sull'amministrazione aggiudicatrice, di precisare le condizioni di attribuzione di un siffatto appalto nonché la pubblicità che deve essere data a tali condizioni.

Ne consegue che, alla luce delle loro caratteristiche oggettive, i servizi di cui all'art. 10, lett. d), i) e ii), della Dir. n. 2014/24/UE, non sono comparabili agli altri servizi inclusi nell'ambito di applicazione della direttiva medesima. Tenuto conto di tale differenza oggettiva, senza violare il principio della parità di trattamento che il legislatore dell'Unione ha potuto, nell'ambito del suo potere discrezionale, escludere tali servizi dall'ambito di applicazione di detta direttiva (cfr. Corte di G iustizia UE, dec. C-264/2018).

Appalti concernenti servizi legali

Sono altresì escluse dall'ambito di applicazione del Codice le attività di rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato negli “arbitrati” e nelle “conciliazioni” (di cui al paragrafo precedente) e nei “procedimenti giudiziari davanti ad organi giurisdizionali od autorità pubbliche”.

A questi servizi si associano quelli di consulenza legale forniti in preparazione del contenzioso.

L'affidamento dei servizi legali costituisce da sempre una delle ipotesi maggiormente dibattuta e controversa tra quelle contemplate nella disposizione in commento, in quanto sull'inquadramento di tali servizi e sull'ampiezza dell'esenzione si sono registrati orientamenti difformi nella giurisprudenza contabile e amministrativa.

Dibattuta è anche la natura giuridica del contratto di difesa legale nell'ambito dell'appalto di servizi ovvero nell'ambito della prestazione di lavoro autonomo.

In particolare, secondo l'orientamento della magistratura contabile, gli incarichi legali aventi ad oggetto il singolo patrocinio legale sarebbero riconducibili agli affidamenti di servizi, non rilevando il carattere fiduciario, elemento, questo, ritenuto invece essenziale dal Consiglio di Stato. Infatti, diversamente dalla giurisprudenza contabile, in epoca risalente quella amministrativa escludeva la necessità di ricorrere a una specifica procedura di gara per il conferimento di incarichi legali valorizzando il dato letterale delle direttive eurounitarie, che espressamente sottraevano dall'applicazione della relativa disciplina i servizi di arbitrato e conciliazione. In particolare, la giurisprudenza prevalente tendeva a distinguere i singoli incarichi di patrocinio legale relativi a specifici contenziosi, i quali si sarebbero sostanziati in contratti d'opera intellettuale, estranei al Codice, dalla disciplina dell'evidenza pubblica, dall'affidamento dei servizi legali complessivamente inteso, riconducibile invece nel novero dei contratti pubblici soggetti alla disciplina pubblicistica.

Tale soluzione risulta confermata alla luce della lett. h) del comma 1 dell'art. 56, che riprende sul punto l'art. 17 del previgente d.lgs. n. 50/2016, che annovera talune prestazioni legali tra i servizi espressamente esclusi dell'applicazione del Codice e dettaglia i differenti regimi applicabili alle varie attività professionali.

In modo particolare, non sono soggetti alla disciplina pubblicistica sugli affidamenti i servizi legali di rappresentanza in giudizio, di consulenza in preparazione di un giudizio o connessi all'esercizio di pubblici poteri.

In vigenza dell'art. 17 del d.lgs. n. 50/2016, era stato osservato come anche il semplice conferimento di un incarico legale costituisse un appalto di servizi, non più affidabile secondo le norme del codice civile sul contratto di prestazione d'opera intellettuale; era necessario, infatti, rispettare i principi generali richiamati dall'art. 4 del citato d.lgs. n. 50/2016, con obbligo delle amministrazioni di definire una procedura che consentisse l'iscrizione degli avvocati in appositi elenchi, nel rispetto del principio di rotazione.

Con l'entrata in vigore del nuovo Codice, come si è visto in sede di commento all'art. 13, non è chiaro se l'affidamento dei contratti ‘esclusi' (e quindi anche dei servizi legali di cui alla disposizione in commento) possa avvenire in maniera slegata da qualsivoglia vincolo di natura pubblicistica (con conseguente ‘reviviscenza' della disciplina civilistica sui contratti di prestazione d'opera intellettuale) oppure se debba sottostare quantomeno ai princìpi fondamentali del risultato, della fiducia e dell'accesso al mercato, enunciati e declinati dai primi tre articoli del d.lgs. n. 36/2023.

Ciò posto, i servizi legali diversi da quelli elencati nella disposizione in esame (ossia, in buona sostanza, i servizi legali diversi da quelli strettamente connessi al contenzioso) restano evidentemente soggetti all'applicazione delle norme del Codice. In vigenza del d.lgs. n. 50/2016, i c.d. “ altri servizi legali” riferibili alle prestazioni di un avvocato e non connessi al contenzioso, erano inclusi nell'Allegato IX, per il quale il previgente Codice prevedeva l'affidamento con l'applicazione integrale delle norme di cui al d.lgs. n. 50/2016, eccezion fatta per una semplificazione relativa alla fase di pubblicità preventiva.

Sempre in vigenza del precedente Codice, l'ANAC, con delibera n. 907 del 24 ottobre 2017, a seguito delle perplessità manifestate dagli operatori del settore, aveva ritenuto necessario adottare delle apposite Linee guida (Linee guida n. 12) finalizzate a fornire indicazioni alle stazioni appaltanti per l'esatta individuazione delle tipologie di servizi legali rientranti nell'elenco di cui all'art. 17 e di quelli rientranti nella categoria di cui all'Allegato IX, e per le modalità di affidamento di tali servizi.

Il contenuto delle predette Linee guida può ritenersi ancora attuale quantomeno per quanto concerne la puntuale individuazione delle tipologie di incarichi legali rientranti nel perimetro dell'esclusione disposta dalla disposizione in parola.

Ci si riferisce, in particolare, ai servizi legali prestati alternativamente da: a) “fiduciari”; b) “tutori designati”; c) “fornitori di servizi legali designati da un organo giurisdizionale dello Stato”; d)“fornitori di servizi legali designati per legge per svolgere specifici compiti sotto la vigilanza di organi giurisdizionali dello Stato”; e) i servizi legali strettamente legati all'esercizio di pubblici poteri, che rappresentano un presupposto logico dell'esercizio del potere (“a titolo esemplificativo, può considerarsi connesso all'esercizio di pubblici poteri l'affidamento del singolo incarico di collaborazione per la redazione di proposte di elaborati normativi, di natura legislativa e regolamentare”).

Si tratta, quindi, essenzialmente delle ipotesi in cui l'affidamento riguardi la trattazione di una singola controversia o questione, in relazione a una specifica lite già esistente, ovvero l'attività difensiva da svolgersi nell'ambito di un singolo procedimento arbitrale, conciliativo o giurisdizionale, anche solo potenziale, nonché i servizi prestati da notai e relativi esclusivamente alla certificazione e autenticazione di documenti. In tali casi, l'incarico conferito ad hoc viene in rilievo quale contratto d'opera professionale di cui agli artt. 2229 e ss. del c.c. Non assume rilevanza, ai fini della disciplina applicabile, il valore economico del contratto.

Non sembra, invece, che il contenuto delle Linee guida n. 12 possa ritenersi ancora attuale per quanto concerne le specificazioni delle più idonee modalità di affidamento dei servizi legali ‘esclusi', posto che l'art. 13 del nuovo Codice sembrerebbe poter fondare (al massimo) la sottoposizione degli affidamenti di tali servizi unicamente ai princìpi del risultato, della fiducia e dell'accesso al mercato.

Infine, prima di passare all'analisi delle residue fattispecie di esclusione, può essere utile evidenziare che oggi “i servizi legali” (rectius: i servizi legali diversi da quelli esclusi) sono inclusi nell'Allegato codicistico II.14, il quale individua i servizi di ‘particolare importanza' di cui all'art. 114, comma 8, del Codice, per i quali è previsto che il RUP debba essere un soggetto diverso rispetto al direttore dell'esecuzione contrattuale.

Appalti concernenti servizi finanziari e prestiti

Una ulteriore esclusione dall'ambito di applicazione del Codice riguarda i “servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari come riportati nell'allegato I al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, servizi forniti da banche centrali e operazioni concluse con il Fondo Europeo di stabili tà finanziaria e il meccanismo e uropeo di stabilità” e i prestiti “a prescindere dal fatto che siano correlati all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari”.

Si tratta di cospicue tipologie di servizi finanziari, sia assicurativi che bancari.

La formulazione delle disposizioni in esame – art. 56, comma 1, lett. i) e lett. l) – riprende, sul punto, quella dell'art. 17 del d.lgs. n. 50/2016 e differisce da quella del Codice del 2006, che si limitava a elencare, all'art. 19, comma 1, lett. d), unicamente gli accordi “concernenti servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari, in particolare le operazioni di approvvigionamento in denaro o capitale delle stazioni appaltanti, nonché i servizi forniti dalla Banca d'Italia”.

L'esclusione dei servizi relativi ai titoli trae la sua giustificazione dalle peculiari caratteristiche dei prodotti finanziari, la cui negoziazione è imprescindibilmente connessa al ranking di affidabilità del singolo operatore unitamente alla valutazione di convenienza basata sulla solidità dell'impresa offerente. Diversamente, l'esclusione dei servizi offerti dalle banche centrali e conclusi con il Fondo Europeo di stabilità finanziaria e il MES (c.d. Fondo salva-Stati), trova la sua ratio nell'esigenza di non interferire con le politiche economiche, sia sotto il profilo di indirizzo della politica monetaria e del debito pubblico che sotto quello di gestione dei tassi di cambio e delle riserve ufficiali.

Appalti aventi ad oggetto servizi di difesa e protezione civile e trasporto passeggeri

Due ulteriori fattispecie di esclusione, previste dall'art. 56, comma 1, lett. n) e o) in continuità con il previgente art. 17 del Codice del 2016, riguardano i servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro identificati da alcuni specifici codici CPV.

Più precisamente, la lett. n) enuncia l'esclusione degli appalti concernenti “servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro identificati con i codici CPV 75250000-3, 75251000O, 75251100-1, 75251110-4, 75251120-7, 75252000-7, 75222000-8; 98113100-9 e 85143000-3 ad eccezione dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza”.

Si configura, quindi, un diverso regime per i servizi in ambulanza, i quali, per essere esclusi dall'applicazione della disciplina pubblicistica, devono consistere in servizi di medicina generale e specialistica resi in ambulanza ovvero in servizi di assistenza sanitaria.

La ratio dell'esclusione è da rinvenirsi nella natura particolare dei soggetti che prestano tali servizi: ossia le organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro. Infatti, nel Considerando 28 della Dir. n. 2014/24/UE è stato precisato che “il carattere particolare di tali organizzazioni sarebbe difficile da preservare qualora i prestatoti di servizi dovessero essere scelti secondo le procedure della direttiva. La loro esclusione non dovrebbe però essere estesa oltre lo stretto necessario”.

La questione è stata oggetto di numerose sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e dei tribunali nazionali.

Sul fronte comunitario, la Corte di Giustizia UE è intervenuta con la sent. del 28 gennaio 2016, nella causa C-50/14, chiarendo che è possibile attribuire, mediante affidamento diretto e senza pubblicità, a fronte di un rimborso delle spese, le attività di trasporto sanitario alle associazioni di volontariato.

In particolare, la Corte ha precisato che “gli artt. 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che consente alle autorità locali di attribuire la fornitura di servizi di trasporto sanitario mediante affidamento diretto, in assenza di qualsiasi forma di pubblicità, ad associazioni di volontariato, purché il contesto normativo e convenzionale in cui si svolge l'attività delle associazioni in parola contribuisca effettivamente a una finalità sociale e al perseguimento degli obiettivi di solidar ietà ed efficienza di bilancio. Qualora uno Stato membro consenta alle autorità pubbliche di ricorrere direttamente ad associazioni di volontariato per lo svolgimento di determinati compiti, un'autorità pubblica che intenda stipulare convenzioni con associazioni siffatte non è tenuta, ai sensi del diritto dell'Unione, a una previa comparazione delle proposte di varie associazioni.

Qualora uno Stato membro, che consente alle autorità pubbliche di ricorrere direttamente ad associazioni di volontariato per lo svolgimento di determinati compiti, autorizzi dette associazioni a esercitare determinate attività commerciali, spetta a tale Stato membro fissare i limiti entro i quali le suddette attività possono essere svolte. Detti limiti devono tuttavia garantire che le menzionate attività commerciali siano marginali rispetto all'insieme delle attività di tali associazioni, e siano di sostegno al perseguimento dell'attività di volontariato di queste ultime”.

Da ultimo si evidenzia che il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale ha sollevato una questione di pregiudizialità invitando la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, ai sensi dell'art. 267 TFUE, a pronunciarsi sul seguente quesito: “se l'art. 10, lett. h), della Direttiva n. 2014/24 UE – e con esso considerando 28 di tale direttiva – osti ad una normativa nazionale che preveda che i servizi di trasporto sanitario di emergenza ed urgenza possano essere affidati tramite convenzionamento, in via prioritaria, alle sole organizzazioni di volontariato – sempreché iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, nonché aderenti ad una rete associativa e accreditate secondo la normativa regionale di settore (ove esistente), ed a condizione che tale affidamento garantisca l'espletamento del servizio in un sistema di effettiva contribuzione ad una finalità sociale e di perseguimento degli obiettivi di solidarietà, in condizioni di efficienza economica e adeguatezza, nonché nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione – senza contemplare, tra i possibili affidatari, le altre organizzazioni prive di scopo di lucro e, più specificamente, le cooperative sociali, quali imprese sociali non aventi finalità lucrative” (cfr. Cons. St. III, n. 536/2021).

La Corte di giustizia UE si è pronunciata su tale rinvio pregiudiziale chiarendo che “l'articolo 10, lettera h), della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede che servizi di trasporto sanitario di urgenza ed emergenza possano essere attribuiti mediante convenzione, in via prioritaria, soltanto a organizzazioni di volontariato e non a cooperative sociali che possono distribuire ai soci ristorni correlati alle loro attività” (Corte giust. UE, Sez. VIII, 7 luglio 2022).

Ulteriori fattispecie escluse

Il primo comma dell'art. 56 contempla ulteriori ipotesi di esclusione precedentemente previste dall'art. 17 del d.lgs. n. 50/2016.

Si tratta, più specificamente, dell'esclusione dall'ambito di applicazione della disciplina codicistica degli appalti concernenti i contratti di lavoro e di quelli connessi a campagne politiche, identificati con i CPV 79341400-0, 92111230-3 e 92111240-6, laddove aggiudicati da un partito politico nel contesto di una campagna elettorale.

La ratio di tali esclusioni è evidente ed attiene rispettivamente all'intuitus personae che caratterizza la stipula degli appalti concernenti i contratti di lavoro e alla peculiare natura fiduciaria dei servizi relativi a campagne politiche, che in una democrazia rivestono senz'altro una rilevanza tale da escluderne la sottoposizione alla disciplina dell'evidenza pubblica.

L'esclusione degli appalti concernenti l'acquisto di prodotti agricoli o alimentari

Il comma dell'articolo in commento prevede, alla lett. q), un'ultima fattispecie di esclusione, mutuata dal previgente art. 17-bis del d.lgs. n. 50/2016 e concernente gli appalti aventi ad oggetto l'acquisto di prodotti agricoli o alimentari.

Tale esclusione non trova omologhi nelle direttive eurounitarie, e anche per questa ragione – non essendo una tale previsione ‘necessitata' dalle indicazioni del diritto dell'Unione europea – non era presente nella versione originaria del d.lgs. n. 50/2016. Sennonché, a seguito delle vibranti proteste delle organizzazioni rappresentative degli operatori economici del settore, che lamentavano come l'estensione alle imprese agricole dei vincoli normativi previsti per le procedure ad evidenza pubblica fosse suscettibile di comportare appesantimenti burocratici inutilmente vessatori, il legislatore si è ben presto convinto a dare soddisfazione a tali istanze mediante l'introduzione nel vecchio Codice dell'art. 17-bis, a cui l'articolo in commento succede in linea temporale.

Più precisamente, l'art. 56, comma 1, lett. q), d.lgs. n. 36/2023, esclude dall'ambito di applicazione oggettivo delle disposizioni codicistiche gli appalti aventi ad oggetto l'acquisto di prodotti agricoli e alimentari da imprese agricole singole o associate situate in Comuni montani ovvero in Comuni situati nelle c.d. isole minori, per un importo non superiore a 20.000 euro annui per ciascuna impresa (invero, la formulazione dell'articolo approvata in via preliminare quantificava tale soglia nel minore importo di 10.000 euro annui; tale importo è poi stato così innalzato in sede di approvazione finale del testo).

Già in epoca risalente, invero, l'art. 15 della l. n. 388/2000 (Legge Finanziaria per il 2001), riscrivendo parzialmente l'art. 17 della l. n. 97/1994 (c.d. legge sulla montagna), aveva previsto che nei territori montani gli enti locali potessero appaltare ai coltivatori diretti – oltre ai lavori di sistemazione e manutenzione del territorio montano – anche i lavori agricoli e forestali e il trasporto locale di persone.

Più precisamente, il citato articolo è andato a sostituire il previgente primo comma dell'art. 17 della l. n. 97/1994 con il seguente: “I coltivatori diretti, singoli o associati, i quali conducono aziende agricole ubicate nei comuni montani, in deroga alle vigenti disposizioni di legge possono assumere in appalto sia da enti pubblici che da privati, impiegando esclusivamente il lavoro proprio e dei familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile, nonché utilizzando esclusivamente macchine ed attrezzature di loro proprietà, lavori relativi alla sistemazione e manutenzione del territorio montano, quali lavori di forestazione, di costruzione di piste forestali, di arginatura, di sistemazione idraulica, di difesa dalle avversità atmosferiche e dagli incendi boschivi, nonché lavori agricoli e forestali tra i quali l'aratura, la semina, la potatura, la falciatura, la mietitrebbiatura, i trattamenti antiparassitari, la raccolta di prodotti agricoli, il taglio del bosco, per importi non superiori a cinquanta milioni di lire per ogni anno. Tale importo è rivalutato annualmente con decreto del Ministro competente in base all'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall'Istituto nazionale di statistica”.

Sempre ad opera del medesimo art. 15 della l. n. 388/2000, dopo tale primo comma sono stati inseriti i commi seguenti: i) comma 1-bis, ai sensi del quale “i lavori di cui al comma 1 non sono considerati prestazioni di servizi ai fini fiscali e non sono soggetti ad imposta, se sono resi tra soci di una stessa associazione non avente fini di lucro ed avente lo scopo di migliorare la situazione economica delle aziende agricole associate e lo scambio interaziendale di servizi”; ii) comma 1-ter, secondo cui “i soggetti di cui al comma 1 possono trasportare il latte fresco fino alla propria cooperativa per sé e per altri soci della stessa cooperativa impiegando mezzi di trasporto di loro proprietà, anche agricoli, iscritti nell'ufficio meccanizzazione agricola (UMA). Tale attività ai fini fiscali non è considerata quale prestazione di servizio e non è soggetta ad imposta”; iii) comma 1-quater, il quale prevede che “i contributi agricoli unificati versati dai coltivatori diretti all'INPS, gestione agricola, garantiscono la copertura assicurativa infortunistica per i soggetti e le attività di cui ai commi 1-bis e 1-ter”; iv) comma 1-quinquies, secondo cui “i soggetti di cui al comma 1 possono assumere in appalto da enti pubblici l'incarico di trasporto locale di persone, utilizzando esclusivamente automezzi di proprietà”.

La ratio di tale impianto normativo consiste nel favorire, mediante misure specifiche, le plurime attività svolte nei Comuni montani, ritenute indispensabili al fine di arrestare il persistente esodo delle forze produttive, facendo in modo che determinati lavori e servizi siano eseguiti in via prioritaria da operatori economici radicati sul territorio e mirando così a ridurre gli effetti negativi dei fenomeni calamitosi quali le alluvioni e gli incendi boschivi.

Per effetto delle integrazioni e delle modifiche all'art. 17 della l. n. 97/1994, sono stati dilatati la tipologia e l'importo dei lavori che le stazioni appaltanti possono affidare in appalto, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, ai coltivatori diretti (singoli o associati) i quali conducano aziende agricole situate nei Comuni montani e utilizzino in via esclusiva il lavoro proprio e quello dei familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo) e attrezzature e macchine di loro proprietà.

Più precisamente, in forza della citata norma, oltre ai lavori relativi alla sistemazione e manutenzione del territorio montano (quali i lavori di forestazione, di costruzione di piste forestali, di arginature, di sistemazione idraulica, di difesa dalle avversità atmosferiche e dagli incendi boschivi), già previsti dall'originario primo comma dell'art. 17 della l. n. 97, i coltivatori diretti possono ricevere in appalto anche i lavori agricoli e forestali (aratura, sentina, potatura, falciatura, mietitrebbiatura, trattamento con antiparassitari, raccolta di prodotti agricoli, taglio del bosco) e il servizio del trasporto locale di persone mediante l'esclusivo utilizzo di automezzi di proprietà.

Con il medesimo intervento normativo è stato altresì incrementato l'importo massimo dei lavori appaltabili nel corso dell'anno, fino a 50 milioni delle vecchie lire.

Anche in questo caso la finalità perseguita a vantaggio delle comunità locali è duplice: l'incremento delle occasioni di reddito e il miglioramento dei servizi offerti che in molti casi possono essere mantenuti in vita solo affidandoli a risorse umane locali dedite ad altri lavori.

Tutto ciò premesso e considerato, nonostante il commendevole intento perseguito dal legislatore con la norma in parola (i.e. la promozione dell'agricoltura in zone in cui è complicato praticarla), è lecito nutrire qualche dubbio sull'utilità di tale esclusione, posto che tutti i contratti di importo inferiore a 140.000 euro (e quindi anche quelli aventi ad oggetto prodotti agroalimentari) potrebbero comunque essere affidati in via diretta ai sensi dell'art. 50, che disciplina le modalità di affidamento dei contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria (Follieri, 266).

Inoltre, a ben vedere, la possibilità di non applicare la disciplina dell'evidenza pubblica agli acquisti di prodotti agricoli avrebbe già potuto desumersi anche dalla preesistente normativa extracodicistica in materia di agricoltura.

Il d.lgs. n. 228/2001, recante “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della l. 5 marzo 2001, n. 57”, all'art. 15, stabilisce infatti che “al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio, le pubbliche amministrazioni, ivi compresi i consorzi di bonifica, possono stipulare convenzioni con gli im prenditori agricoli” e che tali convenzioni “definiscono le prestazioni delle pubbliche amministrazioni che possono consistere, nel rispetto degli o rientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura anche in finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le predette finalità le pubbliche amministrazioni, in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti d'appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 euro nel caso di imprenditori singoli, e 300.000 euro nel caso di imprenditori in forma associata”.

La norma prevede dunque la possibilità, per le pubbliche amministrazioni, di stipulare contratti d'appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore i) a 50.000 euro nel caso di imprenditori singoli, e ii) a 300.000 euro nel caso di imprenditori in forma associata.

Le opere pubbliche realizzate a spese del privato

Il secondo comma dell'art. 56 del Codice ricalca i contenuti del primo comma del previgente art. 20 del d.lgs. n. 50/2016, i cui restanti commi non sono invece stati riproposti.

In particolare, la disposizione in commento disciplina le ipotesi in cui una P.A. stipuli una convenzione – riconducibile al novero degli accordi sostitutivi di procedimenti amministrativi ai sensi dell'art. 11 della l. n. 241/1990 – con la quale un soggetto pubblico o privato si impegni alla realizzazione, a sua totale cura e spesa e previo ottenimento di tutte le necessarie autorizzazioni, di un'opera pubblica o di un suo lotto funzionale ovvero di parte di un'opera prevista nell'ambito di strumenti o programmi urbanistici.

La previsione delinea una peculiare forma di partecipazione della società civile nello sviluppo delle infrastrutture e delle opere pubbliche e costituisce una forma di attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all'art. 118 della Costituzione (Viola).

Il legislatore ha ritenuto opportuno sancire espressamente l'esclusione di tale istituto dalla disciplina dell'evidenza pubblica, anche a seguito di alcuni dubbi interpretativi che si erano posti a riguardo fin da epoca risalente. Infatti, con la Determinazione n. 4 del 2 aprile 2008, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (oggi ANAC) aveva affermato come la realizzazione da parte di privati di opere pubbliche oggetto di accordi convenzionali stipulati con le amministrazioni in attuazione di specifici programmi urbanistici dovesse essere subordinata all'adozione di procedure ad evidenza pubblica.

L'Autorità riconduceva gli accordi in commento nel novero dei cosiddetti programmi complessi, introdotti nel sistema nazionale di governo del territorio, al fine di trasferire sul piano negoziale sia i rapporti tra i soggetti pubblici coinvolti, sia quelli tra gli stessi soggetti pubblici e i soggetti privati interessati, attribuendo a questi ultimi un ruolo attivo nella politica di trasformazione territoriale.

Con la norma in commento, il legislatore ha inteso intervenire sulle ipotesi di realizzazione di opere pubbliche non qualificabili, in senso stretto, come opere di urbanizzazione, a condizione che: i ) vi sia una convenzione appositamente stipulata con l'amministrazione; ii ) il privato si accolli tanto la realizzazione dell'opera, quanto le relative spese; iii ) sia stato ottenuto ogni necessario provvedimento autorizzativo; iv ) l'opera sia prevista da uno strumento (o programma) urbanistico.

La giurisprudenza ritiene legittimo che un privato possa eseguire e portare a compimento un'opera pubblica a sue spese, rimarcando, d'altro canto, il dovere per la P.A. di pronunciarsi sulla domanda formulata dal privato in tal senso.

In via esemplificativa, con riferimento a una fattispecie relativa ad una convenzione urbanistica avente per oggetto la progettazione esecutiva e la realizzazione ‘extra-comparto' di opere viarie di urbanizzazione primaria, i giudici amministrativi hanno richiamato l'art. 20 al fine di affermare la relativa esclusione dall'ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici (T.A.R. Campania (Salerno) II, sentenza n. 367/2022).

Secondo il parere del Cons. St. n. 855/2016, reso sullo schema del previgente Codice, in relazione alla fattispecie in commento avrebbe dovuto essere fatta salva l'applicazione delle disposizioni sui requisiti morali di cui all'art. 80 del Codice. Il suggerimento del Supremo Organo di giustizia amministrativa è stato effettivamente recepito dapprima dall'art. 20 del d.lgs. n. 50/2016 e poi anche dalla disposizione in commento, che fa salva la necessaria osservanza degli artt. 94, 95 e 98.

Ciò in quanto la circostanza che l'opera sia realizzata a cura e spese del privato non toglie che, in ogni caso, si tratti di un'opera pubblica e che dunque sussista il cogente interesse della pubblica amministrazione alla sua corretta realizzazione da parte di un soggetto qualificato professionalmente e dotato dei requisiti morali. Non senza considerare che fattispecie di tal fatta (assunzione di opere pubbliche a cura e spese dei privati), non necessariamente sono connotate da liberalità o gratuità, essendovi ipotesi in cui l'accollo dell'opera pubblica costituisce la controprestazione del privato a fronte dello scomputo di oneri economici di urbanizzazione e costruzione di opere private (Caringella, Protto, 91-92).

Bibliografia

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