Richiesta di autorizzazione all'accesso alle informazioni sulla madre biologica in caso di parto anonimoInquadramentoL'adottato, laddove desideri accedere alle informazioni sulla propria origine e sull'identità dei genitori biologici, può richiedere al Tribunale per i Minorenni di interpellare la madre biologica, che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, affinché valuti la possibilità di revocare tale dichiarazione. FormulaTRIBUNALE PER I MINORENNI DI .... [1] ISTANZA PER OTTENERE L'INTERPELLO DEL GENITORE BIOLOGICO IN CASO DI PARTO ANONIMO EX ART. 28, COMMA 7, L. N. 184/1983 Il Sig. ...., nato a ...., il ...., residente in ...., via ...., C.F. ...., rappresentato e difeso dall'Avv. ...., del Foro di ...., C.F. ...., (il quale dichiara di voler ricevere eventuali comunicazioni relative al procedimento in oggetto al numero di fax .... ed all'indirizzo PEC ....) [2] presso il cui studio in ...., via ...., è elettivamente domiciliato, come da procura allegata al presente atto; PREMESSO CHE – il Tribunale per i Minorenni di ...., con sentenza n. .... / ...., emessa in data ...., all'esito del procedimento R.G. n. .... / ...., notificata in data ...., ha disposto l'adozione dell'istante nei confronti del Sig. ...., nato a ...., il ...., e della Sig.ra ...., nata a ...., il ...., entrambi residente in ...., via ...., motivando sulla base di: a) ....; b) ....; c) ....; – l'istante è divenuto maggiorenne in data ....; – l'istante intende richiedere l'accesso alle informazioni sulla propria origine e sull'identità dei genitori biologici in quanto: a) ....; b) ....; c) ....; – dalle notizie apprese, la madre biologica dell'istante ha deciso di non essere nominata all'atto della nascita ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 30, comma 1, d.P.R. n. 396/2000; – l'istante, nonostante il parto in anonimato, intende verificare la possibilità di una revoca di tale dichiarazione e, conseguentemente, accedere alle informazioni sulla propria origine; – il diritto all'accesso alle proprie origini, pur nel rispetto del diritto della madre, è stato riconosciuto e ribadito in caso di parto anonimo sia dalla giurisprudenza nazionale (in particolare da Corte cost. n. 278/2013 e da Cass. S.U., n. 1946/2017) sia da quella sovranazionale (Corte EDU, caso Godelli c. Italia, 25 settembre 2012); – non può essere di ostacola la mancanza di una specifica disciplina normativa volta a regolare il caso di specie, in quanto il Tribunale per i Minorenni adito può sopperirvi utilizzando la forma che ritenga più idonea a garantire il diritto di anonimato della madre. Tutto ciò premesso, il Sig. ...., ut supra rappresentato, difeso e domiciliato CHIEDE che l'Ill.mo Tribunale per i Minorenni di .... voglia, con ogni necessaria cautela tesa a garantire la riservatezza e la dignità della madre biologica dell'istante, ricercare ed interpellare la madre biologica dell'istante al fine di verificare se Ella intenda revocare la dichiarazione di anonimato rilasciata ai sensi dell'art. 30, comma 1, d.P.R. n. 396/2000. Ai sensi dell'art. 82, comma 1, l. n. 184/1983 il presente procedimento e la relativa procedura sono esenti da imposte di bollo e di registro e da ogni spesa, tassa e diritto dovuti ai Pubblici Ufficiali. Si producono in copia, oltre all'originale della procura alle liti, i seguenti documenti: 1. sentenza n. .... / ...., emessa in data ...., dal Tribunale per i Minorenni di ...., dichiarativa dell'adozione; 2. documenti da cui risultano comprovati i motivi concernenti la necessità di accesso alle informazioni. Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA Io sottoscritto ...., nato a ...., il .... e residente a ...., via ...., n. ...., C.F. .... delego l'Avv. .... con studio a ...., via ...., n. ...., presso il quale eleggo domicilio, per essere rappresentato e difeso nel presente giudizio, in ogni fase e grado del processo, compreso quello di esecuzione, conferendogli ogni più ampio potere incluso quello di transigere e conciliare, riscuotere e quietanzare, rinunciare agli atti e farsi sostituire. Dichiaro di aver preso visione dell'informativa resa ai sensi dell'art. 13, d.lgs. n. 196/2003 ed autorizzo il trattamento dei relativi dati per le finalità di cui al presente mandato. Dichiaro di essere stato informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, d.lgs. n. 28/2010, della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20, d.lgs. n. 28/2010, come da specifico atto separato. Dichiaro, altresì, di essere stato informato della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita ai sensi dell'art. 2, d.l. n. 132/2014, convertito in l. n. 162/2014. Dichiaro altresì di essere stata informato delle caratteristiche e del grado di complessità dell'incarico, delle attività da espletare, delle iniziative ed ipotesi di soluzione, della prevedibile durata del processo, nonché di avere ricevuto tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento sino alla conclusione dell'incarico; altresì, dichiaro di aver ricevuto ed accettato un preventivo scritto relativo alla prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale. Sono stati resi noti gli estremi della polizza assicurativa. Dichiaro infine di aver ricevuto tutte le informazioni previste ai sensi dell'art. 13 Reg. UE n. 2016/679 (G.D.P.R.) e dell'art. 13, d.lgs. n. 196/2003 e s.m.i. e presto il consenso al trattamento dei dati personali per l'espletamento del mandato conferito. Prendo atto che il trattamento dei dati personali avverrà mediante strumenti manuali, informatici e telematici con logiche strettamente correlate alle finalità dell'incarico conferito. Luogo e data .... Firma .... Per autentica della sottoscrizione .... Firma Avv. .... [1]La competenza va individuata con riferimento alla residenza dell'adottato richiedente. [2]Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002: “Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax .... ovvero qualora la parte ometta di indicare il C.F. .... il contributo unificato è aumentato della metà”. CommentoL'art. 28, l. n. 4/1983 disciplina le modalità di circolazione delle informazioni riguardanti l'adottato. In particolare, si prevede che il minore adottato debba essere informato della sua condizione e a tale informazione provvedono i genitori adottivi con le modalità e le tempistiche che ritengono più opportune. Viene, in tal modo, riconosciuto il diritto del minore adottato a conoscere le proprie origini in modo da garantire sia il pieno sviluppo della personalità del minore, sia il rispetto della famiglia adottante e sia di quella di origine. L'obbligo da parte dei genitori adottivi dell'informazione al minore della condizione di adottato viene qualificato, da una parte della dottrina, come un obbligo morale (Dogliotti, Adozione di maggiorenni e minori, in Aa.Vv., Il Codice civile. Commentario, diretto da Schlesinger, Milano, 2002, 640 e Figone, Sulla conoscenza delle proprie origini da parte dell'adottato, in Fam. e dir., 2003, 73), mentre, da una diversa opzione esegetica, come un obbligo giuridico, la cui omissione potrebbe essere sanzionata con un provvedimento incidente sulla responsabilità genitoriale (Fadiga, Filiazione, in Aa.Vv., Trattato di diritto di famiglia, a cura di Zatti, Milano, 2012, 940; Balestra, Il diritto alla conoscenza delle proprie origini tra tutela dell'identità dell'adottato e protezione del riserbo dei genitori biologici, in Familia, 2006, 164 e Petrone, Il diritto dell'adottato alla conoscenza delle proprie origini, Milano, 2004). Si condivide l'opinione secondo cui l'oggetto della comunicazione al minore sia solo la “verità narrabile”, dovranno essere cioè escluse quelle circostanze la cui conoscenza potrebbe nuocere al minore (Fadiga, Filiazione, cit., 940). Al fine di evitare interferenze tra il nucleo familiare biologico e la famiglia adottiva e di tutelare i dati inerenti alle persone coinvolte nel rapporto adottivo, si prevede, all'art. 28, comma 2, l. n. 184/1983, che ogni attestazione di stato civile riferita all'adottato debba essere rilasciata senza alcuna indicazione dei genitori biologici e della sentenza di adozione. Ne consegue che l'Ufficiale di stato civile e di anagrafe, così come ogni altro ente pubblico o privato, devono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni o estratti da cui possa risultare il rapporto di adozione (art. 28, comma 3, l. n. 184/1983). Tali divieti possono essere superati dall'autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria, che non risulta necessaria nei casi in cui l'Ufficiale di stato civile debba verificare la sussistenza di impedimenti matrimoniali. Pertanto, l'accesso alle informazioni sul nucleo familiare di origine del minore adottato risulta possibile solo a seguito dell'intervento del Tribunale per i Minorenni. L'accesso alle informazioni può essere concesso sia ai genitori adottivi sia all'adottato. Il “parto anonimo” L'art. 28, comma 7, l. n. 184/1983 nella sua formulazione originaria precludeva l'accesso alle informazioni sull'origine e sull'identità dei genitori biologici dell'adottato laddove la madre avesse dichiarato, al momento del parto, di non voler essere nominata ai sensi di quanto dispone l'art. 30, comma 1, d.P.R. n. 396/2000. Sul punto occorre richiamare anche l'art. 93, comma 2, d.lgs. n. 196/2003 in forza del quale l'accesso al certificato di assistenza al parto o alla cartella clinica suscettibili di consentire l'identificazione della madre è possibile decorsi cento anni dalla formazione del documento (Grazzini, L'evoluzione giurisprudenziale ed i recenti approdi in materia di accesso alle origini in caso di “parto anonimo”, in Fam. e dir., 2022, 72). Tuttavia, la norma è stata dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il Giudice di interpellare la madre – che abbia dichiarato di non voler essere nominata – su richiesta del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione (Corte cost. n. 278/2013). A seguito della declaratoria d'incostituzionalità la preclusione contenuta nell'art. 28, comma 7, l. n. 184/1983 è venuta meno, ma si sono sviluppati due orientamenti interpretativi nella giurisprudenza di merito circa le modalità attraverso le quali è possibile esercitare la facoltà di accesso alle proprie origini in caso di parto anonimo. Secondo una prima linea esegetica (App. Bologna 7 aprile 2016; App. Milano 10 marzo 2015, n. 469; Trib. min. Catania 18 luglio 2014 e Trib. min. Bologna 17 dicembre 2014), per dare corso alla richiesta del figlio a che il Tribunale per i Minorenni interpelli in via riservata la madre biologica, è necessario l'intervento del legislatore, il quale dovrà stabilire la procedura di interpello da seguire in tali casi. Infatti, l'interpello non potrebbe avvenire con modalità direttamente individuate dal Giudice, il cui intervento suppletivo si paleserebbe invasivo del potere legislativo. Secondo un diverso orientamento giurisprudenziale (App. Venezia 21 marzo 2014; App. Catania 5 dicembre 2014; App. Salerno 25 luglio 2016; Trib. min. Firenze 7 maggio 2014; Trib. min. Venezia 24 dicembre 2015 e Trib. min. Trieste 5 marzo 2015), invece, anche alla luce della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo (Corte EDU, Godelli c. Italia, 25 settembre 2012 e Corte EDU, Odièvre c. Francia, 13 febbraio 2003), anche senza l'intervento legislativo, deve essere ammessa e garantita la possibilità di interpellare la madre anonima su istanza del figlio. Tale orientamento sottolinea come la dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 28, comma 7, l. n. 184/1983 comporta l'inapplicabilità del divieto assoluto di accesso alle informazioni in caso di parto anonimo, con la conseguenza che il Tribunale per i Minorenni adito non potrebbe sottrarsi a dare concreta attuazione al diritto fondamentale del figlio a conoscere la propria identità, pur nel rispetto del diritto all'anonimato della madre. Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. S.U., n. 1946/2017), le quali hanno aderito al secondo degli orientamenti prospettati. La dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 28, comma 7, l. n. 184/1983 ne impedisce l'applicazione nella sua originaria formulazione. Pertanto, il Tribunale per i Minorenni non può negare al figlio l'accesso alle informazioni sulle sue origini per il solo fatto che la madre biologica aveva dichiarato, al momento del parto, di voler rimanere anonima. Di conseguenza, deve essere riconosciuta la possibilità al Tribunale per i Minorenni di poter interpellare, su istanza dell'adottato, in via riservata la madre biologica per raccogliere la sua volontà attuale. Tuttavia, proprio in considerazione del fondamento anche costituzionale del diritto all'anonimato della madre, la preferenza va accordata alla scelta della madre: il figlio non ha un diritto incondizionato a conoscere la propria origine e ad accedere alla propria storia parentale, non potendo ottenere le informazioni richieste ove persista il diniego della madre di svelare la propria identità (Cass. I, n. 14162/2017). La giurisprudenza ha anche affermato che a seguito della morte della donna che ha partorito mantenendo segreta la propria identità, l'interesse della donna alla segretezza diventa recessivo di fronte al diritto del figlio di conoscere le proprie origini biologiche. Pertanto, nel momento in cui deceda la persona titolare del diritto all'anonimato, tale diritto si estingue in uno con la persona stessa e non è più necessaria – né doverosa – alcuna operazione di bilanciamento tra il diritto alla riservatezza della madre e il diritto alla conoscenza delle proprie origini da parte del figlio (Cass. I, n. 22838/2016; Cass. I, n. 15024/2016; Cass. I, n. 3002/2018; Cass. I, n. 19824/2020; Cass. I, n. 22497/2021 e Cass. I, n. 26616/2022). La giurisprudenza di merito assume, invece, un orientamento contrario escludendo che la morte della madre consenta di superare l'anonimato (App. Milano 3 giugno 2021; Trib. min. Venezia 20 settembre 2016; Trib. min. Milano 7 settembre 2020; Trib. min. Genova 24 maggio 2021 e Trib. min. Genova 23 maggio 2019 ove si opera un distinguo a seconda che la madre deceduta abbia altri prossimi congiunti). Nel caso in cui la madre versi in stato di incapacità non potrà farsi luogo all'interpello nella misura in cui la donna non risulta in grado di revocare validamente la propria scelta di anonimato (Cass. I, ord. n. 22497/2021; Cass. I, n. 7093/2022 e App. Ancora 12 marzo 2021. ContraTrib. min. Roma 13 giugno 2022. In dottrina, Bugetti, L'incapacità non affievolisce il diritto all'oblio della donna che abbia partorito nell'anonimato, in Giur. it., 2023, 54 ss. e Spangaro, Anonimato della madre incapace e diritto del figlio a conoscere le proprie origini, in Giur. it., 2023, 61 ss.). Da ultimo, si deve ricordare che la giurisprudenza ha chiarito che sussiste il diritto dell'adottato a conoscere i dati anagrafici di fratelli e sorelle, previo interpello idoneo ad assicurare la massima riservatezza allo scopo di acquisirne il consenso (Cass. I, n. 6963/2018; Trib. min. Genova 28 marzo 2022 e Trib. min. Potenza 26 aprile 2022). L'interpello Affermata, dunque, l'ammissibilità dell'istanza dell'adottato ad interpellare la madre biologica che ha dichiarato di non voler essere nominata al momento del parto, occorre individuare le modalità operative e il procedimento da seguire, nell'attesa dell'intervento legislativo. Il procedimento utilizzabile, secondo quanto precisano le stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. S.U., n. 1946/2017), sarebbe quello previsto dall'art. 28, commi 5 e 6, l. n. 184/1983. L'adottato potrà ricorrere al Tribunale per i Minorenni del luogo di residenza per richiedere di autorizzare la ricerca ed il successivo interpello della madre biologica. L'autorizzazione, che verrà concessa con decreto, dovrà tenere conto del turbamento all'equilibrio psico-fisico che l'accesso alle informazioni potrebbe comportare sia con riferimento al richiedente, sia con riferimento alla madre biologica. L'interpello deve avvenire secondo modalità riservate. Sulle possibili modalità con cui questo deve avvenire si sono sviluppate due distinte prassi applicative. La prima prevede che il Tribunale per i Minorenni, ricevuta l'istanza del figlio, formi il relativo fascicolo, che rimarrà secretato almeno sino alla conclusione del procedimento, e successivamente incarichi la polizia giudiziaria di acquisire, presso l'ospedale di nascita, notizie utili all'individuazione della madre del ricorrente. Se la madre risulta ancora in vita, il Giudice minorile dovrà incaricare il Servizio Sociale del luogo di residenza della madre (ovvero le Autorità Consolari in caso di residenza all'estero) di recapitare, esclusivamente a mani proprie dell'interessata, una lettera di convocazione per comunicazioni orali, indicando diverse date possibili nelle quali le comunicazioni potranno essere effettuate, presso la sede del Servizio o al domicilio della madre. Nel caso in cui la madre biologica, chieda il motivo della convocazione, l'operatore del Servizio Sociale dovrà rispondere “non ne sono a conoscenza”, osservando in ogni caso il più stretto segreto d'ufficio; il Servizio notificante informa il Giudice delle condizioni psico-fisiche della persona, in modo da consentire le cautele imposte dalla fattispecie. Il colloquio avviene nel giorno e nel luogo scelto dall'interessata, tra quest'ultima – da sola, senza eventuali accompagnatori – e il Giudice Onorario minorile delegato dal Giudice togato. A questo punto, l'interessata viene messa al corrente dal Giudice che il figlio che mise alla luce ha espresso il desiderio di accedere ai propri dati di origine e viene informata che ella può decidere se disvelare o meno la sua identità e che può anche richiedere un termine di riflessione. Se la donna non presta il suo consenso al disvelamento, il Giudice ne dà semplice riferimento scritto al Tribunale, senza formare alcun verbale e senza comunicare il nome del richiedente; se invece la persona dà il suo consenso, il Giudice redige verbale, facendolo sottoscrivere alla persona interessata, solo allora rivelando a quest'ultima il nome del ricorrente. Una seconda modalità operativa prevede la convocazione, da parte del Tribunale per i Minorenni, del rappresentante dell'Ufficio provinciale della pubblica tutela, che consegna la busta chiusa contenente il nominativo della madre: il rappresentante dell'Ufficio della pubblica tutela viene fatto uscire dalla stanza; il Giudice apre la busta e annota i dati della madre, inserendoli in altra busta, che chiude e sigilla, redigendo un verbale dell'operazione; la prima busta viene nuovamente sigillata e, siglata dal Giudice con annotazione dell'operazione compiuta, viene riconsegnata al rappresentante dell'Ufficio, a questo punto fatto rientrare e congedato. Tramite l'Ufficio dell'anagrafe, il Giudice verifica la permanenza in vita della madre e individua il luogo di residenza. Il fascicolo rimane nell'esclusiva disponibilità del Giudice ed è indisponibile per il ricorrente, che potrà soltanto estrarre copia del suo ricorso. Ove la madre sia individuata, il Giudice, avuta nozione delle caratteristiche del suo luogo di residenza, considerando le caratteristiche personali, sociali, cognitive della donna, prende contatto telefonico con il soggetto ritenuto più idoneo nel caso concreto (responsabile del Servizio Sociale o comandante della stazione dei Carabinieri), senza comunicare il motivo del contatto e chiedendo solo di verificare la possibilità di un colloquio con la madre in termini di assoluto riserbo. Solo ove sia concretamente possibile l'interpello in termini di assoluta riservatezza, viene delegato il responsabile del Servizio Sociale (ovvero un Giudice perché si rechi in loco) a contattare la madre e a manifestare a quest'ultima la pendenza del ricorso da parte del figlio. Il responsabile del Servizio o il Giudice raccolgono a verbale la determinazione della madre di conferma ovvero di revoca dell'anonimato; solo ove la madre revochi la originaria opzione per l'anonimato, il ricorso, sussistendo le altre condizioni di cui all'art. 28, l. n. 184/1983, viene accolto e il ricorrente accede al nominativo materno. La sanzione penale Da ultimo, va richiamato l'art. 73, l. n. 184/1983 il quale punisce con la reclusione fino a sei mesi e con la multa da 103 euro a 1.032 euro coloro che, essendone a conoscenza in ragione del loro ufficio, forniscano informazioni idonee a rintracciare un minore nei cui confronti sia stata pronunciata adozione o rivelino in qualsiasi modo notizie circa lo stato di figlio adottivo (comma 1) ovvero forniscano informazioni, successivamente all'affidamento preadottivo, senza l'autorizzazione del Tribunale per i Minorenni (comma 3). La norma incriminatrice tutela il sano e corretto sviluppo psicofisico del minore che rischierebbe di venire seriamente compromesso tutte le volte in cui dovessero essere diffuse notizie atte a rintracciare il minore ovvero notizie circa lo status di figlio adottivo. |