Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 108 - Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture.

Marco Giustiniani
Codice legge fallimentare

Artt. 35, 36, 50, 94, 95, 96, 97, 98, 99


Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture.

1. Fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici, le stazioni appaltanti procedono all'aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture e all'affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita, conformemente a quanto previsto dall'allegato II.8, con riguardo al costo del ciclo di vita.

2. Sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo:

a) i contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti dall'articolo 2, comma 1, lettera e), dell'allegato I.1;

b) i contratti relativi all'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro;

c) i contratti di servizi e le forniture di importo pari o superiore a 140.000 euro caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo;

d) gli affidamenti in caso di dialogo competitivo e di partenariato per l'innovazione;

e) gli affidamenti di appalto integrato;

f) i contratti relativi ai lavori caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o con carattere innovativo.

3. Può essere utilizzato il criterio del minor prezzo per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, fatta eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera di cui alla definizione dell'articolo 2, comma 1, lettera e), dell'allegato I.1.

4. I documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell'offerta, pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto. In particolare, l'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, è valutata sulla base di criteri oggettivi, di impatto economico, sociale e ambientale, connessi all'oggetto dell'appalto. La stazione appaltante, al fine di assicurare l'effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell'offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici. Nelle attività di approvvigionamento di beni e servizi informatici, le stazioni appaltanti, incluse le centrali di committenza, nella valutazione dell'elemento qualitativo ai fini dell'individuazione del miglior rapporto qualità prezzo per l'aggiudicazione, tengono sempre in considerazione gli elementi di cybersicurezza, attribuendovi specifico e peculiare rilievo nei casi in cui il contesto di impiego è connesso alla tutela degli interessi nazionali strategici. Nei casi di cui al quarto periodo, quando i beni e servizi informatici oggetto di appalto sono impiegati in un contesto connesso alla tutela degli interessi nazionali strategici, la stazione appaltante stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 10 per cento. Per i contratti ad alta intensità di manodopera, la stazione appaltante stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30 per cento 1.

5. L'elemento relativo al costo, anche nei casi di cui alle disposizioni richiamate al comma 1, può assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi.

6. I criteri di aggiudicazione sono considerati connessi all'oggetto dell'appalto quando riguardino lavori, forniture o servizi da fornire sotto qualsiasi aspetto e in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, compresi i fattori coinvolti nel processo specifico di produzione, fornitura o scambio di questi lavori, forniture o servizi o in un processo specifico per una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale.

7. I documenti di gara oppure, in caso di dialogo competitivo, il bando o il documento descrittivo indicano i singoli criteri di valutazione e la relativa ponderazione, anche prevedendo una forcella in cui lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato. Per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi. Ai fini della tutela della libera concorrenza e della promozione del pluralismo degli operatori nel mercato, le procedure relative agli affidamenti di cui al Libro II, parte IV, possono prevedere, nel bando di gara, nell'avviso o nell'invito, criteri premiali atti a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese nella valutazione dell'offerta e a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l'affidamento ad operatori economici con sede operativa nell'ambito territoriale di riferimento. Negli appalti di forniture o negli appalti misti che contengano elementi di un appalto di fornitura, i bandi di gara, gli avvisi, gli inviti possono prevedere criteri premiali atti a favorire la fornitura di prodotti da costruzione che rientrano in un sistema di scambio delle emissioni per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Le disposizioni di cui al terzo e quarto periodo si applicano compatibilmente con il diritto dell'Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità. Al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l'adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 1982.

8. Le stazioni appaltanti, quando ritengono la ponderazione di cui al comma 7 non possibile per ragioni oggettive, indicano nel bando di gara e nel capitolato d'oneri o, in caso di dialogo competitivo, nel bando o nel documento descrittivo, l'ordine decrescente di importanza dei criteri. Per attuare la ponderazione o comunque attribuire il punteggio a ciascun elemento dell'offerta, le stazioni appaltanti utilizzano metodologie che individuino con un unico parametro numerico finale l'offerta più vantaggiosa.

9. Nell'offerta economica l'operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale.

10. Le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all'aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all'oggetto del contratto. Tale facoltà è indicata espressamente nel bando di gara o invito nelle procedure senza bando e può essere esercitata non oltre il termine di trenta giorni dalla conclusione delle valutazioni delle offerte.

11. In caso di appalti di lavori aggiudicati con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del migliore rapporto qualità/prezzo, le stazioni appaltanti non possono attribuire alcun punteggio per l'offerta di opere o prestazioni aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d'asta 3.

12. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente al provvedimento di aggiudicazione, tenendo anche conto dell'eventuale inversione procedimentale, non è rilevante ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della soglia di anomalia delle offerte, eventualmente stabilita nei documenti di gara, e non produce conseguenze sui procedimenti relativi agli altri lotti della medesima gara.

Inquadramento

L'art. 108 del Codice costituisce il recepimento dell'art. 67 della Direttiva n. 2014/24/UE in tema di criteri di aggiudicazione degli appalti e ‘succede', in linea temporale, all'art. 95 del d.lgs. n. 50/2016.

Rispetto al regime delineato dal Codice previgente – eccezion fatta per alcuni interventi di ‘piccola manutenzione' e per l'eliminazione di alcuni commi recanti disposizioni di dettaglio e presumibilmente destinati a confluire in atti di normazione secondaria attuativi del Codice – l'articolo in commento si pone in una prospettiva di sostanziale continuità.

Quanto invece ai profili di innovazione, le novità principali sono essenzialmente quattro.

In primo luogo, come si vedrà meglio in seguito, non è stata riproposta la previsione che imponeva in via generalizzata un tetto massimo al punteggio economico, precedentemente fissato (appunto in via generalizzata e quindi con riferimento alla totalità delle procedure da affidare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa) al 30 per cento; il nuovo Codice, sul punto, ha previsto l'applicazione di un tetto massimo al punteggio economico non già per tutte le procedure ma solo in casi peculiari, fissandolo talvolta al 30 per cento e talvolta (addirittura) al 10 per cento.

In secondo luogo, con il dichiarato intento di favorire le imprese del territorio, si è cercato di valorizzare il c.d. ‘principio di prossimità'.

In terzo luogo, è stata prevista l'adozione di criteri premiali per gli operatori economici maggiormente attenti alla parità di genere.

In quarto e ultimo luogo, si è ritenuto di imporre alle stazioni appaltanti di attribuire rilievo agli elementi legati alla cybersicurezza, in particolar modo laddove siano in gioco interessi nazionali strategici.

Tra i commi eliminati in quanto recanti disposizioni di dettaglio suscettibili di essere ‘recuperati' in sede di normazione attuativa si annoverano i) quello che elencava in via esemplificativa una serie di criteri oggettivi e connessi all'oggetto dell'appalto che potevano essere utilizzati per la valutazione delle offerte, ii) quello che disciplinava i criteri premiali delle offerte e iii) quello che si occupava delle varianti in sede di offerta nelle ipotesi di utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

Ciò premesso, prima di addentrarci nell'analisi puntuale delle disposizioni recate dall'art. 108, è necessario muovere qualche cenno alle origini eurounitarie di tali disposizioni.

È noto che uno dei tratti caratterizzanti delle ultime direttive europee – nonché, di conseguenza, anche del Codice – è l'utilizzo dei criteri di aggiudicazione come leva per promuovere un innalzamento dei livelli qualitativi delle commesse pubbliche.

In quest'ottica, “i criteri di aggiudicazione concorrono e, anzi, sono il motore primo della spinta verso il raggiungimento di elevati standard qualitativi nel sistema degli appalti” (Iaria, Marrone, 692).

Si spiega così la generale preferenza accordata (come vedremo meglio in seguito) al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa intesa quale miglior rapporto qualità-prezzo, che ha i) come finalità immediata “incoraggiare maggiormente l'orientamento alla qualità degli appalti pubblici” (v. Considerando n. 90 della Direttiva n. 2014/24/UE) e ii) come finalità mediate – esterne alla contrattualistica pubblica – incentivare la ricerca e l'innovazione e perseguire un modello di sviluppo e di crescita sostenibile (v. Considerando n. 47 e n. 91 della Direttiva n. 2014/24/UE).

Con riguardo ai criteri per la selezione della migliore offerta fra quelle formulate dai concorrenti, si è soliti distinguere tra:

i ) il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo;

ii ) il criterio del prezzo più basso (maggior ribasso rispetto all'importo posto a base d'asta).

Invero, il tenore letterale dell'art. 108 riconduce tutti i possibili criteri di aggiudicazione (ivi compreso quello del minor prezzo) entro la categoria dell'offerta economicamente vantaggiosa.

La norma prevede infatti che le stazioni appaltanti – fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici e nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento – procedano all'aggiudicazione “sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita”.

In altri termini, la locuzione “offerta economicamente più vantaggiosa” viene oggi utilizzata per racchiudere una pluralità di criteri di aggiudicazione, che includono sia quelli che considerano la qualità unitamente al prezzo (ossia il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa tradizionalmente inteso), sia quelli che fanno riferimento al costo complessivo del contratto, sia quelli che valorizzano esclusivamente il profilo qualitativo.

Tale innovazione terminologica si fonda su una delle indicazioni della Direttiva n. 2014/24/UE, secondo cui la locuzione in parola dovrebbe riguardare tutti i criteri di aggiudicazione “dal momento che tutte le offerte vincenti dovrebbero essere infine scelte in base a quella che la singola amministrazione aggiudicatrice ritiene essere la migliore soluzione dal punto di vista economico tra quelle offerte” (Considerando n. 89).

In ogni caso, l'indicazione dei possibili criteri di aggiudicazione operata dal legislatore è di tipo tassativo.

Non è consentito alle pubbliche amministrazioni il ricorso a meccanismi di selezione di tipo diverso, salvi i casi espressamente previsti dalla legge e/o da disposizioni regolamentari o amministrative.

Il previgente art. 95 del d.lgs. n. 50/2016, al comma 1 specificava come tutti i criteri di aggiudicazione i) dovessero ritenersi finalizzati a garantire una “concorrenza effettiva”, ii) non potessero attribuire alla stazione appaltante “un potere di scelta illimitata dell'offerta” e iii) dovessero essere accompagnati da specifiche tali da consentire l'efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti.

Tale comma non è stato replicato dal legislatore del nuovo Codice.

Invero, appare comunque immanente al sistema il principio per cui il potere di scelta della stazione appaltante non possa essere illimitato e l'impianto della procedura di gara debba essere tale da consentire di verificare le informazioni fornite dai partecipanti.

Per quanto concerne invece la ‘sconfessata' strumentalità dei criteri di aggiudicazione alla realizzazione di una “ concorrenza effettiva , tale ‘sconfessione' appare coerente con il ‘taglio generale' che il legislatore ha inteso dare al nuovo Codice, per il quale il principio di concorrenza è declinato in chiave strumentale rispetto ai prioritari princìpi del risultato, della fiducia e dell'accesso al mercato.

Laddove la stazione appaltante decida di aggiudicare un contratto all'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo, tale offerta deve essere individuata dalla stazione appaltante mediante l'utilizzo di una serie di criteri di valutazione, che devono essere predefiniti dalla stazione appaltante medesima.

Nella scelta di questi criteri di valutazione e nella concreta declinazione degli stessi, le stazioni appaltanti sono guidate da una serie di regole poste direttamente dal legislatore.

Innanzitutto, ai sensi dell'art. 108, comma 4, d.lgs. n. 50/2016, i criteri devono essere “pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto” e devono essere stabiliti nei documenti di gara; più precisamente, ai sensi del comma 7 dell'art. 108, la documentazione di gara – oltre a dover indicare il criterio di aggiudicazione prescelto tra i due (rectius: tre) previsti dal Codice – deve elencare i criteri di valutazione e la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi.

I criteri valutativi devono possedere poi una caratteristica che non è espressamente prevista dal Codice ma che nondimeno è immanente al sistema in quanto discende dall'applicazione del principio di concorrenza: la c.d. idoneità a differenziare le offerte.

In buona sostanza, ciò significa che i criteri devono essere in grado di non appiattire le diverse offerte sui medesimi valori; da ciò discende che non possono essere utilizzati quali criteri di valutazione gli elementi minimi delle prestazioni contrattuali richieste, né i requisiti di qualificazione, i quali per definizione devono essere posseduti da tutti i concorrenti.

Sul punto, in vigenza del d.lgs. n. 50/2016, le Linee guida ANAC n. 2 avevano chiarito come le stazioni appaltanti dovessero individuare criteri di valutazione concretamente idonei ad evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte presentate dai concorrenti e a differenziare le stesse in ragione della rispondenza alle esigenze della committenza.

Inoltre, per non lasciare all'amministrazione un potere illimitato nella selezione delle offerte, i criteri di valutazione devono essere sufficientemente specifici e dettagliati da non lasciare eccessivi margini di scelta.

Sotto questo profilo, sussiste un “rapporto di proporzionalità inversa tra la specificità dei criteri e l'obbligo delle commissioni giudicatrici di motivare i punteggi; tanto maggiore è il livello di dettaglio dei criteri, tanto minore sarà il livello di approfondimento richiesto in sede di motivazione, tanto che, ove il criterio sia molto preciso, la motivazione potrà essere superflua e ritenersi sostanzialmente assorbita dall'espressione del punteggio” (Iaria, Marrone, 701).

In questo senso, è comunemente affermato che “nelle gare pubbliche, quanto alla valutazione delle offerte, il punteggio numerico espresso sui singoli elementi di valutazione costituisce adeguata e sufficiente motivazione quando l'apparato delle voci e sottovoci fornito dalla disciplina di gara è sufficientemente chiaro, analitico ed articolato, come nel caso di specie, sì da delimitare ragionevolmente il giudizio della commissione nell'ambito di un minimo ed un massimo e da rendere così altrettanto ragionevolmente comprensibile l'iter logico che ha condotto la commissione e i singoli commissari all'attribuzione dei punteggi ai singoli elementi di valutazione. Solo in difetto di tali condizioni si rende necessaria una motivazione dei punteggi numerici” (ex multis: T.A.R. Veneto I, 3 ottobre 2022, n. 1478; T.A.R. Lazio (Roma) I-ter, 21 febbraio 2022, n. 2017 e n. 2018; Cons. St. V, n. 225/2021).

Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)

Il Legislatore ha previsto al comma 7 che la stazione appaltante possa inserire nei documenti di gara due ulteriori criteri premiali: a) per gli operatori che, in contratti aventi oggetto analogo eseguiti negli ultimi cinque anni, hanno ottenuto il “premio di accelerazione” per l'anticipo nell'ultimazione di lavori (previsto per gli appalti di lavori dall'articolo 126, comma 2, ed esteso dal comma 2bis anche agli appalti di servizi e forniture); b) per gli operatori che, in contratti aventi oggetto analogo eseguiti negli ultimi dieci anni, hanno adempiuto correttamente “all'accordo di collaborazione” che viene inserito nel Codice mediante il nuovo Allegato II.6-bis, cui si fa rinvio.

È stato, inoltre, integrato il comma 11: nella precedente formulazione tale comma prevedeva che, nel caso di appalti di lavori aggiudicati con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, le stazioni appaltanti non possono attribuire alcun punteggio per l'offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d'asta. L'ultima riforma ha chiarito che tale limitazione riguarda, oltre alle opere aggiuntive, anche eventuali prestazioni aggiuntive.

La gerarchia tra i criteri di aggiudicazione

L'intenzione del legislatore di utilizzare la disciplina dei criteri di aggiudicazione come una leva per perseguire l'innalzamento qualitativo degli acquisti della pubblica amministrazione emerge nitidamente sol che si consideri la previsione (introdotta con il d.lgs. n. 50/2016 e confermata dal nuovo Codice) di una vera e propria gerarchia tra i criteri di aggiudicazione.

Il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, infatti, è assurto al rango di criterio di utilizzo generale, mentre il criterio del prezzo più basso è stato relegato a un ruolo meramente residuale, potendo essere utilizzato (come vedremo meglio in seguito) solamente in ipotesi tassative e precisamente nei casi di servizi e forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni siano definite dal mercato, e purché non si tratti di servizi ad alta intensità di manodopera.

In buona sostanza, mentre nel sistema normativo precedente alle direttive europee di ultima generazione (v. art. 81, d.lgs. n. 163/2006), vi era una sostanziale equiordinazione tra i due criteri di selezione delle offerte, con conseguente facoltà per le stazioni appaltanti di scegliere con “responsabile discrezionalità” (Cons. St. III, n. 5379/2018) quale criterio adottare, il legislatore del d.lgs. n. 50/2016 e quello della riforma (seppur con sfumature leggermente diverse) hanno optato per una netta preferenza in favore del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (rectius: per il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo).

Sul punto, può essere utile evidenziare brevemente anche in questa sede (rinviando per ogni considerazione più approfondita ai commenti relativi agli articoli del Codice appositamente dedicati alle procedure sottosoglia) come questo criterio di netta preferenza verso l'offerta economicamente più vantaggiosa valga solamente per le procedure di importo pari o superiore alle soglie europee.

Per le procedure sottosoglia infatti – sulla scia del revirement operato dal d.l. n. 32/2019 (c.d. decreto ‘Sblocca-cantieri') così come convertito dalla l. n. 55/2019, il quale, rispetto alla versione originaria del d.lgs. n. 50/2016, limitatamente agli affidamenti di contratti sotto-soglia aveva restituito al criterio del massimo ribasso pari dignità rispetto all'offerta economicamente più vantaggiosa intesa quale miglior rapporto qualità-prezzo – il nuovo Codice prevede che la stazione appaltante sia tendenzialmente libera di scegliere quale criterio di aggiudicazione utilizzare, senza necessità di dover motivare un'eventuale preferenza per il criterio del massimo ribasso, pur qualche eccezione.

Più precisamente, ed in continuità con quanto già previsto dal c.d. decreto ‘Sblocca-cantieri', mentre i contratti soprasoglia devono essere affidati con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa salvo che la stazione appaltante motivi espressamente un'eventuale preferenza per il massimo ribasso dando conto delle ragioni che ne legittimano l'utilizzo, quelli di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea possono essere indifferentemente affidati utilizzando l'uno o l'altro criterio, eccezion fatta per i contratti ad alta intensità di manodopera e per quelli di importo (inferiore alle soglie, ma) pari o superiore a 140.000 euro e relativi a servizi di ingegneria e architettura, a servizi di natura tecnica e/o intellettuale e a servizi e forniture caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o dal carattere innovativo.

Ciò in base al combinato disposto degli artt. 50, comma 4, e 108, comma 2, del Codice.

L'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo

Nel sistema delineato dal nuovo Codice, il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo è destinato ad avere un'applicazione generalizzata, seppur limitatamente alle procedure per l'aggiudicazione di contratti sopra-soglia.

Si tratta di un criterio che mira a valorizzare l'elemento qualitativo dell'offerta, pur non trascurando l'aspetto finanziario.

Affinché si possa applicare concretamente tale criterio, è necessario che la stazione appaltante indichi nella lex specialis di gara i criteri oggettivi (nonché necessariamente pertinenti e connessi all'oggetto dell'affidando contratto) sulla base dei quali individuerà, tra le offerte sottoposte alla sua valutazione, quella che presenta un miglior rapporto qualità/prezzo.

L'art. 108, comma 4, del Codice, prevede che l'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo sia individuata sulla base di criteri oggettivi e connessi all'oggetto dell'appalto quali “ gli aspetti qualitativi, ambientali e sociali”.

Inoltre, in virtù delle modifiche apportate al comma in esame in sede di approvazione finale del testo, si prevede altresì che le stazioni appaltanti: i) siano sempre tenute a valorizzare gli elementi qualitativi dell'offerta e ad individuare criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici; ii) nelle attività di approvvigionamento di beni e servizi informatici per la P.A., siano sempre obbligate a tenere in considerazione gli elementi di cybersicurezza, attribuendovi specifico e peculiare rilievo nei casi in cui il contesto di impiego sia connesso alla tutela degli interessi nazionali strategici.

A differenza dell'omologa previsione di cui all'art. 96, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016, il comma 4 dell'art. 108 non riproduce l'elencazione esemplificativa dei criteri che possono essere utilizzati, essendo tale elencazione suscettibile di essere eventualmente inserita in sede di normazione secondaria di carattere attuativo.

Tuttavia, al sesto comma dell'articolo in commento si prevede che servizi da fornire nell'ambito di tale appalto sotto qualsiasi aspetto e in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, compresi fattori coinvolti nel processo specifico di produzione, fornitura o scambio di questi lavori, forniture o servizi o in un processo specifico per una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale.

Ai sensi dell'art. 108, comma 7, d.lgs. n. 50/2016, i criteri di valutazione e la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi (eventualmente anche con la previsione di una ‘forcella' in cui adeguare lo scarto tra il punteggio minimo e quello massimo) sono indicati dalla stazione appaltante nei documenti di gara, ovvero – nei casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere al dialogo competitivo – nel bando o nel documento descrittivo.

Il comma 11 prevede poi che le stazioni appaltanti – nel caso di appalti di lavori aggiudicati con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del migliore rapporto qualità/prezzo – non possano attribuire alcun punteggio per l'offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d'asta. Tale norma ricalca l'art. 14-bis del previgente d.lgs. n. 50/2016, con l'unica differenza, rispetto alla formulazione vigente, per cui si chiarisce che la disposizione è applicabile ai soli appalti di lavori.

I casi in cui è consentito ricorrere al criterio del prezzo più basso

Si è anticipato come il legislatore abbia stabilito di prescrivere un'applicazione generalizzata del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa calcolata sulla base del miglior rapporto quali- tà/prezzo.

Ciò comporta che il criterio del prezzo più basso – sebbene esso sia, tra i diversi criteri, quello meno suscettibile di provocare contestazioni in sede giurisdizionale – possa essere utilizzato soltanto nei casi individuati dal combinato disposto degli artt. 50, comma 4, e 108, commi 2 e 3, del Codice.

Volendo abbozzare una classificazione, si tratta di casi in cui:

i) i possibili vantaggi derivanti dalla valutazione della qualità delle offerte sono nulli o molto ridotti;

ii) le prestazioni del contratto sono standardizzate e pertanto tutti gli elementi di tipo qualitativo sono predeterminati e non modificabili dagli operatori economici;

iii) l'importo del contratto non è particolarmente elevato e pertanto i benefici che potenzialmente potrebbe comportare una valutazione di tipo qualitativo non giustificano le maggiori tempistiche e i maggiori costi che un confronto concorrenziale sicuramente comporterebbe.

In particolare, il legislatore ha ritenuto (non già di imporre, bensì semplicemente) di autorizzare il ricorso al criterio del prezzo più basso nelle ipotesi che seguono:

i ) per tutte le procedure di importo inferiore a 140.000 euro, eccezion fatta per i contratti ad alta intensità di manodopera (definiti dall'art. 2, comma 1, lett. e) dell'Allegato I.1 al Codice come quei contratti nei quali il costo della manodopera è pari o superiore al 50 per cento dell'importo complessivo dei corrispettivi) e per quelli aventi ad oggetto servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, e sempre che la stazione appaltante non ricorra all'affidamento diretto;

ii) per la generalità delle procedure di importo superiore a 140.000 euro e inferiore alle soglie di rilevanza europea, purché non si tratti di contratti ad alta intensità di manodopera, di servizi di ingegneria o architettura, di servizi di natura tecnica e intellettuale e di servizi e forniture caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o aventi carattere innovativo;

iii ) per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni siano definite dal mercato, a prescindere dal relativo importo e facendo sempre eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera, per i servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché – ove di importo pari o superiore a 140.000 euro, per i servizi e forniture a notevole contenuto tecnologico o a carattere innovativo (i quali, comunque, per la loro intrinseca natura paiono difficilmente suscettibili di essere annoverati tra quelli aventi caratteristiche standardizzate o le cui condizioni siano definite dal mercato).

In chiave esegetica, in vigenza del precedente Codice, nelle Linee guida n. 2/2016 l'ANAC aveva chiarito che per servizi e forniture “con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato” devono intendersi quei servizi o forniture che, anche con riferimento alla prassi produttiva sviluppatasi nel mercato di riferimento, non sono modificabili su richiesta della stazione appaltante, oppure che rispondono a determinate norme nazionali, europee o internazionali.

Si tratta di indicazioni interpretative che possono tuttora ritenersi valide. Si segnala poi, sul punto, che una tipizzazione dei contratti aventi caratteristiche standardizzate o condizioni definite dal mercato è effettuata dall'Allegato II.2 con riferimento agli appalti nel settore relativo alla difesa e alla sicurezza.

Rispetto all'art. 95 del previgente Codice, si segnala che non è stato riprodotto il comma 5 che subordinava il ricorso al criterio del minor prezzo ad un'adeguata motivazione.

Sembra tuttavia logico ritenere che le stazioni appaltanti, se non altro per ragioni di opportunità, debbano continuare a dare conto della sussistenza dei presupposti che legittimano l'utilizzo del criterio in parola, sicuramente mediante espresso richiamo alla norma che contempla la relativa fattispecie e preferibilmente anche mediante precisa illustrazione delle specifiche ragioni che giustificano in concreto il ricorso al minor prezzo.

Su questo punto si ritiene infatti che possano continuare a ritenersi valide le acquisizioni a cui era giunta la dottrina in vigenza del precedente Codice, secondo cui il fatto che “la scelta del criterio del minor prezzo sia rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, che il codice considera il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo quale criterio di carattere generale e che la disposizione in esame si preoccupi di ribadire espressamente la sussistenza di un obbligo motivazionale che discende comunque dalla l. n. 241/1990, costituiscono argomenti che inducono a ritenere che la stazione appaltante debba di volta in volta dare conto non soltanto della sussistenza dei presupposti legittimanti il ricorso al criterio dei minor prezzo, ma anche delle specifiche ragioni che nel caso concreto giustificano tale criterio” (Iaria, Marrone, 698).

Tale conclusione era supportata anche dalle Linee guida n. 2 dell'ANAC, secondo le quali – atteso il carattere derogatorio del minor prezzo rispetto al miglior rapporto qualità/prezzo – nella motivazione della scelta di tale criterio avrebbero dovuto essere indicati non solo gli elementi fattuali alla base della deroga, ma anche le ragioni a supporto della stessa.

La clausola del bando di gara contenente l'individuazione del criterio di aggiudicazione prescelto dalla stazione appaltante non è direttamente impugnabile. Lo ha definitivamente chiarito l'Adunanza plenaria n. 4/2018, che ha ribadito come “le clausole non escludenti del bando vadano impugnate unitamente al provvedimento che rende attuale la lesione (id est: aggiudicazione a terzi), considerato altresì che la postergazione della tutela avverso le clausole non escludenti del bando, al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione, secondo quanto già stabilito dalla decisione dell'Adunanza plenaria n. 1 del 2003, non si pone certamente in contrasto con il principio di concorrenza di matrice europea, perché non lo oblitera, ma lo adatta alla realtà dell'incedere del procedimento nella sua connessione con i tempi del processo”.

I casi in cui può essere utilizzato soltanto il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo

Si è visto che le stazioni appaltanti possono utilizzare il criterio del minor prezzo solamente nei casi espressamente previsti dal legislatore.

In tutti gli altri casi – ossia in tutti le ipotesi che non integrino una delle fattispecie di cui all'art. 108, comma 3, d.lgs. n. 50/2016 ovvero all'art. 50, d.lgs. n. 50/2016 – le stazioni appaltanti devono necessariamente fare ricorso al criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, che mira a conseguire un giusto equilibrio tra la valutazione qualitativa dell'offerta e le esigenze di bilancio delle stazioni appaltanti.

Vi sono poi alcune ipotesi in cui il criterio del minor prezzo non può mai essere utilizzato, nemmeno qualora ricorra una delle condizioni di cui all'art. 108, comma 3, d.lgs. n. 50/2016.

In particolare, l'art. 108, comma 2, dispone che siano aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo – anche qualora dovessero ricorrere le condizioni che ordinariamente legittimerebbero il ricorso al criterio del prezzo più basso – i seguenti contratti:

i ) contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera (fatta salva – secondo quanto si deve ritenere in virtù di quanto previsto in via generale dall'art. 50, comma 1 – la possibilità di procedere ad affidamenti diretti nei casi di importo inferiore a 140.000 euro);

ii ) contratti relativi all'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale, di importo pari o superiore a 140.000 euro;

iii ) contratti di servizi e forniture di importo pari o superiore a 140.000 euro caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o aventi carattere innovativo;

iv ) affidamenti in caso di dialogo competitivo e di partenariato per l'innovazione;

v ) affidamenti di appalto integrato;

vi ) affidamenti di lavori caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o con carattere innovativo.

Resta fermo, inoltre, che il criterio dell'OEPV sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo deve essere utilizzato anche in caso di finanza di progetto, locazione finanziaria e affidamento a contraente generale.

Rispetto alla disciplina previgente, le soglie dei punti ii e iii del predetto elenco sono state innalzate da 40.000 euro a 140.000 euro “sia per esigenze di carattere sistematico, sia in considerazione del mutamento del quadro economico e sociale, sia per il limitato ambito applicativo residuo per le procedure diverse dall'affidamento diretto in tali ipotesi” (Cons. St., Schema di codice dei contratti pubblici, Relazione agli articoli e agli allegati).

Mediante la previsione di cui al comma 2 dell'articolo in commento, il legislatore mira a i) garantire il mantenimento di elevati livelli qualitativi in settori ritenuti meritevoli di particolare tutela per ragioni di natura politico-sociale (si pensi ai servizi sociali e alla ristorazione scolastica), e ad ii) evitare che la concorrenza sul prezzo si traduca – de facto – in un'inaccettabile compromissione delle tutele salariali dei lavoratori impiegati negli appalti pubblici ad alta intensità di manodopera (Iaria, Marrone, 694).

La latitudine applicativa del divieto di utilizzo del criterio del prezzo più basso

Per quanto concerne i servizi e le forniture, il carattere eterogeneo delle definizioni adottate dal legislatore è suscettibile di dare luogo a possibili sovrapposizioni concettuali, con conseguente incertezza in ordine alla procedura di selezione applicabile. Si pensi, in via esemplificativa, ai servizi di pulizia e di vigilanza, che presentano caratteristiche tali da poter essere considerati al contempo quali servizi standardizzati e quali servizi ad alta intensità di manodopera (Nunziata, Mascolo).

In tali casi, in giurisprudenza si era posto un problema interpretativo in ordine alla necessità di stabilire se – nell'ambito dell'art. 95 del previgente Codice – il rapporto tra il comma 3 (casi di esclusivo utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo) e il comma 4 (casi di possibile utilizzo del criterio del minor prezzo) fosse un rapporto di specie a genere (in tal senso, ex multis, Cons. St. V, n. 4945/2018) ovvero, al contrario, fosse un rapporto di complementarietà tale per cui qualora l'oggetto di un appalto, per le sue caratteristiche immanenti, rientrasse “tanto nell'ambito di applicazione del terzo comma, tanto nell'ambito di applicazione del quarto comma”, la previsione di esclusività del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa dovesse cedere il passo alla possibilità di aggiudicare l'appalto al massimo ribasso (in tal senso, ex multis, v. Cons. St. III, n. 1609/2018; T.A.R. Sicilia (Palermo) III, n. 2695/2018; T.A.R. Sicilia (Palermo) II, n. 2519/2018; T.A.R. Puglia (Lecce) II, n. 718/2018; T.A.R. Abruzzo (L'Aquila) I, n. 333/2018; T.A.R. Venezia I, n. 180/2019).

La soluzione di tale conflitto ermeneutico è stata devoluta all'Adunanza Plenaria dalla sentenza non definitiva della VI Sezione del Consiglio di Stato n. 882/2019, la quale ha chiesto, in particolare, “se il rapporto, nell'ambito dell'art. 95, tra il comma 3 lettera a (casi di esclusivo utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, tra i quali, quello dei servizi ad alta intensità di manodopera) ed il comma 4 lettera b) (casi di possibile utilizzo del criterio del minor prezzo, tra i quali quello dei servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato), vada incondizionatamente declinato nei termini di specie a genere, con la conseguenza per cui, ove ricorrano le fattispecie di cui al comma 3, debba ritenersi, comunque, predicabile un obbligo cogente ed inderogabile di adozione del criterio dell'o.e.p.v.”.

L'Adunanza plenaria ha risolto il quesito affermando che i contratti ad alta intensità di manodopera devono essere comunque aggiudicati con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, quand'anche abbiano caratteristiche standardizzate (cfr. Cons. St., Ad. Plen., n. 8/2019).

La pronuncia dell'Adunanza plenaria in parola – che ha accreditato l'orientamento secondo cui “il rapporto tra il comma 3 lettera a) (casi di esclusivo utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, tra i quali, quello dei servizi ad alta intensità di manodopera) ed il comma 4 lett. b) (casi di possibile utilizzo del criterio del minor prezzo” sarebbe di specie a genere, è stata peraltro recepita dal legislatore già con la l. n. 55/2019 di conversione del d.l. n. 32/2019, la quale ha specificato espressamente che i contratti aventi caratteristiche standardizzate possono essere affidati con il massimo ribasso solamente qualora non siano classificabili quali contratti ad alta intensità di manodopera.

Come si è visto, l'impianto così delineato risulta oggi pienamente confermato anche alla luce del nuovo Codice.

La ponderazione dei criteri di valutazione e il tetto massimo per il punteggio economico

Nell'ambito delle procedure nelle quali venga scelto di utilizzare il criterio dell'OEPV, la stazione appaltante è chiamata a definire il peso di ciascun elemento e, dunque, a stabilire quale peso attribuire rispettivamente all'offerta economica e all'offerta tecnica, stabilendo i) a quale tra i due criteri attribuire preferenza e ii) in che misura farlo.

Nella versione originaria del previgente Codice, veniva riconosciuta alla stazione appaltante la possibilità di definire il peso relativo di ciascun elemento, a seconda delle peculiarità specifiche dell'appalto e, dunque, della preminenza che, nel caso concreto, poteva rivestire l'elemento economico ovvero quello tecnico.

Nel compiere tale scelta la stazione appaltante godeva di ampia discrezionalità, senza che esistesse un peso minimo o massimo predeterminato per l'anzidetto elemento, dovendosi unicamente rispettare i tradizionali canoni di proporzionalità e ragionevolezza in relazione al corretto bilanciamento tra il peso del prezzo e quello della qualità, nonché i canoni di trasparenza e par condicio.

Tale quadro è mutato radicalmente per effetto del ‘correttivo' di cui al d.lgs. n. 56/2017, che ha introdotto nel corpo dell'art. 95 del d.lgs. n. 50/2016 il comma 10-bis, il quale, nell'ottica di una più sicura valorizzazione dei profili qualitativi delle offerte, poneva al punteggio economico un tetto massimo pari al 30 per cento del punteggio complessivo.

Autorevole dottrina non aveva mancato di notare come si trattasse di un limite per certi versi criticabile, per quanto rispondente a finalità del tutto condivisibili. La norma, infatti, era estremamente rigida e non ammetteva eccezioni. La realtà concreta, tuttavia, “presenta(va) casi non infrequenti in cui non pare(va) ragionevole assegnare al prezzo un rilievo così modesto come quello individuato dal legislatore. Tale osservazione vale maggiormente – ma non esclusivamente – nel settore dei lavori ove si consideri che la regola generale (salve le eccezioni, alcune delle quali introdotte dal decreto correttivo) è quella dell'affidamento in base ad un progetto esecutivo. Si tratta di appalti nei quali il profilo qualitativo, pur non privo di rilievo, spesso assume carattere non preponderante rispetto a quello economico, dal momento che il progetto esecutivo definisce (rectius: dovrebbe definire) l'oggetto della prestazione finanche nei suoi elementi di dettaglio” (Iaria, Marrone, 715).

La rigidità di tale limite mal si attagliava ad un settore nel quale, invece, dovrebbe lasciarsi ampio margine di discrezionalità alle stazioni appaltati per individuare lo strumento più idoneo, nella concreta fattispecie ed alla luce degli interessi coinvolti, al perseguimento dell'interesse pubblico (Giustiniani).

Si aggiunga peraltro che non si trova riscontro di una previsione di un tetto al punteggio dell'offerta economica neanche nelle direttive europee.

Di tutto questo ha preso atto il legislatore del nuovo Codice, che ha ritenuto di non riproporre la previsione in via generalizzata del tetto massimo per il punteggio economico, privilegiandone invece un'applicazione di tipo ‘selettivo'.

Più precisamente, il quarto comma dell'art. 108 prevede che le stazioni appaltanti debbano rispettare un tetto massimo al punteggio economico i) nelle ipotesi in cui acquistino beni e servizi informatici da impiegare in un contesto connesso alla tutela di interessi nazionali strategici e ii) nelle ipotesi di contratti ad alta intensità di manodopera.

Nel primo caso, il tetto al punteggio economico dovrà essere contenuto entro il limite del 10 per cento; nel secondo caso, invece, il tetto è fissato al 30 per cento.

Sul punto, vale la pena evidenziare come questi due limiti ‘selettivi' alla quantificazione del punteggio economico siano stati introdotti dal legislatore solamente in sede di approvazione finale del testo, mentre nella formulazione approvata in via preliminare vi era l'assenza totale di qualsivoglia tetto o limite massimo; come spiegato dalla Relazione illustrativa con cui il Consiglio di Stato ha accompagnato la trasmissione al Governo dell'originario Schema di codice, la scelta di eliminare la previsione di un tetto massimo al punteggio economia in via generalizzata era “dipesa dall'analisi economica che ha dimostrato come la stessa contenga degli elementi critici, distorsivi del mercato, secondo quanto rilevato anche dall'A.G.C.M. con la segnalazione S4143 in data 23 marzo 2021 al Presidente del Consiglio dei Ministri. È prevalsa dunque la volontà di rimettere alle stazioni appaltanti la scelta di quanto incida l'aspetto tecnico e quello economico, svincolandole da soluzioni precostituite, in quanto tali necessariamente astratte. L'obiettivo perseguito dalla nuova formulazione è proprio quello di consentire la migliore fruizione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, adeguando il peso delle due componenti (prezzo e qualità) alle effettive caratteristiche dello specifico appalto. Questa valutazione è inevitabilmente rimessa alle stazioni appaltanti, nella consapevolezza che la scelta della formula è espressiva delle preferenze e degli obiettivi perseguiti. In particolare, deve considerarsi che la scelta di una formula influenza l'attribuzione del punteggio su una delle componenti (prezzo o qualità); è importante che la stazione appaltante valuti l'interdipendenza degli elementi, in quanto non necessariamente una maggiore complessità della parte tecnica e del punteggio per la stessa previsto conduce ad offerte tecniche migliori. L'analisi economica ha evidenziato infatti che le formule di utilizzo più comune (lineari, paraboliche, al prezzo minimo o anche alla media) sono di utile applicazione e inducono gli operatori economici ad abbassare i prezzi e/o migliorare la qualità anche solo attraverso l'uso di base d'asta, di prezzi minimi o di semplici parametri discrezionali. A puro titolo esemplificativo, può dirsi che, applicando una formula parabolica, la stazione appaltante, anche attraverso la scelta di un parametro della formula, può evitare che gli operatori economici competano eccessivamente sul prezzo, limitando la qualità dell'offerta (la scelta del parametro determina cioè l'incentivo ad abbassare i prezzi). Dalla disamina della casistica trattata dall'A.G.C.M. emerge, da ultimo, la necessaria attenzione che le stazioni appaltanti debbono avere per disincentivare accordi tra operatori; se ne desume in particolare che le stazioni appaltanti devono cercare di evitare situazioni in cui gli operatori possano conseguire tutti lo stesso punteggio tecnico, poiché tale condizione inevitabilmente favorisce gli accordi sul prezzo” (Cons. St., Schema di codice dei contratti pubblici, Relazione agli articoli e agli allegati).

Anche in una prospettiva comparatistica, del resto, nella maggior parte degli Stati dell'UE non è prevista una ponderazione vincolata di tipo generalizzato (es. Svezia, Germania, Danimarca, Austria e Irlanda) e in soli due ordinamenti sono previsti vincoli legati a specifiche tipologie di appalto (Grecia e Spagna).

Tutto ciò premesso e considerato, fermi restando i ‘tetti' al punteggio economico previsti per i contratti informatici legati a interessi nazionali strategici e per i contratti ad alta intensità di manodopera, la stazione appaltante gode di ampia discrezionalità nella determinazione del punteggio da assegnare ai vari criteri di valutazione utilizzati per l'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ossia nella ponderazione di tali criteri.

Sul punto, occorre evidenziare che – ai sensi dell'art. 108, comma 7 – per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti, ove ciò sia necessario, sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi. Ai sensi del successivo comma 8, inoltre, per attuare la ponderazione o comunque attribuire il punteggio a ciascun elemento dell'offerta, le amministrazioni aggiudicatrici devono usare metodologie tali da consentire di individuare con un unico parametro numerico finale l'offerta più vantaggiosa. Qualora non risulti possibile – per ragioni oggettive – procedere alla ponderazione, le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara e nel capitolato d'oneri o, in caso di dialogo competitivo, nel bando o nel documento descrittivo, l'ordine decrescente di importanza dei criteri.

I principi generali che presiedono alla ponderazione dei criteri di valutazione non sono dissimili da quelli già esaminati in tema di determinazione dei criteri di aggiudicazione. Le direttrici primarie sono costituite dai principi di ragionevolezza e di proporzionalità (Iaria, Marrone, 713).

In vigenza del d.lgs. n. 50/2016, le Linee guida n. 2 dell'ANAC – mediante considerazioni che possono essere senz'altro riproposte ancora oggi – hanno precisato che “non può essere attribuito a ciascuna componente, criterio o subcriterio un punteggio sproporzionato o irragionevole rispetto a quello attribuito agli altri elementi da tenere in considerazione nella scelta dell'offerta migliore, preservandone l'equilibrio relativo ed evitando situazioni di esaltazione o svilimento di determinati profili a scapito di altri. In altri termini, il punteggio massimo attribuibile a ciascuna componente e a ciascun criterio o subcriterio deve risultare proporzionato alla rilevanza che ciascuno di essi riveste rispetto agli altri nonché ai bisogni della stazione appaltante”.

La ponderazione dei criteri di valutazione è sindacabile dinanzi al giudice amministrativo nei classici limiti in cui è ammesso il sindacato sulla discrezionalità amministrativa, ossia nell'ambito del vizio di eccesso di potere (Iaria, Marrone, p. 714).

In sede di approvazione definitiva del Codice, al comma 7 dell'art. 108 sono state altresì aggiunte due ulteriori disposizioni con cui il legislatore ha inteso imprimere sulla novella un chiaro indirizzo di politica legislativa.

Più precisamente, in forza delle disposizioni in parola, le stazioni appaltanti hanno la facoltà: i) di ‘promuovere' l'aggiudicazione delle procedure in favore degli operatori economici ‘locali' ossia aventi sede operativa nell'ambito territoriale di riferimento, nel caso di prestazioni dipendenti dal c.d. ‘principio di prossimità' per la loro efficiente gestione; ii) di ‘promuovere' la parità di genere prevedendo criteri premiali a beneficio degli operatori economici che dimostrino di essere maggiormente rispettosi del principio di pari opportunità tra uomo e donna.

Il rilievo dell'elemento relativo al costo

Il nuovo Codice ha confermato la possibilità di bandire gare pubbliche basate unicamente su criteri di valutazione di tipo qualitativo, nelle quali il prezzo è dato da un valore predeterminato e i criteri di valutazione riguardano esclusivamente la qualità dell'offerta.

L'art. 108, comma 5, riprendendo quanto già stabilito dall'art. 95, comma 7, d.lgs. n. 50/2016, prevede infatti che l'elemento relativo al costo possa assumere “ la forma di un prezzo o costo fisso, sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi .

In dottrina è stato rilevato come tale norma, all'epoca della sua originaria introduzione, abbia realizzato una “rivoluzione copernicana” nel disegno delle gare pubbliche (Iaria, Marrone, 712).

In tale contesto, è bene precisare che la valutazione dei soli elementi qualitativi non costituisce un tertium genus rispetto ai criteri del prezzo più basso e del miglior rapporto qualità/prezzo, costituendo piuttosto una specifica modalità applicativa di quest'ultimo, in cui per individuare tale miglior rapporto uno dei due elementi rappresenta una costante, mentre l'altro è una variabile rimessa agli operatori economici offerenti (Giustiniani, Fontana).

In buona sostanza, è possibile affermare che questa peculiare modalità applicativa del criterio del miglior rapporto qualità/prezzo costituisce un metodo perfettamente speculare rispetto al criterio del prezzo più basso. Infatti, mentre in quest'ultimo è l'elemento qualitativo a essere predefinito nei documenti di gara, con la competizione che si svolge unicamente sul fattore quantitativo-monetario, nel metodo in esame il meccanismo è esattamente l'opposto, con l'elemento quantitativo indicato come valore costante e con il dispiegarsi della competizione lasciato unicamente alla definizione dell'aspetto qualitativo.

La soglia di sbarramento

Sulla base del comma 7 dell'art. 108, si prevede la possibilità di individuare delle soglie di sbarramento – ossia dei limiti minimi di punteggio al di sotto dei quali l'offerta non è ritenuta accettabile e deve dunque essere esclusa –in forza del riferimento del legislatore al concetto di ‘forcella', per tale intendendosi un insieme di valori compresi tra un minimo ed un massimo, precisando che “lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato” in maniera tale da evitare un'eccessiva restrizione della concorrenza.

La stazione appaltante non è obbligata a prevedere una soglia di sbarramento, posto che si tratta di una scelta ampiamente discrezionale della stazione appaltante diretta a valorizzare l'elemento qualitativo delle offerte presentate (cfr. T.A.R. Emilia Romagna (Bologna) II, 10 ottobre 2022, n. 747).

Dalla riconosciuta possibilità di prevedere una soglia di sbarramento consegue, come pure rilevato in vigenza del d.lgs. n. 50/2016 dalle Linee guida ANAC n. 2, che “qualora nessuna offerta soddisfi il livello qualitativo richiesto, la stazione appaltante può non aggiudicare la gara”.

Il mancato superamento della soglia di sbarramento relativa all'offerta tecnica impedisce al concorrente di vedere valutata la propria offerta economica.

In altre parole, qualora per l'assegnazione del punteggio economico la stazione appaltante abbia previsto l'utilizzo di una formula c.d. interdipendente – per tale intendendosi una formula in cui il punteggio di ciascuna offerta dipende dalle altre – le offerte che non abbiano superato la soglia di sbarramento per i profili qualitativi non potranno concorrere alla definizione dei punteggi da assegnarsi per la parte economica.

La ratio del meccanismo della c.d. soglia di sbarramento, “censurabile solo in presenza di macroscopiche irrazionalità, di incongruenze o di palesi abnormità (...) si ricollega all'esigenza specifica di addivenire, ai fini della singola, particolare procedura contrattuale, in coerenza con le specificità del contratto da concludere e con il complesso dei criteri di scelta del relativo contraente, a un livello qualitativo delle offerte particolarmente elevato, sì da comportare l'esclusione di quelle che, pur magari astrattamente convenienti sul piano economico, non raggiungano sul versante qualitativo lo standard che l'Amministrazione si prefigge” (da ultimo T.A.R. Emilia Romagna (Bologna) II, n. 747/2022, conforme, ex multis, a Cons. St. V, n. 1005/2020).

Del resto, se un concorrente non ha superato la soglia di sbarramento e per tale ragione non è in condizione di potersi aggiudicare la gara, “non avrebbe senso che la sua offerta economica possa concorrere a determinare la graduatoria e, dunque, l'aggiudicazione (...). Si aggiunga che se si consentisse al concorrente che non abbia superato la soglia di sbarramento di incidere sul punteggio economico, si altererebbe la concorrenza poiché si confronterebbero dal punto di vista economico delle offerte che l'Amministrazione ritiene qualitativamente inaccettabili (e quindi inevitabilmente comportanti costi minori per il concorrente) con offerte che, invece, sono accettabili. Per non dire che tale conclusione agevolerebbe comportamenti collusivi dei concorrenti che, presentando artatamente offerte qualitativamente insuscettibili di superare la soglia di sbarramento, potrebbero formulare offerte particolarmente aggressive sotto il profilo economico al fine di falsare l'esito della gara” (Iaria, Marrone, p. 718).

La riparametrazione delle offerte

Specialmente quando i punteggi relativi a un determinato criterio sono attribuiti sulla base di sub-criteri, ben può accadere che nessun concorrente raggiunga il punteggio massimo previsto. Tale evenienza rischia di alterare la proporzione stabilita dalla stazione appaltante tra i diversi elementi di ponderazione.

Potrebbe ad esempio verificarsi che il punteggio economico sia assegnato interamente e che il punteggio tecnico-qualitativo invece non lo sia ed assuma – ai fini dell'aggiudicazione – un rilievo inferiore a quello originariamente predeterminato dalla lex specialis.

Per questa ragione – sebbene la normativa nulla disponga in proposito – si ritiene che le stazioni appaltanti possano prevedere negli atti di gara la riparametrazione dei punteggi, ossia l'applicazione di una formula che comporti l'assegnazione del punteggio massimo al concorrente che abbia formulato l'offerta migliore e punteggi proporzionalmente inferiori agli altri concorrenti.

Ciò posto, se da un lato la riparametrazione consente di conservare l'equilibrio tra i criteri di valutazione determinato dalla lex specialis, dall'altro lato – specialmente laddove riguardi i criteri qualitativi – rischia al contempo di portare ad una sopravvalutazione di offerte qualitativamente modeste (Iaria, Marrone, 720).

In altri termini, “applicando la riparametrazione a una delle componenti dell'offerta, o a entrambe, il peso ne viene valorizzato, nel senso che il concorrente titolare dell'offerta anche di poco migliore rispetto alle altre si vede assegnato il punteggio massimo astrattamente previsto, come se si trattasse di un'offerta tecnicamente eccellente, ovvero considerevolmente conveniente sul piano economico” (T.A.R. Lombardia (Milano) I, n. 658/2018).

La scelta di procedere o meno alla riparametrazione dei punteggi è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, che ha facoltà di prevederne l'applicazione disponendo in tal senso nel disciplinare di gara.

Anche la giurisprudenza “ha rimarcato la natura facoltativa del ricorso alle riparametrazioni che, se volute, devono essere espressamente previste dalla legge di gara, statuendo che dalla disciplina di settore non è possibile rinvenire una norma di carattere generale che imponga, per le gare da aggiudicare con il criterio dell'offerta più vantaggiosa, l'obbligo della stazione appaltante di attribuire alla migliore offerta tecnica in gara il punteggio massimo previsto dalla lex specialis, mediante il criterio della c.d. riparametrazione” (Cons. St. V, n. 8326/2022).

Analogamente, compete alla lex specialis stabilire se la riparametrazione debba essere effettuata solo sui sub-criteri, solo sui criteri ovvero su entrambi, dovendosi parlare, in quest'ultimo caso, di doppia riparametrazione (Iaria, Marrone, p. 721).

In questo senso si sono espresse – in vigenza del d.lgs. n. 50/2016 – anche le Linee guida ANAC n. 2/2016, secondo cui “la stazione appaltante può procedere (...) a una seconda riparametrazione dei punteggi ottenuti per la parte tecnica o quella economica, complessivamente considerate. Anche in questo caso condizioni essenziali per procedere alla riparametrazione è che la stessa sia prevista nel bando di gara e che siano chiaramente individuati gli elementi che concorrono a formare la componente tecnica e la componente economica”.

Riparametrazione offerte e verifiche sulle soglie di sbarramento e anomalia

È controverso se, laddove gli atti di gara prevedano al tempo stesso sia la soglia di sbarramento che la riparametrazione dei punteggi, la verifica del superamento della soglia debba intervenire prima o dopo la riparametrazione.

Sul punto, la giurisprudenza più recente ritiene che la soglia di sbarramento, ove prevista, debba operare sulle offerte non riparametrate.

In tutta evidenza, infatti, “essendo lo scopo della previsione della soglia quello di assicurare un filtro di qualità, impedendo la prosecuzione della gara a quelle offerte che non raggiungano uno standard minimo corrispondente a quanto (discrezionalmente) prefissato dalla lex specialis, tale filtro va operato con riferimento ai valori ‘assoluti' delle offerte tecniche, ovvero al risultato derivante dall'applicazione dei punteggi come previsti dal metodo di gara in relazione ai singoli parametri, avendo questi ultimi un significato funzionale proprio” (T.A.R. Lazio (Roma) II-ter, n. 9781/2019).

Ciò anche laddove vi sia un solo partecipante alla gara: “se la previsione di una soglia tecnica di sbarramento risponde alla precisa finalità di consentire alla Stazione appaltante una verifica in ordine alla effettiva capacità delle offerte di raggiungere uno standard minimo di qualità, allora ne consegue che la verifica deve operarsi sulle offerte non riparametrate. Dato che la previsione di un punteggio minimo viene prevista a salvaguardia dell'interesse della stazione appaltante a consentire l'accesso alle successive fasi di gara soltanto a imprese con un minimo di capacità tecnica per lo svolgimento del servizio oggetto dell'appalto, tale interesse verrebbe di fatto pregiudicato laddove si consentisse una deroga a tale principio nel caso di un solo partecipante alla gara” (Cons. St. V, n. 8728/2022).

Ad analoghe conclusioni si deve giungere anche qualora la documentazione di gara preveda espressamente che la riparametrazione delle offerte debba precedere la verifica circa il superamento della soglia di sbarramento. Sebbene infatti tanto la fissazione di una soglia di sbarramento quanto la scelta di consentire la riparametrazione siano il frutto di un'attività discrezionale della stazione appaltante, attinente al governo della gara ed alla predeterminazione delle relative regole, è nondimeno “necessario che il concreto disimpegno di tale discrezionalità risponda a canoni di logica e di ragionevolezza. Per cui, laddove la S.A. decida di applicare una soglia ‘rigida' di qualificazione, ovvero espressa in valori assoluti, quest'ultima non potrà che operare anteriormente alla riparametrazione e quindi sui valori altrettanto ‘assoluti' come emersi all'esito dell'esame delle offerte tecniche. Laddove si voglia applicare invece la soglia alle offerte come riparametrate, allora anche la soglia non potrebbe che dover essere riparametrata in maniera corrispondente, per mantenere la stessa percentuale di sufficienza rispetto al massimo del valore del ‘peso' attribuito all'offerta tecnica e garantire così la neutralità della riparametrazione rispetto al meccanismo di filtro proprio della soglia (in altri termini, dovrebbe prevedersi una sorta di ‘doppia' soglia, ovvero una soglia assoluta – da applicarsi nel caso in cui non si verifichino i presupposti per la riparametrazione – ed una soglia relativa – da applicarsi nel caso in cui tali presupposti si verifichino, costituita dalla prima adeguata alla percentuale di riparametrazione concretamente risultante dalle relative operazioni)” (T.A.R. Lazio (Roma) II-ter, n. 9781/2019).

Su conclusioni di segno opposto si era originariamente assestata l'ANAC con le Relazioni illustrative ai Bandi-tipo dell'ANAC n. 1/2017 e n. 3/2018.

In particolare, secondo le citate Relazioni illustrative, “qualora la stazione appaltante inserisca una soglia di sbarramento al punteggio tecnico, la riparametrazione deve essere effettuata su tutti i concorrenti, prima dell'applicazione della soglia di sbarramento” (Nota illustrativa al Bando tipo n. 1/2017 e, analogamente, nota illustrativa al Bando tipo n. 3/2018).

In seguito tuttavia l'ANAC pare aver mutato avviso, recependo le più recenti acquisizioni giurisprudenziali. Infatti, secondo quanto si legge nella Relazione illustrativa al Bando tipo n. 1/2021: “il bando di gara preveda sia una soglia di sbarramento al punteggio tecnico su uno o più sub criteri, sia la riparametrazione, si prevede la seguente successione delle operazioni di gara: 1) valutazione delle offerte tecniche e assegnazione del relativo punteggio; 2) esclusione di eventuali offerte che non superano la soglia di sbarramento al punteggio tecnico fissato su uno o più criteri/sub criteri, o sul punteggio complessivo; 3) prima riparametrazione sui singoli criteri; 4) eventuale seconda riparametrazione se prevista nel bando sul punteggio tecnico complessivo; (...)” (Relazione illustrativa al Bando-tipo n. 1/2021).

Al contrario, risulta tuttora in essere un contrasto ermeneutico tra l'ANAC e la giurisprudenza con riferimento all'ordine cronologico tra la riparametrazione delle offerte e le verifiche di anomalia.

Secondo la giurisprudenza – posto che la disciplina della riparametrazione dei punteggi risponde alla finalità di garantire, in sede di concreta assegnazione dei punteggi, l'equilibrio previsto dalla lex specialis tra punteggio tecnico ed economico, e non a quella di far emergere situazioni di ipotetica anomalia dell'offerta – la verifica di anomalia delle offerte dovrebbe infatti precedere le eventuali operazioni di riparametrazione. Tale precedenza cronologica delle verifiche di anomalia consentirebbe infatti “di ancorare le verifiche del superamento della soglia di sbarramento e di quella di anomalia al punteggio attribuito dalla commissione all'offerta tecnica e non al punteggio riparametrato, che è una conseguenza di un artifizio necessario per rendere comparabili i punteggi per la parte tecnica e per la parte economica” (ex multis: T.A.R. Campania (Napoli) III, n. 3687/2022; T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 7538/2021).

Al contrario, le Linee guida ANAC n. 2/2016 affermano che “ai fini della verifica di anomalia la stazione appaltante fa riferimento ai punteggi ottenuti dai concorrenti all'esito delle relative riparametrazioni”, prendendo così posizione in favore della priorità cronologica delle operazioni di riparametrazione. La medesima posizione risulta confermata anche nel sopra citato Bando tipo n. 1/2021, che viceversa aveva ‘corretto il tiro' circa l'ordine cronologico tra la riparametrazione e l'applicazione della soglia di sbarramento.

Invero, a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 36/2023, la pregnanza di tale contrasto ermeneutico risulta ridimensionata sol che si consideri che – come si vedrà meglio in sede di commento all'art. 110 – vere e proprie formule per il calcolo della soglia di anomalia risultano oggi essere operative unicamente con riferimento alle procedure sottosoglia per le quali sia prevista l'esclusione automatica delle offerte anomale.

L'eliminazione delle disposizioni relative ai criteri premiali dell'offerta

Il previgente Codice, all'art. 95, comma 13, prevedeva che le amministrazioni aggiudicatrici – compatibilmente con il diritto eurounitario e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità – fossero chiamate a indicare nel bando di gara, ovvero nell'avviso o nell'invito, i criteri premiali che intendevano eventualmente applicare alla valutazione dell'offerta in relazione al maggior rating di legalità e di impresa dell'offerente, nonché quelli che intendevano applicare per agevolare la partecipazione alle procedure di affidamento delle microimprese, delle piccole e medie imprese, dei giovani professionisti e delle imprese di nuova costituzione. Il medesimo comma prevedeva che le amministrazioni aggiudicatrici fossero altresì chiamate a indicare “il maggior punteggio relativo all'offerta concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull'ambiente ivi inclusi i beni o prodotti da filiera corta o a chilometro zero”.

Nell'articolo in commento tali previsioni non sono state riprodotte, in quanto suscettibili di essere inserite nella normativa secondaria di attuazione del Codice.

Sempre con riferimento ai criteri premiali delle offerte, merita di essere segnalata la seguente (singolare) vicenda.

In sede di primo correttivo al nuovo Codice, l'art. 2, comma 1, d.l. n. 57/2023 aveva sostituito il quinto e il sesto periodo dell'originario comma 7 dell'art. 108 con il periodo seguente “Al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l'adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198”. Ratio di tale disposizione era quella di intensificare il perseguimento della parità di genere sostituendo l'autocertificazione, originariamente richiesta agli operatori economici che volessero ottenere un punteggio aggiuntivo, con la certificazione della parità di genere di cui all'art. 46-bis del d.lgs. n. 198/2006, ossia con una certificazione resa da un ente terzo.

Successivamente, la legge n. 87/2023, in sede di conversione del d.l. n. 51/2023 (n.b.: quindi in sede di conversione di un decreto legge diverso da quello in cui era contenuta la novella in parola) – ha al tempo stesso, per quanto qui interessa:

(i) abrogato l'art. 2 del d.l. n. 57/2023;

(ii) integrato l'art. 6 del d.l. n. 51/2023 con un nuovo comma 2-bis, riproduttivo delle medesime disposizioni contenute nell'abrogato art. 2 del d.l. n. 57/2023.

In altre parole, con la legge n. 87/2023, il legislatore ha fatto ‘uscire dalla porta' la novella di cui all'art. 2, comma 1, del d.l. n. 57/2023 (mediante l'abrogazione della relativa norma), facendola al contempo ‘rientrare dalla finestra', riproducendone i contenuti nel nuovo comma 2-bis dell'art. 6 del d.l. n. 51/2023.

L'obbligo di separata indicazione degli oneri di sicurezza e dei costi della manodopera

Il comma 9 dell'art. 108 prevede per gli operatori economici il c.d. obbligo di indicazione separata, nel contesto dell'offerta economica, dei propri costi della manodopera e degli oneri aziendali concernenti il rispetto delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, eccezion fatta per le forniture senza posa in opera e per i servizi aventi natura intellettuale.

La disposizione in commento (a differenza della sua ‘omologa' contenuta nel previgente art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016) specifica espressamente che tale obbligo deve intendersi previsto a pena di esclusione, recependo il consolidato orientamento giurisprudenziale ormai venutosi a formare sul punto, dopo anni di contrasti che hanno portato a pronunciarsi anche l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato e la Corte di Giustizia UE.

Si era infatti sviluppato, in vigenza del precedente Codice, un acceso dibattito su quali conseguenze dovesse produrre la mancata indicazione separata nell'offerta degli oneri di sicurezza e del costo della manodopera, che sostanzialmente rappresenta la prosecuzione di quello già sviluppatosi sotto la vigenza del previgente Codice.

Secondo un primo orientamento, di matrice formalistica, l'omessa indicazione separata degli oneri di sicurezza e del costo della manodopera avrebbe dovuto essere considerata alla stregua di una carenza insanabile dell'offerta e avrebbe pertanto dovuto comportare l'esclusione automatica dell'offerente (ex multis: T.A.R. Molise I, n. 204/2019; T.A.R. Lazio (Roma) III-quater, n. 10492/2018; Cons. St. V, n. 5513/2018; Cons. St. V, n. 1555/2018).

Secondo un diverso orientamento, di matrice sostanzialistica, la mancata indicazione separata degli oneri di sicurezza e del costo della manodopera sarebbe invece stata sanabile mediante il soccorso istruttorio (ex multis: T.A.R. Lazio (Roma) II-bis, n. 5423/2018; Cons. St. III, n. 2554/2018; T.A.R. Emilia-Romagna (Bologna) I, n. 43/2018).

In tale contesto, la composizione di tale contrasto giurisprudenziale venne rimessa all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (v. Cons. St. V, ord. n. 6069/2008 e Cons. St. V, ord. n. 6122/201 8).

L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato – non prima di aver dichiarato la sua preferenza verso la tesi formalista, disattendendo i rilievi contenuti nell'ordinanza di rimessione – ritenne a propria volta di rimettere la questione al vaglio della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, come non molto tempo prima aveva fatto anche il Tar Lazio, con l'ordinanza n. 4562/2018 (cfr. Cons. St., Ad. Plen ., ordd. nn. 1, 2 e 3/2019).

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, in tale contesto, si è pronunciata sul rinvio promosso dal T.A.R. Lazio con sentenza del 2 maggio 2019, affermando che “i principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la Direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un'offerta economica presentata nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l'esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell'ipotesi in cui l'obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d'appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione”.

La Corte di Giustizia UE tuttavia, nell'ambito della citata pronuncia, pur accreditando l'orientamento formalista, ha deliberatamente evitato di ‘assolutizzarlo', ammettendo che in casi particolari esso possa essere derogato.

Più precisamente, la Corte ha precisato che “se le disposizioni della gara d'appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall'amministrazione aggiudicatrice”.

Ciò in quanto “spetta al giudice del rinvio, che è il solo competente a statuire sui fatti della controversia principale e sulla documentazione relativa al bando di gara in questione, verificare se per gli offerenti fosse in effetti materialmente impossibile indicare i costi della manodopera conformemente all'art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e valutare se, di conseguenza, tale documentazione generasse confusione in capo agli offerenti, nonostante il rinvio esplicito alle chiare disposizioni del succitato codice”.

L'impostazione formalista è stata da ultimo avallata dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze nn. 7 e 8 del 2 aprile 2020 , che hanno sostenuto l'obbligo per la stazione appaltante di attivare il meccanismo espulsivo nel caso in cui l'impresa, risultata poi aggiudicataria, abbia “del tutto omesso nella sua offerta economica l'indicazione dei costi della manodopera come previsto dall'art. 95 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dalla lex specialis ”, anche qualora tale incombente non sia previsto dalla lex specialis di gara a pena di esclusione.

L'invarianza delle medie

Al fine di evitare contenziosi opportunistici in cui i concorrenti non aggiudicatari censurino l'ammissione o l'esclusione di altri concorrenti al solo scopo di incidere indirettamente sulle medie dei ribassi rilevanti ai fini dell'individuazione delle soglie di anomalia, l'art. 108, comma 12 – in sostanziale continuità con quanto previsto dall'art. 95, comma 15 del previgente d.lgs. n. 50/2016, pur con qualche intervento di ‘piccola manutenzione' – prevede la regola della c.d. invarianza delle medie.

In particolare, tale norma stabilisce che ogni variazione che intervenga – anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale – successivamente al provvedimento di aggiudicazione, tenendo anche conto dell'eventuale inversione procedimentale, non è rilevante ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della soglia di anomalia delle offerte, eventualmente stabilita nei documenti di gara, e non produce conseguenze sui procedimenti relativi agli altri lotti della medesima gara.

La giurisprudenza ha chiarito che il principio di invarianza opera nel senso della “cristallizzazione delle offerte” e della “immodificabilità della graduatoria” ed integra un'espressa eccezione all'ordinario meccanismo del regresso procedimentale per positiva irrilevanza delle sopravvenienze, obbedendo alla duplice e concorrente finalità: a) di garantire, per un verso, continuità alla gara e stabilità ai suoi esiti, onde impedire che la stazione appaltante debba retrocedere il procedimento fino alla determinazione della soglia di anomalia delle offerte, cioè di quella soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta si presume senz'altro anomala, situazione che ingenererebbe una diseconomica dilatazione dei tempi di conclusione della gara correlata a un irragionevole dispendio di risorse umane ed economiche; b) di impedire, o comunque vanificare, in prospettiva antielusiva, la promozione di controversie meramente speculative e strumentali da parte di concorrenti non utilmente collocatisi in graduatoria, mossi dall'unica finalità, una volta noti i ribassi offerti e quindi gli effetti delle rispettive partecipazioni in gara sulla soglia di anomalia, di incidere direttamente su quest'ultima traendone vantaggio (cfr. Cons. St. III, n. 841 /2017).

Nell'ambito di tale indirizzo giurisprudenziale, cui va data continuità, si è precisato, sul piano sistematico, che l'art. 95, comma 15, d.lgs. n. 50 del 2016non può invece essere inteso nel senso di precludere iniziative giurisdizionali legittime, che anzi sono oggetto di tutela costituzionale(artt. 24 e 113 Cost.), dirette in particolare a contestare l'ammissione alla gara di imprese prive dei requisiti di partecipazione o autrici di offerte invalide, che nondimeno abbiano inciso sulla soglia di anomalia automaticamente determinata (Cons. St. V, n. 7303/2021).

Rispetto alla formulazione della norma previgente, in conformità ad un consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis, cfr. T.A.R. Toscana I, n. 286/2021), il legislatore ha esplicitato il momento a partire dal quale le medie debbano considerarsi cristallizzate ed inamovibili, chiarendo come la preclusione alla modifica delle medie maturi solo al momento dell'aggiudicazione.

Del resto, il riferimento del comma 15 dell'art. 95 del vecchio Codice alla “fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte” si ricollegava alla norma che attribuiva natura immediatamente impugnabile agli atti di ammissione elevandola così ad autonomo sub procedimento della gara; una volta venuta meno tale norma, appare logico identificare nell'aggiudicazione il momento a partire dal quale il calcolo delle medie deve considerarsi insensibile all'esclusione di alcuni correnti, posto che allo stato attuale è l'atto di aggiudicazione, in quanto conclusivo dell'intera procedura, a costituire necessariamente anche l'ultimazione della fase di ammissione che ne costituisce un segmento interno.

Un'ulteriore innovazione rispetto alla norma previgente risiede nell'introduzione dell'inciso “tenendo anche conto dell'eventuale inversione procedimentale”; anche tale novella sembrerebbe essere stata determinata dalla volontà di recepire un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato secondo cui il principio di invarianza delle medie opera anche nel caso in cui la stazione appaltante si avvalga della possibilità di ricorrere all'inversione procedimentale (Cons. St. V, n. 7303/2021).

La facoltà di non aggiudicare la gara

In esito alla valutazione delle offerte, ai sensi dell'art. 108, comma 10, d.lgs. n. 36/2023, la stazione appaltante conserva sempre la facoltà di non aggiudicare la gara, “se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all'oggetto del contratto”. La norma in esame prevede testualmente che “tale facoltà è indicata espressamente nel bando di gara o invito nelle procedure senza bando”.

Si discute se quest'ultimo inciso comporti che la stazione appaltante possa non aggiudicare la gara soltanto qualora abbia espressamente richiamato tale facoltà nella lex specialis di gara. In altri termini, non è chiaro se la P.A. possa decidere di non aggiudicare la gara anche qualora non si sia espressamente riservata l'esercizio di tale facoltà (Giustiniani, Fontana).

Sul punto, si ritiene che la precisazione effettuata dalla norma in commento in continuità con il previgente art. 95, comma 12, d.lgs. n. 50/2016 – secondo cui la facoltà di non aggiudicare la gara “è indicata espressamente nel bando di gara o invito” – sarebbe inutiliter data qualora non fosse accompagnata da alcuna conseguenza lato sensu sanzionatoria. Di conseguenza, sembra preferibile ritenere che le stazioni appaltanti possano non aggiudicare la gara solamente qualora si siano espressamente riservate l'esercizio di tale facoltà (Nunziata, Mascolo).

In ogni caso, la mancata aggiudicazione del contratto non deve derivare da vizi propri degli atti di gara (dovendosi in queste ipotesi ricorrere all'annullamento d'ufficio), né da una rivalutazione dell'interesse pubblico originario (occorrendo in tali casi prediligere lo strumento della revoca), ma deve semplicemente dipendere “da una negativa valutazione delle offerte presentate che, pur rispondendo formalmente ai requisiti previsti dalla lex specialis di gara, non sono ritenute dall'organo decidente idonee a soddisfare gli obiettivi perseguiti con la gara” (ex multis: T.A.R. Piemonte I, n. 152/2019).

La valutazione di non convenienza e/o non idoneità dell'offerta – che giustifica la scelta della stazione appaltante di non procedere all'aggiudicazione – non implica necessariamente la carenza assoluta dei requisiti richiesti dalla documentazione di gara, “potendo a tal fine essere sufficiente anche una valutazione puntuale e motivata di manifesta inadeguatezza o insufficienza delle caratteristiche tecniche dell'offerta presentata” (ex multis: T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 11447/2021).

Il potere della stazione appaltante di non aggiudicare la gara “ non è riconducibile all'esercizio del potere di autotutela, bensì configura un potere fondato su ragioni di pubblico interesse” (T.A.R. Veneto I, n. 20/2019).

Si tratta di una decisione connotata da ampi margini di discrezionalità, che compete alla stazione appaltante in relazione alle specifiche esigenze di approvvigionamento dell'ente, avuto riguardo all'interesse pubblico all'eventuale e sopravvenuta opportunità di non aggiudicare la gara per ragioni di ridotta convenienza o di inidoneità dell'offerta (Giustiniani, Fontana).

La recente giurisprudenza ha chiarito come tale scelta ampiamente discrezionale, nell'impianto delineato dal legislatore, costituisca un'eccezione rispetto al fisiologico esito di una procedura di gara che è rappresentato dall'aggiudicazione. Ciò implica l'onere per la stazione appaltante “ di motivare la scelta di non aggiudicare e non anche quella di aggiudicare la gara (Cons. St. VII, n. 582/2023).

L'eventuale decisione di non aggiudicare la gara non può comunque essere arbitraria, né priva di motivazioni che diano conto della ‘non convenienza' o della ‘inidoneità' dell'offerta in relazione all'oggetto del contratto, dovendosi evidenziare “l'importanza che assume, nel provvedimento espressione di esercizio di tale potere, il corredo motivazionale; sul punto, in modo rigoroso, la giurisprudenza richiede ‘una specifica e penetrante motivazione, corredata dall'esplicitazione precisa e circostanziata degli elementi' che giustificano la mancata aggiudicazione” (T.A.R. Veneto I, n. 20/2019).

Parte della dottrina ritiene che il potere di non aggiudicare per ragioni di convenienza possa essere esercitato non soltanto quando tutte le offerte sono ritenute non convenienti o non idonee, ma anche quando tali caratteristiche riguardino solo alcune delle offerte (Iaria, Marrone, 733).

La giurisprudenza si è pronunciata anche recentemente sulla natura e sui limiti del potere di non aggiudicare la gara, facendo notare che “se (...) per giustificare la scelta di non aggiudicare l'amministrazione richiama profili e valutazioni già svolte dalla commissione giudicatrice si verifica una revisione sostanziale di tali giudizi; se, invece, vengono invocate esigenze sopravvenute alla conclusione della procedura di gara si fuoriesce dall'ambito normativo segnato dalla disposizione in esame la quale impone di valutare la convenienza o l'idoneità dell'offerta «in relazione all'oggetto del contratto», non con riferimento a eventi non contemplati nel programma contrattuale posto a base di gara (in relazione ai quali, invece, dovrebbero essere esercitati i poteri di revoca del bando e di rinnovo della gara). In ogni caso, nella fase di attuazione del giudicato e dei relativi effetti conformativi, l'esercizio del potere di non aggiudicare soffre di ulteriori limiti, dovendosi evitare che, in presenza di un giudicato che riconosce al ricorrente vittorioso il diritto all'aggiudicazione, il bene della vita attribuito dalla sentenza di cognizione sia vanificato dalla decisione discrezionale dell'amministrazione di non aggiudicare. Il potere di non aggiudicare, secondo logica, va esercitato prima di adottare il provvedimento di aggiudicazione definitiva (il che spiega anche perché si tratti di un potere riservato alla stazione appaltante e non alla commissione giudicatrice); una volta disposta l'aggiudicazione residuano eventualmente i soli poteri di autotutela” (Cons. St. V, n. 384/2023).

Questioni applicative: il termine entro cui la facoltà di non aggiudicare la gara può essere esercitata

Tutto ciò premesso e considerato relativamente ai connotati, alla natura e ai limiti della facoltà delle stazioni appaltanti di non aggiudicare la gara prevista dall'art. 108, comma 10, occorre adesso evidenziare l'importante novità recata dalla norma in esame rispetto alla previsione omologa di cui al vecchio Codice, ossia la previsione di un limite temporale entro cui tale facoltà deve essere esercitata.

Più precisamente, il legislatore codicistico ha previsto che le stazioni appaltanti possano avvalersi della facoltà di non aggiudicare la procedura di gara non oltre il termine di 30 giorni dalla conclusione della valutazione delle offerte.

Non è chiaro se la previsione in esame sia tale da integrare a carico della stazione appaltante – una volta decorsi i 30 giorni dal completamento della valutazione delle offerte – la radicale impossibilità di evitare l'aggiudicazione della procedura, ossia un vero e proprio obbligo giuridico di aggiudicare la gara, azionabile in giudizio dal concorrente primo classificato.

Se così non fosse – ossia se la previsione del termine di 30 giorni dalla valutazione delle offerte fosse interpretata in guisa di un semplice meccanismo ‘acceleratorio' per addivenire più rapidamente alla conclusione delle procedure, oppure in chiave meramente dissuasiva per la stazione appaltante rispetto all'utilizzo della facoltà in parola – tale previsione rischierebbe di essere inutiliter data e di restare priva di effetti tangibili.

Al tempo stesso, laddove si ritenesse che l'eventuale decorso del termine dei 30 giorni comporti l'insorgenza di una pretesa azionabile in giudizio da parte del concorrente primo graduato, si porrebbe comunque il problema di capire quale sia lo strumento di tutela concretamente esperibile dal punto di vista della tecnica processuale.

I rimedi azionabili, quantomeno astrattamente, potrebbero essere tre: i) un'azione di mero accertamento volta a far accertare il diritto del concorrente primo graduato a conseguire l'aggiudicazione, ii) un'azione di condanna della P.A. a disporre l'aggiudicazione, oppure iii) un ricorso avverso il silenzio ex art. 117 c.p.a. volto a censurare l'illegittimità dell'inerzia della stazione appaltante.

Orbene, l'eventuale mancata attivazione da parte della stazione appaltante della facoltà di non aggiudicare entro il termine previsto non significa necessariamente che – da un punto di vista sostanziale – non ne sussistano i presupposti; in altre parole, ben potrebbe darsi che nessuna delle offerte pervenute alla P.A. sia “conveniente o idonea in relazione all'oggetto del contratto” e che nondimeno la stazione appaltante resti (colpevolmente) inerte per oltre 30 giorni dalla conclusione delle valutazione delle offerte.

In tali ipotesi, se si vincolasse l'amministrazione a disporre l'aggiudicazione i) si rischierebbe di pregiudicare l'interesse pubblico sotteso all'indizione della procedura di gara, in quanto verrebbe premiata un'offerta non idonea a soddisfare le esigenze per cui la P.A. si è determinata a contrarre, o comunque ii) si metterebbe la stazione appaltante in condizione di aggiudicare la gara per poi subito dopo revocare l'aggiudicazione adducendo sopravvenute ragioni di interesse pubblico, con tutte le conseguenze (anche processuali) del caso.

Per queste ragioni, a parere di chi scrive, sembrerebbe preferibile ritenere che il decorso del termine di 30 giorni dalla valutazione delle offerte i ) non consumi il potere della P.A. di non aggiudicare la procedura e ii ) conferisca al concorrente primo graduato unicamente la legittimazione a proporre un'azione avverso il silenzio ex art. 117 c.p.a., con cui far accertare l'illegittimità dell'inerte contegno dell'amministrazione, lasciando però impregiudicato il potere di provvedere di quest'ultima.

L'adozione del criterio dell'interposizione lineare è una legittima facoltà della stazioine appaltante?

Sul metodo di interpolazione lineare e bilineare, Cons. Stato, Sez. V, 15 febbraio 2024, n. 1510: il criterio dell'interpolazione lineare mira a premiare in maniera decisa e significativa il ribasso; l'adozione di un tale criterio costituisce una legittima facoltà per le Amministrazioni che, nell'ambito della propria attività contrattuale, sin dall'indizione del bando, intendano privilegiare in primis il contenimento dei costi. La interpolazione bilineare costituisce invece un'alternativa al metodo supra: ed infatti il punteggio qui cresce linearmente fino ad un valore soglia, calcolato ad esempio come la media del ribasso dei concorrenti, per poi flettere e crescere molto limitatamente. Il motivo per cui si opta per l'interpolazione bilineare è quello di disinnescare il limite intrinseco dell'interpolazione lineare, e cioè quello di valorizzare in modo eccessivo differenze di prezzo in concreto anche molto contenute. 

Bibliografia

Calaresu, Le domande e le offerte: forme, contenuti, garanzie e varianti, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Caringella, Protto, Il codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma, 2017; Fontana, Madeo, Il Codice Appalti alla prova delle semplificazioni, in italiappalti.it, luglio 2020; Giustiniani, Commento all'art. 95, in Caringella (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Milano, 2021; Giustiniani, Fontana, Le gare pubbliche: guida alle fasi di formazione del contratto pubblico, Roma, 2021; Iaria, Marrone, Aggiudicazione nei settori ordinari, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, Torino, 2019; Nunziata, Mascolo, Criteri di selezione delle offerte, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Volpe, Un anno di giurisprudenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sui contratti pubblici, in giustizia-amministrativa.it, aprile 2021.

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