Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 96 - Disciplina dell'esclusione.

Adolfo Candia
Codice legge fallimentare

Art. 96


Disciplina dell'esclusione.

1. Salvo quanto previsto dai commi 2, 3, 4, 5 e 6, le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura d'appalto, qualora risulti che questi si trovi, a causa di atti compiuti od omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui agli articoli 94 e 95.

2. L'operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui all'articolo 94, a eccezione del comma 6, e all'articolo 95, a eccezione del comma 2, non è escluso se si sono verificate le condizioni di cui al comma 6 del presente articolo e ha adempiuto agli oneri di cui ai commi 3 o 4 del presente articolo.

3. Se la causa di esclusione si è verificata prima della presentazione dell'offerta, l'operatore economico, contestualmente all'offerta, la comunica alla stazione appaltante e, alternativamente:

a) comprova di avere adottato le misure di cui al comma 6;

b) comprova l'impossibilità di adottare tali misure prima della presentazione dell'offerta e successivamente ottempera ai sensi del comma 4.

4. Se la causa di esclusione si è verificata successivamente alla presentazione dell'offerta, l'operatore economico adotta e comunica le misure di cui al comma 6.

5. In nessun caso l'aggiudicazione può subire dilazioni in ragione dell'adozione delle misure di cui al comma 6.

6. Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui all'articolo 94, a eccezione del comma 6, e all'articolo 95, a eccezione del comma 2, può fornire prova del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità. Se tali misure sono ritenute sufficienti e tempestivamente adottate, esso non è escluso dalla procedura d'appalto. A tal fine, l'operatore economico dimostra di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti. Le misure adottate dagli operatori economici sono valutate considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell'illecito, nonché la tempestività della loro assunzione. Se la stazione appaltante ritiene che le misure siano intempestive o insufficienti, ne comunica le ragioni all'operatore economico.

7. Un operatore economico escluso con sentenza definitiva dalla partecipazione alle procedure di appalto o di concessione non può avvalersi della possibilità prevista dai commi 2, 3, 4, 5 e 6 nel corso del periodo di esclusione derivante da tale sentenza.

8. Se la sentenza penale di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, la condanna produce effetto escludente dalle procedure d'appalto:

a) in perpetuo, nei casi in cui alla condanna consegue di diritto la pena accessoria perpetua, ai sensi dell'articolo 317-bis, primo comma, primo periodo, del codice penale, salvo che la pena sia dichiarata estinta ai sensi dell'articolo 179, settimo comma, del codice penale;

b) per un periodo pari a sette anni nei casi previsti dall'articolo 317-bis, primo comma, secondo periodo, del codice penale, salvo che sia intervenuta riabilitazione;

c) per un periodo pari a cinque anni nei casi diversi da quelli di cui alle lettere a) e b), salvo che sia intervenuta riabilitazione.

9. Nei casi di cui alle lettere b) e c) del comma 8, se la pena principale ha una durata inferiore, rispettivamente, a sette e cinque anni di reclusione, l'effetto escludente che ne deriva si produce per un periodo avente durata pari alla durata della pena principale.

10. Le cause di esclusione di cui all'articolo 95 rilevano:

a) per tre anni decorrenti dalla commissione del fatto, nel caso di cui all'articolo 95, comma 1, lettera a);

b) per la sola gara cui la condotta si riferisce, nei casi di cui all'articolo 95, comma 1, lettere b), c) e d);

c) nel caso di cui all'articolo 95, comma 1, lettera e), salvo che ricorra la condotta di cui al comma 3, lettera b), dell'articolo 98, per tre anni decorrenti rispettivamente:

1) dalla data di emissione di uno degli atti di cui all'articolo 407-bis, comma 1, del codice di procedura penale oppure di eventuali provvedimenti cautelari personali o reali del giudice penale, se antecedenti all'esercizio dell'azione penale ove la situazione escludente consista in un illecito penale rientrante tra quelli valutabili ai sensi del comma 1 dell'articolo 94 oppure ai sensi del comma 3, lettera h), dell'articolo 98;

2) dalla data del provvedimento sanzionatorio irrogato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato o da altra autorità di settore nel caso in cui la situazione escludente discenda da tale atto;

3) dalla commissione del fatto in tutti gli altri casi.

11. L'eventuale impugnazione di taluno dei provvedimenti suindicati non rileva ai fini della decorrenza del triennio.

12. L'operatore economico ha l'onere di comunicare immediatamente alla stazione appaltante la sussistenza di taluno dei provvedimenti menzionati ai numeri 1) e 2) della lettera c) del comma 10, ove non menzionati nel proprio fascicolo virtuale. Se contravviene all'onere di comunicazione il triennio inizia a decorrere dalla data in cui la stazione appaltante ha acquisito taluno di detti provvedimenti.

13. Le cause di esclusione previste dagli articoli 94 e 95 non si applicano alle aziende o società sottoposte a sequestro o confisca ai sensi dell'articolo 240-bis del codice penale o degli articoli 20 e 24 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e affidate ad un custode o amministratore giudiziario o finanziario, limitatamente a quelle riferite al periodo precedente al predetto affidamento.

14. L'operatore economico ha l'obbligo di comunicare alla stazione appaltante la sussistenza dei fatti e dei provvedimenti che possono costituire causa di esclusione ai sensi degli articoli 94 e 95, ove non menzionati nel proprio fascicolo virtuale. L'omissione di tale comunicazione o la non veridicità della medesima, pur non costituendo di per sé causa di esclusione, può rilevare ai sensi del comma 4 dell'articolo 98.

15. In caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all'ANAC che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave tenuto conto della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi dell'articolo 94, comma 5, lettera e), per un periodo fino a due anni, decorso il quale l'iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia.

Inquadramento

L'art. 96 del nuovo Codice contiene la disciplina procedimentale comune agli “eventi” che conducono all'esclusione dell'operatore economico, applicabile sia con riferimento alle cause di esclusione automatica di cui all'art. 94, sia con riferimento alle cause di esclusione non automatica di cui all'art. 95. La disposizione in esame ha natura composita in quanto, da un lato, accorpa alcune previsioni contenute nell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 (in tema di misure di self cleaning, di iscrizione nel casellario informatico ANAC e di durata massima dell'efficacia delle cause di esclusione), dall'altro, prevede appositi oneri di comunicazione in capo agli operatori economici con riferimento agli eventi intervenuti anche in corso di gara idonei ad incidere sulla permanenza dei requisiti di partecipazione.

Il comma 1 ripropone la disposizione di cui al comma 6 dell'art. 80 del precedente Codice, relativa al principio del possesso continuativo dei requisiti di partecipazione, stabilendo che, salva la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della disciplina del self cleaning, la stazione appaltante esclude gli operatori economici che si trovano in una situazione che porta all'esclusione dalla procedura a causa di atti compiuti od omessi prima o nel corso della procedura.

I commi da 2 a 6 prevedono la disciplina delle misure di self cleaning, introducendo diverse novità rispetto ai commi 7, 8 e 12 dell'art. 80 (cfr. infra).

Il comma 7 ripropone, immutato, il testo del comma 9 dell'art. 80, che a sua volta traspone l'art. 57, paragrafo 6, ultimo periodo della direttiva 2014/24/UE, escludendo la possibilità di avvalersi del beneficio discendente dalla normativa in tema di self cleaning nel corso del periodo di esclusione derivante dalla sentenza definitiva che lo escluse da una gara.

I commi 8, 9, 10 e 11 contengono una disciplina analitica relativa all'efficacia temporale dei motivi di esclusione e alla loro decorrenza (cfr. infra).

Il comma 12 e il comma 14 disciplinano gli oneri di comunicazione dell'operatore economico in relazione ai fatti e ai provvedimenti che possono costituire causa di esclusione, ma che non sono menzionati nel fascicolo virtuale dell'operatore economico.

Il comma 13 riproduce, immutato, il comma 11 dell'art. 80, precisando – quale disposizione ‘di chiusura' – che le cause di esclusione di cui agli artt. 94 e 95 non si applicano alle aziende o società sottoposte a sequestro o confisca (ai sensi dell'art. 12-sexies del d.l. n. 306/1992, conv., con modif. dalla l. n. 356/1992 o degli artt. 20 e 24 del Codice antimafia), qualora siano state affidate a un custode o a un amministratore giudiziario o finanziario. La ratio di tale deroga è riconducibile al fatto che l'affidamento al custode o all'amministratore garantisce una completa dissociazione dalla precedente gestione ‘illecita' della società, consentendone il risanamento.

Infine, il comma 15 ripropone il comma 12 dell'art. 80, disciplinando il procedimento di iscrizione nel casellario informatico ANAC per falsa dichiarazione o falsa documentazione (per il cui esame, si rinvia al commento relativo all'art. 94).

Le misure di self cleaning

L'art. 96 disciplina, ai commi da 2 a 6 (ex commi 7, 8 e 12 dell'art. 80) l'istituto del c.d. self- cleaning il quale, seppur riprodotto nei suoi tratti essenziali, è stato notevolmente ampliato.

Al fine di meglio comprendere l'ambito applicativo della nuova norma, si rappresenta che il comma 1 dell'art. 96 – contemplante il principio generale che “regola” tutte le cause di esclusione, così riproponendo, immutata, la disposizione di cui al comma 6 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 – nel precisare che le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura d'appalto, qualora risulti che questi si trovi, a causa di atti compiuti od omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui agli articoli 94 e 95 – ossia, in sostanza, al ricorrere delle cause di esclusione automatiche e non – fa salva l'ipotesi in cui l'operatore economico adotti, nel rispetto delle modalità di cui ai commi da 2 a 6 del medesimo art. 96, misure idonee a dimostrare la propria affidabilità.

In particolare, e in modo aderente a quanto sancito dalla direttiva 24/2014 UE, conformemente all'incipit del paragrafo 6 dell'art. 57 della direttiva (“Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 4”) nella parte in cui non richiama il paragrafo 2, anche l'art. 96 in esame prevede che restino fuori dal perimetro applicativo dell'istituto le violazioni fiscali e previdenziali “gravi” di cui al comma 6 dell'art. 94 e al comma 2 dell'art. 95 (in passato entrambe contenute nel comma 4 dell'art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016).

Per quanto concerne le misure concretamente adottabili dall'operatore economico al fine di evitare l'esclusione dalla gara, la nuova norma, analogamente al vigente art. 80, prevede che spetti alla stazione appaltante, nell'esercizio della propria discrezionalità, il giudizio sulla “sufficienza” delle misure intraprese. L'art. 96, comma 6, tuttavia, rispetto al vigente art. 80, comma 8, prevede un quid pluris laddove recita che “ Se tali misure sono ritenute sufficienti e tempestivamente adottate, esso non è escluso dalla procedura d'appalto”.

Dal punto di vista temporale, occorre non solo che la misura adottata sia considerata dalla stazione appaltante quale prova idonea a dimostrare il ravvedimento dell'operatore economico ma anche che la stessa venga posta in essere secondo le tempistiche indicate dal legislatore nei commi 3 e 4.

Infatti, e diversamente dal vigente art. 80 il quale non precisa il momento a partire dal quale l'operatore può avvalersi di tale misura (la disposizione codicistica non precisa se tale opzione debba aver luogo al momento di indizione della procedura di gara, indipendentemente dalla contestazione di un motivo di esclusione da parte della stazione appaltante, ovvero solo in un momento successivo, qualora venga contestata una causa di esclusione), il nuovo art. 96 compie una summa divisio, a seconda che la causa di esclusione si sia verificata “prima” o “successivamente” alla presentazione dell'offerta.

Nel caso in cui tale causa si verifichi “prima” della presentazione dell'offerta, l'operatore economico, contestualmente all'offerta, deve comunicarla alla stazione appaltante e, alternativamente deve a) comprovare di avere adottato le misure di cui al comma 6; b) comprovare l'impossibilità di adottare tali misure prima della presentazione dell'offerta e successivamente ottemperare ai sensi del comma 4 (in quest'ultimo caso, ad esempio, qualora l'operatore economico abbia avuto notizia della causa di esclusione stessa in epoca assai prossima alla scadenza del termine di presentazione dell'offerta).

Per converso, qualora la causa si verifichi “successivamente” alla presentazione dell'offerta, l'operatore economico “adotta e comunica le misure di cui al comma 6”.

La novità consiste, quindi, nel fatto che il self- cleaning può riguardare anche eventi verificatisi nel corso della procedura e dopo la presentazione dell'offerta.

In tale ottica, risulterebbe quindi superato quanto statuito dalla giurisprudenza amministrativa la quale, con un orientamento consolidato, sosteneva che “risponde a logica, prima che alla normativa vigente in materia di appalto, che le misure di self-cleaning abbiano effetto pro futuro, ovvero per la partecipazione a gare successive all'adozione delle misure stesse, essendo inimmaginabile un loro effetto retroattivo; solo dopo l'adozione delle stesse la stazione appaltante può, infatti, essere ritenuta al riparo dalla ripetizione di pratiche scorrette ad opera degli stessi organi sociali” (ex multis T.A.R. Toscana II, n. 77/2021, ribadito in tempi recentissimi dal T. A. R. Campania, Napoli, n. 7599/2022).

Si precisa, tuttavia, che in tempi recenti la giurisprudenza ha compiuto un'importante precisazione circa il modo corretto di intendere siffatto orientamento in quanto “In questo senso, nel solco della consolidata giurisprudenza formatasi sul punto, la recente sentenza della V Sezione di questo Consiglio di Stato n. 4362/2022 ha precisato – specificando il (e non derogando al) richiamato indirizzo – che i numerosissimi precedenti (quali quelli invocati da – (Omissis) - negli scritti difensivi) che contribuiscono a comporre tale filone giurisprudenziale “non vanno intesi nel senso che, valendo le misure di self cleaning per il futuro, esse sono del tutto prive di significato nell'ambito della gara iniziata prima della loro adozione, ma piuttosto che il giudizio di “sufficienza” delle misure adottate di cui è detto nella disposizione del Codice dei contratti pubblici consente da solo di prevenire l'esclusione dell'operatore economico quando l'emenda era già intervenuta prima della presentazione delle offerte. Tuttavia, l'adozione delle misure medesime in corso di procedura non è affatto un evento la cui valutazione sia preclusa alla stazione appaltante tamquam non esset. All'opposto, rientra nel prudente apprezzamento della stazione appaltante tenere conto delle misure di self cleaning adottate in corso di procedura e di valutare la loro idoneità (o meno, eventualmente anche in ragione della tardività dell'intervento riparatore) a garantire l'affidabilità dell'operatore economico nella fase esecutiva dello specifico appalto di che trattasi” (Cons. St. III, n. 9782/2022).

La giurisprudenza amministrativa – ancor prima del nuovo intervento del legislatore – aveva quindi preso atto della rilevanza delle misure rimediali anche rispetto alle gare già in corso e dell'interpretazione corretta da conferire alla valenza pro futuro del self- cleaning.

Le concrete misure di self-cleaning adottabili dall'operatore economico

Dal punto di vista delle misure che l'operatore economico può porre in essere per dimostrare la propria affidabilità alla stazione appaltante, non ci sono stati stravolgimenti nella formulazione della nuova norma.

Il vigente comma 7 dell'art. 80 prevede che l'operatore economico (...) “è ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”. Tale formulazione è stata ampliata nel nuovo comma 6 dell'art. 96 il quale prevede che “(...) l'operatore economico dimostra di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti.”.

Il legislatore ha valorizzato espressamente, rispetto al passato, la circostanza relativa ai chiarimenti forniti dall'operatore economico mediante una “collaborazione attiva” con le autorità investigative.

Le Linee Guida ANAC n. 6, allo stato prevedono che “Possono essere considerate idonee a evitare l'esclusione, oltre alla dimostrazione di aver risarcito o essersi impegnato formalmente e concretamente a risarcire il danno causato dall'illecito: a) l'adozione di provvedimenti volti a garantire adeguata capacità professionale dei dipendenti, anche attraverso la previsione di specifiche attività formative; b) l'adozione di misure finalizzate a migliorare la qualità delle prestazioni attraverso interventi di carattere organizzativo, strutturale e/o strumentale; c) la promozione di azioni di responsabilità nei confronti dei soggetti responsabili dei gravi illeciti professionali; d) la rinnovazione degli organi societari; e) l'adozione e l'efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi e l'affidamento a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, del compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento; f) la dimostrazione che il fatto è stato commesso eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione o che non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di controllo”.

Con riferimento ai “provvedimenti idonei a prevenire ulteriori reati”, è intervenuta la giurisprudenza a precisare che “Per definire in cosa consistano tali provvedimenti può essere utile, nel silenzio della legge, il Considerando 102 della direttiva 24/2014/UE, secondo cui tali strumenti possono consistere, in particolare, in misure riguardanti il personale e l'organizzazione, quali la rottura di tutti i rapporti con le persone o con le organizzazioni coinvolte nel comportamento scorretto, in misure adeguate per la riorganizzazione del personale, nell'attuazione di sistemi di rendicontazione e controllo, nella creazione di una struttura di audit interno per verificare la conformità e nell'adozione di norme interne di responsabilità e di risarcimento” (T.A.R. Veneto III, n. 437/2022). Tali non sono le mere operazioni, sul piano del rinnovo della compagine sociale e della nomina del nuovo amministratore unico, qualificabili come di sola “facciata”, in quanto tali inidonee a configurare un vero comportamento dissociativo rispetto ai soggetti le cui condotte comporterebbero una riprovazione, e quindi inidonee a garantire una futura affidabilità dell'impresa (T.A.R. Veneto III, n. 437/2022).

Tra le misure adottabili, inoltre, la giurisprudenza ha ritenuto di “assoluto rilievo” a livello societario “le modifiche del “Modello di organizzazione exd.lgs. n. 231/2001” di gestione e controllo finalizzato alla prevenzione dei reati contro la P.A. e con l'esclusione di qualsiasi forma di soggezione dell'organismo di vigilanza dagli amministratori della società, con conseguente abilitazione ad esercitare i poteri di iniziativa e controllo anche nei confronti dello stesso organo amministrativo che lo ha nominato; le variazioni dei componenti dell'organismo di vigilanza di cui all'art. 6 del d.lgs. n. 231 del 2001 al fine di assicurarne la piena indipendenza comprovata anche dalla dotazione di un autonomo budget di spesa; l'adozione di protocolli di tracciabilità dei contratti di consulenza ed affidamento di incarichi a terzi al fine di impedire il fenomeno delle consulenze fittizie o assegnate a soggetti riconducibili alle persone politicamente esposte con l'intento di conseguire indebiti vantaggi; la revisione delle modalità di gestione dei flussi finanziari finalizzate ad impedire la distrazione di somme per fini extrasociali o per scopi estranei all'attività aziendale. Dunque, l'organismo di vigilanza contemplato ha assunto un ruolo più pregnante nell'esercizio dei poteri di iniziativa e controllo su ogni attività aziendale e livello gestionale, sia nei confronti del personale che nei confronti dello stesso Consiglio di Amministrazione” (Cons. St. V, n. 8864/2022).

Nel caso specifico di imprese attinte da un provvedimento interdittivo antimafia, la giurisprudenza ha ribadito che “ciò che occorre verificare nel caso di adozione di misure di self cleaning non è lo scopo soggettivamente perseguito dall'ente attinto dall'informativa e dai suoi esponenti, bensì l'effettiva idoneità delle misure stesse a recidere quei collegamenti e quelle cointeressenze con le associazioni criminali che hanno fondato l'adozione della precedente informazione antimafia” (T.A.R. Lecce I, n. 218/2023).

La valutazione della stazione appaltante

Il nuovo c. 6 dell'art. 96 sancisce altresì che “Le misure adottate dagli operatori economici sono valutate considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell'illecito, nonché la tempestività della loro assunzione. Se la stazione appaltante ritiene che le misure siano intempestive o insufficienti, ne comunica le ragioni all'operatore economico”.

Permane quindi un significativo margine di apprezzamento della stazione appaltante circa la sussistenza del requisito dell'affidabilità dell'operatore economico nell'ambito dell'esercizio di un potere di natura spiccatamente discrezionale, soggetto al controllo giurisdizionale nei limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti.

Infatti, come ribadito anche di recente dalla giurisprudenza, “il giudizio su gravi illeciti professionali è espressione di ampia discrezionalità da Parte della P.A. cui il legislatore ha voluto riconoscere un ampio margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell'affidabilità dell'appaltatore; ne consegue che il sindacato che il Giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta e non può pervenire ad evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa” (Cons. St. V, n. 8864/2022).

Il contraddittorio è garantito dall'obbligo incombente in capo alla stazione appaltante di comunicare, ai sensi del comma 6, all'operatore economico se le misure proposte siano state ritenute insufficienti o intempestive.

È stata inoltre inserita una disposizione di chiusura che mira ad evitare che la conclusione della procedura possa essere ritardata a cagione dell'adozione delle misure da parte dell'operatore economico (“in nessun caso l'aggiudicazione può subire dilazioni a cagione dell'adozione delle misure”, comma 5 art. 96).

La rilevanza temporale delle cause di esclusione

Una parte significativa della disposizione in commento (commi 8-11) è dedicata al regime di limitazione temporale di rilevanza delle cause di esclusione, disciplinato in precedenza nei commi 10 e 10-bis dell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016.

Tali previsioni attuano il criterio di cui all'art. 1, comma 2, lett. n) della legge delega n. 78/2022 (che prevede la “razionalizzazione e semplificazione delle cause di esclusione, al fine di rendere le regole di partecipazione chiare e certe, individuando le fattispecie che configurano l'illecito professionale”), il considerando 101 della direttiva 2014/24/UE (laddove si prevede che “Il diritto nazionale dovrebbe prevedere una durata massima per tali esclusioni”), nonché dell'art. 57, par. 7, della medesima direttiva (secondo cui gli Stati membri “determinano il periodo massimo di esclusione nel caso in cui l'operatore economico non adotti nessuna misura di cui al par. 6 per dimostrare la sua affidabilità. Se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, tale periodo non supera i cinque anni dalla data della condanna con sentenza definitiva nei casi di cui al par. 1 e i tre anni dalla data del fatto in questione nei casi di cui al par. 4”).

La Corte di Giustizia ha chiarito che “la data del fatto in questione” che consente di stabilire il punto di partenza per il calcolo del periodo di esclusione corrisponde alla data in cui il comportamento illegale dell'operatore economico è stato oggetto di una decisione da parte di un'autorità competente, senza tenere conto della data dei fatti che hanno dato luogo a tale sentenza di condanna. Viene precisato che: “Sebbene il paragrafo 7 dell'articolo 57 della direttiva 2014/24 non precisi ulteriormente la natura del «fatto in questione» né, in particolare, il momento in cui esso si verifica, occorre rilevare che tale disposizione prevede, per i motivi di esclusione obbligatori di cui al paragrafo 1 di tale articolo e quando il periodo di esclusione non sia stato fissato con sentenza definitiva, che detto periodo di cinque anni deve essere calcolato dalla data della condanna con sentenza definitiva, senza tener conto della data dei fatti che hanno dato luogo a tale sentenza di condanna. Pertanto, per i suddetti motivi di esclusione, tale periodo è calcolato a decorrere da una data che, in determinati casi, è di molto successiva alla commissione dei fatti costitutivi della violazione”, invece nel caso in cui “il comportamento che integra il pertinente motivo di esclusione è stato sanzionato da una decisione dell'autorità competente pronunciata nell'ambito di una procedura disciplinata dal diritto dell'Unione o dal diritto nazionale e intesa a constatare un comportamento che viola una norma di diritto”, per ragioni di prevedibilità e di certezza del diritto, “occorre ritenere che il periodo di tre anni di cui all'articolo 57, paragrafo 7, della direttiva 2014/24 sia calcolato a decorrere dalla data della suddetta decisione” (Corte Giust. UE, 24 ottobre 2018, C-124/17).

In sede di primo recepimento dell'art. 57, par. 7, della direttiva 2014/24/UE, il legislatore nazionale si era limitato a prevedere un termine degli effetti escludenti derivanti da specifiche condanne penali che potevano comportare la pena accessoria dell'incapacità a contrarre con la P.A. (art. 32-quater c.p.), senza prendere in considerazione le ulteriori cause di esclusione riconducibili al “grave illecito professionale”. La versione originaria dell'art. 80, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016 indicava la durata massima di rilevanza dei motivi di esclusione con esclusivo riferimento alle condanne penali fissandola in cinque anni, salvo il caso in cui la pena principale fosse di durata inferiore (in tale caso la durata della possibile esclusione coincideva con quella della pena principale). La norma è stata successivamente modificata, dapprima, con l'art. 49 del d.lgs. n. 56/2017 (Decreto Correttivo al Codice) – aggiungendo che, per le cause di esclusione “di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condanna” la durata massima dell'esclusione è pari “a tre anni, decorrenti dalla data del suo accertamento definitivo” – in seguito, con l'art. 1, comma 20, lett. o), n. 5) della l. n. 55/2019 (di conversione del d.l. n. 32/2019, c.d. Decreto Sblocca cantieri), che è intervenuto su due fronti: i) sulla durata massima dell'esclusione in caso di sentenze penali di condanna; ii) sulla decorrenza del termine triennale di esclusione per i motivi di esclusione diversi dalle condanne penali.

L'art. 96 del nuovo Codice lascia immutate le previsioni del d.lgs. n. 50/2016 sulla durata massima delle esclusioni discendenti da sentenze penali di condanna, introducendo, invece, significative modifiche sulla decorrenza iniziale del triennio valutabile in tema di grave illecito professionale e altre cause di esclusione.

In relazione alle sentenze penali di condanna, il comma 8 dell'art. 96 contiene, immutato, il testo del comma 10 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, come modificato dal citato art. 1, comma 20, lett. o), del Decreto Sblocca cantieri (che aveva allineato la normativa sugli appalti pubblici con la c.d. Legge Spazza-corrotti, di cui alla l. n. 3/2019, recante “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”). È previsto che, nel caso in cui la sentenza penale di condanna non fissa la durata della pena accessoria dell'incapacità di contrarre con la P.A., la durata dell'interdizione dalla partecipazione alle gare è: a) perpetua, nei casi in cui alla condanna consegue di diritto la pena accessoria perpetua, ai sensi dell'art. 317-bis, comma 1, primo periodo, del c.p., salvo che la pena sia dichiarata estinta ai sensi dell'art. 179, comma 7, del c.p.; b) pari a sette anni nei casi previsti dall'art. 317-bis, comma 1, secondo periodo, del c.p., salvo che sia intervenuta riabilitazione; c) pari a cinque anni nei casi diversi da quelli di cui alle lett. a) e b), salvo che sia intervenuta riabilitazione. Come osservato nella relazione illustrativa del Consiglio di Stato, le previsioni sulla durata massima delle cause di esclusione contenute nelle direttive europee non interferiscono con la legislazione penale sulla incapacità a contrarre perpetua o ultraquinquennale.

Il comma 9 dell'art. 96 riproduce il primo periodo del comma 10-bis dell'art. 80, prevedendo che “nei casi di cui alle lett. b) e c) del comma 8, se la pena principale ha una durata inferiore, rispettivamente, a sette e cinque anni di reclusione, l'effetto escludente che ne deriva si produce per un periodo avente durata pari alla durata della pena principale”.

È stata, invece, soppressa la seconda parte del comma 10-bis dell'art. 80, che riguardava le cause di esclusione non automatica, di cui all'art. 95 del nuovo Codice, prevedendo una nuova disciplina maggiormente aderente all'art. 57, par. 7 della direttiva e ai più recenti arresti della giurisprudenza. Sotto tale profilo, il comma 10 dell'art. 96 fissa la decorrenza del termine di valutabilità delle cause di esclusione non automatica (art. 95), distinguendo le singole fattispecie a seconda della natura giuridica e degli effetti discendenti. Vengono, in tal modo, superati alcuni dubbi interpretativi legati alla precedente previsione della durata massima dell'esclusione pari a tre anni per tutte le fattispecie escludenti di cui all'art. 80, comma 5, del precedente Codice.

L'ANAC, nell'Atto di segnalazione n. 3 del 27 luglio 2022, aveva segnalato al legislatore l'opportunità di ridurre il periodo massimo di esclusione o, quanto meno, di graduarlo in ragione della gravità delle condotte ostative, anche nell'ottica di ricondurre la previsione a proporzionalità rispetto ad altre cause di esclusione connotate da maggiore gravità o disvalore sociale (si veda anche il Documento di analisi sul Decreto Sblocca cantieri. Approfondimento sulle principali novità introdotte e le possibili criticità contenute nel d.l. n. 32/2019, pubblicato il 17 maggio 2019).

La nuova disposizione, in aderenza all'art. 57, par. 7, della direttiva 2014/24/UE, stabilisce la regola generale della decorrenza del periodo triennale di possibile esclusione dalle gare “dalla commissione del fatto”, come nel caso delle gravi infrazioni alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro (art. 95, comma 1, lett. a).

Con riferimento al d.lgs. n. 50/2016 e alle conseguenze derivanti dalla previsione della decorrenza iniziale del triennio dalla “data del fatto” (prevista nella direttiva) oppure dalla “data dell'accertamento del fatto”, in dottrina era evidenziato che “la rilevanza temporale di fatti illeciti, pari a tre anni che vengono fatti decorrere dalla data del fatto, anziché dalla data del definitivo accertamento giudiziale, rischiava, avuto riguardo ai tempi per un accertamento giudiziario definitivo o anche solo di primo grado, di vanificare del tutto la rilevanza del fatto illecito. Proprio al fine di non vanificare la rilevanza ostativa del fatto illecito, il decreto correttivo ancora la decorrenza del triennio alla data della condanna o dell'accertamento definitivo del fatto” (De Nictolis, 816).

Per le cause di esclusione che hanno ontologicamente un'efficacia temporale circoscritta alla specifica gara cui ineriscono (situazione di conflitto di interessi, distorsione della concorrenza e collegamenti societari, di cui, rispettivamente alle lettere b), c) e d) del primo comma dell'art. 95), l'art. 96, comma 10, lett. b) opportunamente circoscrive la loro rilevanza temporale alla sola gara a cui si riferisce la condotta (recependo le indicazioni dell'ANAC, nel citato Atto di segnalazione n. 3/2022).

Nel caso di commissione di un grave illecito professionale, viene prevista la regola della decorrenza del triennio “dalla commissione del fatto” come residuale e come norma di chiusura, per esigenza di certezza e prevedibilità (art. 96, comma 10, lett. c), n. 3). Laddove, invece, la situazione escludente discenda dalla avvenuta adozione di un provvedimento sanzionatorio irrogato dall'AGCM o da altra autorità di settore, al fine di non rendere inoperativa la norma, è prevista la decorrenza del triennio dalla data del provvedimento sanzionatorio (art. 96, comma 10, lett. b). Ciò comporta che, in pendenza del procedimento sanzionatorio e prima della sua conclusione, è precluso alla stazione appaltante valutare, in ottica escludente, la condotta contestata all'operatore economico.

La giurisprudenza, in caso di illeciti anticoncorrenziali, aveva ancorato la decorrenza del termine triennale di esclusione alla data della definitività del provvedimento sanzionatorio. Il Consiglio di Stato, in vigenza dell'art. 80, comma 10-bis, del d.lgs. n. 50/2016, aveva sottolineato che “Non appare risolutivo il fatto che gli illeciti, in base alla prospettazione di parte appellante, fossero risalenti ad oltre tre anni prima, non dovendosi tenere conto della loro impugnazione giudiziale, posto che il giudizio circa la relativa rilevanza deve essere semmai demandato all'amministrazione in coerenza con quanto innanzi esposto ed in conformità alla giurisprudenza alla quale si intende aderire (cfr. Cons. St. n. 6530/2018, Cons. St. n. 3592/2018). In ogni caso, in ordine al significato del concetto di “definitività” della sanzione irrogata dall'AGCM la giurisprudenza di questo Consiglio (Commissione Speciale n. 2616/2018) ha ritenuto che tale connotato vada inteso “o quale inoppugnabilità del provvedimento dell'AGCM perché non contestato, ovvero, laddove invece contestato in giudizio, dalla sua conferma in giudizio” (Cons. St. VI, n. 7685/2020; cfr. Corte Giust. UE, 4 giugno 2019, C-425; sul punto si vedano anche le Linee Guida ANAC n. 6, aggiornate con Delibera del Consiglio n. 1008/2017, al par. 2.2.3.1, richiamano, invece, il concetto di “esecutività” del provvedimento sanzionatorio dell'A.G.C.M. per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e del provvedimento sanzionatorio comminato dall'ANAC ai sensi dell'art. 213, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016). Il nuovo Codice identifica, invece, il dies a quo solo con la “data del provvedimento sanzionatorio” senza fare riferimento né alla necessità della sua esecutività né della sua definitività, precisando (al comma 11 dell'art. 96) che la sua eventuale impugnazione non rileva ai fini della decorrenza del triennio (Corte Giust. UE, 24 ottobre 2018, C-124/17).

In caso di commissione di un grave illecito professionale discendente da reato grave (rientrante tra quelli che comportano l'esclusione automatica, elencati nell'art. 94, comma 1, oppure tra quelli valutabili “in modo discrezionale” di cui all'art. 98, comma 3, lett. h), la nuova previsione stabilisce che il triennio decorre dalla data di emissione del provvedimento con cui il P.M. esercita l'azione penale (art. 407-bis, comma 1, c.p.) ovvero, ove a questo cronologicamente antecedente, dalla data di emissione di una misura cautelare personale (artt. 281-286 c.p.p., artt. 288-290 c.p.p.) o reale (art. 321 c.p.p.).

Nella vigenza dell'art. 80, comma 10-bis, del d.lgs. n. 50/2016, l'Autorità ha precisato che il limite temporale triennale di rilevanza dei motivi di esclusione trova applicazione con riferimento a tutti i fatti idonei ad integrare un grave illecito professionale, siano essi di natura civile, amministrativa o penale. La rilevanza escludente delle sentenze penali di condanna per fattispecie di reato diverse da quelle di cui all'art. 80, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 resta, pertanto, confinata nel limite del triennio dal giudicato (Delibera n. 490 del 10 giugno 2020; Delibera n. 732/2022, con riferimento alla non valutabilità di sentenze di condanna antecedenti al triennio). Con riferimento ai procedimenti penali in corso, l'Autorità ha ritenuto che la pendenza di indagini penali o il rinvio a giudizio del legale rappresentante della società aggiudicataria possono configurare un grave illecito professionale nel caso in cui riguardino fattispecie di reato che per gravità, fondatezza e pertinenza sono in grado di incidere sulla valutazione di moralità o affidabilità dell'operatore economico (ANAC, Delibera n. 146/2022; si veda anche Delibera n. 102/2022).

In giurisprudenza, sulla decorrenza del termine triennale di rilevanza delle fattispecie ascrivibili al grave illecito professionale, in vigenza del comma 10-bis dell'art. 80, si sono formati diversi orientamenti. Con riferimento alle condanne penali, il dies a quo del termine triennale di rilevanza della causa di esclusione è stato identificato con la data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna (Cons. St. III, n. 4201; Cons. St. IV, n. 4937/2020; Cons. St. V, n. 6635/2020), con la pubblicazione della sentenza (T.A.R. Campania, (Napoli) II, n. 731/2021), dalla data di commissione del fatto che ha originato la condanna non definitiva (T.A.R. Campania (Napoli), I, n. 2149/2022), dalla data di adozione di provvedimenti del P.M. o del Giudice penale, quali il rinvio a giudizio (Cons. St. III, n. 958/2021), dalla data di accertamento del fatto anche non definitivo (Cons. St. IV, n. 8611/2022, secondo cui “prima dell'accertamento definitivo, la condotta oggetto di procedimento penale, ai fini della valutazione ex art. 80, comma 5, lett. c del codice degli appalti, può rilevare nella sua dimensione fattuale ed extra-penale entro il previsto limite temporale triennale e può continuare a rilevare, anche oltre tale limite, se e in quanto abbia formato oggetto di “contestazione in giudizio”, ossia allorquando la correlativa azione penale abbia varcato la soglia processuale di instaurazione del “giudizio” dibattimentale o di una sua forma alternativa per l'emissione di una pronuncia di condanna o di una pronuncia ad essa equiparabile”), dalla data di accertamento definitivo del fatto (T.A.R. Lazio (Roma), II-ter, n. 4917/2020; Cons. St. n. 1605/2020; Cons. St. n. 5171/2019; Cons. St. n. 2895/2019). Con riferimento alle condanne penali di durata infratriennale che non rientrano tra i motivi di esclusione obbligatoria (art. 80, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016), ma tra le ipotesi di grave illecito professionale, è stato osservato che occorre una interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata dell'art. 80, comma 10-bis, improntata al canone della ragionevolezza e proporzionalità, per cui l'esclusione deve essere pari alla durata della pena dal passaggio in giudicato della sentenza (T.A.R. Piemonte, I, n. 1108/2021; Id., n. 706/2022).

Come evidenziato nella relazione illustrativa del Consiglio di Stato (pag. 142, lett. c), l'art. 96, comma 10, lett.c ) n. 1) del nuovo Codice consente, nel triennio di rilevanza, di disporre l'esclusione dalle gare anche in caso di reati gravi che, se interviene la condanna definitiva, comportano l'esclusione automatica. L'opzione legislativa è giustificata dalla considerazione che le tempistiche processuali del nostro ordinamento non conducono ad una condanna definitiva entro tre anni dalla commissione dal fatto, per cui l'eventuale identificazione del dies a quo con la data di commissione del fatto avrebbe condotto di fatto ad una irrilevanza di condotte gravi. Nel nuovo sistema, invece, le fattispecie di reato che comportano l'esclusione automatica (art. 94, comma 1) sono valutabili medio tempore come causa di esclusione non automatica, a decorrere dall'emissione di un provvedimento del Pubblico Ministero (esercizio dell'azione penale, come la formulazione del capo di imputazione o il rinvio a giudizio) o del Giudice che costituisce un'accusa, sulla base del materiale probatorio raccolto.

Al fine di evitare che il periodo di interdizione triennale sia computato ex novo nel caso di sentenza penale di condanna definitiva ovvero di provvedimento sanzionatorio dell'A.G.C.M. o dell'ANAC definitivo, il comma 11 dell'art. 96 opportunamente prevede che l'eventuale impugnazione di uno dei provvedimenti valutabili ai fini dell'esclusione “non rileva ai fini della decorrenza del triennio”. Viene in tal modo dettato il principio dell'unicità e immodificabilità del termine triennale, identificando la sua decorrenza una sola volta, con riferimento al primo atto (sotto il profilo cronologico) tra quelli indicati nel comma 10 dell'art. 96 rilevante ai fini della sua valutazione discrezionale della stazione appaltante o dell'ente concedente. Ciò comporta che, ad esempio, in caso di procedimento penale, il triennio inizia a decorrere dal primo provvedimento del P.M. o dal provvedimento cautelare del Giudice penale relativo ai fatti penalmente rilevanti su cui si basa l'esclusione, mentre, in caso di sanzione antitrust o di altra Autorità di regolazione, è la data del provvedimento sanzionatorio che segna la decorrenza del triennio e tale decorrenza non muta nel caso in cui sopravvengono ulteriori atti relativi allo stesso “fatto” (come una sentenza di condanna non definitiva, il suo passaggio in giudicato, oppure la definitività del provvedimento sanzionatorio); circostanze, queste ultime che – come sottolineato nella relazione illustrativa del Consiglio di Stato – incidono sul “compendio dimostrativo” che la stazione appaltante ha a disposizione nel valutare la fattispecie, ma non incidono “sulla decorrenza iniziale dell'arco temporale triennale”. Alla base di tale scelta legislativa sono state considerate esigenze di rispetto della legalità (oltre che di certezza del diritto) ritenute prevalenti sulla tesi di identificazione del dies a quo con la data di commissione del fatto, nel caso di esclusione non automatiche da fatto di reato.

Il principio di unicità ed immodificabilità del termine triennale sembra recepire la proposta dell'Autorità che aveva invitato il legislatore a chiarire l'operatività del meccanismo di rilevanza delle fattispecie escludenti, per evitare che lo stesso fatto sia valutato per periodi eccedenti il triennio. Con riferimento al comma 10-bis dell'art. 80, l'ANAC aveva rilevato che “la previsione della rilevanza delle fattispecie ostative anche nelle more dell'accertamento definitivo del fatto potrebbe comportare un prolungamento del periodo interdittivo, dal momento che il medesimo fatto può rilevare quale causa ostativa, dapprima, durante il tempo occorrente per la definizione del giudizio e, successivamente, al momento del passaggio in giudicato della sentenza. Al fine di evitare che lo stesso comportamento sia valutato per un periodo eccedente i tre anni, occorre prevedere che il periodo interdittivo si compia al raggiungimento del triennio dal provvedimento di esclusione, anche se ciò interviene prima del passaggio in giudicato della sentenza. Pertanto, il legislatore dovrebbe chiarire che il successivo passaggio in giudicato della sentenza potrà rilevare come causa ostativa soltanto se il periodo di interdizione triennale non si è ancora compiuto e, in questo caso, rileverà solo per il periodo residuo” (Atto di segnalazione ANAC n. 3 del 27 luglio 2022).

Il nuovo sistema di decorrenza del triennio di valutabilità delle cause di esclusione non automatica viene completato dalla previsione che onera gli operatori economici a comunicare alla stazione appaltante i provvedimenti non menzionati nel proprio fascicolo virtuale (art. 24), necessari per consentire alla stazione appaltante o all'ente concedente di effettuare le proprie valutazioni sulla sussistenza di cause di esclusione. Si tratta di un onere posto a carico degli operatori economici espressivo del principio di fiducia (di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 36/2023, che favorisce e valorizza l'iniziativa e l'autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l'acquisizione e l'esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato), nonché del principio di buona fede e tutela dell'affidamento (di cui all'art. 5), da cui deriva l'obbligo di correttezza reciproca tra operatore economico e stazione appaltante.

Le disposizioni che prevedono tale onere comunicativo sono i commi 12 e 14 dell'art. 96, che, dopo avere dettato l'onere informativo e di trasmissione dei provvedimenti non menzionati nel F.V.O.E., si riferiscono a fattispecie parzialmente diverse, prevedendo diverse conseguenze in caso di inosservanza di tale obbligo informativo. Con riferimento ai provvedimenti menzionati nell'art. 96, comma 10, lett. c) nn. 1) e 2) – provvedimenti del P.M. o provvedimenti cautelari o reali del Giudice penale, nonché provvedimenti sanzionatori dell'A.G.C.M. o di altra Autorità del settore – è previsto che l'inosservanza dell'onere di comunicazione comporta la decorrenza del triennio di rilevanza della causa escludente derivante dal provvedimento dalla data della sua conoscenza da parte della stazione appaltante (art. 96, comma 12). Invece, nel caso di atti o provvedimenti rientranti nell'art. 94 (cause di esclusione automatica) o 95 (cause di esclusione non automatica) l'omissione o la non veridicità della comunicazione può rilevare nell'ambito della valutazione di gravità dell'illecito professionale, di cui all'art. 98, comma 4).

In entrambe le tipologie di esclusione (artt. 94 e 95) l'omissione o la non veridicità delle comunicazioni in questione non possono comportare l'esclusione dalla gara dell'operatore né possono rilevare come omissione di informazione dovuta, anche perché il nuovo Codice non ripropone la causa di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. f-bis) del d.lgs. n. 50/2016 (cfr. commento sub art. 98, in particolare il comma 5).

Questioni applicative

1. Le cause escludenti di cui all'articolo 96, comma 15, operano anche per il passato?

Negativa la riposta di TA.R.  Napoli,  IV, n. 132/2024, l'articolo 80 coma 12 del d,Lgs 50/2'16 (attuale art.96, comma 15, del nuovo codice dei contratti pubblici), è  norma di stretta interpretazione poiché connotata dall'evidente natura afflittiva e compressiva dei diritti del destinatario, quali quello di partecipazione a pubbliche gare, espressivo della libertà di iniziativa economica privata sancito dall'art. 41, comma 1, della Costituzione, e appare funzionale solo a un'applicazione pro futuro. Si deve, quindi, escludere., quindi, che  tale inibizione  stabilita per le gare e per i subappalti futuri, possegga idoneità a riverberarsi anche sui contratti di appalto o di subappalto già sottoscritti dalla stazione appaltante, per di più quasi cinque anni addietro, come  nel caso di specie – equivale a: 1) confliggere con il divieto generale di applicazione estensiva o analogica di norme di stretta interpretazione; 2) conferire alla norma stessa, efficacia retroattiva e attitudine a produrre effetti, inammissibilmente, anche su di una vicenda procedimentale ormai conclusa da oltre cinque anni, quale la procedura di gara sfociata nell'aggiudicazione presupposta alla stipulazione del contratto d'appalto risolto con l'impugnato provvedimento. ( In punto di fatto la Prefettura aveva risolto un precedente contratto atteso che il divieto di partecipazione dalle procedure di gara, sia pur per soli 90 giorni, pronunciato ai danni della Cooperativa dall'ANAC , quantunque emesso in occasione della nuova procedura di gara indetta dalla Prefettura, importerebbe la risoluzione del precedente contratto in virtù del principio di necessaria permanenza dei requisiti di partecipazione alle pubbliche gare per tutta la durata dell'esecuzione del contratto.)

Secondo TA.R.  Napoli,  IV, n. 132/2024  l'art.96, comma 15, del nuovo codice dei contratti pubblici), è  norma di stretta interpretazione poiché connotata dall'evidente natura afflittiva e compressiva dei diritti del destinatario, quali quello di partecipazione a pubbliche gare, espressivo della libertà di iniziativa economica privata sancito dall'art. 41, comma 1, della Costituzione, e appare funzionale solo a un'applicazione pro futuro. Si deve, quindi, escludere, quindi, che  tale inibizione  stabilita per le gare e per i subappalti futuri, possegga idoneità a riverberarsi anche sui contratti di appalto o di subappalto già sottoscritti dalla stazione appaltante, per di più quasi cinque anni addietro, come  nel caso di specie – equivale a: 1) confliggere con il divieto generale di applicazione estensiva o analogica di norme di stretta interpretazione; 2) conferire alla norma stessa, efficacia retroattiva e attitudine a produrre effetti, inammissibilmente, anche su di una vicenda procedimentale ormai conclusa da oltre cinque anni, quale la procedura di gara sfociata nell'aggiudicazione presupposta alla stipulazione del contratto d'appalto risolto con l'impugnato provvedimento. ( In punto di fatto la Prefettura aveva risolto un precedente contratto atteso che il divieto di partecipazione dalle procedure di gara, sia pur per soli 90 giorni, pronunciato ai danni della Cooperativa dall'ANAC , quantunque emesso in occasione della nuova procedura di gara indetta dalla Prefettura, importerebbe la risoluzione del precedente contratto in virtù del principio di necessaria permanenza dei requisiti di partecipazione alle pubbliche gare per tutta la durata dell'esecuzione del contratto.)

Bibliografia

Befani, Il c.d. “self-cleaning” tra par condicio ed esclusioni automatiche, in Pappano, Grassi, Befani (a cura di), Le cause di esclusione dalla gara, Appunti di contrattualistica pubblica, 2019, Torino, 64 ss.; Biamonte, La misura dell'effettività nelle procedure di self cleaning, in Diritto.it, 2019; Clarich, Commentario al Codice dei contratti pubblici, Torino, 2019;; De Nictolis, Appalti pubblici e concessioni dopo la legge “sblocca cantieri”, Bologna, 2020; De Nictolis, Le novità sui contratti pubblici recate dal d.l. n. 32/2019 “Sblocca-cantieri”, in Urb. e app., 4, 443; Greco, Pignatiello, Pietrosanti, Nunziata, Di Iorio, Milano, Operatori economici: nozione, requisiti e qualificazione, in Sandulli, De Nictolis (a cura di),Trattato sui contratti pubblici, Vol. 2, Milano 2019; Lombardo, Savini, Fezza, Le misure di “self- cleaning ” tra Codice dei contratti pubblici, le Linee Guida ANAC e modelli organizzativi ex d.lgs. n. 231 del 2001, in Riv. Trim. App., 2019, 1, 247-256; Santoro, I motivi di esclusione, in Corradino (a cura di), Gli appalti pubblici dopo la legge sblocca cantieri. Una guida per operatori economici e stazioni appaltanti, Milano 2019, 94 ss.

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