Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 192 - Revisione del contratto di concessione.

Domenico Galli
Adriano Cavina
Codice legge fallimentare

Art. 165


Revisione del contratto di concessione.

1. Al verificarsi di eventi sopravvenuti straordinari e imprevedibili, ivi compreso il mutamento della normativa o della regolazione di riferimento, purché non imputabili al concessionario, che incidano in modo significativo sull'equilibrio economico-finanziario dell'operazione, il concessionario può chiedere la revisione del contratto nella misura strettamente necessaria a ricondurlo ai livelli di equilibrio e di traslazione del rischio pattuiti al momento della conclusione del contratto. L'alterazione dell'equilibrio economico e finanziario dovuto a eventi diversi da quelli di cui al primo periodo e rientranti nei rischi allocati alla parte privata sono a carico della stessa.

2. In sede di revisione ai sensi del comma 1 non è consentito concordare modifiche che alterino la natura della concessione, o modifiche sostanziali che, se fossero state contenute nella procedura iniziale di aggiudicazione della concessione, avrebbero consentito l'ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l'accettazione di un'offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione della concessione.

3. Nei casi di opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello Stato, per le quali non sia già prevista l'espressione del parere del CIPESS, la revisione è subordinata al previo parere non vincolante del Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS). Negli altri casi, è facoltà dell'ente concedente sottoporre la revisione al previo parere del NARS. Qualora l'ente concedente intenda discostarsi dal parere reso, è tenuto a darne adeguata motivazione, dando conto delle ragioni della decisione e indicando, in particolare, la modalità di contabilizzazione adottata​1.

4. In caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico-finanziario le parti possono recedere dal contratto. In tal caso, al concessionario sono rimborsati gli importi di cui all'articolo 190, comma 4, lettere a) e b), a esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse.

Inquadramento

La disposizione in commento regolamenta i meccanismi di revisione del contratto di concessione attuabili mediante il riequilibrio del piano economico finanziario.

In questa prospettiva, il nuovo Codice conferma dunque la configurabilità del contratto di concessione come punto di incontro tra le esigenze di convenienza e di value for money , lato ente concedente, e quelle di remunerazione, lato investitori e finanziatori.

Rispetto alla previgente disciplina, il meccanismo revisionale trova un'autonoma e più sistematica collocazione. Mentre, infatti, nel codice del 2016 lo stesso era contemplato all'art. 165, dedicato più in generale alla corretta allocazione dei rischi e all'equilibrio economico finanziario nei contratti di concessione; nel codice del 2023 allo strumento del riequilibrio è riservato l'articolo di chiusura delle disposizioni in tema di concessioni.

Nel contesto delle concessioni, a fronte di sopravvenienze “destabilizzanti” l'obiettivo principale del contraente sfavorito non è lo smantellamento del rapporto, ma la sua messa in sicurezza attraverso un riequilibrio reciprocamente appagante delle prestazioni. Anche la pandemia da COVID-19 ha, del resto, messo recentemente in luce la necessità di mitigare il principio della vincolatività del contratto qualora per effetto di accadimenti successivi alla stipulazione del contratto o ignoti al momento di questa o, ancora, estranei alla sfera di controllo delle parti, l'equilibrio del rapporto si mostri sostanzialmente snaturato (Relazione Illustrativa del Consiglio di Stato allo schema del Codice dei contratti pubblici).

Il codice del 2016 già contemplava un dispositivo di mitigazione del rischio operativo. Il meccanismo rimediale consiste nella possibilità per l'operatore economico di chiedere all'ente concedente (cui è incombe un obbligo legale di rinegoziazione) la revisione del programma contrattuale. Si tratta di un rimedio per la gestione delle sopravvenienze di tipo manutentivo, particolarmente utile nel contesto di operazioni di lunga durata e con investimenti non immediatamente reversibili, in mancanza del quale il codice civile appronterebbe invece una tutela prettamente ablativa (art. 1467 c.c.).

Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)

Il Decreto correttivo è intervenuto a sostituire interamente il comma 3 dell’art. 192 del Codice. In particolare, per le opere di interesse statale ovvero per quelle finanziate con contributo a carico dello Stato, non è più prevista la necessità di acquisire il parere del DIPE ma resta vigente la necessaria acquisizione del parere non vincolante del NARS. Si tratta di una modifica speculare a quella introdotta per l’art. 175 del Codice. Viene poi aggiunta, negli altri casi, la facoltà per l’ente concedente di sottoporre la revisione del contratto di conces-sione al previo parere del NARS.

La revisione del contratto di concessione mediante riequilibrio del PEF

A garanzia di permanenza della corretta allocazione del rischio, l'articolo in commento introduce quindi un sistema di variazione al contenuto del contratto in corso di gestione dell'opera o del servizio analogo a quello in passato previsto dall'art. 165, comma 6, del d.lgs. n. 50/2016.

Il combinato disposto dell'articolo in commento con le previsioni relative al calcolo della durata e del valore delle concessioni (artt. 178 e 179 del Codice) dimostrano come la lunga durata di questa tipologia contrattuale sia strumentale all'ammortamento effettivo degli investimenti iniziali effettuati dal concessionario.

L'art. 192, quindi, prevede che il verificarsi di eventi sopravvenuti, straordinari e imprevedibili, ivi compreso il mutamento della normativa o della regolazione di settore, non riconducibili al concessionario, che incidano in modo significativo sull'equilibrio economico finanziario può comportare la revisione del contratto e, segnatamente, del PEF.

Questa deve (tendenzialmente) essere richiesta dal concessionario e trova attuazione mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio, mantenendo comunque inalterata la permanenza dei rischi trasferiti al concessionario, per come risultanti dalle condizioni contrattuali iniziali.

Il che significa che le misure di riequilibrio: i) come precisato al comma 2 dell'art. 192, non possono determinare una modifica sostanziale alla struttura contrattuale e all'allocazione dei rischi per come originariamente previste nel PEF e nella matrice dei rischi, la quale infatti assume rilievo fondamentale anche a tal fine; ii) devono avere luogo «solo nei limiti di quanto necessario a neutralizzare gli effetti derivanti dall'evento non imputabile al concessionario» (linee guida ANAC, n. 9).

Secondo l'ANAC (linee guida n. 9) tra le circostanze non imputabili al concessionario e legittimanti il riequilibrio rientrano gli eventi di forza maggiore tali da rendere oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso, in tutto o in parte, l'adempimento delle obbligazioni contrattuali, tra i quali, a titolo esemplificativo:

a) scioperi, fatta eccezione per quelli che riguardano l'amministrazione o l'operatore economico, ovvero l'affidatario di lavori o servizi oggetto del contratto di concessione;

b) guerre o atti di ostilità, comprese azioni terroristiche, sabotaggi, atti vandalici e sommosse, insurrezioni e altre agitazioni civili;

c) esplosioni, radiazioni e contaminazioni chimiche;

d) fenomeni naturali avversi di particolare gravità ed eccezionalità, comprese esondazioni, fulmini, terremoti, siccità, accumuli di neve o ghiaccio;

e) indisponibilità di alimentazione elettrica, gas o acqua per cause non imputabili all'amministrazione, all'operatore economico o a terzi affidatari di lavori o servizi oggetto del contratto;

f) impossibilità, imprevista e imprevedibile, per fatto del terzo, di accedere a materie prime e/o servizi necessari alla realizzazione dell'intervento;

g) epidemie e contagi (v. infra, par. 5).

Ad ogni modo, il richiamo a «eventi ... non imputabili al concessionario» deve essere naturalmente calato nelle peculiarità del contratto di concessione e nel concetto di rischio di gestione connaturato nella controprestazione resa dal concessionario. Di conseguenza, non sfuggono al concetto di alea normale gravante su quest'ultimo (e come tale inidonea a determinare la possibilità di riequilibrio) tutti quegli avvenimenti che, pur essendo esterni al rapporto contrattuale, siano potenzialmente collegati alle fluttuazioni del mercato anche accentuate, ma non per questo considerabili «straordinarie».

L'alea normale propria del contratto di concessione collegata al rischio di gestione, potrà quindi ritenersi esclusa solo nel caso in cui il mezzo, inteso come la gestione per il tempo contrattualmente prestabilito, divenga strutturalmente inadeguato al raggiungimento anche solo potenziale del fine, inteso come possibile raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario (De Nictolis, 2014).

La revisione del PEF non può essere parziale e deve riguardare tutti gli scostamenti dai valori considerati nell'equilibrio economico e finanziario al momento della stipula del contratto di concessione.

Il riferimento al mutamento della normativa o della regolazione di settore (oggi espressamente richiamato dall'art. 192 del Codice del 2023, a differenza del previgente art. 165, comma 6, del d.lgs. n. 50/2016, che ad esso non operava esplicito rinvio) è diretto a tutelare il privato concessionario dal c.d. rischio regolatorio.

Gli strumenti più ricorrenti per giungere al riequilibrio, in caso di fatti non riconducibili al concessionario e determinanti maggiori e imprevedibili oneri a carico dello stesso, possono individuarsi nella proroga della durata della concessione che ontologicamente aumenta i flussi di cassa (ricavi) per il «rientro» dell'investimento e nella previsione (ove non originariamente previsto) o nell'aumento del contributo pubblico.

In ogni caso, non è consentito concordare variazioni che alterino la natura della concessione, o modifiche sostanziali che, se fossero state contenute nella procedura iniziale di aggiudicazione della concessione, avrebbero consentito l'ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l'accettazione di un'offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione della concessione (art. 192, comma 2).

Con particolare riferimento alle concessioni di lavori, si pone lo specifico problema procedurale dei rapporti tra l'approvazione dei progetti che prevedano ulteriori interventi non contemplati espressamente nelle originarie condizioni contrattuali e la revisione del PEF.

Sul tema, seppur con riguardo al previgente codice del 2016 ma con principi che mantengono attualità anche nel vigente quadro normativo, la giurisprudenza ha precisato che l'approvazione del progetto tecnico non è di suo subordinata alla preventiva e corrispondente variazione del PEF. Quest'ultima, ove necessaria, deve avvenire secondo le modalità previste dalla convenzione in conseguenza dell'effetto squilibrante generato dagli interventi, nonché per la corrispondente misura: ma il dato del generato squilibrio economico non trasforma la revisione del PEF in condizione preliminare all'approvazione del progetto e alla conseguente esecuzione degli interventi. Per questo, l'approvazione del progetto tecnico non contestuale alla revisione del PEF non può essere considerata per ciò solo illegittima (Cons. St. V, n. 4636/2020).

Il parere (eventuale) del DIPE, sentito il NARS e la Ragioneria Generale dello Stato

Sotto il profilo procedurale e ai fini della tutela della finanza pubblica strettamente connessa al mantenimento della allocazione dei rischi in capo al concessionario, la revisione è subordinata, nei casi di opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello Stato per le quali non sia già prevista l'espressione del CIPESS, alla previa valutazione del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sentito il Nucleo di consulenza per l'Attuazione delle linee guida per la Regolazione dei Servizi di pubblica utilità (NARS), che emette un parere di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.

A differenza del previgente codice del 2016 (art. 165, comma 6), la valutazione preventiva non è più dunque rimessa in via diretta al NARS, ma al DIPE, che dovrà comunque confrontarsi sia con il NARS che con la Ragioneria Generale dello Stato prima dell'emissione del parere.

La valutazione del DIPE è peraltro eventuale, essendo obbligatoria solo per le opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello stato e sulle quali non si sia già espresso il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS).

Quanto al perimetro della valutazione rimessa al DIPE, deve intendersi circoscritto alla verifica sulla funzionalità della revisione rispetto al mantenimento dell'equilibrio economico finanziario e sulla immodificabilità – a danno della concedente – della struttura contrattuale e dell'assetto dell'allocazione dei rischi in capo al privato per come originariamente definita.

Non è stata invece espressamente riproposta nel nuovo Codice la possibilità di richiedere al NARS un parere facoltativo per le ipotesi non contemplate dalla norma.

Il mancato accordo sul riequilibrio del PEF

In caso di mancato raggiungimento di un accordo sulla revisione del PEF diretto a ripristinare le condizioni di equilibrio economico-finanziario, le parti possono recedere dal contratto (art. 192, comma 4). In tal caso, spetta al concessionario il rimborso degli importi di cui all'art. 190, comma 4, lett. a) e b), del Codice, ad esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse.

Si tratta in particolare delle seguenti voci:

a) valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l'opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario;

b) i costi sostenuti o da sostenere in conseguenza dello scioglimento anticipato del rapporto contrattuale, con esclusione, come detto e per espressa previsione normativa di cui all'art. 192, degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse.

Questioni applicative

Covid-19 e revisione del PEF

Con riferimento ad una procedura avente per oggetto l'affidamento in concessione di servizi museali, pur ammettendosi un'effettiva imprevedibilità delle stime turistiche da porre a base di gara, qualsiasi futuro effetto pregiudizievole derivante dalla pandemia sulla domanda turistica sarebbe – a ben vedere – compensabile mediante il riequilibrio economico finanziario della concessione, quale evento imprevisto ed imprevedibile sottratto all'alea del concessionario.

In quest'ottica, non è condivisibile la doglianza secondo cui gli eventi idonei ad alterare l'equilibrio economico finanziario (la pandemia da «COVID-19»), essendo nel caso di specie già in corso, dovrebbero comportare una modifica degli atti di gara – e non già di quelli relativi all'esecuzione – consentendo ai concorrenti di modificare le previsioni di gestione e di formulare in base ad essi il proprio PEF.

Difatti, il complessivo equilibrio economico finanziario delle concessioni deve essere valutato non già in una prospettiva statica come negli appalti (ove è certo il corrispettivo), ma in una prospettiva necessariamente dinamica proprio in ragione dei rischi assunti dal concessionario, da ciò derivando proprio le particolari disposizioni in materia di revisione del PEF di cui all'art. 165 del previgente d.lgs. n. 50/2016 (oggi art. 192 del d.lgs. n. 36/2023).

Ai fini della procedura di gara, il PEF rappresenta un elemento significativo della proposta contrattuale, preordinato alla dimostrazione della concreta capacità del concorrente di eseguire correttamente la prestazione per l'intero arco temporale richiesto dal bando, offrendo la responsabile prospettazione di un equilibrio economico finanziario degli investimenti e della connessa gestione, nonché del rendimento atteso per l'intero periodo, così consentendo all'amministrazione di valutare l'adeguatezza dell'offerta e l'effettiva realizzabilità dell'oggetto della concessione.

In corso di esecuzione del contratto, il PEF mantiene, nella sostanza, inalterata questa funzione continuando ad operare quale fulcro e strumento di mantenimento dell'equilibrio finanziario del rapporto concessorio, garantendo la costante sostenibilità degli obblighi del concessionario, sicché, se durante la durata della concessione, si verificano apprezzabili alterazioni nell'equilibrio economico finanziario del rapporto, la stessa concessionaria potrà, al ricorrere di determinate circostanze, richiedere poi la correzione dello squilibrio mediante la revisione del PEF.

Ne consegue, dunque, che l'emergenza epidemiologica in corso – pur essendo evento noto al momento della presentazione delle offerte e, dunque, tecnicamente prevedibile – è idoneo a comportare effetti nel tempo assolutamente non noti ed imprevedibili, sia per la stazione appaltante che per gli operatori economici, così da poter legittimamente costituire causa di revisione, «mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio», nella misura in cui essa sia ancora in corso al momento dell'avvio dell'esecuzione della concessione (T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 12966/2020).

Problemi attuali: la natura vincolante del parere del DIPE

La effettiva portata del ruolo consultivo assegnato al DIPE (comma 4 art. 192) nelle revisioni dell'equilibrio economico finanziario in corso di esecuzione merita un approfondimento non essendo indicato in termini espliciti se la sua valutazione assuma o meno portata vincolante o meno per l'amministrazione concedente.

La circostanza che, nei casi di opere di interesse o con contributo statale per le quali non si sia già espresso il CIPESS, la revisione sia “subordinata” alla previa valutazione del DIPE, induce a ritenere che in tal caso il parere debba ritenersi vincolante.

Bibliografia

De Nictolis, I nuovi appalti pubblici, Torino, 2017.

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