Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 193 - Procedura di affidamento 1Codice legge fallimentare Artt. 3, 183 Procedura di affidamento1 1. L'affidamento in concessione di lavori o servizi mediante finanza di progetto può avvenire su iniziativa privata, nelle ipotesi di cui al comma 3, anche per proposte non incluse nella programmazione del partenariato pubblico-privato di cui all'articolo 175, comma 1, ovvero su iniziativa dell'ente concedente, nelle ipotesi di cui al comma 16, per proposte incluse nella programmazione del paitenariato pubblico-privato di cui all'articolo 175, comma 1. 2. Ai fini della presentazione di una proposta ai sensi comma 1, un operatore economico può presentare all'ente concedente una preliminare manifestazione di interesse, corredata dalla richiesta di informazioni e dati necessari per la predisposizione della proposta. L'ente concedente comunica all'operatore economico la sussistenza di un interesse pubblico preliminare all'elaborazione della proposta; in tale ipotesi, i dati e le informazioni richiesti sono trasmessi all'operatore economico e sono resi disponibili a tutti gli interessati tramite pubblicazione nella sezione "Amministrazione trasparente" del proprio sito istituzionale. 3. Gli operatori economici possono presentare agli enti concedenti, in qualità di promotore, proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori o servizi, elaborate su iniziativa privata per la realizzazione di interventi anche non inclusi nella programmazione del partenariato pubblico-privato di cui all'articolo 175, comma 1. Le proposte presentate ai sensi del primo periodo non sono soggette all'obbligo di preventiva presentazione di una manifestazione di interesse ai sensi del comma 2 e alla preventiva pubblicazione di un avviso ai sensi del comma 16. Ciascuna proposta contiene un progetto di fattibilità, redatto in coerenza con l'articolo 6-bis dell'allegato I.7., una bozza di convenzione, il piano economico-finanziario asseverato, e la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione e l'indicazione dei requisiti del promotore. Il piano economico-finanziario comprende l'importo delle spese sostenute per la predisposizione della proposta, comprensivo anche dei diritti sulle opere dell'ingegno. Gli investitori istituzionali di cui all'articolo 32, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché i soggetti di cui all'articolo 2, numero 3), del regolamento (UE) 2015/1017 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2015 e gli altri operatori economici interessati, possono formulare le proposte di cui al primo periodo salva la necessità, nella successiva gara per l'affidamento dei lavori o dei servizi, di associarsi o consorziarsi con altri operatori economici in possesso dei requisiti richiesti dal bando, qualora gli stessi ne siano privi. Gli investitori istituzionali e gli altri operatori economici interessati, in sede di gara, possono soddisfare la richiesta dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale avvalendosi, anche integralmente, delle capacità di altri soggetti. Gli investitori istituzionali e gli altri operatori economici interessati possono altresì impegnarsi a subappaltare, anche integralmente, le prestazioni oggetto del contratto di concessione a imprese in possesso dei requisiti richiesti dal bando, a condizione che il nominativo del subappaltatore sia comunicato, con il suo consenso, all'ente concedente entro la scadenza del termine per la presentazione dell'offerta. 4. Previa verifica dell'interesse pubblico alla proposta e della relativa coerenza con la programmazione del partenariato pubblico-privato di cui all'articolo 175, comma 1, l'ente concedente dà notizia nella sezione «Amministrazione trasparente» del proprio sito istituzionale della presentazione della proposta e provvede, altresì, ad indicare un termine, non inferiore a sessanta giorni, commisurato alla complessità del progetto, per la presentazione da parte di altri operatori economici, in qualità di proponenti, di proposte relative al medesimo intervento, redatte nel rispetto delle disposizioni del comma 3. 5. Entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4, l'ente concedente, sulla base dei principi di cui al Libro I, Parte I, Titolo I, individua in forma comparativa, sulla base di criteri che tengano conto della fattibilità delle proposte e della corrispondenza dei progetti e dei relativi piani economici e finanziari ai fabbisogni dell'ente concedente, una o più proposte, presentate ai sensi del comma 3 o del comma 4, da sottoporre alla procedura di valutazione di cui al comma 6. 6. L'ente concedente comunica ai soggetti interessati la proposta o le proposte individuate ai sensi del comma 5, ne dà notizia sul proprio sito istituzionale e invita, se necessario, il promotore e i proponenti ad apportare al progetto di fattibilità, al piano economico-finanziario e allo schema di convenzione le modifiche necessarie per la loro approvazione. In tale fase, l'ente concedente ha facoltà di indire una conferenza di servizi preliminare ai sensi dell'articolo 14, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Se il promotore o i proponenti non apportano le modifiche e integrazioni richieste per recepire le indicazioni dell'ente concedente entro il termine dallo stesso indicato, le proposte sono respinte con provvedimento motivato. Entro sessanta giorni, differibili fino a novanta giorni per comprovate esigenze istruttorie, l'ente concedente conclude, con provvedimento motivato, la procedura di valutazione, che, in caso di pluralità di proposte ammesse, si svolge in forma comparativa. Il provvedimento è pubblicato sul sito istituzionale dell'ente ed è comunicato ai soggetti interessati. 7. Il progetto di fattibilità selezionato ai sensi del comma 6 è integrato, se necessario in funzione dell'oggetto dell'intervento, con gli ulteriori elaborati richiesti dall'articolo 6 dell'allegato I.7 anche ai fini della relativa sottoposizione al procedimento di approvazione ai sensi dell'articolo 38. Il progetto di fattibilità tecnica ed economica per i lavori o il progetto di cui all'articolo 4-bis dell'Allegato 1.7 per i servizi, una volta approvati, sono inseriti tra gli strumenti di programmazione dell'ente concedente. 8. All'esito dell'approvazione, il progetto di fattibilità tecnica ed economica, per gli affidamenti di lavori, ovvero il progetto di cui all'articolo 4-bis dell'Allegato 1.7, per gli affidamenti di servizi, unitamente agli altri elaborati della proposta, inclusa una sintesi del piano economico finanziario, sono posti a base di gara nei tempi previsti dalla programmazione. Gli obblighi di trasparenza sono assolti ai sensi dell'articolo 28, nel rispetto delle disposizioni sulla riservatezza di cui all'articolo 35 e delle deroghe relative ai contratti secretati di cui all'articolo 139. Il criterio di aggiudicazione è l'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto tra qualità e prezzo. 9. La configurazione giuridica del promotore ovvero del proponente può essere modificata e integrata sino alla data di scadenza della presentazione delle offerte. Nel bando l'ente concedente dispone che il promotore ovvero il proponente può esercitare il diritto di prelazione, nei termini previsti dal comma 12. 10. I concorrenti, compreso il promotore e il proponente, in possesso dei requisiti soggettivi previsti dal bando, presentano un'offerta contenente il piano economico-finanziario asseverato, la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, le varianti migliorative al progetto di fattibilità tecnico economica e le eventuali modifiche allo schema di convenzione posti a base di gara, secondo gli indicatori previsti nel bando. Le offerte sono corredate delle garanzie di cui all'articolo 106. 11. L'ente concedente: a) prende in esame le offerte che sono pervenute nei termini indicati nel bando; b) redige una graduatoria e nomina aggiudicatario il soggetto che ha presentato la migliore offerta; c) pone in approvazione il successivo livello progettuale elaborato dall'aggiudicatario. 12. Se il promotore ovvero il proponente non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall'aggiudicatario. Se il promotore ovvero il proponente non risulta aggiudicatario e non esercita la prelazione ha diritto al pagamento, a carico dell'aggiudicatario, dell'importo delle spese per la predisposizione della proposta, comprensive anche dei diritti sulle opere dell'ingegno. L'importo complessivo delle spese rimborsabili non può superare il 2,5 per cento del valore dell'investimento, come desumibile dal progetto di fattibilità posto a base di gara. Se il promotore ovvero il proponente esercita la prelazione, l'originario aggiudicatario ha diritto al pagamento, a carico del promotore ovvero del proponente, dell'importo delle spese documentate ed effettivamente sostenute per la predisposizione dell'offerta nei limiti di cui al terzo periodo. 13. In relazione alla specifica tipologia di lavoro o servizio, l'ente concedente può prevedere criteri di aggiudicazione premiali, volti a valorizzare l'apporto di ciascuna offerta agli obiettivi di innovazione, sviluppo e digitalizzazione. 14. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nell'ambito degli scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico dagli stessi perseguiti, possono aggregarsi alla presentazione di proposte di cui ai commi 3, 4 e 16, ferma restando la loro autonomia decisionale. 15. Il soggetto aggiudicatario presta la garanzia di cui all'articolo 117. Dalla data di inizio dell'esercizio del servizio da parte del concessionario è dovuta una cauzione, rinnovabile annualmente, a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla gestione dell'opera, da prestarsi nella misura del 10 per cento del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui all'articolo 117. La mancata presentazione di tale cauzione costituisce grave inadempimento contrattuale. 16. L'ente concedente può, mediante avviso pubblico, sollecitare i privati a farsi promotori di iniziative volte a realizzare in concessione, mediante finanza di progetto, interventi inclusi negli strumenti di programmazione del partenariato pubblico-privato, di cui all'articolo 175, comma 1, tramite la presentazione, entro un termine non inferiore a sessanta giorni, di proposte redatte nel rispetto delle disposizioni del comma 3. Gli operatori economici interessati a rispondere all'avviso possono richiedere all'ente concedente di fornire integrazioni documentali per una migliore formulazione delle proposte. Le eventuali integrazioni documentali predisposte dall'ente concedente sono trasmesse all'operatore economico e sono rese disponibili a tutti gli interessati tramite pubblicazione nella sezione "Amministrazione trasparente" del proprio sito istituzionale. 17. L'ente concedente valuta le proposte presentate ai sensi del comma 16 e pone a base di gara il progetto di fattibilità selezionato, unitamente agli altri elaborati della proposta, inclusa una sintesi del piano economico finanziario, nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi 5, 6, 7 e 8. La procedura di gara si svolge in conformità ai commi 10, 11, 12 e 13. Il soggetto aggiudicatario presta le garanzie di cui al comma 15. [1] Articolo sostituito dall'articolo 57, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. InquadramentoGià a prima vista, pare evidente il fine del legislatore di semplificare la disciplina della finanza di progetto e, prima ancora, di ridefinirne la collocazione nell'ambito degli istituti di PPP. Come visto a suo luogo, la finanza di progetto non compare più nell'elenco dei contratti di PPP previsto dall'art. 174, comma 3. La ragione della mancata esplicita considerazione è costituita dalla corretta considerazione che la finanza di progetto non è altro che una concessione e nell'ambito di tale istituto generale si caratterizza semplicemente per i profili relativi alla promozione, per la modalità di finanziamento e per alcune specificità della procedura di affidamento. Per tale motivo, il nuovo codice dedica alla finanza di progetto il Titolo IV della Parte II (dei contratti di concessione) del libro IV (del partenariato pubblico-privato e delle concessioni). L'art. 193 contiene quindi semplicemente la disciplina della promozione e dell'affidamento della concessione, mentre gli articoli successivi disciplinano l'istituto della società di scopo che peraltro trovano applicazione anche alle altre fattispecie di PPP per effetto dell'art. 198. Quindi, rispetto alle forme di PPP, secondo la sistematica del nuovo codice, la finanza di progetto si distingue dalla concessione e dalle altre forme di PPP in ragione della fase necessaria della “promozione”. La finanza di progetto (o project financing), introdotta nel nostro ordinamento fin dalla l. n. 415/1998 (c.d. Merloni-ter), può definirsi una forma innovativa di realizzazione e gestione di opere pubbliche o di pubblica utilità basata sul coinvolgimento di capitali privati, che parte dalla fase della progettazione (se non da quella della iniziativa, in una delle varianti della finanza di progetto) fino a quella della gestione. La remunerazione dei capitali privati investiti nell'opera deve derivare prevalentemente dalla gestione dell'opera stessa. Secondo la definizione più classica e diffusa, il project financing costituisce “un'operazione di finanziamento di una particolare unità economica nella quale un finanziatore è soddisfatto di considerare, sin dallo stadio iniziale, il flusso di cassa e gli utili della unità economica in oggetto come la sorgente di fondi che consentirà il rimborso del prestito e le attività dell'unità economica come garanzia collaterale del prestito” (P. Nevitt, Project Financing, trad. it. ad opera di De Sury, Milano, 1983, 13). Nell'ambito della categoria generale del partenariato pubblico privato di cui all'art. 174, la finanza di progetto di cui all'art. 193 si caratterizza per la capacità del progetto di autoliquidarsi e soprattutto per la possibilità, attraverso la società di scopo che funge da Special Purpose Vehicle, di realizzare l'isolamento (ring fence) del progetto rispetto al patrimonio dei promotori (sulla valorizzazione di tali elementi, cfr. Salvato, Le operazioni di project financing: struttura, soggetti, ruoli, tratti operativi, in Vaccà (cur.), Il project financing, Milano, 2002, 5; De Sury, Miscali, Il Project Finance, Milano, 1995). Esistono due modelli di project financing: la tipologia B.O.T. (Build, Operate and Transfer), che si sostanzia in una concessione di costruzione e gestione, con il trasferimento dell'opera alla pubblica amministrazione, al termine del periodo di durata della concessione, e la tipologia B.O.O. (Build, Operate and Own), che prevede che l'opera diventi di proprietà dell'operatore economico. Il nostro ordinamento, fin dalla introduzione dell'istituto, ha previsto esclusivamente la prima formula, mentre alcuni elementi della seconda caratterizza il contratto di disponibilità di cui al successivo articolo 197. La finanza di progetto presuppone è un tipo di finanziamento che si basa sulla redditività del progetto e sulla capacità dello stesso di generare un flusso di cassa tale da garantire il rimborso del debito e la remunerazione del capitale di rischio. Rispetto alla tradizionale concessione di costruzione e gestione, nella precedente disciplina erano individuabili, sinteticamente, alcune significative differenze: 1. il significativo ruolo del privato (c.d. promotore) nella fase progettuale dell'opera; 2. la possibilità, in fase di gestione, di costituire una apposita società di progetto, che subentri all'aggiudicatario della gara; 3. l'autonomia giuridica ed economica del progetto. Come già anticipato, con la nuova disciplina, l'unico tratto caratterizzante rimane quella della “promozione”. I soggetti coinvolti in una operazione di finanza di progetto sono diversi, ed ognuno di loro può ricoprire più ruoli. Alla pubblica amministrazione spetta il ruolo di principale attore decisionale della vicenda, in quanto è la stessa a decidere in prima battuta per quali lavori e servizi, inseriti negli strumenti di programmazione formalmente approvati, è possibile presentare la proposta di finanza di progetto. Alla amministrazione compete anche valutare, come si vedrà oltre, le proposte presentate dagli operatori economici. Naturalmente, l'amministrazione è altresì titolare di una ampia serie di poteri e facoltà di controllo, che si esplicano durante la fase di gestione dell'opera. Il promotore è il principale, anche se non unico, interlocutore esterno della pubblica amministrazione. Ha un ruolo chiave per la definizione del progetto, operando come proponente dello stesso. L'impianto normativo riconosce, come si vedrà, l'importanza di tale ruolo, prevedendo diverse ipotesi in cui il promotore ha un vero e proprio diritto di prelazione, potendo pareggiare le offerte e le proposte dei propri concorrenti, nell'ambito delle diverse fasi del procedimento di gara. Il finanziatore è colui che fornisce il capitale di rischio alla società, tramite la sottoscrizione di aumenti di capitale o con l'assunzione di debiti della stessa, in cambio di proventi comunque scaturenti dal flusso di cassa. Il finanziatore può coincidere, come generalmente accade, con il promotore, ma la sottoscrizione del capitale di rischio è aperta anche ad altri soggetti, pubblici e privati. L'investitore, diversamente, fornisce risorse finanziarie alla società, sottoscrivendo quote di debito in cambio del rimborso degli interessi. Ulteriore figura è quella del realizzatore, vale a dire la società che provvedere alla realizzazione della attività oggetto del project financing, e può anche curarne la manutenzione. Non necessariamente questa figura coincide con quella del promotore e, chiaramente, deve prestare idonee garanzie per i rischi relativi alla operazione di costruzione dell'opera. Il gestore, infine, cura l'esercizio dell'opera ed il suo sfruttamento economico e può non coincidere con il promotore e il realizzatore. Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)Il Decreto correttivo ha sostituito integralmente l'art. 193 del Codice in materia di procedura di affidamento mediante il meccanismo della finanza di progetto. La riscrittura della disposizione è finalizzata all'inserimento di previsioni che rendano la finanza di progetto maggiormente trasparente e utilizzata. Oltre a quella ad iniziativa privata, è inserita al comma 1 la possibilità di avviare la finanza di progetto sulla base di un sollecito da parte dell'ente concedente (formulazione originariamente prevista solamente all'ultimo comma della disposizione). La nuova procedura di finanza di progetto ad iniziativa pubblica è poi disciplinata dal successivo comma 16. Il Decreto correttivo inserisce poi il meccanismo della manifestazione preliminare di interesse, fase che precede quella della elaborazione della proposta e della successiva potenziale assunzione della qualifica di promotore del proponente. Sono poi inseriti elementi di trasparenza alla procedura (i.e., pubblicazione della preliminare manifestazione di interesse del privato ai sensi del comma 3; pubblicazione delle proposte dell'operatore economico sul sito istituzionale dell'ente ai sensi del comma 4). Viene in ogni caso mantenuta la prelazione per il promotore, con una procedura di gara articolata in due fasi per garantire trasparenza e competitività. L'apparente soppressione della finanza di progetto ad iniziativa pubblicaL'art. 183 del previgente codice dedicava gran parte della disciplina (dai commi 1 a 14) al c.d. procedimento ad iniziativa pubblica, che presupponeva anzitutto che l'opera oggetto del project financing fosse inserita in un atto di programmazione, approvato e in corso di validità, dell'amministrazione procedente. Era prevista la pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che aveva a base di gara il progetto di fattibilità predisposto dall'amministrazione aggiudicatrice. L'affidamento della concessione avveniva quindi mediante una sorta di gara a scorrimento. Infatti, era prevista la possibilità che l'amministrazione aggiudicatrice potesse richiedere, al promotore prescelto, di apportare al progetto definitivo, dallo stesso presentato, le eventuali modifiche intervenute in fase di approvazione del progetto. In tal caso, la concessione era aggiudicata al promotore solo successivamente all'accettazione, da parte di quest'ultimo, delle modifiche progettuali e dell'eventuale adeguamento del piano economico-finanziario. Laddove il promotore non avesse accettato di apportare le predette modifiche al progetto definitivo, l'amministrazione potrà chiedere, ai concorrenti successivi in graduatoria, l'accettazione delle modifiche da apportare al progetto definitivo presentato dal promotore, naturalmente alle stesse condizioni proposte al promotore e non accettate dallo stesso. Sostanzialmente la concessione veniva aggiudicata solo a patto che l'operatore privato, in primis il promotore ed in subordine gli altri che lo seguono in graduatoria, accettassero il progetto definitivo dell'amministrazione. Si prevedeva altresì, al comma 6, che il bando indicasse i criteri, e l'ordine di importanza attribuita agli stessi, in base ai quali la commissione di gara procederà alla valutazione comparativa tra le proposte. Il comma 7 stabiliva, in ultimo, che “il disciplinare di gara, richiamato espressamente nel bando, indica, in particolare, l'ubicazione e la descrizione dell'intervento da realizzare, la destinazione urbanistica, la consistenza, le tipologie del servizio da gestire, in modo da consentire che le proposte siano presentate secondo presupposti omogenei”. Alla procedura potevano partecipare solo i soggetti in possesso dei requisiti per i concessionari, naturalmente anche associando o consorziando altri soggetti. Il Codice non disciplinava espressamente i requisiti del concessionario, di talché risultava necessario, in attesa del nuovo Regolamento unico, fare ricorso all'art. 95 del d.P.R. n. 107/2010, secondo cui il concessionario deve dimostrare, oltre alla qualificazione per i lavori che intende eseguire con la propria organizzazione di impresa, il possesso dei seguenti ulteriori requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi: a) fatturato medio relativo alle attività svolte negli ultimi cinque anni antecedenti alla pubblicazione del bando non inferiore al dieci per cento dell'investimento previsto per l'intervento; b) capitale sociale non inferiore ad un ventesimo dell'investimento previsto per l'intervento; c) svolgimento negli ultimi cinque anni di servizi affini a quello previsto dall'intervento per un importo medio non inferiore al cinque per cento dell'investimento previsto per l'intervento; d) svolgimento negli ultimi cinque anni di almeno un servizio affine a quello previsto dall'intervento per un importo medio pari ad almeno il due per cento dell'investimento previsto dall'intervento. In alternativa ai requisiti previsti dalle lettere c) e d), il concessionario può incrementare i requisiti previsti dal medesimo comma, lettere a) e b), nella misura fissata dal bando di gara, comunque compresa fra 1,5 volte e tre volte. Il requisito del capitale sociale può essere dimostrato anche attraverso il patrimonio netto. Si stabiliva altresì che, ove sia necessario apportare modifiche al progetto presentato dal promotore ai fini dell'approvazione dello stesso, il promotore, ovvero i concorrenti successivi in graduatoria che accettano di apportare le modifiche, dovessero comunque possedere, anche associando o consorziando altri soggetti, gli eventuali ulteriori requisiti, rispetto a quelli previsti dal bando di gara, necessari per l'esecuzione del progetto. I predetti requisiti erano parametrati con riferimento al valore dell'investimento previsto per l'intervento pone quindi la questione se con tale nozione si sia inteso far riferimento al valore complessivo della concessione di cui occorre tenere conto ai fine della verifica della soglia (costruzione e gestione) o solo ai costi che dovrà sostenere l'aggiudicatario. Si è, a tal proposito precisato che il concetto di investimento “va riferito al costo necessario per la completa realizzazione dell'intervento, composto dalla somma di tutti i costi per i servizi di ingegneria, per la costruzione e per quant'altro ha rilevanza sull'equilibrio economico-finanziario dell'intervento” (determinazione ANAC n. 20/2001 del 4 ottobre 2001). Le offerte dovevano contenere un progetto definitivo, una bozza di convenzione, un piano economico finanziario, asseverato da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall'istituto di credito stesso ed iscritte nell'elenco generale degli intermediari finanziari, o da una società di revisione, la specifica delle caratteristiche del servizio e della gestione, e dare infine conto del preliminare coinvolgimento di uno o più istituti finanziatori nel progetto. L'amministrazione aggiudicatrice, dopo aver esaminato le offerte pervenute nei termini, doveva redigere la graduatoria, nominando promotore l'operatore economico che ha presentato la migliore offerta, anche laddove questa fosse l'unica. Di seguito viene posto in approvazione il progetto definitivo presentato dal promotore. Erano possibili, a questo punto, più esiti della procedura di gara: 1) se il progetto non avesse necessitato di modifiche progettuali, l'amministrazione avrebbe potuto procedere direttamente alla stipula della concessione; 2) laddove invece fossero state necessarie modifiche al progetto per l'approvazione definita, il promotore poteva accettare di realizzarle, con l'onere di procedere alle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'approvazione del progetto, oltre che a tutti gli adempimenti di legge, senza che ciò comportasse alcun compenso aggiuntivo, né incremento delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte indicate nel piano finanziario; 3) se invece il promotore non avesse accettato di modificare il progetto, l'amministrazione aveva la facoltà di richiedere progressivamente ai concorrenti successivi in graduatoria l'accettazione delle modifiche al progetto presentato dal promotore, alle stesse condizioni proposte al promotore e non accettate dallo stesso. Pertanto, il contratto di concessione poteva essere stipulato solo a seguito della realizzazione di uno dei tre esiti della procedura di gara sopra descritti. Il nuovo art. 193 non riporta più la descritta disciplina, prevedendo unicamente la finanza di progetto ad iniziativa privata. Come di legge nella relazione illustrativa,” è stata eliminata la finanza di progetto ad iniziativa pubblica, poiché ritenuta di fatto una duplicazione rispetto alla scelta della pubblica amministrazione di indire una gara pubblica per l'affidamento di una concessione”. La scelta è stata quindi determinata dalla considerazione che la finanza di progetto non si distingue dalla concessione se non per le modalità di finanziamento del progetto. Pertanto, si è ritenuto che l'amministrazione possa conseguire lo stesso risultato ponendo direttamente a gara la concessione secondo la disciplina di cui agli artt. 182 ss., che espressamente prevede che la documentazione di gara comprenda “lo schema di contratto e il piano economico-finanziario” (comma 4), essendo per il resto applicabili, ai fini del finanziamento dell'opera o del servizio, gli istituti della società di scopo e le altre norme richiamate dall'art. 198. Certamente, si perde così l'apporto promozionale pubblico, ossia la possibilità di porre a base di gara lo studio di fattibilità predisposto dalla stessa amministrazione e ottenere, in sede di gara, la presentazione di un progetto definitivo. Tale apporto promozionale pubblico potrà in parte essere recuperato attraverso la disposizione di cui all'art. 193, comma 11, che consente all'amministrazione di “sollecitare i privati a farsi promotori di iniziative volte a realizzare i progetti inclusi negli strumenti di programmazione del partenariato pubblico-privato, di cui all'articolo 175, comma 1”. Pertanto, più sarà precisa l'individuazione dell'opera o del servizio nel programma triennale dei PPP di cui al citato art. 175, comma 1, più sarà incisivo l'apporto promozionale dell'amministrazione nell'orientare la presentazione delle proposte da parte del mercato. La finanza di progetto ad iniziativa privataL'art. 193 si occupa quindi esclusivamente della finanza di progetto privata prevedendo che “Gli operatori economici possono presentare agli enti concedenti proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori o servizi”. Con questa procedura, pertanto, il project financing diventa strumento che “immette” nel tessuto pubblicistico, oltre a capitali, risorse finanziarie e risorse tecniche, anche la capacità progettuale del privato che può proporre all'amministrazione di realizzare opere o servizi. La norma non fa più alcun riferimento alla possibilità o meno che i lavori o i servizi siano inclusi negli strumenti di programmazione ed in particolare nel programma triennale dei PPP di cui all'art. 175, comma 1. Come appena visto, l'inclusione in tale programma sembra costituire condizione affinché l'amministrazione possa sollecitare la presentazione di proposte. Nel silenzio del comma 1, sembra invece doversi ritenere che la proposta possa riguardare, come in passato, anche lavori e servizi non previsti nella programmazione triennale, fermo restando che l'amministrazione è sempre tenuta ad effettuare una ponderata valutazione della proposta sotto il profilo della convenienza, anche attraverso il ricorso a metodi invalsi nella prassi, come il PSC. Una indicazione in tal senso proviene dal successivo comma 3, nel quale si prevede che il progetto di fattibilità, “una volta approvato, è inserito tra gli strumenti di programmazione dell'ente concedente”, derivandone implicitamente che il progetto potesse non essere inserito in tali strumenti al momento della presentazione della proposta. Come conferma la Relazione illustrativa resta “comunque salva la possibilità per gli operatori economici di presentare proposte sia con riferimento ad iniziative non presenti negli strumenti di programmazione, sia con riferimento ad iniziative ivi presenti, proponendo modalità diverse di realizzazione”. Il proponente Tale declinazione dell'istituto prevede la figura del proponente (che sarà il futuro promotore) che, nell'ambito di una progressiva apertura dell'istituto ai privati, non necessariamente deve essere una impresa di costruzioni o servizi. L'art. 193 non contiene più alcun riferimento ai requisiti necessari per la presentazione della proposta che invece il codice previgente faceva coincidere con i requisiti del concessionario, anche tenuto conto che il proponente, poi divenuto promotore, aveva l'obbligo di partecipare alla successiva gara per l'affidamento della concessione. Ma il nuovo codice sembra andare oltre, consentendo di presentare la proposta anche da parte di soggetti privi di qualsiasi requisito in relazione alla realizzazione e alla gestione delle opere o servizi. Al comma 1 si prevede infatti che gli “investitori istituzionali” possono formulare autonomamente le proposte salva la necessità, nella successiva gara per l'affidamento dei lavori o dei servizi, di associarsi o consorziarsi con operatori economici in possesso dei requisiti richiesti dal bando, qualora gli stessi investitori istituzionali ne siano privi. In merito, si ricorda che il d.l. n. 32/2019 (c.d. decreto Sblocca cantieri), convertito con modificazioni dalla l. n. 55/2019, ha inserito all'art. 183 del codice del 2016, relativo alla finanza di progetto, un nuovo comma 17-bis, prevedendo che investitori istituzionali possano presentare proposte ad iniziativa privata. La finalità della norma è quella di consentire ad investitori istituzionali di poter investire in infrastrutture in un momento in cui le imprese di costruzioni trovano difficoltà a reperire finanziamenti bancari. In questo modo si migliora la finanziabilità̀ delle opere e si consente il rilancio degli investimenti in infrastrutture. Peraltro, tale scelta va incontro alla crescita e all'evoluzione che ha interessato il risparmio istituzionale, sempre più attratto dall'economia reale. Per questa ragione si è deciso non solo di mantenere tale norma, ma anche di introdurre delle modifiche e delle integrazioni volte a rendere ancora più agevole la partecipazione degli investitori istituzionali alle gare per l'affidamento di progetti di partenariato pubblico-privato. Ciò premesso, per quanto riguarda l'individuazione degli investitori istituzionali si evidenzia che sono state esplorate tre opzioni: a) mantenere l'elenco degli investitori qualificati già previsto con il d.l. n. 32/2019 c.d. “Sblocca cantieri”; b) richiamare l'art. 6, comma 2-quater, lett. d), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e il regolamento di attuazione della Consob (contemplando pertanto i soggetti ivi previsti e le loro controllanti e controllate ai sensi dell'art. 6, commi 6-bis.1 e 6-bis.2 dello stesso decreto legislativo); c) delegare la valutazione della loro affidabilità alla pubblica amministrazione. Tra le tre opzioni si è ritenuto di seguire la prima; l'opzione c) è stata infatti ritenuta troppo complessa per la pubblica amministrazione, mentre l'opzione b), sebbene sia stata considerata una soluzione pregevole ed economicamente sostenibile, si è ritenuto potesse eccedere i limiti della delega. Al comma 10 viene altresì mantenuta la previsione secondo la quale le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nell'ambito degli scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico dalle stesse perseguiti, possono aggregarsi alla presentazione di proposte di realizzazione di lavori pubblici di cui al comma 1, ferma restando la loro autonomia decisionale. Da tale variegato novero di soggetti, pare conforme a logica, ritenere che ai fini della presentazione della proposta e dell'acquisizione della qualità di promotore, il proponente possa anche non possedere i requisiti del concessionario rinviando il possesso di tali requisiti alla successiva approvazione della fattibilità della proposta e alla decisione di avviare la procedura di gara l'acquisizione dei predetti requisiti. Tale conclusione pare trovare riscontro nella determinazione di ANAC n. 20/2001 del 4 ottobre 2001, in cui si precisa che attesa “la vincolatività della proposta, sarà comunque necessario che il promotore non in possesso dei requisiti [...] si obblighi nei confronti della P.A., già al momento della presentazione della proposta, ad associarsi con i partners necessari prima dell'indizione della gara [...]. Si rileva, peraltro, condivisibile il rilievo dell'ANCE secondo il quale il conferimento del mandato congiunto all'impresa capogruppo può ricavarsi nel caso prospettato per implicito dall'avvenuta sottoscrizione della proposta di tutti i componenti la costituenda associazione”. Anche la giurisprudenza pare confermare tale conclusione osservando che “la sentenza dell'Adunanza Plenaria del Cons. St. n. 2155/2010 al punto 6.2 afferma chiaramente, seppure incidentalmente, che il promotore può non possedere i requisiti previsti per il concessionario nella fase preliminare in cui partecipa alla selezione per il conseguimento di tale qualità, ma che appare discutibile, siccome potenzialmente lesiva della par condicio tra concorrenti, una interpretazione che consenta allo stesso di non possedere i requisiti della lex specialis al momento dell'inizio della fase selettiva per l'attribuzione della qualifica di concessionario” (T.A.R. Lazio III-quater, 4 novembre 2010, n. 33181). Pare infine rilevante la previsione del comma 4 in ordine alla massima libertà di modificazione del soggetto proponente, anche al fine di conseguire i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara. Possibilità espressamente prevista per gli investitori istituzionali non solo dal comma 1 del presente articolo, ma come regola generale per tutte le fattispecie di PPP in ragione dell'art. 198, comma 3. La proposta La proposta degli operatori economici deve contenere un progetto di fattibilità, una bozza di convenzione, il piano economico-finanziario asseverato come nella procedura ordinaria, oltre alla specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione. Il piano economico finanziario deve comprendere l'importo delle spese sostenute per la predisposizione della proposta, comprensivo anche dei diritti sulle opere dell'ingegno di cui all'articolo 2578 del codice civile. Diversamente dalla previgente disciplina non vi è più alcun riferimento alla necessità che la proposta sia corredata dalla cauzione provvisoria e dall'impegno a prestare una cauzione nella misura dell'importo 2,5 per cento del valore dell'investimento, nel caso di indizione di gara. Si tratta di un'omissione che potrebbe generare non pochi problemi, atteso che la presentazione della cauzione provvisoria unitamente all'offerta è volta a garantire che il proponente (divenuto promotore) partecipi alla successiva gara. L'eccezionale richiesta della cauzione era prevista a garanzia delle offerte sin dal momento della presentazione della proposta si spiegava infatti con l'assimilabilità di quest'ultima ad un'offerta e va letta in coerenza con l'unitarietà della procedura di cui si è detto, al fine di evitare che la procedura conseguente all'iniziativa del promotore possa infine esaurirsi con un inutile impegno di risorse pubbliche. Offerta cui conseguirà la necessaria partecipazione alla gara successivamente indetta dall'amministrazione, come implicitamente desumibile dall'obbligo, a carico del medesimo promotore, di prestare a tal punto un'ulteriore garanzia (in precedenza solo promessa) pari al 2,5 per cento del valore dell'investimento. Ai sensi del comma 2, l'amministrazione ha a disposizione 90 giorni per valutare la fattibilità della proposta e il procedimento deve concludersi con provvedimento espresso, pubblicato sul proprio sito istituzionale e oggetto di comunicazione ai soggetti interessati. L'amministrazione può chiedere, altresì, al proponente di apportare al progetto di fattibilità le eventuali modifiche necessarie per la sua approvazione. Se il proponente non apporta le modifiche richieste, la proposta si intende respinta. Rispetto alla precedente disciplina, tale fase di adeguamento pare meno rigida con riferimento al proponente, il quale potrà suggerire “soluzioni alternative” al fine di rispondere alle richieste dell'amministrazione. In caso di eventuale modifica accettata dal promotore, o di valutazione positiva senza necessità di modifiche, il progetto di fattibilità è quindi approvato e inserito negli strumenti di programmazione approvati dall'amministrazione aggiudicatrice. Con l'approvazione della fattibilità della proposta, il proponente assume la qualità di promotore anche ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione. La giurisprudenza si è ripetutamente pronunciata sugli effetti dell'approvazione della proposta da parte dell'amministrazione, soprattutto con riguardo alle conseguenze nei confronti del proponente di un eventuale atto di ritiro della medesima approvazione. Si è pertanto formato un coeso orientamento della giurisprudenza amministrativa volto ad affermare che in materia di project financing, l'amministrazione – una volta individuato il promotore e ritenuto di pubblico interesse il progetto dallo stesso presentato – non è comunque tenuta a dare corso alla procedura di gara, essendo libera di scegliere, attraverso valutazioni attinenti al merito amministrativo e non sindacabili in sede giurisdizionale se, per la tutela dell'interesse pubblico, sia più opportuno affidare il progetto per la sua esecuzione ovvero rinviare la sua realizzazione ovvero non procedere affatto (ex multis, Cons. St. III, n. 1365/2014; Cons. St. III, n. 4026/2014; Cons. St. III, n. 2838/2013; Cons. St. V, n. 2418/2013). Ne consegue che anche dopo la dichiarazione di pubblico interesse dell'opera, la valutazione amministrativa della perdurante attualità dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera continua a essere immanente ed insindacabile nel merito e, quindi, anche in un momento successivo a quello in cui una proposta di realizzazione di lavori pubblici sia stata dichiarata di pubblico interesse e sia stato individuato il promotore privato, deve escludersi che l'amministrazione sia comunque tenuta a dare corso alla procedura di gara per l'affidamento della relativa concessione, per un duplice ordine di motivi (ex multis Cons. St. V, n. 2719/2016): i) la scelta del promotore costituisce una tipica e prevalente manifestazione di discrezionalità amministrativa, che implica ampie valutazioni relativamente all'effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell'opera e che – per tali – neppure possono essere coercibili nell'ambito del giudizio di legittimità in sede giurisdizionale amministrativa; ii) la posizione di vantaggio si esplica fattivamente solo in un momento successivo a quello dell'intervento della decisione di affidamento della concessione. Quindi, dalla dichiarazione di pubblico interesse della proposta del promotore privato non deriva alcun vincolo per l'amministrazione di affidare la concessione, essendo necessaria da parte di quest'ultima una scelta ulteriore, analogamente a quanto avviene per qualsiasi decisione di affidare un contratto. In particolare, rispetto ai tipici moduli contrattuali pubblicistici, la complessiva disciplina dell'istituto del project financing si contraddistingue perché in questo caso l'iniziativa non è assunta dall'amministrazione stessa, ma dal privato. Sennonché anche una volta che la proposta di quest'ultimo sia stata dichiarata di pubblico interesse, lo stesso non acquisisce alcun diritto pieno all'indizione della procedura, ma una mera aspettativa, condizionata dalle valutazioni di esclusiva pertinenza dell'amministrazione in ordine all'opportunità di contrattare sulla base della medesima proposta. Detta aspettativa non è quindi giuridicamente tutelabile, neppure sotto il profilo della responsabilità precontrattuale, rispetto alle insindacabili scelte dell'amministrazione e la posizione di vantaggio acquisita per effetto della dichiarazione di pubblico interesse si esplica solo all'interno della gara una volta che la decisione di affidare la concessione sia stata assunta. La stessa giurisprudenza esclude che in caso di revoca dell'approvazione della proposta spetti al promotore l'indennizzo di cui all'art. 21-quinquies l. n. 241/1990, relativamente alle spese sostenute per la presentazione del progetto, osservando che la predetta disciplina, posta in termini generali per gli atti ad efficacia durevole, non può trovare applicazione per gli atti dei procedimenti di gara nella fase antecedente l'aggiudicazione definitiva, regolati dalla normativa speciale di cui al vigente Codice dei contratti pubblici e con riferimento specifico al project financing, trovano piuttosto applicazione i commi 12 e 15 dell'art. 183 d.lgs. n. 50/2016, concernenti il diritto al rimborso delle spese per la predisposizione del progetto, che viene però riconosciuto solo a conclusione della gara, nel caso in cui il promotore non risulti aggiudicatario tale diritto e non nei confronti dell'amministrazione, bensì dell'aggiudicatario (Cons. St. V, n. 820/2019). Quindi, anche dopo l'approvazione della fattibilità della proposta non può ritenersi costituito un distinto, speciale ed autonomo rapporto (per tale, suscettibile di fondare una responsabilità precontrattuale o di altro tipo) a che l'amministrazione dia comunque corso alla procedura di finanza di progetto; la valutazione amministrativa della perdurante attualità dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera continua infatti ad essere immanente all'amministrazione e non è coercibile dall'esterno dipendendo da valutazioni in ordine all'attualità e alla convenienza dell'affidamento: in definitiva, l'operatore professionale che presenta il progetto si assume di fatto il rischio di una successiva valutazione di non conformità dello stesso all'interesse pubblico, anche sopravvenuta. Rimane peraltro da chiedersi se il richiamato orientamento non debba essere riconsiderato alla luce dei principi affermati dall'Adunanza Plenaria in tema di responsabilità precontrattuale ed in particolare del principio secondo cui “anche nello svolgimento dell'attività autoritativa, l'amministrazione è tenuta a rispettare oltre alle norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l'invalidità del provvedimento e l'eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell'interesse legittimo), anche le norme generali dell'ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull'interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illecite frutto dell'altrui scorrettezza”, di talché “nell'ambito del procedimento di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell'aggiudicazione, nell'ambito in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento” (Cons. St., Ad. Plen., n. 5/2018). Un aspetto molto importante ora chiarito dal comma 4 è costituito dalla previsione che “la configurazione giuridica del soggetto proponente può essere modificata e integrata sino alla data di scadenza della presentazione delle offerte”, quindi la configurazione del soggetto può essere modifica sia nel passaggio tra proponente e promotore sia in quella successiva di partecipazione alla gara. La gara Una volta approvato, il progetto di fattibilità è posto a base di gara, alla quale è invitato il promotore, che ha diritto di prelazione. Nel bando l'amministrazione aggiudicatrice può chiedere ai concorrenti, compreso il proponente, la presentazione di eventuali varianti al progetto. I concorrenti, compreso il promotore, devono essere in possesso dei requisiti previsti dal bando e presentare un'offerta contenente una bozza di convenzione, il piano economico finanziario asseverato da uno dei soggetti di cui al comma 9, primo periodo, la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, nonché le eventuali varianti al progetto di fattibilità. Non è più previsto che i concorrenti presentino una bozza di convenzione, che quindi deve ritenersi rimanga quella presentata da proponente e approvata dall'amministrazione con la dichiarazione di fattibilità della proposta. Al comma 3, riprendendo alcune disposizioni già contenute nel codice del 2016, è previsto che il criterio di aggiudicazione sia l'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto tra qualità e prezzo. Peraltro, il nuovo art. 193, al comma 9, al fine di incentivare l'innovazione, è previsto che in relazione alla specifica tipologia di lavoro o servizio, l'amministrazione concedente debba tenere conto, tra i criteri di aggiudicazione, della quota di investimenti destinata al progetto in termini di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica. Al comma 7, in modo simile (ma più semplice) a quanto già previsto nell'art. 183, comma 10 del codice del 2016, viene descritta l'attività che deve porre in essere l'ente concedente una volta ricevute le offerte. In particolare: prendere in esame le offerte che sono pervenute nei termini indicati nel bando, redigere una graduatoria e nominare aggiudicatario il soggetto che ha presentato la migliore offerta, porre in approvazione i successivi livelli progettuali elaborati dall'aggiudicatario. È evidente che la commissione di gara dovrà accertare la coerenza e sostenibilità economica dell'offerta procedendo all'esame del piano economico e finanziario sotto il profilo dei ricavi attesi e dei relativi flussi di cassa in rapporto ai costi di produzione e gestione. Se il promotore non risulta aggiudicatario potrà esercitare il diritto di prelazione, divenendo aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall'operatore risultato aggiudicatario. Sulla procedura in questione e sui profili legati alle eventuali contestazioni giudiziarie nei confronti della procedura restano attuali i principi statuiti da Cons. St., Ad. Plen., n. 1/2012. Nella citata pronuncia, infatti, il supremo consesso amministrativo ha chiarito come l'onere di immediata impugnazione dell'atto di scelta del promotore, in base alla disciplina, non più vigente, dettata dagli artt. 37-bis e ss., l. n. 109/1994, trova conferma anche nella vigente disciplina del “project financing”, di cui all'art. 153, d.lgs. n. 163/2006 e successive modificazioni [ora art. 193 del nuovo codice], in quanto la scelta del promotore è frutto di una vera e propria gara con prefissione di criteri selettivi e requisiti, per la valutazione comparativa delle diverse proposte. Si è posta la questione se, nel caso di finanza di progetto ad iniziativa privata, il promotore sia tenuto a partecipare alla successiva gara. Si è ritenuto che, trattandosi di procedura attivata dall'iniziativa del proponente – che sin dall'inizio si impegna a realizzare i lavori individuati nel relativo progetto preliminare (se del caso, con le modifiche inizialmente richieste dall'amministrazione) – nel quale la gara è volta solamente ad individuare il migliore concessionario per l'amministrazione, il promotore debba partecipare ad entrambe le progressive fasi in cui la stessa si articola, a giustificazione della serietà ed effettività della propria proposta (Cons. St. V, n. 5642/2018). Laddove, infatti, nessun altro operatore economico ritenesse di prendere parte alla procedura competitiva, la realizzazione dei lavori e l'interesse pubblico ad essa sotteso risulterebbe in concreto frustrata, nonostante l'iniziale dichiarazione di intenti del proponente, divenuto promotore a seguito dell'approvazione della proposta da parte dell'amministrazione. Pur non essendo ripresa la previsione del rilascio della garanzia provvisoria al momento della presentazione della proposta, la partecipazione necessaria del promotore alla (seconda) fase di gara trova poi testuale riscontro anche nella ricordata previsione di cui al comma 5, secondo cui i concorrenti, “compreso il promotore”, in possesso dei requisiti previsti dal bando, presentano un'offerta. Il comma 6 contiene invece la disciplina delle garanzie che è stata semplificata rispetto al previgente codice. Infatti, ci si limita a prevedere che le offerte debbono essere corredate dalle garanzie di cui all'art. 106 e che il soggetto aggiudicatario debba prestare la garanzia di cui all'art. 117, con la precisazione che dalla data di inizio dell'esercizio del servizio da parte del concessionario è dovuta una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla gestione dell'opera, da prestarsi nella misura del 10 per cento del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui all'art. 117 e che la mancata prestazione di tali garanzie costituisce grave inadempimento contrattuale. Il diritto di prelazione Il ruolo del promotore è stato sovente oggetto di contestazione da parte della Commissione Europea, ed è stato ridefinito in più occasioni, a partire dalla sua introduzione avvenuta con la c.d. Merloni-ter. In rapida sintesi si ricorda che, con lettera di messa in mora del 19 dicembre 2002, la Commissione Europea ha censurato la formulazione dell'art. 37-bis della l. n. 109/1994, nella versione allora vigente, nella parte in cui non prevedeva un'adeguata pubblicità, nei bandi di gara, del diritto di prelazione spettante al promotore, ritenendola perciò contraria ai principi di trasparenza, non discriminazione e parità di trattamento. La messa in mora sfociò, nell'aprile 2004, nel ricorso della Commissione dinanzi alla Corte di Giustizia, al fine di ottenere la pronuncia dichiarativa dell'inadempimento dell'Italia, per avere essa previsto disposizioni in contrasto con il diritto eurounitario degli appalti. Successivamente, la figura del project financing è stata disciplinata dagli artt. 153 e ss. del d.lgs. n. 163/2006, prevedendo, all'art. 153, comma 3, che: “(...) l'avviso deve, altresì, indicare espressamente che è previsto il diritto a favore del promotore ad essere preferito ai soggetti previsti dall'articolo 155, comma 1, lettera b ), ove lo stesso intenda adeguare il proprio progetto alle offerte economicamente più vantaggiose presentate dai predetti soggetti offerenti”. Contestualmente, l'art. 154 disponeva che: “(...) Nella procedura negoziata di cui all'art. 155 il promotore potrà adeguare la propria proposta a quella giudicata dall'amministrazione più conveniente. In questo caso, il promotore risulterà aggiudicatario della concessione”. Con l'entrata in vigore del c.d. secondo correttivo al codice del 2006 (d.lgs. n. 113/2007), il legislatore delegato ha soppresso le predette previsioni, nella parte in cui riconoscevano il diritto di prelazione in favore del promotore, anche in virtù della pendenza della procedura di infrazione nei confronti dell'Italia. Con sentenza della Corte di Giustizia 21 febbraio 2008 (causa C- 412/04), i giudici eurounitari hanno respinto le censure della Commissione relative alle prerogative del promotore, affermando che l'istituto della prelazione in favore del promotore non reca di per sé violazione del principio eurounitario di parità di trattamento fra gli operatori del mercato, ma deve valutarsi in relazione al singolo appalto concreto. Con nota del 30 gennaio 2008, tuttavia, la Commissione europea dava avvio ad una nuova procedura di infrazione, segnalando al Governo una serie di disposizioni del codice dei contratti che essa considerava incompatibili con le Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE. La Commissione prendeva atto che, pur avendo il codice dei contratti del 2006 ereditato la normativa della legge Merloni sul project financing, gli artt. 153 e 154 del codice non prevedevano più il diritto di prelazione in favore del promotore, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 113/2007 e che, pertanto, era stato soppresso uno di quei vantaggi contestati con il precedente ricorso per inadempimento. Tuttavia, la Commissione segnalava che anche le nuove disposizioni codicistiche non sembravano eliminare tutti i problemi di compatibilità con il diritto eurounitario della disciplina degli appalti pubblici. In particolare, il rilievo mosso dalle istituzioni comunitarie riguardava la posizione di vantaggio, di cui il promotore medesimo continuava a beneficiare, anche dopo la soppressione del diritto di prelazione. La generale diffidenza nei confronti del diritto di prelazione aveva indotto il nuovo legislatore delegato a prevedere la possibilità dell'amministrazione di sostituire al diritto di prelazione un meccanismo premiale a favore del promotore nell'attribuzione del punteggio (c.d. sistema alla cilena) al ricorrere dei presupposti di legge. Nel testo definitivamente approvato si è tornati alla previsione del solo diritto di prelazione al fine di evitare che, come si legge nella Relazione illustrativa, con il meccanismo del punteggio premiale, la proposta potesse essere fatta propria da altri operatori: il mantenimento di tale doppio binario avrebbe inoltre rischiato di generare effetti distorsivi sul mercato inibendo la partecipazione di molti operatori economici alle forme di partenariato pubblico privato. Il riconoscimento del diritto di prelazione non sembra del resto porsi in contrasto con i principi eurounitari di libera concorrenza, giacché a ciascuno degli operatori del mercato è data la possibilità – a parità di condizioni – di “ideare” un proprio progetto e di proporlo all'approvazione della p.a. cosicché prevale, nelle fattispecie, l'esigenza di stimolare le nuove idee imprenditoriali e di garantire la remunerazione economica per l'impegno profuso (pari dignità fra i principi comunitari e costituzionali di libertà dell'iniziativa economica privata e di concorrenza). Ciò premesso, occorre esaminare la natura e gli effetti della prelazione prevista dalla norma in commenti. Nel nostro ordinamento giuridico, nel concetto di prelazione possono essere ricomprese tre accezioni: – le cause legittime di prelazione; – la prelazione volontaria; – la prelazione legale. Quanto alle prime, posto che l'art. 2741 c.c. fissa la regola per cui tutti i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore (cd. par condicio creditorum), la legge individua delle cause (cause di prelazione) in presenza delle quali il creditore che ne sia titolare (cd. creditore privilegiato) è preferito, nel riparto del prezzo ricavato dalla vendita dei beni del debitore, rispetto agli altri creditori che non ne possano vantare (cd. creditori chirografari). La differenza tra i due tipi di creditori è, in via generale, che il creditore munito di causa di prelazione su di uno specifico bene ha il cd. diritto di sequela (cioè può aggredirlo anche se successivamente acquistato da terzi), mentre il creditore chirografario deve avere prima esperito l'azione revocatoria, sussistendone i presupposti, per far dichiarare l'inefficacia del trasferimento di uno o più beni del patrimonio che lo garantiva dall'insolvenza del debitore. La prelazione volontaria si ha invece quando un soggetto (cd. promittente o concedente) promette ad un altro (cd. prelazionario) di preferirlo, a parità di condizioni, rispetto a terzi, qualora in futuro decida di addivenire ad una certa contrattazione (ad esempio, la vendita della propria abitazione). La promessa può essere gratuita o onerosa. Il vincolo attiene solo alla scelta del contraente a parità di condizioni, ma è in ogni caso garantita la libertà in ordine all'an e al quomodo del contratto. L'assoluta libertà di cui gode il concedente può consentirgli anche qualsivoglia comportamento da cui derivi l'impossibilità di addivenire alla conclusione del contratto (ad es. trasformazione del bene e successivo contratto non riguardante tutto il bene), salva l'eventuale violazione del dovere di correttezza. Dal patto di prelazione non nasce dunque per il concedente un obbligo a contrarre condizionato alla volontà di concludere il contratto (ad es. vendita), ma due obblighi diversi: – obbligo positivo, consistente nel rendere nota al prelazionario l'intenzione di concludere il contratto a certe condizioni (cd. denuntiatio); – obbligo negativo, consistente nel non stipulare il contratto stesso con terzi prima o in pendenza della denuntiatio. Secondo l'orientamento prevalente, nel caso di prelazione volontaria, la denuntiatio è di regola soltanto un invito ad offrire entro un determinato termine, atto di adempimento di un obbligo di comunicazione delle condizioni per la vendita offerte dai terzi o stabilite dallo stesso concedente. In questa prospettiva, in caso di risposta positiva, il contratto non si concluderebbe automaticamente, ma potrà essere stipulato in un secondo momento; poiché non c'è obbligo di contrarre, il promittente è infatti comunque libero di non vendere al prelazionario ma a condizione di non vendere nemmeno a terzi, e in caso di vendita senza denuntiatio il prelazionario avrà diritto al risarcimento dei danni da inadempimento, senza potere invocare l'art. 2932 c.c. La prelazione volontaria, conseguentemente, salvo il caso della prelazione che può essere prevista negli atti costitutivi e statuti delle società di capitali in favore dei soci nel caso di vendite delle azioni, non è opponibile ai terzi né è suscettibile di trascrizione; il prelazionario ha soltanto diritto al risarcimento del danno, che può essere chiesto al concedente, in virtù della violazione dell'obbligo contrattuale assunto, e al terzo, se di mala fede (per interferenza illecita e violazione generale del principio del neminem laedere). Quando infine il diritto di prelazione è previsto dalla legge si ha la cd. prelazione legale. Tale prelazione, nelle sue fattispecie paradigmatiche (diritto di prelazione agraria e diritto di prelazione urbana) ha efficacia reale ed è quindi opponibile ai terzi. Ciò significa che, nel caso di omessa denuntiatio, il titolare del diritto di prelazione può esercitare in ogni caso nei confronti dell'acquirente terzo del bene il diritto potestativo di riscatto, cui consegue non la risoluzione del contratto con formazione di un titolo di acquisto ex nunc in favore del riscattante o un nuovo trasferimento del bene dall'acquirente al riscattante stesso, ma la sostituzione con effetto ex tunc di costui all'acquirente, sulla base delle propria dichiarazione unilaterale recettizia, talvolta subordinata all'effettivo pagamento del prezzo o alla sua offerta reale (la dichiarazione può essere effettuata anche tramite citazione, volta ad ottenere una pronuncia di accertamento). La denuntiatio deve, di regola, indicare le condizioni che individuano la sostanza giuridica economica del contratto, compreso il prezzo, essendo irrilevante la conoscenza che il prelazionario ne abbia aliunde. Il diritto di prelazione, in questo caso, nasce de iure e quindi esiste già potenzialmente; prova ne è che può essere rinunziato, a prescindere dalla notifica della denuntiatio, dal prelazionario che sia a conoscenza delle condizioni della alienazione al terzo, anche se, secondo altra ricostruzione, la rinunzia alla prelazione non può in ogni caso essere fatta prima della denuntiatio, poiché tale rinunzia sarebbe nulla – in assenza della conoscenza delle condizioni che individuano la sostanza giuridica economica del contratto – per indeterminatezza dell'oggetto. Casi di prelazione legale, da cui è possibile ricavare la disciplina generale, sono: – la prelazione dei coeredi (cd. retratto successorio di cui all'art. 732 c.c.); – la prelazione del componente dell'impresa familiare ex art. 230-bis, comma 5 c.c., che richiama espressamente l'art. 732 c.c.; – la prelazione agraria ex art. 8 della l. n. 590/1965; – la prelazione urbana su immobile concesso in locazione per uso diverso da quello abitativo (art. 38, l. n. 392/1978); – la prelazione artistica; – la prelazione disciplinata dal codice dei contratti pubblici in materia di project financing. Negli ultimi due casi la particolarità consiste nella circostanza che il diritto di prelazione legale non solo è connesso ad un interesse pubblico, ma prevede anche la partecipazione essenziale nel procedimento di denuntiatio di un soggetto terzo portatore del predetto interesse pubblico. Nel caso di prelazione artistica (artt. 60 e ss. del d.lgs. n. 42/2004), sono il Ministero dei beni culturali o gli enti pubblici territoriali interessati a rivestire la figura di prelazionari, rispetto all'acquisto di un bene culturale privato già alienato dal proprietario ad un terzo con atto di compravendita sottoposto alla condizione sospensiva del mancato esercizio del diritto di riscatto da parte dell'amministrazione pubblica. Entro i termini di legge il provvedimento di prelazione deve essere notificato sia all'alienante che all'acquirente; la proprietà passa allo Stato dalla data dell'ultima notifica. Alla luce di tali premesse, occorre considerare che nella prelazione prevista dall'art. 193, il procedimento nasce da una proposta di un operatore economico privato rivolta ad un'amministrazione aggiudicatrice e tesa alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità. L'amministrazione, se ritiene di porre la proposta – con il relativo progetto di fattibilità – a base di un bando di gara, espleta la relativa procedura ad evidenza pubblica e aggiudica la concessione al soggetto classificatosi primo in graduatoria. Se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario, qualora dichiari di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall'aggiudicatario. Se il promotore non risulta aggiudicatario e non esercita la prelazione, ha diritto al pagamento, a carico dell'aggiudicatario, dell'importo delle spese per la predisposizione della proposta nei limiti di legge. Se invece il promotore esercita la prelazione, l'originario aggiudicatario ha diritto al pagamento, a carico del promotore, dell'importo delle spese per la promozione, nei limiti di cui al comma 8 dell'art. 193. Emerge dunque che il diritto di prelazione attribuito dal codice dei contratti pubblici al promotore ha delle connotazioni decisamente peculiari rispetto agli altri casi di prelazione legale, connotazioni non compatibili automaticamente con la disciplina generale evincibile in materia. Innanzitutto, si tratta di un diritto di prelazione che ha come oggetto una posizione di primato nell'ambito di una graduatoria pubblica di cui fanno previamente parte sia prelazionario che l'aggiudicatario e non il subentro automatico in un diritto che il concedente ha intenzione di trasferire ad un terzo estraneo all'obbligo legale, o che addirittura, come nel caso della prelazione artistica, è già stato alienato. In secondo luogo, l'istituto della denuntiatio è sostituito de plano dalla ordinaria comunicazione dell'aggiudicazione della gara e l'unica formalità prevista a carico del prelazionario è la dichiarazione di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall'aggiudicatario, mentre il pagamento, a carico del promotore, dell'importo delle spese sostenute dal terzo per la predisposizione dell'offerta è previsto dalla legge come obbligazione da adempiere successivamente all'esercizio del diritto di prelazione, senza la previsione di alcun termine di decadenza. Da queste semplici annotazioni, e al di là delle stringate previsioni di legge, derivano due conseguenze logico-giuridiche. Da un lato, l'esercizio del diritto di prelazione fa nascere in capo all'amministrazione il mero obbligo di aggiudicare la gara al promotore, senza dunque generare alcun subentro automatico in un diritto da disporre o già acquisito da un terzo; dall'altro, il previo espletamento di una gara pubblica – in cui, tra l'altro, il diritto di prelazione legale del promotore è stato ribadito dal bando –, e la conclusione di tale gara con l'aggiudicazione provvisoria al terzo, in qualità di concorrente vincitore, esclude che la notificazione a costui del successivo esercizio del diritto di prelazione debba costituire un presupposto necessario per il perfezionamento di tale diritto. Infatti, da un lato, l'art. 193, comma 8 non prevede la necessità della notificazione dell'esercizio del diritto di prelazione anche al terzo, come invece disposto dall'art. 61 del d.lgs. n. 42/2004 in caso di prelazione artistica; dall'altro, nel caso di specie, l'esercizio del diritto di prelazione è inserito all'interno di una fase in cui la procedura ad evidenza pubblica non si è ancora conclusa e ha ad oggetto il mero subentro in un'aggiudicazione e non nel diritto all'esecuzione dei lavori. Tale diritto nascerà infatti soltanto a seguito del contratto stipulato tra affidatario ed amministrazione aggiudicatrice, e sempre che la stazione appaltante non ravvisi ostative e sopravvenute ragioni di interesse pubblico, l'illegittimità della procedura espletata o il mancato rispetto, da parte del promotore, delle forme previste per l'esercizio del diritto di prelazione. La finanza di progetto nella realizzazione degli impianti sportiviLa finanza di progetto è stata estesa dall'art. 4 del d.lgs. n. 35/2021 alla costruzione e l'esercizio degli impianti sportivi, che, rispetto al Codice si appalesa come disciplina speciale. Al fine di favorire l'ammodernamento e la costruzione di impianti sportivi, nonché tutti gli interventi comunque necessari per riqualificare le infrastrutture sportive non più adeguate alle loro esigenze funzionali, i soggetti interessati possono presentare una proposta agli enti locali attraverso il documento di fattibilità delle alternative progettuali di cui all'art. 3, comma 1, lettera ggggg-quater), del d.lgs. n. 50/2016 (medio tempore del piano di fattibilità di cui all'art. 14 del d.P.R. n. 207/2010), a valere quale progetto di fattibilità tecnica ed economica, di cui all'art. 23, commi 5 e 5-bis del Codice, corredato di un piano economico-finanziario, che individua, tra più soluzioni, quella che presenta il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e prestazioni da fornire. Uno degli aspetti più innovativi è costituito dalla possibilità di inserire nella proposta, oltre al progetto relativo all'infrastruttura sportiva, la “costruzione di immobili con destinazioni d'uso diverse da quella sportiva”, che siano complementari o funzionali al finanziamento o alla fruibilità dell'impianto sportivo, con esclusione della realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale, quando ciò appaia necessario “al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa o della valorizzazione del territorio in termini sociali, occupazionali, economici, ambientali e di efficienza energetica” prevedendosi altresì, al medesimo scopo, la possibilità di prevedere “il pieno sfruttamento a fini commerciali, turistici, educativi e ricreativi di tutte le aree di pertinenza dell'impianto in tutti i giorni della settimana”, nonché, al fine di assicurare adeguati livelli di bancabilità e l'eventuale coinvolgimento degli operatori bancari e finanziari pubblici e privati, “il riconoscimento di un prezzo, il rilascio di garanzie, misure di sostegno da parte del comune o di altre amministrazioni o enti pubblici, la cessione del diritto di superficie o del diritto di usufrutto su di essi, ovvero la cessione del diritto di superficie o del diritto di usufrutto di altri immobili di proprietà della pubblica amministrazione, nonché il trasferimento della proprietà degli stessi all'associazione o alla società sportiva dilettantistica o professionistica utilizzatrice dell'impianto in via prevalente, nel rispetto delle previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”. Si tratta di facoltà che amplificano notevolmente la possibilità di utilizzo della finanza di progetto in quanto si consente di comprendere nell'operazione anche attività strumentali ma diverse da quelle relative all'opera di interesse pubblico e generatrici di un cash flow in grado di rendere l'operazione complessivamente più attraente per gli investitori privati. È il caso dei cd. stadi produttivi, ossia di impianti sportivi che si collocano in un progetto realizzativo più ampio che comprende altre attività commerciali che, anche nel tempo in cui non si svolgono le competizioni sportive, generano comunque un reddito rilevante, come nel caso di grandi strutture di vendita al dettaglio, palestre e altre attività wellness, cinema e teatri. Tale disciplina si interseca con la disciplina del Codice dei contratti pubblici nel caso di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti pubblici esistenti, poiché successivamente all'approvazione della proposta, il progetto è posto a base di procedura di affidamento da concludersi comunque entro 120 giorni dalla sua approvazione. Alla gara è invitato anche il soggetto proponente, che assume la denominazione di promotore a cui è riconosciuto il diritto di prelazione. Anche in relazione al proponente, la disciplina in esame apporta un ulteriore novità, estendendo il novero dei proponenti anche alle associazioni e società sportive. BibliografiaDe Sury e Miscali, Il Project Finance, Milano, 1995; Ferrari, Fracchia (cur.), Project financing e opere pubbliche, problemi e prospettive alla luce delle recenti riforme, Milano, 2004, p. 3; Marchetti, Manuale di diritto e tecnica del project financing, Napoli, 2010; Montani, Project financing. Inquadramenti contrattuali e profili applicativi, Napoli, 2010; Nevitt, Project Financing, trad. it. ad opera di De Sury, Milano 1983; Pietrantonio, Il Project Financing tra pubblico e privato. Problemi, scenari e prospettive, Torino, 2018; Romano, Il project financing nell'ordinamento italiano: origini, evoluzione e problematiche, Napoli, 2012; Siclari, Il project financing nel codice dei contratti pubblici. Problemi e prospettive, Torino, 2019; Tomasi, Struttura e qualificazione del project financing, in Contr., 2012, p. 417. |