Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 170 - Offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi.Codice legge fallimentare Artt. 137, 28, 49 Offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi. 1. Fatti salvi gli obblighi assunti nei confronti dei Paesi terzi, il presente articolo si applica a offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi con i quali l'Unione europea non ha concluso, in un contesto multilaterale o bilaterale, un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo delle imprese dell'Unione europea ai mercati di tali Paesi terzi. 2. Qualsiasi offerta presentata per l'aggiudicazione di un appalto di forniture o di un appalto misto che contenga elementi di un appalto di fornitura può essere respinta se la parte dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, supera il 50 per cento del valore totale dei prodotti che compongono l'offerta. In caso di mancato respingimento dell'offerta a norma del presente comma, la stazione appaltante o l'ente concedente motiva debitamente le ragioni della scelta e trasmette all'Autorità una relazione corredata della relativa documentazione. La relazione di cui al secondo periodo è allegata al provvedimento di aggiudicazione. Ai fini del presente articolo, i software impiegati negli impianti delle reti di telecomunicazione sono considerati prodotti1. 3. Salvo il disposto del terzo periodo del presente comma, se due o più offerte si equivalgono in base ai criteri di aggiudicazione di cui all'articolo 108, è preferita l'offerta che non può essere respinta a norma del comma 2 del presente articolo. Il valore delle offerte è considerato equivalente, ai fini del presente articolo, se la differenza di prezzo non supera il 3 per cento. Tuttavia, un'offerta non è preferita ad un'altra in virtù del presente comma, se la stazione appaltante o l'ente concedente, accettandola, è tenuto ad acquistare materiale con caratteristiche tecniche diverse da quelle del materiale già esistente, con conseguente incompatibilità o difficoltà tecniche di uso o di manutenzione o costi sproporzionati. 4. Ai fini del presente articolo, per determinare la parte dei prodotti originari dei Paesi terzi di cui al comma 2, sono esclusi i Paesi terzi ai quali, con decisione del Consiglio dell'Unione europea ai sensi del comma 1, è stato esteso il beneficio del codice. 5. In coerenza con quanto previsto dal comma 2, tra i criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa di cui all'articolo 108, comma 4, può essere considerato dalla stazione appaltante, per ciascuna delle voci merceologiche che compongono l'offerta, il valore percentuale dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, rispetto al valore totale dei prodotti che compongono l'offerta. Le stazioni appaltanti garantiscono che il criterio di cui al primo periodo sia applicato nel rispetto dei principi di non discriminazione nei rapporti con i Paesi terzi e proporzionalità. [1] Comma modificato dall'articolo 51, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. InquadramentoL'art. 170 in commento costituisce materiale trasposizione in ambito nazionale dell'art. 85, paragrafi 1, 2, 3 e 4, della Direttiva 2014/25/UE. Il suo contenuto – che non trova corrispondenza nei settori ordinari – riprende la disciplina dell'art. 137 del d.lgs. n. 50/2016 alla quale viene aggiunta, per espressa previsione normativa, la facoltà per gli enti aggiudicatori di valorizzare, in termini di punteggi premianti nella valutazione delle offerte, la minor incidenza percentuale dei prodotti provenienti da Paesi terzi (art. 170 comma 5). In linea generale, è attribuita agli enti aggiudicatori operanti nei settori speciali la facoltà di respingere un'offerta laddove “la parte dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, supera il 50 per cento del valore totale dei prodotti che compongono l'offerta” (art. 170, comma 2). Ai fini di tale disposizione, sono considerati prodotti anche i software impiegati negli impianti di telecomunicazioni, mentre non possono essere considerati Paesi terzi quelli con cui l'Unione europea abbia concluso, in un contesto bilaterale o multilaterale, un accordo che garantisca alle imprese provenienti dall'Unione europea un accesso comparabile ed effettivo ai mercati di tali paesi (art. 170, comma 1 e comma 3). La finalità della disposizione è quella di garantire la par condicio sostanziale tra i concorrenti, che verrebbe compromessa dalla partecipazione di imprese che, operando in Paesi terzi, si presume fruiscano di costi di gestione ambientale, operativi e tecnici più vantaggiosi rispetto a quelli sostenuti dalle imprese comunitarie (T.A.R. Veneto I, n. 174/2021). E non par dubbio che tale disposizione, letta anche in connessione con il comma 3 del medesimo articolo, introduca “un sistema di preferenza comunitario basato non sulla nazionalità degli offerenti ma sull'origine dei prodotti: la natura italiana dell'impresa non rende italiano il prodotto realizzato altrove, sebbene la produzione sia effettuata in proprio, dovendosi scindere il profilo soggettivo, del produttore, da quello oggettivo, dell'origine del prodotto” (T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 4695/2014). La disposizione ha quindi, in una qualche misura, anche finalità di politica economica volta al “protezionismo” del mercato europeo. Come si legge nella Relazione Illustrativa infatti “la disposizione istituisce un sistema di preferenza dei prodotti comunitari e, al tempo stesso, fissa un complesso di regole atto a salvaguardare l'integrità del mercato europeo, garantendo il rispetto delle condizioni di reciprocità degli operatori economici europei nel mercato pubblico di Paesi terzi” (Relazione Illustrativa del Consiglio di Stato allo schema del nuovo Codice dei contratti pubblici). Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)Il Decreto correttivo è intervenuto a modificare l’art. 170 del Codice. In particolare, sono introdotte tre modifiche all’art. 170, comma 2: (i) in primo luogo, il riferimento alle offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi presentate per l’aggiudicazione di un appalto di forniture è esteso anche agli appalti misti che contengano elementi di un appalto di fornitura; (ii) in secondo luogo, in caso di mancato respingimento di tale offerta, la stazione appaltante deve produrre alla Autorità europea competente una relazione corredata dalla relativa documentazione (si noti che nella formulazione originaria della disposizione non era previsto l’obbligo di redigere tale relazione); (iii) in terzo luogo, si prevede che tale relazione deve poi essere allegata al provvedimento di aggiudicazione del contratto. L'ambito di applicazione della norma rivolto in via pressoché esclusiva agli appalti di fornitureL'art. 170 fissa sia le condizioni per cui un'offerta contenente prodotti originari di Paesi terzi può essere respinta da un ente aggiudicatore, sia le condizioni in presenza delle quali, in seno ad un confronto concorrenziale ed in caso di equivalenza tra un'offerta contenente prodotti originari di Paesi terzi ed un'offerta comunitaria, va preferita quest'ultima. Per ragioni di chiarezza, è utile distinguere l'ambito oggettivo dal presupposto applicativo della disposizione in esame, che può ritenersi esteso in via pressoché totalizzante (ma non esclusiva) agli appalti di forniture. La ratio di tale limitazione risiede nella constatazione che il rischio di un'apertura unilaterale ai Paesi terzi del mercato europeo degli appalti pubblici, in assenza di adeguate garanzie di reciprocità, sia più sensibile negli appalti di forniture (Galli, Guccione, 126; Carullo, Iudica, 1187). Nel caso di appalti di lavori e servizi, infatti, la maggior parte delle prestazioni viene resa nel territorio nazionale sicché, a fortiori, un valore rilevante delle stesse non può che essere di origine comunitaria. Ciò non esclude, tuttavia, che l'art. 170 possa operare anche in relazione ad un appalto di lavori che includa una parte di forniture e con riguardo a queste ultime (ANAC, Delibera n. 696 del 3 luglio 2019, che ha ritenuto legittima la scelta della stazione appaltante di applicare l'art. 137 d.lgs. n. 50/2016 – confluito nell'art. 170 del Codice qui in commento – ad una gara avente ad oggetto un appalto di lavori di realizzazione di un collettore fognario). “La norma assume, infatti, una funzione di tutela della produzione comunitaria e, in primo luogo, a tutela dell'occupazione nell'UE, che può subire compromissioni per effetto dei meccanismi della cd. globalizzazione dell'economia; essa è, dunque, posta a protezione di valori fondamentali, quali la tutela dei lavoratori europei e dei loro standard di occupazione, sicurezza e retribuzione che, se violati, con conseguente maggiore convenienza dei prodotti aventi costi di produzione inferiore, costituiscono forme di concorrenza sleale compromettenti valori fondamentali della persona, inammissibili nel nostro sistema europeo” (Cons. St. V, n. 2800/2015). In caso di appalto misto, la sua imputazione all'ambito oggettivo delle forniture deve essere sorretta dai criteri di cui all'art. 14, al cui commento si fa dunque rinvio. Il presupposto applicativo della disposizione in esame, di contro, è costituito dalla presentazione di offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi con cui l'Unione europea non abbia concluso un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo degli operatori economici dell'Unione ai mercati di tali paesi terzi. Ciò che rileva non è tanto la nazionalità degli operatori economici offerenti, quanto piuttosto l'origine dei prodotti inclusi nelle loro offerte (T.A.R. Lazio (Roma) III-ter, n. 4389/2015). Per offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi, si intendono quelle offerte in cui il valore totale dei prodotti realizzati in tali paesi superi il 50% del valore totale dei prodotti componenti offerta. Come detto, sono fatti salvi gli obblighi assunti nei confronti dei Paesi terzi derivanti da accordi internazionali in materia di appalti pubblici. In sostanza, per Paese terzo si intende quello (come, ad esempio, allo stato, la Cina, l'India e gli Emirati Arabi) rispetto al quale non trovino applicazione le condizioni relative all'accordo sugli appalti pubblici (AAP) dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) o altri accordi internazionali, alla luce di quanto previsto dall'art. 69 del Codice al cui commento si fa rinvio. È la stessa disposizione ad individuare il punto di equilibrio tra la tutela della concorrenza, intesa come tutela della par condicio sostanziale dei concorrenti, e la tutela della concorrenza, intesa come massima partecipazione alle procedure (T.A.R. Emilia Romagna (Bologna) II, n. 343/2017). Ai fini della partecipazione al mercato europeo degli appalti nei settori speciali occorre distinguere tra prodotti originari di Paesi appartenenti alla UE o da Paesi che hanno sottoscritto un accordo o una convenzione con l'UE, da una parte, e i prodotti originari di Paesi terzi, dall'altra parte (Comunicazione della Commissione C(2019) 5494 final “Linee guida sulla partecipazione di offerenti e beni di Paesi terzi al mercato degli appalti dell'UE”). Qualora i prodotti originari di Paesi terzi superino la soglia del 50%, la stazione appaltante ha la facoltà di valutare – in forza di un potere ampiamente discrezionale (T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 5364/2018) – se ammettere o meno l'offerta sulla base di due elementi: – se ciò corrisponde all'interesse pubblico e quindi in particolare se vi è la possibilità di approvvigionarsi dei prodotti necessari da produttori dell'Unione; – se sussistono le condizioni necessarie a garantire il rispetto del principio di reciprocità, che richiede possa escludersi che l'ammissione di tali offerte determini “un andamento patologico e abnorme delle dinamiche concorrenziali del mercato” (T.A.R. Veneto I, n. 844/2018). In definitiva la scelta se ammettere o meno l'offerta di prodotti originari di Paesi terzi in misura superiore alla soglia del 50% deve essere orientata alla tutela dell'interesse della stessa stazione appaltante ad approvvigionarsi dei prodotti corrispondenti alle proprie esigenze e alla tutela del corretto funzionamento del mercato dell'Unione, non alla soddisfazione dell'interesse degli operatori economici che hanno deciso di delocalizzare la produzione in Paesi terzi. Né dalla ratio né dal dato testuale dell'art. 170 del d.lgs. n. 36/2023 emergono elementi preclusivi della possibilità delle stazioni appaltanti di prevedere sin dagli atti di indizione della gara l'esclusione delle offerte di prodotti di Paesi terzi in misura superiore alla soglia del 50% (T.A.R. Veneto I, n. 174/2021). Questioni applicative1) Modalità operative di applicazione della disposizione Come risulta evidente sotto il profilo letterale, il respingimento di un'offerta contenente prodotti originari di Paesi terzi è rimesso alla discrezionalità dell'ente aggiudicatore (“può essere respinta”), mentre deve ritenersi tendenzialmente vincolata – salva l'ipotesi di cui si dirà a breve – l'applicazione del criterio preferenziale previsto in caso di offerte equivalenti (“viene preferita”). Difatti, se, in esito all'applicazione del criterio di aggiudicazione prescelto dall'ente aggiudicatore, due o più offerte si equivalgono – id est sono pari merito – tra loro, deve essere preferita quella non qualificabile alla stregua di “offerta contenente prodotti originari di Paesi terzi” secondo l'accezione sopra proposta; ai fini dell'applicazione del meccanismo preferenziale in esame, due o più offerte sono considerate equivalenti, sotto il (solo) profilo economico, se la differenza di prezzo non superi il 3 per cento (art. 170, comma 3). Tale criterio preferenziale, tuttavia, non si applica quando, in base allo stesso, l'ente aggiudicatore si trovi a dover acquistare materiale con caratteristiche tecniche diverse da quelle del materiale già esistente, con conseguente incompatibilità o difficoltà tecniche di uso o di manutenzione o costi sproporzionati. Le ragioni che abbiano indotto a non respingere l'offerta devono essere debitamente motivate da parte dell'ente aggiudicatore, al quale è fatto obbligo di trasmettere all'ANAC la relativa documentazione (art. 170, comma 2). Sul piano operativo è opportuno che nella lex specialis si faccia riferimento alla facoltà di cui alla disposizione in commento anche al fine di imporre ai concorrenti di produrre in gara specifica dichiarazione recante l'indicazione della quota parte di componenti della propria offerta proveniente da Paesi terzi. Problemi attualiÈ necessario motivare il respingimento (rectius l'esclusione) dell'offerta ex art. 170? Secondo la prevalente giurisprudenza, al quesito va fornita risposta negativa. “Come emerge chiaramente dal dato testuale dell'art. 137, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, la stazione appaltante deve motivare esclusivamente la scelta di ammettere l'offerta che abbia ad oggetto prodotti originari di Paesi terzi in misura superiore al 50%, non la scelta di escluderle”(T.A.R. Veneto I, n. 174/2021). Tali offerte possono essere respinte senza necessità di motivazione (T.A.R. Lombardia (Brescia) I, n. 552/2020). Sul punto anche l'ANAC ha affermato che: “l'interpretazione sistematica dell'art. 137, d.lgs. n. 50/2016 (relativa alle offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi con cui l'Unione europea non ha concluso, in un contesto multilaterale o bilaterale, un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo delle imprese dell'Unione ai mercati di tali paesi terzi) legittima la stazione appaltante a respingere le offerte di prodotti originari dei predetti Paesi terzi a suo insindacabile giudizio laddove il valore degli stessi superi il 50 per cento del valore totale dei prodotti che compongono l'offerta, dovendo motivare esclusivamente la scelta di ammetterle eventualmente alla procedura trasmettendo all'Autorità la relativa documentazione” (ANAC, Delibera n. 829 del 18 settembre 2019). Possono essere premiate le offerte con minor incidenza percentuale di prodotti da Paesi terzi? L'art. 170 in commento risponde a tale quesito attraverso il suo comma 5 che espressamente prevede che: “in coerenza con quanto previsto dal comma 2, tra i criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa di cui all'art. 108, comma 4, può essere considerato dalla stazione appaltante, per ciascuna delle voci merceologiche che compongono l'offerta, il valore percentuale dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, rispetto al valore totale dei prodotti che compongono l'offerta. Le stazioni appaltanti garantiscono che il criterio di cui al primo periodo sia applicato nel rispetto dei principi di non discriminazione nei rapporti con i Paesi terzi e proporzionalità”. Si tratta di una disposizione innovativa, non presente nel precedente codice del 2016, che ha naturalmente una sfera di operatività rivolta alle sole gare da aggiudicare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo, posto che: a) nelle gare al minor prezzo non vi sono elementi ulteriori, oltre a quello economico, da considerare ai fini dell'assegnazione del contratto; b) per tale motivo, lo stesso art. 170 in rassegna rinvia espressamente all'art. 108, comma 4, dedicato appunto al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa secondo il miglior rapporto qualità-prezzo. Sul piano applicativo, è necessario per gli enti aggiudicatori porre particolare attenzione a tale profilo nel momento di predisposizione della lex specialis, prevedendo in maniera chiara, a titolo esemplificativo, punteggi premiali, secondo criteri di gradualità e proporzionalità, per le offerte recanti una minore incidenza di prodotti provenienti da Paesi terzi. BibliografiaCarullo, Iudica, Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Milano, 2018; Galli, Guccione, Gli appalti di lavori, forniture e servizi nei settori dei trasporti, telecomunicazioni, acqua ed energia: commento al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, Roma, 1996; Perfetti, Codice dei contratti pubblici commentato, Vicenza, 2017. |