Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 116 - Collaudo e verifica di conformità.

Marco Briccarello
Codice legge fallimentare

Artt. 102, 111 comma 1, 111 comma 1-bis


Collaudo e verifica di conformità.

1. I contratti sono soggetti a collaudo per i lavori e a verifica di conformità per i servizi e per le forniture per certificare il rispetto delle caratteristiche tecniche, economiche e qualitative dei lavori e delle prestazioni, nonché degli obiettivi e dei tempi, in conformità delle previsioni e pattuizioni contrattuali.

2. Il collaudo finale o la verifica di conformità deve essere completato non oltre sei mesi dall'ultimazione dei lavori o delle prestazioni, salvi i casi, individuati dall'allegato II.14, di particolare complessità, per i quali il termine può essere elevato sino ad un anno. Nella lettera d'incarico, in presenza di opere o servizi di limitata complessità, i tempi possono essere ridotti. Il certificato di collaudo ha carattere provvisorio e assume carattere definitivo dopo due anni dalla sua emissione. Decorso tale termine, il collaudo si intende tacitamente approvato ancorché l'atto formale di approvazione non sia stato emesso entro due mesi dalla scadenza del medesimo termine.

3. Salvo quanto disposto dall'articolo 1669 del codice civile, l'appaltatore risponde per la difformità e i vizi dell'opera, ancorché riconoscibili, purché denunciati dalla stazione appaltante prima che il certificato di collaudo assuma carattere definitivo.

4. Per effettuare le attività di collaudo dei lavori:

a) le stazioni appaltanti e gli enti concedenti che sono amministrazioni pubbliche nominano da uno a tre collaudatori scelti tra il proprio personale o tra il personale di altre amministrazioni pubbliche, con qualificazione rapportata alla tipologia e caratteristica del contratto, in possesso dei requisiti di moralità, competenza e professionalità. I collaudatori dipendenti della stessa amministrazione appartengono a strutture funzionalmente indipendenti;

b) le stazioni appaltanti e gli enti concedenti che non sono amministrazioni pubbliche nominano da uno a tre collaudatori di cui almeno uno deve essere individuato tra il personale di amministrazioni pubbliche. Tutti i collaudatori devono possedere qualificazione rapportata alla tipologia e alle caratteristiche del contratto e requisiti di moralità, competenza e professionalità 1.

4-bis. Tra le unità di personale della stazione appaltante o di altre amministrazioni pubbliche è individuato anche il collaudatore delle strutture per la redazione del collaudo statico. Per accertata carenza nell'organico della stazione appaltante, o nei casi di particolare complessità tecnica, la stazione appaltante può verificare la possibilità di nominare il collaudatore tra i dipendenti di altre amministrazioni pubbliche formulando, anche contestualmente, apposita richiesta ad almeno tre amministrazioni, e, in caso di mancato riscontro entro il termine di trenta giorni, affidare l'incarico con le modalità previste dal codice. Il compenso spettante per l'attività di collaudo è contenuto per il personale della stessa amministrazione nell'ambito dell'incentivo di cui all'articolo 45, mentre per il personale di altre amministrazioni pubbliche è determinato ai sensi dell'articolo 29, comma 1, dell'allegato II.14 2.

4-ter. Il collaudatore o la commissione di collaudo, per lavori di particolare complessità, in qualsiasi momento, può decidere di avvalersi, previa adeguata motivazione, di una segreteria tecnico­ amministrativa in possesso di specifiche competenze per le attività istruttorie e di supporto organizzativo. Il membro o i componenti della segreteria tecnico-amministrativa sono scelti dal collaudatore o dal presidente della commissione. Gli oneri della segreteria sono a carico del collaudatore o dei membri della commissione di collaudo e vengono liquidati con le modalità di cui all'articolo 29-bis. dell'allegato II.14 3.

5. Per i contratti di servizi e forniture la verifica di conformità è effettuata dal RUP o, se nominato, dal direttore dell'esecuzione. Per servizi e forniture caratterizzati da elevato contenuto tecnologico oppure da elevata complessità o innovazione, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono prevedere la nomina di uno o più verificatori della conformità diversi dal RUP o dal direttore dell'esecuzione del contratto. Per la nomina e il compenso dei verificatori si applica il comma 4 4.

6. Non possono essere affidati incarichi di collaudo e di verifica di conformità:

a) ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, e agli avvocati e procuratori dello Stato, in attività di servizio [e, per appalti di lavori pubblici di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea, a quelli in quiescenza nella regione o nelle regioni dove è stata svolta l'attività di servizio] 5;

a-bis) ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, e agli avvocati e procuratori dello stato in quiescenza che a qualsiasi titolo siano intervenuti in fase di aggiudicazione o di esecuzione del contratto oggetto del collaudo o che abbiano altri motivi di conflitto di interesse di cui all'articolo 16 6;

b) ai dipendenti appartenenti ai ruoli della pubblica amministrazione in servizio o in trattamento di quiescenza per i quali sussistono motivi di conflitto di interesse di cui all'articolo 16 7;

c) a coloro che nel triennio antecedente hanno avuto rapporti di lavoro autonomo o subordinato con gli operatori economici a qualsiasi titolo coinvolti nell'esecuzione del contratto;

d) a coloro che hanno comunque svolto o svolgono attività di controllo, verifica, progettazione, approvazione, autorizzazione, vigilanza o direzione sul contratto da collaudare;

e) a coloro che hanno partecipato alla procedura di gara.

7. Le modalità tecniche e i tempi di svolgimento del collaudo, nonché i casi in cui il certificato di collaudo dei lavori e il certificato di verifica di conformità possono essere sostituiti dal certificato di regolare esecuzione, sono disciplinati dall'allegato II.14.

8. Le modalità tecniche e i tempi della verifica di conformità sono stabiliti dalla stazione appaltante nel capitolato. La cadenza delle verifiche può non coincidere con il pagamento periodico delle prestazioni in modo tale da non ostacolare il regolare pagamento in favore degli operatori economici.

9. Salvo motivate esigenze, le attività di verifica di conformità sono svolte durante l'esecuzione dei contratti a prestazioni periodiche o continuative.

10. Al termine del lavoro sono redatti:

a) per i beni del patrimonio culturale, un consuntivo scientifico predisposto dal direttore dei lavori o, nel caso di interventi su beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico artistico, da restauratori di beni culturali ovvero, nel caso di interventi archeologici, da archeologi qualificati, ai sensi della normativa vigente, quale ultima fase del processo della conoscenza e del restauro e quale premessa per il futuro programma di intervento sul bene; i costi per la elaborazione del consuntivo scientifico sono previsti nel quadro economico dell'intervento;

b) l'aggiornamento del piano di manutenzione e della eventuale modellazione informativa dell'opera realizzata di cui all'articolo 43 per la successiva gestione del ciclo di vita;

c) dai professionisti afferenti alle rispettive competenze, una relazione tecnico-scientifica, con l'esplicitazione dei risultati culturali e scientifici raggiunti.

11. Gli accertamenti di laboratorio e le verifiche tecniche obbligatorie inerenti alle attività di cui al presente articolo e alle attività di cui all'allegato II.14 oppure specificamente previsti dal capitolato speciale d'appalto di lavori, sono disposti dalla direzione dei lavori o dall'organo di collaudo o di verifica di conformità, imputando la spesa a carico delle somme a disposizione accantonate a tale titolo nel quadro economico. Le spese relative alle verifiche tecniche obbligatorie non sono soggette a ribasso. I criteri per la determinazione dei costi sono individuati dall'allegato II.15. [In sede di prima applicazione l'allegato II.15 è abrogato e sostituito da un corrispondente decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.]8

Note operative

Attività Grado di complessità Tempistica di completamento
Collaudo finale (per i lavori) Verifica di conformità (per servizi e forniture) Ordinario Entro sei mesi dall'ultimazione dei lavori/delle prestazioni
Collaudo finale (per i lavori) Verifica di conformità (per servizi e forniture) Particolare Fino a un anno dall'ultimazione dei lavori/delle prestazioni
Collaudo finale (per i lavori) Verifica di conformità (per servizi e forniture) Limitata Inferiore a sei mesi dall'ultimazione dei lavori/delle prestazioni

Inquadramento

Per definizione (con “carattere pressoché tradizionale nelle varie formulazioni legislative in tema di appalto” pubblico, recepite anche nell'all. II.14 al nuovo codice, agli artt. 13 e 36), il collaudo (per i lavori) e la verifica di conformità (per i servizi e per le forniture) hanno lo scopo sia di certificare che l'oggetto dell'appalto in termini di prestazioni, obiettivi e caratteristiche tecniche, economiche e qualitative sia stato realizzato ed eseguito a regola d'arte, nel rispetto delle previsioni tecniche dettate dalle leggi di settore e delle pattuizioni contrattuali prestabilite, sia di controllare che i dati risultanti dalla contabilità e dai documenti giustificativi corrispondano fra loro e con le risultanze di fatto, non solo per dimensioni, forma e quantità, ma anche per qualità dei materiali, dei componenti e delle provviste. Le verifiche in questione comprendono inoltre l'esame delle riserve dell'appaltatore sulle quali non sia già intervenuta una risoluzione definitiva in via amministrativa, se iscritte nel registro di contabilità e nel conto finale nei tempi e nei modi stabiliti dalla legge (v., ancora di recente, Cass. I, n. 2075/2022 e T.A.R. Piemonte II, n. 109/2022, che riconosce apertamente “la centralità dell'elemento contabile oltre che tecnico per le operazioni di collaudo”).

Gli aspetti principali delle suddette attività sono oggi contenuti nell'art. 116 del d.lgs. n. 36/2023, che si occupa della parte conclusiva della fase di esecuzione degli appalti pubblici disciplinando – appunto – il collaudo dei lavori e la verifica di conformità dei servizi e delle forniture, sotto l'aspetto tanto organizzativo, quanto procedimentale.

Nel fare ciò, la norma in commento riproduce la maggior parte del testo dell'art. 102 del d.lgs. n. 50/2016, peraltro con una diversa organizzazione e con l'inserimento di talune novità. In particolare, come puntualmente chiarisce la relazione illustrativa al nuovo codice:

a) è stato soppresso il primo comma dell'art. 102 del d.lgs. n. 50/2016 (recante l'individuazione dei soggetti deputati a controllare l'esecuzione del contratto), perché estraneo alla materia del collaudo e della verifica di conformità.

La scelta legislativa pare condivisibile in quanto la previsione dell'originario comma 1 dell'art. 102 del d.lgs. n. 50/2016 era ripetitiva di quanto previsto all'art. 101 dello stesso d.lgs. n. 50/2016 (oggi confluito nell'art. 114 del d.lgs. n. 36/2023) e dunque avrebbe avuto una più logica collocazione in tale ultima menzionata norma. Ciò soprattutto dopo che già il legislatore del 2016 aveva optato per una semplificazione della rubrica dell'art. 102 del d.lgs. n. 50/2016 (ora art. 116 del d.lgs. n. 36/2023), dalla quale era stato eliminato ogni riferimento ai controlli in sede di esecuzione (Corrado);

b) rispetto al comma 2 del citato art. 102 del d.lgs. n. 50/2016, nel comma 1 dell'art. 116 del d.lgs. n. 36/2023 è stato aggiunto il riferimento alla “tempistica” dell'esecuzione quale elemento soggetto a controllo in sede di collaudo/verifica di conformità e, sempre per ragioni di organicità, è stato soppresso ogni riferimento ai contratti sotto soglia comunitaria (in quanto la pertinente regolamentazione è contenuta nella parte dedicata a questi ultimi). Il che, in buona sostanza, costituisce la trasposizione normativa – in forma riassunta, ma sufficientemente completa e chiara – delle statuizioni riportate nelle disposizioni previgenti e recepite dalla giurisprudenza di cui si è dato conto poco sopra;

c) nel comma 2 sono stati confermati i tempi di completamento del collaudo e della verifica di conformità già previsti dall'art. 102, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016, consentendo tuttavia alle stazioni appaltanti di ridurli o di aumentarli (fino a un anno) in ragione della relativa complessità. Inoltre, sempre per ragioni di coerenza sistematica, sono stati espunti i riferimenti alla competenza soggettiva al rilascio del certificato di collaudo e alla possibilità di sostituirlo con il certificato di regolare esecuzione;

d) permane la responsabilità dell'appaltatore per le difformità e per i vizi dell'opera, purché denunciati dalla stazione appaltante prima dell'intervenuta definitività del certificato di collaudo (v. il comma 3 dell'art. 116 del d.lgs. n. 36/2023 e il comma 5 dell'art. 102 del d.lgs. n. 50/2016);

e) nei commi 4 (dedicato ai lavori) e 5 (per i servizi e le forniture) dell'art. 116, al fine di garantire l'imparzialità delle operazioni di collaudo, si è lasciata la previsione (già presente nel comma 6 dell'art. 102 del d.lgs. n. 50/2016) della nomina dei collaudatori interni alla stazione appaltante, ma con la specificazione che, in tal caso, devono appartenere a “strutture funzionalmente indipendenti”. L'obbligatorietà di procedere all'affidamento interno del collaudo/verifica di conformità mira a garantire la terzietà di coloro che sono chiamati a certificare il rispetto delle previsioni contrattuali e delle regole dell'arte nella fase di esecuzione del contratto. Si tratta cioè di una forma di garanzia prevista a tutela del perseguimento dell'interesse pubblico e alla prevenzione di qualsivoglia forma di possibile conflitto d'interessi. Per la stessa ragione il codice del 2023 (al comma 6 dell'art. 116) ha riprodotto le situazioni d'incompatibilità già individuate dall'art. 102, comma 7, del d.lgs. n. 50/2016 (v. infra);

f) analogamente al disposto dell'art. 115 del nuovo codice (per le attività di “controllo tecnico, contabile e amministrativo”, al cui commento si rimanda), l'art. 116 in esame detta una differente disciplina tra appalti di lavori, da un lato, e appalti di servizi e forniture, dall'altro lato. Segnatamente, a mente del comma 7 le modalità e i tempi per lo svolgimento del collaudo sono normati dall'allegato II.14; per contro, per la verifica di conformità si fa riferimento al capitolato speciale, prevedendo di norma la verifica di conformità in corso di esecuzione dei contratti a prestazioni continuative o periodiche (v. i commi 8 e 9 dell'art. 116 del d.lgs. n. 36/2023);

g) al comma 10 (corrispondente all'art. 102, comma 9, del d.lgs. n. 50/2016), circa gli atti da redigere alla fine della fase di verifica, si è aggiunto – quale incentivo alla digitalizzazione – il riferimento all'eventuale modellazione informativa dell'opera realizzata di cui all'art. 43 del nuovo codice.

Merita inoltre segnalare che, con particolare riguardo alla fase di verifica e collaudo, è stato introdotto un preciso riferimento agli “interventi archeologici”, affinché il consuntivo scientifico venga redatto da archeologi qualificati ai sensi della normativa vigente. Il che, anche in virtù dei più recenti aggiornamenti normativi di settore che definiscono i livelli di qualificazione professionale degli archeologi, garantisce una valorizzazione degli interventi archeologici e maggiori tutele in fase di predisposizione del consuntivo scientifico alla conclusione di quei lavori;

h) si è introdotto un comma 11 (che riproduce il comma 1-bis dell'art. 111 del d.lgs. n. 50/2016) sugli accertamenti di laboratorio e sulle verifiche tecniche obbligatorie legate al collaudo. I criteri di determinazione dei relativi costi sono demandati all'allegato II.15.

i) Resta infine ferma l'assegnazione delle funzioni di collaudo ad un soggetto unico o a un collegio di tre membri, nominati dalla stazione appaltante tra i propri dipendenti o – in mancanza – tra soggetti appartenenti ad altre amministrazioni o a soggetti esterni (Cosmai – Buonanno, 365).

Merita ancora segnalare che “lo stato di avanzamento dei lavori è il documento, redatto dal direttore dei lavori, deputato a riassumere “tutte le lavorazioni e tutte le somministrazioni eseguite dal principio dell'appalto sino ad allora [...] ai fini del pagamento di una rata di acconto”, con funzione, quindi, di mera contabilizzazione della quantità di lavori eseguiti (cfr. art. 14 D.M. Infrastrutture e Trasporti n. 49 del 7.3.2018). Al contrario, il certificato di collaudo rappresenta il giudizio che, sulla base dei risultati della verifica, l'organo di collaudo esprime sulla conformità dell'opera alle previsioni contrattuali e alle regole dell'arte; in sostanza, esso è un atto giuridico unilaterale che rappresenta un accertamento tecnico sulla corretta realizzazione dell'opera, al punto che soltanto a seguito della sua emissione la stazione appaltante è tenuta a procedere allo svincolo immediato della cauzione definitiva prestata dall'appaltatore (cfr. artt. 102 e 103 D. Lgs. n. 50/2016). In tal senso, in ordine alla funzione del collaudo, è stato condivisibilmente affermato che “il collaudo delle opere pubbliche [...] integra un procedimento amministrativo, che richiede da un lato l'emissione del c.d. certificato di collaudo, il quale racchiude il giudizio finale del collaudatore intorno all'opera e contiene la liquidazione finale del corrispettivo spettante all'appaltatore, e dall'altro, l'approvazione del collaudo da parte dell'Amministrazione, che esprime sostanzialmente l'accettazione dell'opera per conto del committente e rende definitiva la predetta liquidazione” (Cass.,I, 26.1.2011, n. 1832)” (v. T.A.R. Puglia (Lecce) I, n. 1002/2022).

Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)

La novella del 2024:

  • ha sostituito il comma 4 dell'articolo 116 in esame, in tema di nomine e compensi dei collaudatori, introducendo la previsione per cui nell'ambito dei settori speciali, “i concessionari e gli operatori economici […] nominano da uno a tre collaudatori di cui almeno uno deve essere individuato tra il personale di amministrazione pubblica. Tutti i membri devono possedere qualificazione rapportata alla tipologia e caratteristica del contratto e requisiti di moralità, competenza e professionalità”;
  • ha inserito il comma 4-bis relativo alla determinazione del compenso, che per il personale della stessa amministrazione è un incentivo, mentre per il personale di altre amministrazioni è determinato in relazione al d.m. Giustizia del 17 giugno 2016;
  • e ha aggiunto il comma 4-ter, recante la possibilità per il collaudatore o per la commissione di collaudo di dotarsi, a proprie spese, di una segreteria tecnico-amministrativa con specifiche competenze per le attività istruttorie e di supporto organizzativo. Ciò, peraltro, solo in caso di lavori di particolare complessità e previa adeguata motivazione.

I tempi di completamento del collaudo e della verifica di conformità

Come si è anticipato nel paragrafo precedente, i segmenti procedurali delle operazioni di collaudo e di verifica della conformità sono riportati in parte (per gli aspetti di carattere generale) nel testo dell'art. 116 del d.lgs. n. 36/2023 e, in altra parte (per le previsioni di natura più operativa e di dettaglio) negli allegati II.14 e II.15 al nuovo codice.

Per quanto qui interessa, un primo aspetto operativo degno di rilevanza è quello riguardante la tempistica per l'effettuazione delle operazioni di collaudo finale e di verifica della conformità. Sul punto, il comma 2 dell'art. 116 del d.lgs. n. 36/2023 enuclea tre fattispecie, a cui si ancorano altrettante scadenze per l'espletamento dei connessi incombenti. Nel dettaglio le operazioni di verifica devono concludersi:

I) ordinariamente, ossia per gli appalti che non presentano particolari profili di complessità o d'importanza, non oltre ” sei mesi dall'ultimazione dei lavori, servizi o forniture;

II) entro un anno laddove invece vi siano casi di “particolare complessità”;

III) o, per converso, quando le opere o i servizi da prestare siano “di limitata complessitàin meno di sei mesi (la norma non rende un'indicazione numerica precisa, limitandosi a stabilire che in tale evenienza “i tempi possono essere ridotti”).

A fronte di simili previsioni viene da chiedersi cosa accade nell'ipotesi – tutt'altro che infrequente – di un ritardo nell'emissione ed approvazione del collaudo.

Anche qui bisogna distinguere.

La discriminante è se lo sforamento dei tempi sia imputabile all'aggiudicatario o alla stazione appaltante. Infatti:

a ) nel primo caso (ossia quando il ritardo è causato dal privato) occorrerà fare riferimento alle previsioni della legge di gara e del contratto, che usualmente impongono la comminazione di penali pecuniarie per ogni giorno di ritardo. La giurisprudenza ha tuttavia precisato che l'ostacolo al collaudo deve consistere in un evento comunque riferibile alla impresa, che impedisca od ostacoli lo svolgimento delle operazioni di collaudo nel termine di legge (come la mancata consegna delle opere, la mancata rimozione dei materiali o degli attrezzi, ecc.) e non può consistere in mere inadempienze contrattuali, che attengono al diverso (e successivo) profilo della responsabilità dell'appaltatore accertata in sede di collaudo (Cass. I, n. 26581/2021, con ampie citazioni di precedenti. V. anche Cass. n. 16405/2021);

b ) nel secondo caso (ossia quando il ritardo è causato dall'ente pubblico) sorge il diritto dell'impresa alla restituzione della cauzione prestata, al pagamento immediato delle ritenute operate a garanzia ed alla estinzione di eventuali fideiussioni (oltre alle sentenze appena richiamate, v. Cass. I, n. 7194/2019 e Trib. Roma 11 dicembre 2020).

La medesima giurisprudenza ha inoltre riconosciuto all'appaltatore il diritto di essere compensato per l'attività di vigilanza e custodia dell'opera (solo) nel caso in cui si provi un ritardo imputabile alla pubblica amministrazione nel dare inizio al collaudo secondo quanto fissato dal capitolato speciale d'appalto. Per contro, per tutta la durata dei lavori e fino all'intervenuto decorso del termine per lo svolgimento del collaudo, l'attività resta a carico dell'impresa, formando oggetto di un obbligo generale, la cui remunerazione è compresa nel corrispettivo dell'appalto. Tale credito va riconosciuto alla stregua dell'imputabilità di quel ritardo alla committente e sempreché l'appaltatore ne abbia fatto richiesta nell'atto di collaudo, salvo il riconoscimento formale ed esplicito della debitrice (v. ancora Cass. I, n. 26581/2021, nonché App. Firenze 24 novembre 2021, n. 2285).

Sempre in tema di tempistiche, la seconda parte del comma 2 dell'art. 116 del nuovo codice dispone che – al pari della previgente disciplina – il certificato di collaudo ha carattere provvisorio e assume carattere definitivo decorsi due anni dalla sua emissione. Decorso questo periodo, il collaudo si intende tacitamente approvato, ancorché l'atto formale di approvazione non sia intervenuto entro due mesi dalla scadenza del relativo termine.

In altre parole, il certificato di collaudo è un atto provvisorio che diventa definitivo soltanto dopo due anni dal suo rilascio, senza che possa assumere rilievo il pagamento del saldo per il fine lavori in favore dell'impresa. In particolare, una volta trascorso il suddetto periodo di tempo – anche in mancanza di un atto formale di approvazione – il certificato, qualora non siano intervenuti atti di contestazione da parte della stazione appaltante, diviene comunque definitivo nei successivi due mesi, attraverso una sorta di accettazione implicita dei lavori da parte della Pubblica Amministrazione. Si può cioè dire che – anche in relazione al collaudo opera il meccanismo del silenzio-assenso – atteso che l'inerzia dell'Amministrazione, protratta per due anni e due mesi dal rilascio del certificato di collaudo provvisorio, comporta una tacita approvazione dei lavori o delle attività svolte dall'aggiudicatario.

La giurisprudenza, sulla scorta delle suesposte considerazioni, ha ribadito con costanza che la “previsione d i termini entro i quali deve essere compiuto il collaudo delinea con certezza il periodo superato il quale, perdurando l'inerzia dell'ente committente, quest'ultimo deve ritenersi inadempiente, con la duplice conseguenza che l'appaltatore può agire per il pagamento senza necessità di mettere in mora l'Amministrazione e che, alla scadenza del predetto termine, inizia a decorrere la prescrizione del credito” (tra le tante, Cass. I, n. 38199/2021).

Si ritiene che, stante la sostanziale invarianza del codice del 2023 rispetto alle precedenti formulazioni legislative, le citate statuizioni siano ancora attuali.

La responsabilità dell'appaltatore

In tema di responsabilità dell'appaltatore nelle opere pubbliche occorre preliminarmente partire dal presupposto che al contratto d'appalto pubblico è pacificamente riconosciuta natura privatistica. Ciò nonostante il contratto stesso sia sottoscritto dalla pubblica amministrazione, in qualità di committente, e l'oggetto dell'accordo abbia finalità di carattere pubblico.

Il riconoscimento della natura privatistica del contratto di appalto pubblico fa sì che a detto negozio debbano applicarsi le disposizioni del codice civile sulle obbligazioni in generale e quelle previste in materia di appalto per tutto ciò che non sia espressamente disciplinato dalla normativa speciale contenuta nel codice dei contratti pubblici. Il tema della responsabilità dell'appaltatore nelle opere pubbliche è quindi regolamentato su distinti livelli normativi, nel senso che nella fattispecie concorrono le disposizioni:

a) speciali previste dal codice dei contratti pubblici;

b) speciali in materia di appalto previste dal codice civile;

c) e generali previste dal codice civile in materia di responsabilità contrattuale (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1593-1595).

Fatta questa premessa, per esigenze di sintesi nel presente paragrafo ci si soffermerà principalmente sui profili di responsabilità dell'appaltatore derivanti dalla specifica normativa pubblicistica, non mancando però di rendere qualche breve cenno sulle implicazioni derivanti dalle norme civilistiche.

La novella del 2023 riprende la previsione dell'abrogato regolamento di attuazione del precedente Codice del 2006 (art. 235) e ripropone testualmente l'art. 102 comma 5 del d.lgs. n. 50/2016. Cosicché ancora oggi, fatta salva la previsione dell'art. 1669 c.c., l'appaltatore risponde per la difformità e i vizi dell'opera, ancorché riconoscibili, purché denunciati dalla stazione appaltante prima che il certificato di collaudo assuma carattere definitivo.

Sulla scorta del dato letterale della norma, la dottrina ha osservato che il Codice dei contratti pubblici del 2016 (e quindi, stante l'invarianza della novella, anche il d.lgs. n. 36/2023) richiama le categorie previste dagli artt. 1667 e 1668 c.c.: l'appaltatore risponde nei confronti della stazione appaltante per le “ difformità ” e per i “ vizi dell'opera eseguita, purché ritualmente e tempestivamente denunciati. In proposito, si precisa che:

– le difformità derivano dalla violazione degli obblighi contrattuali e si verificano pertanto quando l'opera diverge rispetto alle previsioni del capitolato (e financo del contratto), nonché alle indicazioni ricevute dal direttore dei lavori e dal RUP nel corso della fase esecutiva;

– mentre i vizi riguardano l'ipotesi in cui l'opera, pur magari rispettosa degli obblighi contrattuali e delle prescrizioni tecniche, non sia comunque conforme alle c.d. “regole dell'arte”, ossia alle norme, criteri, cognizioni generali dettati dalla tecnica e dalle massime di esperienza professionale (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1605-1608).

In tema di responsabilità per vizi, la giurisprudenza ha in più occasioni riconosciuto la responsabilità dell'appaltatore verso il committente anche nel caso in cui i vizi siano imputabili a errori di progettazione o della direzione dei lavori quando l'appaltatore stesso:

– si sia accorto del vizio e non lo abbia denunciato tempestivamente al committente medesimo, manifestando il proprio dissenso;

– oppure non lo abbia rilevato, pur potendo e dovendo riconoscerlo in relazione alla perizia e alle capacità tecniche da lui esigibili in concreto quale espressione della diligenza qualificata ex art. 1176 comma 2 c.c. (tra le tante, Cass. II, n. 31273/2022)

Operativamente, l'esistenza dei vizi e delle difformità dell'opera viene accertata al momento del collaudo, che è dunque un atto necessario e obbligatorio, oltre che formale (nel senso che la volontà di accettare l'opera dev'essere sempre espressa e subordinata a un particolare procedimento, diversamente rispetto all'appalto tra privati, in cui l'accettazione può essere anche implicita ex art. 1665, comma 4, c.c.).

Da questo momento iniziano a decorrere due termini – uno di decadenza (pari a sessanta giorni dalla scoperta dei vizi/difetti, ex art. 1667, comma 2, c.c.) e uno di prescrizione (pari due anni dal giorno della consegna, ex art. 1667, comma 3, c.c.) – per l'esercizio, da parte della stazione appaltante, dell'azione di garanzia per le difformità e i vizi dell'opera (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1608 – 1611).

La più aggiornata giurisprudenza ha precisato che i predetti termini di decadenza e prescrizione per l'esperimento dell'azione di garanzia per i vizi e difetti dell'opera, di cui all'art. 1667 c.c., nei confronti dell'appaltatore di opera pubblica, iniziano a decorrere dall'approvazione del collaudo circa i vizi e difetti rivelatisi precedentemente o contemporaneamente al suo esperimento, in quanto è solo con il collaudo che l'opera può dirsi formalmente accettata dalla P.A. Tuttavia detto principio è applicabile sempre che il collaudo sia avvenuto nel rispetto dei termini previsti dalla legge, poiché, in mancanza, essi decorrono (a fini sia di decadenza, sia di prescrizione) dalla scadenza del termine previsto per il collaudo, tranne che il committente dimostri che questo non sia avvenuto per fatto imputabile all'impresa (Cass. I, n. 10501/2019, nonché App. Venezia I, 29 marzo 2022, n. 720).

Per completezza, quanto al termine di decadenza merita segnalare che “se l'appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati” è superflua la denuncia del committente. Questo riconoscimento, da parte dell'appaltatore, dei vizi e delle difformità non richiede una confessione giudiziale o stragiudiziale della sua responsabilità, né formule sacramentali e può manifestarsi, secondo la giurisprudenza, anche per fatti concludenti (ad esempio, mediante la contestazione o la negazione di doverne rispondere: Cass. II, n. 18289 e Trib. Vicenza II, n. 1449/2022).

Inoltre, la denunzia dei vizi e delle difformità dell'opera prevista dall'art. 1667 c.c. non è soggetta a forma scritta ancorché provenga da un ente pubblico (in quanto la predetta disposizione, applicabile anche negli appalti di opere pubbliche, non impone alcuna particolare formalità) e non dev'essere particolarmente specifica e analitica in merito alle difformità e/o ai vizi dell'opera, essendo per converso sufficiente una descrizione sintetica suscettibile di conservare l'azione di garanzia anche con riferimento a quei difetti accertabili solo successivamente (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1609, con numerose citazioni di giurisprudenza).

Il termine biennale di prescrizione si applica invece esclusivamente all'azione di garanzia per difformità e vizi dell'opera prevista dall'art. 1667 c.c., mentre non opera per diverse tipologie di azioni che pur possono derivare da un rapporto di appalto (come, ad esempio, allorché venga formulata una richiesta di pagamento – basata su un'autonoma previsione del capitolato – per la riparazione di danni arrecati dai dipendenti dell'appaltatore. In questo caso si è infatti di fronte a un'ordinaria azione risarcitoria, alla quale resta applicabile la disciplina dettata dagli artt. 1453 e 1455 c.c., con il conseguente assoggettamento agli ordinari termini di prescrizione e non al regime di decadenza e prescrizione breve di cui all'art. 1667 c.c.).

Per l'ipotesi in cui l'opera presenti vizi o difformità, la stazione appaltante può chiedere, ai sensi dell'art. 1668 c.c., che i difetti siano eliminati a spese dell'appaltatore oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore. Il secondo comma dell'art. 1668 c.c. specifica poi che se le difformità o i vizi dell'opera sono tali da “renderla del tutto inadatta alla sua destinazione”, il committente può chiedere la risoluzione del contratto.

In sintesi, quindi, i rimedi possibili sono: i ) l'eliminazione dei vizi e delle difformità a spese dell'appaltatore; ii) alternativamente, la riduzione del prezzo dovuto per l'esecuzione, accettando l'opera con le difformità o i vizi; iii) in ogni caso il risarcimento del danno; iv) in via residuale, e soltanto quando l'opera sia del tutto inadatta alla sua destinazione, la risoluzione del contratto (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1611).

Nonostante il comma 3 dell'art. 116 del d.lgs. n. 36/2023 menzioni espressamente l'art. 1669 c.c., la responsabilità per rovina e difetti in esso prevista non ha frequente applicazione nell'appalto pubblico. Per ragioni di sintesi, pertanto, nella presente opera sia lecito rimandare a quanto analiticamente e doviziosamente esposto in tema dalla più attenta dottrina (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1617 – 1625).

Infine, in relazione ai profili di responsabilità dell'appaltatore verso la committenza per i casi – assai frequenti – di partecipazione alla gara pubblica o di esecuzione di parte delle prestazioni oggetto del contratto da parte di più operatori economici (si pensi ai raggruppamenti temporanei d'imprese, ai consorzi, al subappalto e all'avvalimento), si rimanda ai commenti riguardanti le pertinenti disposizioni.

Il controllo dell'esecuzione sotto il profilo soggettivo

Finora si sono affrontati i profili “oggettivi” della fase di controllo, ossi quelli concernenti l'attività in sé.

Nel presente paragrafo si affronta invece l'ambito “soggettivo” della norma, concentrandosi cioè su chi si occupa del controllo dell'esecuzione delle commesse pubbliche. Ciò con un'analisi a tutto tondo, che tiene conto dei principali aspetti che riguardano queste figure professionali.

Partendo dal dato normativo, l'art. 116, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023 (così come il comma 6 dell'art. 102 del d.lgs. n. 50/2016) dispone che – per gli appalti di lavori – la stazione appaltante nomina, tra i propri dipendenti o quelli di altre amministrazioni pubbliche, da uno a tre collaudatori, oltre al collaudatore delle strutture per la redazione del collaudo statico, con qualificazione rapportata alla tipologia e caratteristica del contratto, in possesso dei requisiti di moralità, competenza e professionalità.

Come recentemente precisato dall'ANAC, lo scopo delle richieste è garantire che i predetti compiti siano espletati da soggetti in possesso di elevata professionalità (v. il parere ANAC del 21 giugno 2022, n. 21).

Nella nuova disposizione sparisce però il requisito dell'iscrizione all'albo dei collaudatori nazionale o regionale di pertinenza, previsto invece dal comma 8 dell'art. 102 del d.lgs. n. 50/2016.

Con riferimento al vecchio codice la dottrina si è chiesta a quali tipologie di controlli intenda fare riferimento la norma. Questo perché il comma 1 dell'art. 102 del d.lgs. n. 50/2016 prevedeva già che i controlli in fase di esecuzione fossero di competenza del responsabile del procedimento, congiuntamente al direttore dei lavori o al direttore dell'esecuzione. Sicché dalla circostanza si poteva desumere che la nomina prevista al comma 6 dell'art. 102 fosse quella dei soggetti chiamati ad effettuare le attività di collaudo di cui al comma 3 della medesima disposizione, e quindi il collaudo finale e la verifica di conformità (Corrado).

Con la nuova norma il problema sembra essere stato risolto alla radice. Infatti, come si è detto nel punto 1 (“Inquadramento”), alla lett. a), l'art. 116 del d.lgs. n. 36/2023 non ha riproposto il primo comma del citato art. 102 del d.lgs. n. 50/2016. Sicché adesso è chiaro che questi controlli sono solo quelli afferenti al collaudo o alla verifica di conformità.

Per i contratti di servizi e forniture, invece, il comma 5 dell'articolo in commento stabilisce che la verifica di conformità è effettuata dal RUP o, se nominato, dal direttore dell'esecuzione. Fanno eccezione i servizi e forniture caratterizzati da elevato contenuto tecnologico oppure da elevata complessità o innovazione, per i quali le stazioni appaltanti possono prevedere la nomina di uno o più verificatori della conformità diversi dal RUP o dal direttore dell'esecuzione del contratto.

Per quanto concerne la disciplina dei compensi per i collaudatori della stazione appaltante, il comma 4 dell'art. 116 del d.lgs. n. 36/2023 ripropone quanto già previsto dal comma 6 dell'art. 102 del d.lgs. n. 50/2016. Sicché ancora oggi il corrispettivo, per i dipendenti della stazione appaltante è compreso nell'ambito dell'“incentivo per le funzioni tecniche” (già previsto dall'art. 113 del d.lgs. n. 50/2016, riscritto dall'art. 45 del nuovo codice, al cui commento si rinvia).

Infine, per garantire lo svolgimento del collaudo secondo principi di correttezza, terzietà e imparzialità, l'art. 116 del d.lgs. n. 36/2023, al comma 6 (integralmente sovrapponibile al comma 7 dell'art. 102 del Codice del 2016), fissa una chiara disciplina in ordine alle incompatibilità della figura del collaudatore. Segnatamente, non possono essere affidati incarichi di collaudo e di verifica di conformità. In particolare, l'incarico di collaudatore non può essere affidato:

a) ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, e agli avvocati e procuratori dello Stato, in attività di servizio e, per appalti di lavori pubblici di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza comunitaria di cui all'art. 35, a quelli in quiescenza nella regione/regioni ove è stata svolta l'attività di servizio;

b) ai dipendenti appartenenti ai ruoli della pubblica amministrazione in servizio, ovvero in trattamento di quiescenza per appalti di lavori pubblici di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza comunitaria di cui all'art. 35 ubicati nella regione/regioni ove è svolta per i dipendenti in servizio, ovvero è stata svolta per quelli in quiescenza, l'attività di servizio;

c) a coloro che nel triennio antecedente hanno avuto rapporti di lavoro autonomo o subordinato con gli operatori economici a qualsiasi titolo coinvolti nell'esecuzione del contratto;

d) a coloro che hanno, comunque, svolto o svolgono attività di controllo, verifica, progettazione, approvazione, autorizzazione, vigilanza o direzione sul contratto da collaudare;

e) a coloro che hanno partecipato alla procedura di gara.

La norma è foriera di ambiguità applicative e non precisa neppure i limiti temporali e spaziali delle fattispecie (ad esempio, circa il periodo a ritroso ostativo al conferimento dell'incarico ai magistrati in quiescenza: Cosmai – Buonanno, 365).

Ciò chiarito, tra le dette voci, merita un rapido approfondimento quella di cui alla lett. d) che estromette dalla possibilità di assumere il ruolo di collaudatori “coloro che hanno, comunque, svolto o svolgono attività di controllo, verifica, progettazione, approvazione, autorizzazione, vigilanza o direzione sul contratto da collaudare”.

In merito, l'ANAC ha infatti avuto modo di chiarire (ancorché in relazione al previgente assetto normativo di settore) che la valutazione in ordine alla sussistenza dei profili di incompatibilità di cui si tratta dev'essere svolta con riguardo alle attività effettivamente espletate dal singolo professionista in relazione al contratto di appalto oggetto di collaudo, e non in astratto circa il ruolo ricoperto dallo stesso nell'Amministrazione o nell'Ufficio di appartenenza. La stazione appaltante è quindi tenuta a valutare in concreto se il professionista individuato abbia effettivamente svolto “attività di controllo, verifica, progettazione, approvazione, autorizzazione, vigilanza o direzione sul contratto da collaudare” in relazione al singolo appalto, da intendersi nel senso più ampio. Invero, già il previgente art. 141, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006 specificava che il collaudatore non deve aver svolto “nessuna funzione” relativa a quelle indicate nella norma. Pertanto, in linea di principio, possono ritenersi incluse nelle predette cause di incompatibilità, a carico del tecnico interessato, anche l'aver autorizzato e approvato atti e provvedimenti inerenti l'iter realizzativo dell'opera da collaudare (a titolo esemplificativo, autorizzazione all'attuazione di variazioni contrattuali, approvazione del quadro economico dell'opera e simili: v. ancora il parere ANAC del 21 giugno 2022, n. 21).

La giurisprudenza ha specificato – ancora più chiaramente – che la disposizione non consente il possibile affidamento di incarichi di collaudo (anche) a chi ha svolto attività di progettazione, senza fare distinzioni fra le diverse fasi della progettazione stessa, ritenendo una simile lettura coerente con la descritta concezione globale dell'attività di progettazione. Proprio la visione unitaria che il Codice dei Contratti prevede per l'attività di progettazione nei suoi tre diversi livelli, che dunque si pongono tutti come prodromici al contratto poi stipulato, osta alla possibilità di interpretare l'art. 102 del d.lgs. n. 50/2016 nel senso di voler limitare tale condizione alla progettazione esecutiva, poiché essa è oggetto del contratto da collaudare (T.A.R. Sardegna (Cagliari) I, n. 316/2022, secondo cui l'incompatibilità a svolgere l'attività di collaudo di opere eseguite sulla base di un progetto esecutivo – e ancor prima definitivo – sussiste anche per chi abbia svolta l'attività di progettazione preliminare, stante la natura comunque unitaria dell'attività di progettazione. Questa sentenza è stata resa su una fattispecie disciplinata dall'art. 102 del vecchio codice; ma stante l'invarianza normativa di cui si è dato conto, il principio espresso è da ritenersi ancora attuale).

La chiusura dei controlli

Il comma 10 dell'art. 116 del d.lgs. n. 36/2023 specifica – per i soli contratti di lavori – la tipologia di documentazione necessaria per la conclusione del collaudo.

Per i beni del patrimonio culturale occorre un consuntivo scientifico predisposto:

– dal direttore dei lavori;

– o, nel caso di interventi su beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e a materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico artistico, da restauratori di beni culturali;

– o, ancora, nel caso di interventi archeologici, da archeologi. Questa previsione non era stata inserita nel testo approvato in via preliminare e la disposizione è stata così riformulata nel testo definitivo. La modifica risulta opportuna, in quanto consente di garantire una valorizzazione degli interventi archeologici e maggiori tutele in fase di predisposizione del consuntivo scientifico al termine dei lavori.

Tutti i succitati soggetti devono possedere le qualifiche richieste dalla normativa vigente.

La disposizione precisa anche che i costi per la elaborazione del consuntivo scientifico sono previsti nel quadro economico dell'intervento.

Inoltre, alla conclusione dei lavori occorre redigere:

– l'aggiornamento del piano di manutenzione;

– ai fini della gestione informativa digitale delle costruzioni prevista dall'art. 43 del d.lgs. n. 36/2023, l'aggiornamento dell'eventuale modellazione informativa dell'opera per la successiva gestione del ciclo di vita dell'opera. Come si è accennato nel paragrafo dedicato all'inquadramento della presente norma, la richiesta dell'aggiornamento di quest'ultimo documento è frutto della novella del 2023;

– nonché una relazione tecnico-scientifica, redatta dai professionisti afferenti alle rispettive competenze, con l'esplicitazione dei risultati culturali e scientifici raggiunti.

Gli accertamenti di laboratorio e le verifiche tecniche obbligatorie

Il comma 11 dell'art. 116 del d.lgs. n. 36/2023 attribuisce al direttore dei lavori o all'organo di collaudo/verifica di conformità il compito di disporre gli accertamenti di laboratorio e le verifiche tecniche obbligatorie inerenti alle attività di cui allo stesso articolo 116 e all'allegato II.14, oppure specificamente previsti dal capitolato speciale d'appalto di lavori.

La norma ricalca il testo dell'art. 111, comma 1-bis, del d.lgs. n. 50/2016, senza introdurre novità particolari, fatta eccezione per i criteri di determinazione dei costi delle suddette attività. A tal fine, infatti, la novella rimanda all'allegato II.15, il quale a sua volta ha recepito il contenuto del recente d.m. 1° luglio 2022. Sul punto, e per l'esame delle altre questioni, si rinvia al commento dell'all. II.15.

Bibliografia

  Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma 2021; Caringella, Protto, Il Codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma, 2017; Esposito e Nicodemo, in Codice dei Contratti Pubblici, (a cura di Esposito) Milano, 2017; Corrado, Sub art. 102 d.lgs. n. 50/2016, in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di Caringella, Milano, 2022; Cosmai – Buonanno, La riforma dei contratti pubblici, Vicenza, 2023; Giuffrè, Provenzano, Tranquilli (a cura di), Codice dei Contratti Pubblici, Napoli, 2019; Lombardo, Mirabella, Collaudo tecnico amministrativo dei lavori pubblici, Palermo, 2022.

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